Intanto mettiamo i punti sulle “i”: quel giorno risale a circa 4 miliardi di anni fa. In più occasioni abbiamo parlato di Snowball Earth qui, su Climatemonitor, la teoria della Terra palla di neve. Oggi vi parliamo di un fenomeno opposto, paradossale ed estremamente interessante.
Quattro miliardi di anni fa, la nostra stella era meno luminosa. Le stelle hanno un ciclo di vita, che segue la nota sequenza principale (Main Sequence in inglese), ovvero con il passare del tempo acquisiscono brillantezza. La teoria astronomica ci dice che 4 miliardi di anni fa il Sole era addirittura il 30% circa più debole rispetto ad oggi. La geologia, invece, ci fa sapere che allora, come oggi, la concentrazione di gas serra fosse pressochè simile. Risultato? In quelle condizioni ogni massa liquida si sarebbe congelata: ma questo non è successo. Da qui il paradosso denominato “Faint Sun Paradox”.
Il primo a parlarne fu l’astronomo Carl Sagan, addirittura già negli anni ’70. Da allora le teorie si sono accumulate, ma nessuna è riuscita a dare una risposta chiara del perchè in condizioni da Snowball Earth, invece la Terra fosse quasi completamente allo stato liquido (4 miliardi di anni fa vi era un unico grande oceano e pochissime terre emerse, forse nessuna). La teoria principale, per anni, è stata quella dell’effetto serra, a tal punto da essere diventata paradigmatica: quante volte avete sentito dire “Se non ci fosse stato l’effetto serra, la Terra sarebbe stata inospitale fin da subito”. Vero, verissimo. Tuttavia i livelli di gas serra (CO2 in particolare) necessari per contrastare un Sole così debole avrebbero dovuto essere davvero colossali. Ma quattro miliardi di anni fa, pare che sia andata diversamente.
Oggi disponiamo di un nuovo studio1 , pubblicato sul numero di aprile di Nature, condotto dal gruppo del Prof. Minik Rosing dell’Università di Copenhagen. Lo studio intanto prende le mosse da una prima scoperta: nelle rocce coeve al periodo in questione non vi sono tracce di livelli elevati di gas serra. Lo leggiamo nelle parole del geologo Dennis Bird:
There is no geologic evidence in these rocks for really high concentrations of a greenhouse gas like carbon dioxide.
A questo punto, dal paradosso ci muoviamo verso il rebus. Sole debole, gas serra non elevati: oceani liquidi?
I fattori determinanti per sostenere questa situazione, pare siano due, secondo lo studio:
- gli oceani hanno una albedo sufficientemente bassa da consentire un enorme immagazzinamento di energia, anche quando questa sia poca o inferiore a quella che riceviamo oggigiorno dal Sole. Questo fattore, da solo, potrebbe benissimo spiegare l’esistenza di un pianeta allo stato liquido in presenza di un Sole debole e in assenza di un elevato effetto serra. Ma c’è di più.
- le nuvole
Su questo secondo punto ci soffermiamo maggiormente, in quanto è davvero interessante. Anche su CM abbiamo parlato di nuclei di condensazione e ben sappiamo che le nuvole differiscono tra loro per tanti fattori. Il risultato finale di questa diversità è una differente albedo. Sappiamo che le nuvole tendono a schermare i raggi solari, con un effetto di raffreddamento sulla superficie sottostante. Quanto sia efficiente questa schermatura dipende poi dalla densità delle nuvole. La densità di una nuvola è direttamente collegata ai nuclei di condensazione (densità e dimensione).
Più nuclei di condensazione portano a nubi più dense e più riflettenti.
La maggior parte dei nuclei di condensazione nella Terra recente sono portati dal regno vegetale, ma anche dalle polveri di varia natura. Perfetto, ma quattro miliardi di anni fa avevamo un mondo liquido, senza piante, senza alghe (altra fonte di nuclei) e senza terre emerse. Risultato? Pochi pochissimi nuclei, e poche, pochissime nuvole, comunque poco dense.
Utilizzando questi nuovi dati, il climatologo Christian Bjerrum ha effettuato dei calcoli che avvalorano le ipotesi del gruppo di ricerca danese: albedo oceanica e atmosfera trasparente hanno contribuito a mantere gli oceani al di sopra del punto di congelamento.
Per gli studiosi l’argomento è conclusivo e il paradosso superato. Vi lasciamo con un breve ma interessante filmato, direttamente dalla Stanford University, che ha condotto lo studio a fianco dell’Università di Copenhagen.
- http://news.stanford.edu/news/2010/april/early-sun-research-040610.html [↩]
Capita proprio a proposito questo studio appena pubblicato sull’ultimo numero di Nature: http://www.nature.com/nature/journal/v464/n7291/abs/nature08952.html
Viene riportato un interessante aggiornamento dei dati di paleotemperatura ottenuti tramite la misura degli isotopi dell’ossigeno. Sembra un’ulteriore conferma del fatto che nell’Archeano (intorno ai 3.5 miliardi di anni fa) le temperature degli oceani fossero non molto diverse da quelle attuali (26-35°) (purtroppo niente Snowball-Earth in quel periodo 😉 )
Altra cosa riportata molto interessante è l’evidenza dell’attività di organismi che vivevano vicino alla superficie oceanica e che, come quelli attuali, utilizzavano il fosforo come uno dei principali nutrienti.
Queste informazioni sono state ottenute misurando gli isotopi dell’ossigeno nell’apatite, che è un minerale contenente fosfato (PO4). I valori dell’ossigeno derivati dal fosfato delle apatiti sono più alti di quelli del resto della roccia in cui esse si trovano. Ciò è sorprendente perché se essi fossero dovuti a processi non biologici o ad alterazione successiva alla loro formazione avrebbero dovuto essere più bassi, invece sono più alti ed anche vicini a quelli attuali (che sono fortemente legati ai cicli biochimici in cui il fosforo è un elemento fondamentale). Di conseguenza l’unico modo per poter spiegare questa discrepanza è ipotizzere l’esistenza di organismi (del tipo dei batteri) che utilizzassero il fosfato.
Perciò possiamo immaginarci che a quel tempo sulla Terra non solo esisteva un oceano liquido, ma che questo ospitasse già alcuni organismi batterici che avevano una modalità di vita simile a quelli attuali (vale solo per i batteri, organismi più complessi a quel tempo non erano ancora comparsi!)
Come si può notare ogni nuovo studio su questi argomenti è una piccola rivoluzione poiché le informazioni sono ancora molto scarse.
Personalmente sono molto curioso di vedere i prossimi sviluppi!
Innanzitutto, ringrazio gli intervenuti, fa sempre piacere veder nascere una discussione interessante. Impossibile rispondere meglio di Martino, che è un geologo. Tuttavia vorrei aggiungere alcune considerazioni.
Maurizio cita la possibilità di oceani liquidi sotto la crosta di ghiaccio di alcune lune gioviane. Citazione interessantissima! E posso rispondere con un articolo pubblicato recentemente proprio su CM:
http://www.climatemonitor.it/?p=8843 (si leggano gli ultimi paragrafi)
Sulla questione di come poter discernere la presenza o meno di una Snowball, di certo non so (ma Martino ce l’ha detto) come appaiono le rocce di 4 miliardi di anni fa, quello che so è come appaiono le tracce di una Snowball accertata, i sedimenti e le tracce rocciose sembrano piuttosto peculiari. Qui http://www.climatemonitor.it/?p=8326 e qui http://www.climatemonitor.it/?p=163 trovate alcuni approfondimenti sulla Snowball.
Cordiali saluti,
CG
Ringrazio per la segnalazione dello studio che ho trovato molto interessante.
Premetto che quando si tratta di studiare la Terra in tempi così antichi le incertezze sono enormi per due motivi:
1) le informazioni di cui disponiamo dal record fossile sono molto scarse, poiché quello che si è conservato fino ad oggi è solo una minima parte di ciò che c’era 4 miliardi di anni fa.
2) Più il tempo passa e più le cose cambiano, si tratta con un mondo radicalmente diverso e quindi difficilmente paragonabile a quello di oggi. Di conseguenza il principio dell’attualismo (i processi in atto oggi sono analoghi a quelli del passato) che si usa per interpretare le misure va utilizzato con molta cautela.
Per rispondere alla domanda sulla temperatura della Terra in quel periodo: i dati citati nello studio sono misure degli isotopi dell’ossigeno presenti in alcuni minerali, che oggi sono ampiamente usati per ricostruire la temperatura negli ambienti passati. Stando a questi dati la temperatura superficiale in quel periodo era intorno ai 70°! Il problema di questo metodo è che necessita di assumere alcune caratteristiche dell’ambiente che si sta studiando come uguali a quelle attuali (perché finora non c’è altro modo per ricostruirle!) e questo lo rende poco affidabile per il motivo detto nella premessa (infatti viene riconosciuto anche dagli autori stessi dello studio). In altri studi (ma ce ne sono pochi!) sono state ricostruite temperature con valori più simili a quelli attuali.
Quindi, come facciamo a sapere se la Terra era una Snowball? Per certo non lo sappiamo, le poche evidenze che ci sono portano a ritenere che non lo fosse, ma siamo pronti alle più impensabili sorprese.
Il clima poi era diverso da quello attuale ma probabilmente altrettanto complesso, quindi tutti i fattori (relativamente a quel contesto, con un sole del 30% più debole di oggi) avranno fatto la loro parte: albedo, gas serra, anche la circolazione oceanica era completamente diversa, ma quantificarli al momento è difficilissimo.
La tettonica era molto più attiva di oggi in quanto mantello e crosta terrestre erano meno differenziati, quindi si “rimescolavano” più frequentemente. Di conseguenza ci saranno state molte più eruzioni vulcaniche ma l’effetto sul clima dovrebbe essere stato più “raffreddante” che “riscaldante” a causa degli areosol, delle polveri e dei solfati che aumentano l’albedo.
Comunque, questa Terra primordiale è davvero un mondo affascinante e ancora tutto da scoprire!
Domanda da inesperto: qual’è la prova scientifia che ci dice che all’epoca indicata la Terra non era effettivamente una “snowball”? Grazie.
Mah, 4 miliardi di anni sono tanti…
Concordo sull’evoluzione solare, ma l’atmosfera primordiale non era ricca di metano, potente gas serra poi disperso nello spazio, e CO2 poi fissata dai primi microrganismi nelle rocce sedimentarie, e povera di ossigeno? (l’azoto dovrebbe essere rimasto invariato’)
E l’attività vulcanica che doveva essere molto più forte, con emissione di gas e polveri? Ed il calore del pianeta stesso che si andava raffreddando da “appena” 500 milioni di anni?
Questi fenomeni possono aver contribuito a supplire al deficit energetico solare… o no?
Maurizio, lei parla di atmosfera primordiale, ma qui siamo distanti da quel momento. Tenendo conto che 4 miliardi è una mia comoda e necessaria approssimazione, nello studio si parla di un periodo intorno ai 3.8 miliardi di anni fa. E in 500/700 milioni di anni, la Terra è capace di far cambiare la composizione della propria atmosfera. Ciò detto, è proprio il fatto che lo studio non abbia individuato tracce eccessive di gas serra (non solo di CO2) a convincermi che le cause siano altre e non i gas. La maggiore è sicuramente l’albedo. L’attività vulcanica, vado a naso, non penso avrebbe contribuito ad innalzare la temperatura media del pianeta.
CG
La ringrazio per la risposta.
Trovo comunque che il periodo di tempo indicato sia talmente ampio da consentire enormi margini di incertezza.
L’attività vulcanica era solo indicativa del fatto che poteva immettere gas e polveri in atmosfera.
Un altro fattore è la distanza della luna che all’epoca era molto più vicina, con effetti di marea importanti. Anche i decadimenti radioattivi nel suolo dovevano essere molto puù intensi, no?
Insomma, va bene l’albedo, anche perchè forse è il fattore predominante in superficie, però…
Mi associo alla domanda (e all’inesperienza) di Giudici. Anche perchè attualmente si sostiene che alcuni satelliti gioviani potrebbero avere oceani liquidi sotto una crosta ghiacciata dove la vita potrebbe prosperare in attesa del disgelo, ma anche no… 🙂