Si potrà fare fatica a crederci ma anche per chi fa previsioni per mestiere, quando alcune di queste si avverano può essere seccante. Specie se i fatti che si concretizzano toccano le tasche. Del resto, che volete farci, i lauti compensi che l’industria professionale del negazionismo aveva promesso non si sono visti, per cui, occorre prestare attenzione al bilancio.
E proprio di bilancio si parla in questa fattispecie. Dagli accordi di Kyoto alla generazione di energia, alla sua distribuzione ai consumatori, alle tasche degli stessi. Come avevamo accennato qualche giorno fa, siamo alle porte della prima scadenza del famigerato proto-obtorto-collo. Per evitare un aggravio sui costi di produzione di circa 1,5mld di Euro ai produttori classificati come “nuovi entranti”, era stato approntato un emendamento al decreto Alcoa in discussione alla Camera. Si tratta di sfuggire all’obbligo di comprare i certificati di credito di emissione sul mercato entro il prossimo 30 aprile, dopo aver dichiarato quanti ce ne vorranno per raggiungere le proprie quote entro il 31 marzo.
L’emendamento è saltato, per cui l’acquisto ci sarà e l’aggravio pure. Meglio nascondere le bollette della luce nei prossimi mesi. C’è una scappatoia? Forse, anche se più che altro è una dilazione. La stessa proposta è stata presentata anche alla Commissione affari comunitari, chiedendo di assegnare le riserve di permessi di emissione in mano allo Stato ai piccoli impianti manufatturieri, onde sollevarli dal problema. Resteranno comunque fuori i grandi impianti di produzione dell’energia, cui si dovrebbero semmai assegnare quote gratuite che ripianino il deficit di riduzione delle emissioni. Per farlo queste devono però essere comunque acquistate sul mercato, sempre dallo Stato. Chi le pagherà ? Scommettiamo?
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