Nelle ultime settimane ho avuto modo di conoscere personalmente il Prof. Nicola Scafetta, autore di numerose pubblicazioni scientifiche piuttosto controverse. Quanto scaturisce dalla lettura dei suoi scritti è un sostanziale dissenso dal mainstream, per aver maturato nel tempo la convinzione che il fattore antropico nell’evoluzione del clima recente sia largamente sovrastimato, e che il forcing solare, inteso nel suo complesso, sia invece altrettanto largamente sottostimato.
Il Prof. Scafetta ha recentemente pubblicato un nuovo lavoro, del quale esiste una versione in forma ridotta in italiano, ma che vi consiglio di leggere nella versione integrale in inglese perché è molto più dettagliata ed approfondita. In occasione del convegno di Allumiere gli ho chiesto se sarebbe stato disponibile a rispondere ad alcune domande in forma di intervista sulle pagine di CM.
Dato che ormai queste pagine sono molto più vostre che nostre, vorrei che le domande le poneste voi lettori, postandole in forma di commento o mandandole per posta elettronica. Io ne farò una selezione, cercando magari di accorpare quelle simili, e le proporrò Scafetta, così poi leggeremo le risposte tutti insieme.
Vi aspetto.
Forse arrivo fuori tempo massimo, ma mi piacerebbe sapere dal prof. Scafetta quale metodo ha usato per l’analisi spettrale: forse un M.E.M.? Probabilmente non è argomento riassumibile in breve, ma, se lo fosse, sarei interessato a conoscere (ovviamente in maniera del tutto generica e discorsiva) anche eventuali pro e contro della scelta.
Faccio questa domanda anche perchè su questo sito si sono trattate spesso tematiche statistiche in maniera approfondita e mi sembra un tema cruciale nel dibattito climatico.
Una domanda da “profano” l’avrei, sperando che vada bene “postarla” qui in pubblico.
Vorrei chiedere al prof. Scafetta un’opinione riguardo al fatto che, spesso almeno nel recente passato, venga data una certa “superiorità ” al modello riguardo al dato.
Mi spiego con un generico esempio: quasi ogni misura, specie se non coincide con quella attesa secondo un certo modello fisico-matematico, viene corretta a suon di calcoli matematici fino ad ottenere il valore cercato; questo anche se, magari, erano dati già “filtrati” e non grezzi; ma comunque sembra che in giro ci siano solo inetti incapaci delle misure più elementari. Mentre, magicamente, un algoritmo matematico possa correggere qualunque tipo di misura, per di più aumentandone la precisione!
A me sembra che ci siano e ci siano state parecchie forzature: e assolutamente non metterei la mano sul fuoco per anomalie globali mediate e calcolate con un’incertezza al decimo di grado, magari dopo decenni…ma tant’è.
Ma insomma la questione, brutalmente, è: ci sono stati degli abusi, siamo in sostanza dinnanzi a casi di “ricercatori” che non hanno capito la differenza fra il trucco che usa un qualunque studente d’ingegneria coi dati per le tesine d’esame, ed il fatto (reale) che è il dato a validare il modello e non viceversa; oppure siamo in presenza di modelli davvero “magici”, ad esempio termo-fluidodinamici, capaci di simulare la realtà meglio di un’intensa campagna di misurazioni, e che in altre applicazioni pur con decenni di esperienza e miliardi spesi in ricerca (penso solo al campo aerospaziale o nucleare, dove ad esempio l’incertezza sui calcoli fluidodinamici arriva tranquillamente al 10-30%) sono ancora sconosciuti?
P.S. naturalmente con “modelli” non intendo il modello-software X, ma i modelli fisici e matematici che vi stanno alla base.
Caro Filippo,
la domanda che lei pone e’ complicata.
In genere quando si parla di clima sia i dati che i modelli posono essere discussi. Non c’e’ assoluta certezza riguardo i dati. Ad esempio ci sono persone che ritengono che il riscaldamento globale e’ sovrastimato almeno per un 20%.
Il problem e’ che ottenere dati climatici e’ di per se stesso un problema complesso. Riguardo i modelli, poi si cerca di far quello che si puo’. Quindi c’e’ una certa incertezza sia teorica che pratica.
Il problema come lo vedo io e’ che le persone che usano i modelli tendono a fare il seguente ragionamento: “se non mi dai il meccanismo che spiega il fenomeno che tu osservi nei dati, il fenomeno puo’ essere ignorato.”
Questo non e’ un raginamento valido, ovviamente. Un fenomeno esiste anche se non si sa attualmente spiegare o modellare. Quindi si tende un po’ a trascurare i pattern che emergono dai dati.
Tuttavia, da un punto di vista puramente fisico, e’ nei pattern dei dati che la fisica di un fenomeno risiede. Quindi io ritengo che si debba sempre partire dai dati, poi fare un modello e poi tornare di nuovo dai dati, e ricominciare da capo.
Non sono un esperto riguardo i Maya, tuttavia erano buoni astronomi. Non so l’origine del numero 5125.
Tuttavia, 13 e’ il ciclo sinodico di giove a nettuno, 18 e’ il ciclo nodale luna-sole, 20 e’ il ciclo sinodico di giove e saturno
Non posso che ribadire, come gia espressoa direttamente al Convegno di Allumiere, il mio apprezzamento e complimenti per la completezza di visione che emerge dal lavoro del prof. Scafetta. Un approccio unitario al sistema nell’ambito della sua collocazione spaziale, soggetto al “balletto” e all’armonia universale come anche ai suoi accadimenti interni.
Nel lavoro qui linkato si legge:
“L’uomo può al massimo avere contribuito
al 40% del riscaldamento osservato sin dal 1970 (se si assume quest’ultimo
non sovrastimato), non al 100% come reclamato dall’IPCC.”
Immagino che il riferimento sia alla componente CO2 e altri gas “antropici”. Un aumento di 50ppm di CO2 dal 76 al 200x rappresenta il 15% del raddoppio di CO2, quindi diciamo 0,15°, che su un totale di 0,6° di aumento reale avutosi danno il 25%. Quindi includendosi anche altri possibili interferenze (urbanizzazione, deforestazione) il 40% indicato “potrebbe” anche essere un dato realistico. (sempre che in natura funzioni esattamente la legge di Harrenius).
Io penso che questa percentuale sia effettivamente di meno in quanto e’ abbastanza evidente che il tasso di crescita della CO2 abbia raddoppiato il trend proprio dal 76 ad oggi anche se fino al 1985 non aumentarono le emissioni umane ( http://globalwarming.blog.meteogiornale.it/2009/06/01/il-1976-e-la-co2/ ) e questo aumento di trend appare molto ben correlato al cambiamento di fase oceanica avvenuta in quegli anni ( http://globalwarming.blog.meteogiornale.it/2009/12/07/climate-change-il-1976/ ). Ora certamente una gran parte della CO2 che si sta accumulando in atmosfera è dovuta alle attività umane ma una certa percentuale e’ sicuramente imputabile alle ciclicità naturali.
Ha qualche elemento in più riguardo la quantita’ di ingerenza umana sul clima ?
Credo sia importante capire bene sia “l’orologio universale” (che meravigliosamente parla la lingua di Dio) ma anche i “possibili” danni che puo’ indurre l’Uomo.
Grazie ancora per il bellissimo intervento al Convegno e ti auguro i migliori successi nella vita e nella scienza.
Alessandro.
La quantita’ di ingerenza umana e’ un po’ difficile da quantificare perche’ non si hanno dati sufficienti secondo me. Cio’ che e’ stato fatto dall’IPCC e’ “stimare” tale ingerenza con alcuni modelli climatici, l’ingerenza non e’ stata “misurata” in natura.
Un’igerenza umana la si puo’ stimare con un certo rigore solo a livello locale, non globale.
Ora la stima modellistica e’ buona se i modelli sono buoni, cattiva se i modelli sono cattivi. Secondo i miei studi questi modelli non sono sifficientemente accurati per interpretare correttamente il clima. E’ ovvio che se i modelli non riproducono una grande ciclicita’ naturale e la confondono come apporto antropico le attribuzioni vengono confuse.
Grazie della risposta. Ovviamente non posso che concordare in quanto e’ ben chiaro che gli attuali modelli hanno uno schema troppo semplicistico delle variabilita’ naturali e quindi fanno derivare sensibilita’ climatiche all’aumento di CO2 che non stanno ne in cielo ne in terra.
Piu’ precisamente intendevo capire se con i tuoi studi sulle ciclicita’ del sistema e il raffronto con gli andamenti misurati ti sei fatto una idea di quanto possa esserci di “non propriamente naturale”.
Grazie ancora.
Alessandro
Il problema e’ che si puo dare solo una stima superiore. Al momento attuate seondo i miei conti non piu’ del 40% del riscaldamento sin dal 1970 puo’ essere dovuto all’uomo. Questa stima va confrontata con il 100% reclamato dall’IPCC.
L’uomo potrebbe avere contributo meno del 40% se: 1) il riscaldamento globale e’ stato sovrastimato; 2) se ci sono ciclicita’ naturali piu’ lunghe dei 60 anni che ho considerato. In verita’ ci sono delle ciclicita’ bi-secolari and una ciclicita’ millenaria.
Grazie.
A proposito del ciclo millenario sarebbe interessante riuscire a capire se il “Lungo computo” calcolato dagli astronomi Maya in 5125 anni (una combinazione dei numeri 13, 18 e 20, probabilmente basato su Sole, venere e Luna) abbia una corrispondenza nelle frequenze del “balletto” del sistema solare.
Molta gente confonde le “dicerie” inventate in tempi moderni su questo lungo ciclo con ciò che in realtà è: l’esperienza di pazienti e formidabili astronomi del passato.
[…] […]
Grazie a al Dr. Guidi per questa discussione. Posso rispondere ad alcune domande.
Riguardo alla domanda di Agrimensore, in genere la risposta potrebbe essere positiva. Anche il gradiente magnetico di Giove potrebbe essere importante. Tuttavia i mechanismi non sono ancora pienamente spiegati. Ma probabilimente c’e’ una sovrapposizione di fattori magnetici e gravitazionali esono discussi un po’ meglio nell’articolo specializzato sull’argomento che spero venga pubblicato al piu’ presto. La ricerca su questo argomento e’ ancora agli inizi.
Non so cosa sia successo al mio messaggio, che è sparito. Intanto ho letto il riassunto in italiano di cui non mi ero accorto. Intanto le premesse di Scafetta sono significative. L’IPCC ha la missione di “raccogliere e valutare le informazioni più aggiornate, scientifiche o socio-economiche, che siano rilevanti alla comprensione dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo.” Quando Scafetta dice che l’IPCC potrebbe dare una “lettura pregiudiziale della ricerca scientifica favorendo quegli studi che giustificherebbero la sua missione politica” dice in modo diplomatico ciò che a me appare ora lampante, cioè che l’IPCC scarta tutto quello che contraddice la sua missione, perché altrimenti questo carrozzone non avrebbe più ragione di esistere.
Non conosco la petizione dei 30.000 scienziati ma noi non ne siamo stati informati, e neanche il Foglio lo sapeva.
Chiedo a questo punto a Scafetta, intanto se lui lavora a tempo pieno sul problema del clima e per conto di chi, e poi quali siano le istituzioni in America o in Europa che studiano i cambiamenti climatici in modo scientifico. Io ho sentito parlare solo dell’Università East Anglia, quella delle mail sottratte, sulla quale è meglio stendere un velo pietoso.
Ciò che mi pare importante è che si studino i fenomeni in modo serio e Scafetta ci fa ben sperare, perché finora abbiamo sentito solo la campana stonata dell’IPCC.
Distinti saluti.
Andrea Colella
Ad Andrea Colella,
riguardo la petizione dei 30,000 scienziati la trova qui:
http://www.nipccreport.org/appendices.html
appendice 4
Io non lavoro per conto di qualcuno. E’ ricerca personale.
In verita’ in tutte le universita’ ci sono gruppi che studiano il clima. Il CRU dell’Università East Anglia e’ un gruppo maggiore perche’ e’ uno dei gruppi che produce le serie di temperatura globale.
A pagina 25 del lavoro di Scafetta, sono indicate le foze gravitazionali quali possibili cause per giustificare l’influenza dei pianeti sull’attività solare. Vorrei sapere, visto che comunque il lavoro si focalizza sull’orbita di Giove/Saturno, se ritiene che un’altra possibile causa possa essere il gradiente magnetico di Giove. Lo chiedo perchè mi sembra che rispetto alle forze gravitazionali/mareali, l’influenza del GMF di Giove (nonchè quella di Saturno) possa essere di molto maggiore.