Si chiede come ridare credibilità alla ricerca sul clima, la Prof Judith Curry del Georgia Institute of Technology, in un saggio scritto pochi giorni fa  e adesso disponibile anche in italiano. Solidamente cambioclimatista, la Curry e’ pero’ riuscita a vedere al di la’ del solito tribalismo, per comprendere che:
“nel rispondere al “climategate”, le istituzioni che si occupano di ricerca sul clima hanno fatto appello alla propria autorità , non capendo che il “climategate” è soprattutto una crisi di fiducia…la competenza in sé non è una base sufficiente per avere la fiducia da parte del pubblico”
Inutile dunque chiedersi se le basi scientifiche del Riscaldamento Globale Antropogenico (AGW) siano ancora in piedi o meno. La domanda e’:
“è possibile che una combinazione di “pensiero di gruppo” (groupthink), attivismo politico e una sindrome da nobile causa abbiano soffocato il dibattito scientifico, rallentanto il progresso scientifico e corrotto le procedure scientifiche di valutazione?”
Ma gli scienziati si stavano difendendo da quei cattivoni degli scettici!, diranno i dodici lettori. Anche su quello però la Curry non ha paura di essere sincera:
“non c’è nulla in questa follia per cui valga la pena di sacrificare la propria integrità personale o professionale…Il climategate non se ne andrà fino a quando questi problemi non saranno risolti”
Nel frattempo, nel mondo reale:
“Diverse persone hanno sviluppato notevoli competenze in vari aspetti della scienza del clima, anche se principalmente riguardo la verifica della ricerca scientifica pubblicata, piuttosto che per produrne di originale. Tendono ad essere “watchdogs”,controllori piuttosto che negazionisti, e molti di loro si classificano come “tiepidi” [credono cioe’ nel riscaldamento globale ma non ritengono che sia un problema così grande]. Sono indipendenti dalle influenze dell’industria petrolifera. Hanno trovato una voce collettiva nella blogosfera e i loro blog sono spesso ripresi dai mass-media. Esigono una maggiore responsabilità e trasparenza delle ricerche sul clima e dei rapporti IPCC.”
La quale e’ una bellissima definizione di chi da queste pagine e non solo continua a ripetere che ad affermazioni straordinarie devono corrispondere prove straordinarie.
Le critiche ai colleghi nel testo della Curry si sprecano:
“La ricerca sul clima e le sue istituzioni non si sono ancora adeguate alla propria alta rilevanza politica. […] Il risultato è stato un supporto acritico dell’agenda politica della UNFCCC (il mercato delle emissioni, per esempio) da parte di molti climatologi che sono coinvolti nel dibattito pubblico (in particolare quelli che hanno collaborato all’IPCC), supporto che a loro avviso sarebbe la logica conseguenza dei risultati IPCC (che si presumono non avere indicazione politica)”
Altro che incolpare la Exxon o il popolo bue:
“La gente ha sentito l’allarme, ma rimane non-convinta perchè percepisce che ci sia un’agenda politica e le manca la fiducia nel messaggio e nei messaggeri. Allo stesso tempo, c’è un folto gruppo di persone colte e che danno molta importanza all’evidenza dei fatti (ad esempio, i libertari, le persone che leggono i blog tecnici/scettici, per non parlare dei politici) che vogliono comprendere i rischi e le incertezze associati al cambiamento climatico, senza sentirsi dire che tipo di politiche dovrebbero appoggiare”
Niente paura, però. La Prof Curry è cambioclimatista, come abbiamo detto, per cui più che a cambiare idea è interessata a trovare la chiave per ricuperare un rapporto con il pubblico fatto a pezzi dal “climategate”.
“costruire la fiducia attraverso la comunicazione pubblica su questo argomento richiede che venga riconosciuta l’incertezza. La mia esperienza nel fare presentazioni al pubblico sui cambiamenti climatici mi dice che discutere le incertezze aumenta la fiducia del pubblico in ciò che gli scienziati stanno cercando di comunicare, e non impatta negativamente la ricettività riguardo la comprensione dei rischi da cambiamento climatico (non hanno fiducia nell’allarmismo). La fiducia può essere ricostruita attraverso la discussione di grandi scelte piuttosto che concentrandosi su politiche specifiche”
Riuscirà la Nostra nel suo intento di rimettere in piedi il giocattolino ex-catastrofista? Per adesso le reazioni, sia da Joe Romm , vero “Generalissimo del Cambiamento Climatico” e Willis Eschenbach, scettico di alto profilo, sono state fortemente negative. Il miglior segno, probabilmente, che Judith c’ha quasi azzeccato.
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