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I Massaggi sono di Moda

Per carità nessuno fraintenda, parlo di massaggi ai dati e nient’altro. Dopo il climategate, che per quanto molti si affannino a specificare che sia stato poco più di una tempesta in un bicchier d’acqua, è in realtà oggetto di inchiesta ai massimi livelli scientifici e politici in Gran Bretagna, l’attenzione degli approfondimenti che molti hanno voluto fare sul lavoro dell’IPCC si è concentrata sul modus operandi e sulle conclusioni del Working Group II, quello che analizza l’impatto del cambiamento climatico. In qualche modo questo ha consentito a quanti si sono auto eletti difensori della giusta causa di dire che si tratta di errori lievi o comunque banali, per cui questo non avrebbe nulla a che fare con la solidità dell’assunto principale del lavoro del panel, ovvero la conclusione che la gran parte (se non la totalità) delle origini della fase di riscaldamento cui è stato soggetto il clima del pianeta, sarebbe interamente ascrivibile alle attività antropiche.

A mio modesto parere, ritenendo che gli errori commessi siano tutt’altro che superficiali, come invece declamato a gran voce dai vertici del panel, credo che il lavoro del WGII sia ancora più importante di quello del WGI, che invece produce le “basi scientifiche” dell’assunto appena citato. E questo per la semplice ragione che nessuna conoscenza scientifica può essere di alcuna utilità se non viene tradotta in fatti, ovvero, come già scritto in un’altra occasione, se non viene trasposta nel mondo reale, diventando così il fondamento e l’orientamento delle decisioni. Quindi, di per sé, questa difesa è già decisamente traballante.

Quanto sto per raccontarvi, che proviene come molto spesso accade dalle pagine del blog di Antony Watts, torna però ad essere materia di discussione delle attività del WGI, cioè a monte dei fatidici impatti, che abbiamo già visto essere stati definiti molto più su basi ideologiche che su basi scientifiche. Siccome ciò che è a monte solitamente frana prima, potrà sembrare curioso che di questo si parli solo ora, ma è un fatto che sia stato possibile approfondire l’attenzione su questi argomenti soltanto dopo che i vari scandali e scandaletti che stanno minando le fondamenta del consenso, hanno squarciato la cortina di dedizione simil religiosa che impediva qualsiasi genere di critica, salvo essere additati come insensibili opportunisti al soldo degli affaristi inquinatori della lobby del petrolio.

Parliamo di ghiaccio, non quello terrestre, che il suo scandaletto lo ha già avuto, ma quello marino. E non si tratta dell’Artico, sul quale si continua a dire tutto ed il contrario di tutto, ma che essendo scrutato da interi eserciti di osservatori ed avendo “collaborato” sciogliendosi a spron battuto, non può essere oggetto di alcun genere di dibattito. Si parla dell’Antartide, ovvero del ghiaccio marino che lo circonda  che, con l’eccezione della Penisola Antartica, da quando sono iniziate le misurazioni satellitari non ha mai smesso di aumentare la propria estensione.

L’IPCC nelle proprie valutazioni ha però giudicato “non statisticamente significativo” tale trend di aumento, preferendo liquidare l’argomento, evidentemente scomodo in quanto contrario alle logiche del Global Warming, con una più scientificamente modesta variabilità interannuale, che tutto spiega ma, per il gotha del clima, nulla conta1.

Come è arrivato l’IPCC a questa conclusione? Il processo è stato piuttosto lungo. Nel terzo rapporto del panel, uscito nel 2001, il trend di aumento dei ghiacci marini antartici era stato valutato comunque inferiore in valore assoluto a quello dell’area artica, ma pur sempre con numeri di un certo peso statistico, supportati da una consistente quantità di riferimenti bibliografici peer-reviewed. Nel 4AR 2007, cambiano le conclusioni, cambiano i numeri, si asserisce che il trend “continui” (da quando se prima era stato detto diversamente?) ad essere non significativo e cambiano i riferimenti, anzi, il riferimento è uno solo, il capitolo di un libro indicato come Comiso 20032. Però alla prova dei fatti, quanto è scritto nel rapporto non è stato tratto dal libro, ma piuttosto da un aggiornamento dello stesso prodotto alla bisogna, essendo Comiso Lead Author dell’IPCC. Aggiornamento ovviamente non peer-reviewed, come tale era anche il capitolo del libro in questione. Tra l’altro, poco dopo la pubblicazione del 4AR, Comiso ha effettivamente pubblicato una sua analisi sottoposta a referaggio in cui si fa esplicito riferimento alla trend di aumento. Ancora dopo, un’altra pubblicazione, firmata tra gli altri sempre da Comiso, ha rilevato un trend di oltre il 50% superiore a quanto espresso nel 4AR, assegnandogli quindi una valenza che può solo definirsi statisticamente significativa.

In questo caso non ci sono errori, non ci sono refusi, non ci sono condizionamenti ideologici esterni, magari giunti senza che nessuno nella fretta di pubblicare il rapporto potesse accorgersene. Semplicemente si è cercato accuratamente tra la letteratura disponibile quella che meglio supportasse l’esigenza di non mettere in risalto la tendenza dei ghiacci antartici ad aumentare, perchè tale tendenza è in netto contrasto con la teoria del global warming. Questa non è esattamente la tanto declamata “raccolta” della conoscenza scientifica disponibile, piuttosto direi sia l’occultazione o produzione autonoma della stessa. O, se preferite ancora, cherry picking. E questo è il WGI, su uno dei problemi più seri di tutta la questione clima, l’estensione dei ghiacci marini.

Leggendo le note in calce ed i riferimenti reperibili sul blog di watts, a qualcuno potrà sembrare che si stia comunque parlando di numeri piccoli. Non è così. Le dimensioni assolute della massa glaciale presente intorno all’Antartide e l’estensione a latitudini ben più distanti dal polo di quanto non accada per i ghiacci marini dell’emisfero nord, fanno sì che tale massa abbia un ruolo chiave in uno dei feed-back più importanti, ovvero la variazione dell’albedo. Già, perchè una cosa è la radiazione incidente sulla superficie liquida libera, altro è l’incidere dei raggi solari sul ghiaccio. E’ ovvio che ridurre il trend di aumento del 50% può avere, anzi ha senz’altro importanti ricadute sul calcolo dell’albedo, nella realtà, così come nelle proiezioni. Proprio quelle che, guarda caso proprio in Antartide, fanno una fatica enorme a riprodurre le dinamiche del clima.

Non so, ma direi che tanto per cambiare i cherry pickers non ci hanno fatto una bella figura.

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  1. IPCC AR4 – WGI p. 351 []
  2. Comiso, J.C., 2003: Large scale characteristics and variability of the global sea ice cover. In: Sea Ice – An Introduction to its Physics, Biology, Chemistry, and Geology [Thomas, D. and G.S. Dieckmann (eds.)]. Blackwell Science, Oxford, UK, pp. 112–142 []
Published inAttualitàClimatologiaNews

4 Comments

  1. Francesco

    Ora sono anche riusciti ad inventarsi che la nebbia al nord è scomparsa a causa dell’enorme riscaldamento del pianeta, il che è GRAVISSIMO per le foreste e per gli ecosistemi, che naturalmente tra 70 anni saranno del tutto devastate, figuriamoci. Questi sono terroristi mediatici in tutto e per tutto !

  2. Duepassi

    Quant’è stimata, attualmente, l’estensione dei ghiacci marini antartici ?
    Dove posso trovare un grafico serio che ne descriva la storia recente ?
    Per quel poco che ne so, si tratta di un vero continente, almeno come dimensioni.

  3. giuliano nanni

    Magnifico articolo, vi seguo da tempo, che chiarezza e semplicita’ siano sempre vostra prerogativa.
    Questo alla faccia dei soliti soloni disfattisti. Grazie.

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