Salta al contenuto

Qualche ragionamento sul caldissimo Gennaio 2010

Poche ore orsono, è stato pubblicato il dato consolidato di UAH (University of Alabama, Huntsville), per Gennaio 2010. La lettura satellitare della bassa troposfera è in linea con la precedente di RSS (Remote Sensing System). Anzi, rincara la dose. UAH ci restituisce una anomalia pari a +0.724°C. Non c’è che dire: anomalie davvero consistenti. In risposta ad alcuni lettori, qui di seguito vi proponiamo l’immagine del pianeta, con evidenziate le zone a maggior anomalia positiva.

L’immagine è tratta dal sito di Roy Spencer:

Anomalie secondo UAH - Image courtesy of Roy Spencer

Questa immagine ci consente, finalmente, di individuare i colpevoli: possiamo notare come il Nord America, nella fattispecie il Canada, la Groenlandia e le altissime latitudini mostrino una fortissima anomalia positiva. D’altro canto la East Cost americana, l’Europa, Cina e Mongolia mostrano anomalie negative anche consistenti. Ecco spiegata, per cui, la difficoltà di percezione nostra e di tanti lettori, a fronte di un inverno sicuramente non caldissimo nel nostro continente, di letture satellitari invece impietose di fronte ad un picco caldissimo in bassa troposfera.

A ciò si aggiunga una ulteriore considerazione. Proprio perchè le letture satellitari provengono dalla bassa troposfera, non è assolutamente detto che nel giro di un solo mese, o meno, queste si propaghino anche a livello del suolo. Ovviamente questo tipo di confronto potremo farlo nel momento in cui usciranno anche i dati di HadCRUT e GissTemp.

Veniamo alle cause.

E’ da escludere in modo categorico un problema tecnico ai satelliti, infatti le letture delle temperature superficiali oceaniche sono in perfetto accordo nel restituirci un gennaio molto caldo.

Non dobbiamo dimenticare che stiamo vivendo un El Niño, a tratti di forte intesità, da qualche mese ormai. A questo punto le ipotesi sono due:

  • indici teleconnettivi particolarmente sfavorevoli al freddo;
  • gli oceani così caldi hanno inibito l’afflusso di vaste masse di aria oceanica sui continenti. Questo blocco circolatorio potrebbe avere bloccato sui continenti le grandi masse d’aria fredda.

Queste sono solo ipotesi e c’è da dire che, al momento, nessun meteorologo ha individuato una spiegazione plausibile a questo picco di gennaio che, non dimentichiamolo, è probabilmente da record: il più caldo negli ultimi 32 anni.

Reblog this post [with Zemanta]
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologia

12 Comments

  1. Non siamo ovviamente i soli a ragionarci su. Vi inviterei a leggere queste considerazione di Antonello Pasini sul suo blog (http://antonellopasini.nova100.ilsole24ore.com/2010/02/a-roma-nevica-in-italia-fa-freddo-ma.html) ed il relativo commento che aggiungo qui perchè credo che lì sia ancora in moderazione.

    Caro Antonello,
    il recente comportamento delle temperature della bassa troposfera è un bel puzzle, come forse avrai avuto modo di leggere ne abbiamo parlato anche su Climate Monitor. L’incertezza maggiore direi che derivi dal fatto che le rilevazioni da satellite sembrano essere in controfase con le temperature superficiali misurate in modo tradizionale. Curiosamente però, più che interrogarsi sulle ragioni di questo particolare comportamento dei diversi strati troposferici, si interpreta l’anomalia positiva come segnale di conferma del trend termico globale positivo, quando sino a poco tempo fa, il fatto che le temperature troposferiche non seguissero l’andamento dei dati di superficie era interpretato come segnale di scarsa attendibilità delle stesse. Volendo e dovendo restare con i piedi per terra, senza cadere nell’errata interpretazione climatologica di eventi che piuttosto attengono al settore meteorologico, direi che la ragione di questa anomalia deve essere ricercata nell’attuale assetto della circolazione emisferica, che è stata segnata sin dall’inizio della stagione invernale da una cronica debolezza del Vortice Polare Stratosferico, con conseguente dispersione delle sue propaggini fredde verso le le medie latitudini Europee ed Asiatiche. L’elevata matrice meridiana delle correnti sviluppatesi ha trovato adeguata controparte nella persistenza di intense risalite di aria calda sull’Atlantico settentrionale, generando le anomalie positive così ben evidenziate nella mappa allegata al tuo post (L’indice AO ha raggiunto valori minimi a fondo scala già due volte quest’anno). Come ben sai, ad oggi non è dato sapere se gli eventi di repentino riscaldamento della stratosfera polare abbiano origine dal basso, ovvero con la propagazione in alta atmosfera delle onde di Rossby, o dall’alto, cioè con indebolimento della circolazione polare invernale generato dalle dinamiche chimiche della composizione dell’alta atmosfera, proprio perchè tali eventi di riscaldamento iniziano sempre dalle quote più alte, propagandosi poi verso il basso secondo la logica della propagazione dell’energia nei moti anticiclonici. In tutto questo l’ENSO sembra entrarci molto poco, anche perchè le statistiche di occorrenza di questi eventi parlano di circa 1/2 eventi/anno, mentre le oscillazioni delle SST dell’Oceano Pacifico seguono una ciclicità multidecadale a bassa frequenza, in cui si innestano oscillazioni più frequenti molto meno cicliche. Inoltre l’attuale fase di Nino è decrescente, non crescente e raggiungerà presumibilmente valori neutri entro la prossima primavera. Non mi è poi molto chiaro quali possano essere i fattori antropogenici cui fai riferimento in grado di portare allo stesso tempo il gelo in una parte del mondo ed il caldo su di un altra. Stiamo sempre parlando di meteorologia o siamo passati al clima nella fattispecie? Forse, con tutte le imprecisioni di cui anticipatamente mi scuso, le anomalie che hanno dato lo spunto al tuo post sono meglio riferibili alle dinamiche della circolazione di breve medio periodo che ad un non meglio specificato fattore di forcing così disomogeneo. Tra l’altro, volendo (ma forse non dovendo), parlare anche di clima, non può sfuggire il fatto che la circolazione emisferica nel medio periodo sta assumendo da qualche anno a questa parte un’assetto che predilige gli scambi meridiani, che sono ovviamente causa di marcate differenze di temperatura e tipo di tempo medi lungo la latitudine. Con buona pace di tutta la CO2 che emetteranno i camion diretti ai campi di gara di Vancouver, direi che il problema sia piuttosto organizzativo, ossia sarebbe bastato anticipare di un anno l’evento, visto che l’inverno scorso hanno avuto quantità di innevamento altrettanto storiche. E non mi risulta che per quello nessuno abbia invocato il fattore antropogenico.
    A presto, Guido.
    gg

  2. Giuseppe E.

    Qualcuno può dire quanti dati determinano la zona di anomalia del Nord America. Assumo che la mappa si basa su una sorta di interpolazione, tipo kriging o similare, dunque vorrei vedere quanti “punti” generano l’area “rossa”. E quindi in percentuale su tutti i dati, quanti sono questi punti? Se togliessimo 3-4 dati più anomali, quale sarebbe la media globale? O meglio, la domanda inversa: quanti dati dovremmo togliere per avere una anomalia pari a “ZERO”?

    Saluti

    GE

  3. Dunque, bisogna dire che ovunque ci sia un dato numerico, una qualsiasi manipolazione è possibile. I dati satellitari vengono costantemente ritoccati, questo è bene che si sappia. Dal momento che la lettura attraversa diversi strati di atmosfera, i dati vanno pesati in modo diverso in base all’altitudine.

    L’anomalia nell’Emisfero Sud è positiva e consistente, ma inferiore a quella dell’Emisfero Nord. Ribadisco che probabilmente, almeno per il mese di gennaio, non vi è stato il tempo materiale affinchè l’anomalia si propagasse al suolo.

    Infine, ringrazio tutti quanti per la pacatissima discussione cui avete dato vita.

    Saluti,

    CG

  4. teo

    Mi sembra che questo inverno sia un bell’esempio a livello globale, e per il complesso patchwork delle temperature, del un (permettetemi) primato della meteorologia sulla climatologia.
    Peraltro, a differenza dei periodi caldi dove sussurri e grida si sono spesi a dimostrazione dell’AGW, in questo caso ho sentito solo quale sussurro a favore del Global Cooling.
    Gia’ la figura presente nel lavoro di Gravina ci fa veramente capire la complessita’ della sola situazione sinottica che fatichiamo ad interpretare: pensare al 2100 mi sembra un esercizio di umana tracotanza.
    A chi non dissente con questa mia visione suggerisco di prendere a mano la mappa di temperatura della famosa estate calda del 2003 e di discutere insieme perche’ l’una ha una valenza climatica mentre quella odierna l’ha meteorologica. Parliamone…anche a che tempo che fa.

    • teo

      … anche a chi dissente ovviamente

    • Leonardo

      Siamo sicuri che questi dati non siano stati “addomesticati” ?

    • Duepassi

      Alcuni dati satellitari furono corretti perché un satellite era stato spostato più in alto.
      Ne deduco che esiste quindi tecnicamente la possibilità di “correggere” i dati, ma spero e credo che non ne facciano uso.
      Almeno speriamo di poter dar fiducia ai dati da satellite !

  5. Roberto

    Che cosa voglia dire che le anomalie positive maggiori siano concentrate nelle vicinanze dei poli non lo so.
    Le mie conoscenze di fluidodinamica non sono poi così buone.

    A vedere la cartina però non capisco se la media è più elevata nell’emisfero boreale rispetto a quello australe che a prima vista mi sembra più freddo.

    • Duepassi

      Hai ragione, sembrerebbe quasi che da noi fosse estate, e da loro la stagione fredda. 🙂
      Lo dico da ignorante, ed avrei anche una domanda da prima elementare, e me ne vergogno, ma la faccio la stesso. Quando da noi è inverno, come si chiama la stagione calda australe, “estate” (perché da loro fa caldo) o “inverno” (dando lo stesso nome all’intero mondo, nel qual caldo l’inverno australe sarebbe caldo) ?

  6. Duepassi

    Ok, grazie, abbiamo capito “come” è successo.
    Personalmente so che dovrei star zitto, ma non riesco a capire come ‘sto bimbetto cileno eserciti il massimo della sua influenza (chissà che strilli fa, per farsi obbedire così) in Canada e in Groenlandia, invece che sul Pacifico.
    So di non meritar risposta, e la chiudo qui, ripetendomi che devo ancora studiar molto, prima di capirci qualcosa.
    Del resto s’è sempre detto che le industrie occidentali (in massima parte nell’emisfero settentrionale) avrebbero causato il buco dell’ozono al polo sud.
    In climatologia evidentemente ci son cause che danno effetti a grande distanza, e effetti minori dove agiscono, lo terrò a mente (sempre che non ci siano altre cause, boh).
    Perdonate la mia ignoranza.

  7. Simone

    svelato l’arcano!
    In pratica ha fatto molto più caldo del normale in zone pressoché “disabitate” e un po’ più freddo nelle parti “civilizzate”. Ecco anche spiegato perché, oltre a sentire un po’ più freddo del solito e a vederlo anche in altre parti del mondo, nessuno si è accorto che in altre parti del pianeta qualcuno aveva lasciato il riscaldamento acceso 🙂

    Scherzi a parte, sarà davvero interessante capire il meccanismo che ha generato questo fenomeno. E in effetti questo forse fornisce almeno in parte una spiegazione al piccolo deficit dell’estensione dei ghiacci artici di quest’inverno.

    Grazie per il report!

    S.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »