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Quello Che Non Sappiamo – Parte II

Ogni promessa è debito, così, dopo aver accennato un primo commento al nuovo lavoro di Susan Solomon e colleghi, ora siamo in grado di entrare un po’ più nello specifico. Ad aiutarci, arriva anche un approfondimento, o sarebbe meglio dire una spiegazione, aggiunta a pochi giorni dalla pubblicazione dell’articolo sulle pagine di Real Climate, il blog dove scrivono per la maggior parte i ricercatori del CRU e della NOAA che qualcuno ha simpaticamente battezzato “Hockey Team” per la l’impegno che hanno profuso in passato per difendere dalla valanga di critiche cui è estato sottoposto l’Hockey Stick di Mann e soci.

La necessità di una spiegazione nasce probabilmente dal fatto che dalle parti di RC, devono essersi preoccupati parecchio che il messaggio contenuto nell’articolo della Solomon potesse essere frainteso, anche se è più probabile che l’intenzione sia quella solita di evitare che possano essere diffuse interpretazioni che mettano in dubbio uno o più aspetti della teoria dell’AGW. Il punto è praticamente sempre lo stesso, in questo genere di lavori si parla di oscillazioni a breve e medio periodo dei parametri climatici, nulla -almeno così dicono loro- a che vedere con i trend di lungo periodo che questi assumono in ragione dell’acquisito forcing antropico (sempre così dicono loro).

Personalmente, ma sono certo che si tratti di una mia specifica limitazione, è come mai, sapendo e sostenendo che altri traccianti del clima, come ad esempio la temperatura media superficiale, il contenuto di calore degli oceani, le temperature di superficie degli stessi etc etc, sono soggetti a oscillazioni sia ad alta che a bassa frequenza, si escluda che la stessa cosa possa valere anche per la concentrazione di vapore acqueo nella stratosfera, il fattore che è appunto oggetto di questa ricerca. Non solo l’assenza di dati non è una buona ragione per questa esclusione, ma quei pochi dati che ci sono sembrano indicare in realtà proprio questo. le ultime due decadi del secolo scorso e la prima di questo compongono insieme un trentennio, ovvero esattamente l’unità di misura temporale impiegata per le analisi di lungo periodo sul clima.

Nell’articolo si elencano poi molti elementi di incertezza sia diagnostica che prognostica per le dinamiche dell’alta troposfera e della bassa stratosfera. Sapendo e sostenendo che queste dinamiche sono molto importanti per ciò che avviene più in basso, non si capisce come tali incertezze possano poi tramutarsi in affidabilità dei Modelli di Simulazione Globale (GCM), se non costruendo prima la soluzione e poi il problema, ovvero partendo dal presupposto che le temperature debbano aumentare per poi vedere come aumentano.

Ad esempio, dato che la concentrazione di vapore acqueo Stratosferico è funzione del trasporto di calore che avviene per convezione da un lato e dell’ossidazione del metano dall’altro, una variazione di questa concentrazione potrebbe essere legata alle variazioni cui è soggetta la convenzione delle zone tropicali (di gran lunga la più efficiente) con le oscillazioni dell’indice ENSO, che sappiamo essere a sua volta condizionato nel lungo periodo dall’andamento della PDO. E mentre l’ENSO ha forti caratteristiche di variabilità di breve periodo, la PDO ha certamente caratteristiche di variabilità di lungo periodo.

In sostanza, quanto trattato in questo articolo, potrebbe essere uno degli elementi (l’ennesimo) con cui la variabilità del comportamento degli oceani in termini di SST e contenuto di calore trasferisce i propri effetti ai piani superiori, i quali a loro volta seguono andamenti in grado di influenzare nuovamente gli strati sottostanti, mantenendo il sistema in equilibrio o indirizzandolo verso una progressiva mutazione delle condizioni di fondo.

E’ pur vero che nell’articolo non si chiarisce se le oscillazioni della concentrazione del vapore acqueo stratosferico debbano essere considerate un feedback, alla stregua ad esempio di quanto appena descritto, oppure un forcing, come ipotizzabile leggendo le considerazioni di Earl Happ linkate nella prima parte di questo post. Tuttavia al riguardo le simulazioni dimostrerebbero che il ruolo di feedback è debole, mentre quello di forcing è più evidente.

Da non trascurare il fatto che in questo articolo si provi, seppur specificando che l’argomento esce dagli obiettivi di questo lavoro, ad ipotizzare un ruolo importante per le variazioni chimico-fisiche dell’alta atmosfera indotte dall’attività solare nell’influenzare anche la concentrazione di vapore acqueo stratosferico e dunque, ma questo ovviamente nell’articolo non c’è, anche l’andamento del clima. Non dobbiamo dimenticare che tutto il discorso è partito cercando di identificare un fattore di forcing del trend delle temperature medie superficiali su base decadale. E’ un primo passo forse, vedremo.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

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