Incredibile ma vero, anche oggi abbiamo il nostro scandaletto quotidiano. Dopo i contestabili inserimenti nell’ultimo rapporto IPCC delle opinioni di attivisti dell’ambiente messe in bella copia in forma di report del WWF, di Greenpeace o di altre associazioni similari, è ora la volta delle riviste da tempo libero. Ci sta che possa nutrire qualche speranza anche CM in futuro. Se non altro, questi rotocalchi si distinguono per la gradevolezza delle copertine, sulle quali sarà bene che ci mettiamo a lavorare onde non vederci respinti al peer review per mere questioni estetiche.
Si tratta sempre del Working Group II, quello che dovrebbe riportare sull’impatto, l’adattamento e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Il Climategate ha avuto per lo più a che fare con il Working Group I in effetti, quello che sta accadendo in questi giorni, è riferito invece al delicatissimo settore delle “evidenze” del cambiamento del clima. Quelle evidenze che dovrebbero convincere tutti a fare qualcosa, semmai qualcuno dovesse decidere di non accontentarsi delle basi scientifiche prodotte appunto dal WG I.
Conoscete questa rivista? Io no, ma molti appassionati della montagna la porteranno sempre con sé. Bene, in un numero del 2002 di questo magazine, era compreso un articolo dal titolo interessante: “Canarini in una miniera di carbone”. Argomento: la graduale perdita di massa dei ghiacciai frequentati dagli appassionati. Fonti d’informazione: gli stessi appassionati, i quali, chi più chi meno hanno prodotto le loro personali evidenze utili al completamento dell’articolo. Nessun processo di revisione ovviamente, nessun approfondimento, nemmeno uno straccio di analisi dell’anagrafe dei riportanti, per vedere se tra loro compariva qualche matusalemme in grado di tenere memoria di quel che magari dovrebbe essere iniziato ad accadere la bellezza di centocinquant’anni prima che le interviste avessero luogo. Va detto che l’autore, anch’egli esperto di montagna, ha comunque al suo attivo due libri sul clima che cambia. Questo, indubbiamente, gli ha consentito di avere la patente di esperto, e di giungere all’estremo onore di veder citato come fonte il suo articolo nel report IPCC del 2007.
Da solo? No, in verità le fonti della specifica parte di report in questione sono due. La seconda è l’articolo di uno studente di geografia in fase di specializzazione che riportava un’altra serie di interviste fatte a guide alpine. Peer-reviewed? Neanche a dirlo. E pensare che c’è pure qualcuno che appena un anno fa sollevava il sopracciglio assegnando patenti di climatologo autorizzato a parlare con la severità di un arbitro di calcio.
A mio modestissimo parere quest’ultima scoperta non è dequalificante. Si tratta infatti di un passo in avanti. Dall’ideologia siamo passati alla passione, sentimento sempre animato da nobiltà e da sincero gradimento della causa. Poco importa se così facendo si vende qualche copia in più dei propri scritti. Da questo, inoltre, il report IPCC è immune, visto che si può scaricare gratis dalla rete. Ah, già , è gratis solo perché lo abbiamo già pagato.
NB: Leggi qui su WUWT e qui sul Telegraph. Lo so siete stanchi di leggere in inglese, ma finchè la stampa italiana salvo poche eccezioni non si darà una svegliata, questo è quello che passa il convento.
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Post Scrittum: La faccenda è ancora più comica. Il secondo riferimento bibliograficoè stato addirittura cherry picked, ovvero ne sono state selezionate le parti più “interessanti”. Questa la frase che forse avrebbe dovuto essere riportata se proprio si voleva avvalersi di quei contenuti: “In how far the changes observed indicate a global change of climate can only be guessed and will show in the future.” Che tradotto significa: “Di quanto i cambiamenti osservati possano essere indice di un cambiamento climatico si può solo tirare a indovinare e si vedrà solo in futuro.” Sempre più interessante.
Si ma loro tirano ad indovinare con una monetina trickata, quindi ci “azzeccano” sempre, perché i modelli sono come Superman o gli eroi Marvel, sono invincibili…