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Il Vento Soffia, ma la Barca Dove va?

Alcuni giorni fa ho scovato in rassegna stampa una notizia piuttosto interessante, alla quale mi aspettavo che sarebbe stato dato maggiore risalto. Si tratta di un comunicato congiunto di Anev, Enea, Aper e Ises Italia, in cui si riportano gli eccellenti risultati della generazione di energia da fonti rinnovabili nel nostro paese, con particolare riferimento al settore eolico, cresciuto nell’ultimo anno ben del 30%.

Vento in poppa dunque, per portare il paese all’obbiettivo del 2020, ovvero per onorare gli accordi presi in sede comunitaria. All’eolico si aggiungono le ottime performances del fotovoltaico (+400%) e dell’idroelettrico, anche se quest’ultimo le sue fortune per l’anno passato le deve quasi interamente a Giove Pluvio, cioè alla grande quantità di acqua caduta sul nostro territorio.

Il traguardo del quinto di secolo sembrerebbe dunque più vicino, anzi, se si tiene conto che per effetto delle negoziazioni in sede europea non dovremo arrivare proprio alla quota del 20%, che in realtà è la cifra cui deve giungere l’Unione nel suo complesso, ma potremo accontentarci di un più abbordabile 17%, le prospettive potrebbero sembrare ancora più rosee.

Alla fine del 2008 il totale di energia proveniente da fonti rinnovabili ammontava all’8% del fabbisogno per cui, per raggiungere l’obbiettivo dovremmo poco più che raddoppiare quanto fatto sin qui. Ce la faremo? Gli autori del comunicato si dicono fiduciosi, e con loro le autorità ministeriali, tuttavia, come si legge proprio da queste dichiarazioni, esistono dei margini di incertezza molto ampi, per effetto dei quali è forse più lecito propendere per il no che per il sì.

Gli ordini di difficoltà sono sostanzialmente tre, nell’ordine la reale potenzialità del nostro territorio, le infrastrutture e gli aspetti di carattere sociale.

Innanzi tutto, se è giusto mostrare entusiasmo per la crescita esponenziale dei settori eolico e fotovoltaico, è anche giusto sapere che questo rateo di crescita sarà inevitabilmente soggetto ad un forte rallentamento. Se si volesse infatti giungere al 17% solo con l’eolico ad esempio, si dovrebbero installare almeno altri 40GW (ricordiamo che in media un impianto eolico produce per sole 1800 delle 8760 ore di un anno), a fronte dei 3,7GW prodotti con quanto installato fino alla fine del 2008. Ciò sarebbe di fatto impossibile, e lo apprendiamo dalle stesse autorità che hanno emesso il comunicato, perché le loro stime sul potenziale eolico del nostro paese non vanno oltre i 16GW. E’ inoltre noto che il carburante di questa crescita sono soprattutto le politiche incentivanti, che stanno comunque conoscendo alterne fortune. In Germania ad esempio stanno avendo momenti difficili, mentre in Francia sono state rinforzate. Qui da noi non è ancora chiaro quello che succederà, ma per adesso registriamo qualche problema non banale nelle tecniche di reperimento delle risorse. A chi ne sta facendo uso non dovrebbe ad esempio sfuggire che una discreta parte dei fondi impiegati viene dalle bollette, più precisamente dalla voce A3, con un meccanismo automatico che prevede un incremento dell’addebito direttamente proporzionale allo sviluppo delle rinnovabili. In pratica, più il settore cresce, più aumentano gli accessi alle politiche incentivanti, più soldi vengono prelevati dai consumatori. Cioè gli incentivi ce li paghiamo da soli. Non che sarebbe molto diverso se provenissero dalla fiscalità generale, sempre di pantalone si tratta, però, se vivessi in un condominio con zero chances di mettere pale o pannelli a procurarmi il posticipo del campionato, avrei forse qualche problema nel vedermi crescere la bolletta per sostenere gli impianti altrui. Né potrei rallegrarmi di un eventuale futuro alleggerimento dei miei oneri, visto che è opinione diffusa che l’energia costerà sempre di più e non sempre di meno. Diciamo piuttosto che passeggiando nelle oasi di verde cittadino circondate da ettari di cemento, il pensiero di soavi collinette puntellate di mulini a vento dell’era moderna potrà forse alleviare un po’ la sofferenza.

Ma è ovvio che l’eolico non è tutto, però con il FV che rende poco più della metà del vento e l’idroelettrico praticamente saturo, sarà inevitabile il ricorso ad altre fonti, rinnovabili o semi-tali. E qui, ma non solo qui, entrano in gioco le problematiche infrastrutturali e sociali. Le prime le mettono in risalto proprio Anev ed Aper, sottolineando l’urgenza di interventi infrastrutturali imprescindibili nei settori del dispacciamento e della distribuzione, per passare da un sistema basato sulla produzione fortemente accentrata ad uno in cui le risorse sarebbero sparse sul territorio; senza questi si rischia (e di fatto già accade) di non poter utilizzare quanto prodotto.

Dal punto di vista sociale poi la situazione è ancora più complessa, perché se non c’è nessuno che vorrebbe una centrale elettrica tradizionale -per non parlare dell’ipotesi nucleare per carità– nel proprio comune, sono comunque pochi quelli che accolgono volentieri torri eoliche, parchi fotovoltaici, centrali a biomasse (erroneamente ritenute inceneritori) e così via. La sindrome nimby è sempre in agguato, e non si tratta solo di comitati di cittadini ai quali è dovuto comunque il massimo rispetto ma che forse avrebbero solo bisogno di essere correttamente informati, spesso sono le stesse associazioni ambientaliste che giustamente promuovono lo sviluppo delle fonti rinnovabili a osteggiare poi la realizzazione degli impianti, sempre per ragioni di impatto ambientale. Va tutto bene, purché si capisca cosa si vuole fare.

Quale il rischio dunque, oltre gli ovvi problemi cui si andrebbe incontro non ottemperando gli obblighi comunitari? Il rischio, paradossalmente, lo corre proprio l’ambiente, non già perché tutto ciò implicherebbe un uso persistente dei combustibili fossili, quelli prima o poi finiranno comunque, quanto piuttosto perché l’unica salvezza -si fa per dire- finiranno per essere i biocarburanti (ricordiamo che la quota del 17% è riferita all’energia primaria, compresi quindi i consumi per autotrazione), magari massicciamente importati da paesi che già ora, nella foga di produrli, stanno mettendo a serio rischio i propri ecosistemi tra modifiche imponenti all’uso del suolo e consumo delle risorse idriche. Per chi avesse dimenticato che lo facciamo per limitare le emissioni che forse fanno male al clima, ricordiamo che tutto questo al clima fa male di sicuro, e non tra cento anni, ma già ora. Per non parlare poi dell’impatto sui mercati agroalimentari, causato dalla rapida conversione di coltivazioni destinate alla produzione di cibo in pompe di benzina. Per questo, malgrado sia stata addirittura chiesta una moratoria in sede ONU, non si è composto alcun comitato del no, per la semplice ma forse ipocrita ragione che sono fatti che ancora non avvengono nel nostro giardino.

Forse la domanda con cui abbiamo aperto è sbagliata, più che chiedersi dove possa andare la barca, sarebbe lecito chiedersi se ha qualche probabilità di galleggiare.

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Published inAttualitàEnergiaNews

10 Comments

  1. Agostino

    Ho apprezzato le realistiche e ben documentate considerazioni di Guido Guidi sulle energie rinnovabili.

    Per quanto riguarda le “nuove rinnovabili” (sole, vento), il loro contributo in energia primaria al 2030 a livello mondiale viene da molti esperti previsto non superiore a qualche per cento. Questa previsione può stupire, quando si tenga conto dell’enorme investimento “ideologico” ed economico fatto su di esse in alcuni paesi (tra cui, da qualche anno, anche in Italia). Ma il fatto è che tali fonti presentano due gravi limitazioni: la bassissima densità di potenza all’origine, che richiede costose ed ingombranti infrastrutture di raccolta, e la intermittenza, che comporta lunghi periodi senza produzione, e quindi ridotti “fattori di carico”, e richiede la presenza in rete di impianti di riserva di tipo convenzionale.

    In proposito, è significativo un recente rapporto del Rheinisch-Westfälisches Institut für Wirtschaftsforschung, che fornisce il bilancio di un ventennio di promozione delle energie rinnovabili in Germania (paese comunemente ritenuto all’avanguardia in questo campo).

    Da tale rapporto risulta che in Germania, anche se vi sono installate la maggiore potenza di eolico dopo gli Stati Uniti, e la massima potenza in assoluto di fotovoltaico nel mondo, a causa dei ridotti fattori di carico la quota del consumo di energia elettrica effettivamente prodotta è inferiore al 7% per l’eolico ed all’1% per il fotovoltaico (corrispondenti insieme soltanto al 2% del consumo di energia primaria in Germania). Inoltre, per le installazioni tra il 2000 ed il 2010, si stima che i costi totali fino al termine dei contributi di legge saranno di 20 miliardi di Euro per l’eolico e di ben 53 miliardi di Euro per il fotovoltaico. Supponendo che queste rinnovabili sostituiscano le fonti fossili tipiche della Germania (molto carbone e poco gas), la tonnellata di CO2 abbattuta viene a costare circa 54 Euro per l’eolico e ben 712 Euro per il fotovoltaico (mentre al mercato europeo delle emissioni tale costo si aggira tra 10 e 20 Euro).

    Se veramente la Germania avesse voluto ridurre le emissioni di gas-serra, avrebbe dovuto investire ben diversamente quei 70 miliardi di Euro, ad esempio riprendendo la costruzione di impianti nucleari come stanno facendo molti altri paesi europei.

    Quella impostazione “politico-ideologica” per l’energia ha invece comportato che attualmente in Germania oltre il 50% dell’energia elettrica è prodotta dal carbone, e che sono in costruzione o in programma decine di nuovi impianti a carbone. In conclusione, il “verde” cittadino tedesco produce in un anno oltre 10 tonnellate di CO2, mentre l’italiano ne produce solo 7.

    Fortunatamente per la Germania, il nuovo governo Merkel sta ripensando totalmente la propria strategia energetica, e per intanto sospende la fermata, già stabilita per i prossimi mesi, di alcune centrali nucleari che quindi potranno continuare a fornire regolarmente preziosa energia senza emettere gas-serra…

    Ritengo che questa amara esperienza dovrebbe essere valutata a fondo in quei Paesi, come l’Italia ed anche gli Stati Uniti, che intenderebbero seguire con anni di ritardo l’esempio della Germania.

    • Duepassi

      da:
      http://www.viaggio-in-germania.de/popolazione.html
      Germania 82.370.000
      Italia 60.114.000

      moltiplichiamo la produzione pro capite da te indicata
      Germania 10
      Italia 7

      per la popolazione e otteniamo
      Germania 823.700.000
      Italia 420.798.000

      ora,
      noi paghiamo perché le nostre emissioni sono troppe
      infatti sono addirittura la metà circa di quelle tedesche
      e a chi paghiamo, per scontare questa colpevolezza ?
      Ai “virtuosi” Tedeschi, che emettono solo il doppio di noi.

      Così va
      ma vi sembra giusto ?
      A me no.

      Secondo me.

  2. Giampiero Borrielli

    Una sola considerazione:
    http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/10/005-10arg.pdf
    Chi vuole intendere intenda…ovvero che l’immissione di energia elettrica prodotta dall’Eolico è fonte di instabilità per la rete internazionale di trasmissione, ma siccome esistono leggi che prevedono il dispacciamento prioritario di quell’energia, in caso di mancato dispacciamento della stessa ( per vari motivi, non ultimo il fatto che Eolo non ha ancora attivato nessuna E_Mail per avvertire Terna della propria disponibilità) paghiamo comunque noi…e la cosa sta cominciando veramente a darmi fastidio!!!!!

    • Angelo

      L’eolico per sua natura è molto variabile, e visto che per la stabilità della rete la domanda deve essere perfettamente uguale alla produzione a meno delle perdite e dello scambio con altre reti, bisogna coprire il grande eolico con termico di modulazione.
      Questa necessità è emersa con l’eolico sia perché tra le fonti è la più variabile nel tempo, ma anche perché sta aumentando considerevolmente la sua potenza installata rispetto alla potenza in consumo del sistema ITALIA.
      Il problema sarà simile per il fotovoltaico e altre fonti man mano che aumenteranno di potenza. Solo il grande idro di pompaggio o a serbatoio non soffre di questo problema anzi contribuisce alla stabilità di sistema in maniera importante e strategica; infatti sono dette fonti rinnovabili PROGRAMMABILI.

  3. Pietro

    Non è affatto vero che in Italia il potenziale idroelettrico economicamente sfruttabile si è esaurito. La realtà è che dopo il Vajont è diventato praticamente impossibile costruire una diga. Le aziende non ci pensano nemmeno a presentare progetti idroelettrici di grandi dimensioni, non perché non siano potenzialmente redditizi, ma perché sanno che si troverebbero schiacciate tra associazioni pro loco e ambientaliste, autorità locali che non vorranno prendersi alcuna responsabilità, magistrati in cerca di visibilità capaci di bloccare i cantieri per anni e, in generale, nel mirino di tutti quegli intellettuali decadenti che tanto abbondano in questo paese.
    Gli unici impianti che oggi vengono realizzati grazie a questi incentivi sono piccoli e ad acqua fluente, cioè senza invaso. Del resto è tanto romantico mettere una turbinetta alla gora del vecchio mulino, tuttavia l’assenza di un invaso a monte fa si che la produzione dipenda dalla portata istantanea del corso d’acqua, quindi, come accade per le nuove rinnovabili, è legata ad eventi naturali senza alcuna possibilità di regolazione in base alla domanda.
    Le grandi centrali a serbatoio non sono importanti tanto per la quantità complessiva di energia prodotta, ma sono strategiche per la rete perché consentono di far fronte ai picchi di domanda; le centrali termoelettriche infatti hanno scarsa capacità di regolare la potenza prodotta; le centrali nucleari addirittura funzionano a potenza costante.
    Inoltre faccio presente a Duepassi che esiste già un metodo per immagazzinare grandi quantità di energia elettrica durante le ore di minimo consumo per sfruttarle durante i picchi di domanda: gli impianti idroelettrici di pompaggio-accumulazione. I grandi impianti alpini (Chiotas, Edolo) con un salto attorno ai 1000 m, hanno un efficienza complessiva attorno a 0.7, che non è poco.
    Paradossalmente la presenza di questa “vecchia” fonte rinnovabile diventa sempre più importante con l’avvento delle nuove rinnovabili, con buona pace dei verdi che negli anni ’80 assegnarono il premio Attila per la diga del Bilancino all’allora presidente della regione Toscana Bartolini.

    • Angelo

      Hai perfettamente ragione! Il grande idroelettrico a serbatoio e di pompaggio avrebbe ancora qualche possibilità. Ma la situazione che tu stesso hai descritto (ambientalisti contro, pro loco, comitati del No e balle varie…) significa comunque che non si può fare nulla. Quindi, di fatto, bisogna dichiarare la fine del grande idro.

      La turbinetta al piccolo mulino è una cosa che affascina molto, ma se si parla di generatore elettrico attaccato alla turbina o centrale idroelettrica subito ci si preoccupa per l’inquinamento. E a qualcuno vengono in mente le radiazioni!

      E’ la conseguenza di anni di propaganda attraverso lo strumento del terrore.Prima chernobyl, poi il global warming, le nano-particelle e da domani chissà cosa si inventeranno; forse i terroristi di Bin Laden si faranno esplodere in nome di GAIA!

    • Angelo

      Dimenticavo; ammesso di riuscire a realizzare il grande idro che si può ancora fare siamo comunque ben lungi da raggiungere gli obbiettivi di kyoto con l’idro!

  4. Duepassi

    Dunque, il potenziale eolico del nostro paese non va oltre i 16GW. In Germania sta avendo momenti difficili…e la Germania è il Paese che aveva fatto dell’eolico una sua bandiera, di cui, evidentemente, stenta ad aver frutto.
    D’altra parte qui gli ambientalisti vogliono l’eolico a gran voce,
    poi gli proponi un progetto concreto, e ti fanno i comitati del no perché vuoi (dicono) deturpare il paesaggio di questa bella Italia a vocazione turistica.

    L’idroelettrico è praticamente saturo, e quindi destinato a non crescere in maniera significativa, per quanto quest’anno sia caduta sul nostro territorio una grande quantità di acqua, che, detto per inciso, smentisce Stern che, senza contraddittorio, perché nei fatti ambientali non vige la par condicio, era venuto a dirci alla nostra tv di Stato che l’Italia si starebbe desertificando.

    Che dire del fotovoltaico ? Al momento lo sta pagando pantalone, e quindi, finché non sarà più competitivo, troverei disennato, in un periodo di crisi, investire massicciamente in un campo non ancora maturo. Quel che si sta facendo ora come ora mi parrebbe più che sufficiente per mantenere un’accettabile ricerca ed esperienza.

    Come faremo dunque a sostituire, quando sarà esaurita, l’energia da petrolio, o da carbone, o da gas, che attualmente la fanno da padrone, con le quantità da nicchia o comunque difficilmente aumentabili delle fonti rinnovabili ?
    Perché parliamo di percentuali decisamente lontane da quelle raggiungibili via rinnovabile.

    Esistono fonti di energia enormi, ma il cui concreto utilizzo è, attualmente, pura fantascienza.
    Ma il mio spirito fantasioso, che convive paradossalmente con quello pratico, mi porta a fantasticare, a sognare, per un minuto.
    D’altra parte ero in età di ragione e non mi sarei mai immaginato che avrei avuto quattro computer, più tre abbandonati in cantina, un navigatore che, con la voce di mio figlio, conosce le strade di tutta l’Europa, un telefonino col quale contattare persone ovunque, da ovunque, a patto che non si sia scaricata la batteria, decine e decine di GB di corsi di lingue, e che avrei visto l’uomo arrivare sulla Luna. Obiettivo, quest’ultimo, raggiunto già molto tempo fa.

    Una volta calcolai che solo un miliardesimo dell’energia emessa dal Sole raggiunge la Terra. Pensate cosa vorrebbe dire poter aggiungere anche un solo altro miliardesimo di quell’energia…
    Come fare ? Siamo ancora alla fantascienza, io vi ho indicato dove sta l’energia, ma a raccoglierla deve pensarci qualcun altro (eh eh).

    C’è poi la famosa equazione di Einstein, che sta lì a dirci quanta immensa energia potremmo produrre se solo sapessimo trasformare la materia in energia, visto anche che siamo un piccolissimo puntino nell’immenso universo, e ci son più stelle nell’universo che granelli di sabbia nel Sahara, o gocce negli oceani.

    A riuscirci, avremo davanti a noi un’energia praticamente senza limiti.

    Senza arrivare a questi, che per ora sono solo sogni, non ragionerei per il futuro con gli occhi di oggi.
    L’avessimo fatto ai tempi di Malthus, non riusciremmo a spiegarci come possa vivere la popolazione attuale. Perché quel reverendo dalle idee particolari non immaginava che sarebbero migliorati, e di molto, i metodi di produzione del cibo.

    Una persona sensata non si affida ai sogni, ma nemmeno si inchioda alle condizioni del suo tempo.

    Secondo me.

    • Duepassi

      Più concretamente, servono miglioramenti decisivi nell’immagazzinamento dell’energia, in modo da poterne utilizzare quando serve, producendola quando possibile.
      Questo perché la produzione di energia risente (eolico) del vento che non soffia, e (fotovoltaico) del sole che non c’è, o è debole.
      Poter disporre delle quantità dell’ energia necessaria quando serve sarebbe già un importante passo avanti.
      Lo so, ho detto una banalità. Perdonatemi.

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