In queste ultime settimane abbiamo assistito ad una ripresa seppur parziale dell’attività solare, infatti, dal mese di dicembre, i giorni senza macchie sono diminuiti in modo importante e il flusso solare sulla lunghezza d’onda dei 10,7 cm ha mostrato per la prima volta un aumento non effimero, con valori ormai stabilmente superioni ad 80. Un altro indice che invece misura l’attività geomagnetica, l’ indice AP, si mantiene a livelli estremamente bassi avendo per altro toccato nell’ultimo mese valori mai misurati dall’inizio delle sue misurazioni. Contestualmente si osservano ancora livelli di radiazione cosmica incidente sulla superficie terreste a livelli molto alti.
La correlazione inversa tra attività solare e intensità della radiazione cosmica è nota sin dagli anni ’501, così come è acquisito il fatto che le variazioni della radiazione cosmica dovute alle variazioni del ciclo solare non siano istantanee, ma avvengano con un ritardo quantificabile in 6–12 mesi.
Mi spiego meglio: le variazioni dell’indice Ap che stiamo osservando si riferiscono ad un periodo di alcuni mesi fa quando ci trovavamo nella fase più profonda del minimo solare. In studi successivi si è evidenziato inoltre il legame tra il ciclo solare e le modificazioni che avvengono nell’eliosfera ed in modo particolare nella sua estensione. L’eliosfera, risulta di particolare importanza nelle dinamiche della radiazione cosmica e con essa si identifica quella zona di spazio cosmico che si estende ben oltre l’orbita di Plutone, sino al confine del sistema solare, dove il vento solare ha densità e pressione ancora superiore a quella della materia interstellare (eliopausa).
Nella figura sottostante potete notare la composizione dell’eliosfera: al centro il sole ed i pianeti che vi orbitano intorno, la solar wind termination shock ( il punto in cui il vento solare rallenta al di sotto della velocità del suono ) e l’eliopausa.
Gli effetti sui raggi cosmici quindi si esplicano all’interno di un’area spaziale estremamente vasta e questo ci rende ragione del fatto che esista un lasso di tempo che intercorre tra ciò che noi osserviamo sul sole in termini di macchie solari e vento solare, e gli effetti sul quantitativo di raggi cosmici che raggiungono il nostro pianeta. Inoltre l’intensità dei raggi cosmici è influenzata anche da altri fenomeni della nostra stella come i brillamenti solari2, e le emissioni di protoni, mentre le variazioni dell’indice Ap variano senza alcun ritardo insieme alle variazioni dei raggi cosmici3.
La molteplicità di fattori e la vastità dell’area di spazio interessata, determinano curve di isteresi complesse ma con un aspetto interessante e cioè l’importante differenza esistente tra i cicli solari con polarità positiva e quelli con polarità negativa.
Si può notare che nei cicli solari pari il ritardo tra modificazioni dell’attività solare e radiazione incidente è ben maggiore rispetto ai cicli solari dispari4, e questo è dovuto alla differente polarità dell’eliosfera. Nei cicli dispari la polarità del sole nella prima fase del suo ciclo undecennale è positiva e le particelle cosmiche sono costrette a penetrare l’eliosfera attraverso le regioni polari a differenza della seconda fase dei cicli dispari o la prima fase dei cicli pari quando i raggi cosmici penetrano attraverso la regione equatoriale con un percorso più diretto e che va maggiormente ad interessare il nostro pianeta5. Possiamo quindi pensare non solo a variazioni di tipo quantitativo di radiazione incidente ma ci si può anche porre il problema se diverse zone del pianeta (equatore e poli) possano ricevere a seconda della polarità del ciclo solare in essere quantitativi estremamente variabili di particelle.
Tutto ciò per provare a evidenziare quale potrebbe essere l’evoluzione della radiazione cosmica e dell’indice Ap nel corso del ciclo solare 24.
Il ciclo 24, mostra un netto ritardo tra attività solare e indice Ap; la cosa è oltremodo interessate poiché se esso evolverà secondo lo schema attuale e cioè con una lenta fase di aumento di attività e una simile fase di ritorno verso il minimo, la quantità di raggi cosmici in arrivo sulla terra, in accordo con le curve di isteresi ricavate dai cicli precedenti, sarà probabilmente estremamente bassa. Ciò potrà contribuire a scompaginare per l’ennesima volta i mitici modelli climatici focalizzati in modo predominante sul forcing antropico. Inoltre, se i raggi cosmici sono veramente in grado di aumentare la copertura nuvolosa (attendiamo sempre con impazienza i dati dell’esperimento CLOUDS) potremmo osservare modificazioni opposte non in valore assoluto, ma sotto forma di rapporto tra la nuvolosità equatoriale e quella delle regioni polari, aggiungendo altri pezzi al nostro puzzle.
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Post scrittum: Al termine di questo breve articolo un’ultima figura che mette in evidenza l’andamento previsto e osservato della radiazione cosmica dall’inizio dell’era spaziale ai giorni nostri. Come potete notare non sono mai stati raggiunti livelli così alti di radiazione cosmica da quando l’uomo esegue queste misurazioni. Il grafico proviene sempre dagli archivi della NASA e dobbiamo aspettarci da parte dell’ente spaziale americano numerosi studi riguardanti questo comportamento non previsto delle particelle cosmiche in quanto per le missioni future la prevedibilità della radiazione cosmica sarà fondamentale per preservare la salute degli equipaggi diretti verso la luna ed oltre.
- Forbush, S.E., 1954. World-wide cosmic ray variations. Journal of Geophysical Research 59, 525 [↩]
- Hatton, C.J., 1980. Solar flares and the cosmic ray intensity.Solar Physics 66, 159 [↩]
- Mavromichalaki, H., Petropoulos, B., 1984. Time lag of cosmicrayintensity. Astrophysics and Space Science 106, 61 [↩]
- Kudela, K., Rybak, J., Antalova, A., Storini, M., 2002. Time evolution of low-frequency periodicities in cosmic ray intensity. Solar Physics 205, 165 [↩]
- Kane, R.P., 2006a. A detailed comparison of cosmic ray gaps with solar Genevyshev gaps. Solar Physics 236, 207 [↩]
è vero che questi studi sul sole non affidabili . ma non ci sono studi approfonditi precedenti.
Interessante articolo, redatto nel 2005, che cerca una correlazione tra indici magnetici e intensità del ciclo solare. Tuttavia tale approccio non è supportato da prove concrete.
Per ora si è rivelato un modello inaffidabile. Penso che lo
svilupparsi di questo ciclo solare porterà a modelli molto più realistici, anche se per forza di cosa perfettibili. E’ la prima volta infatti che assistiamo a un simile comportamento della nostra stella.
Per verificare l’evoluzione del ciclo solare, in questa fase sarà molto importante valutare la forma e la posizione delle macchie sul disco.
http://www.agu.org/pubs/crossref/2006/2005GL025221.shtml
Predicting the strength of solar cycle 24 using a flux-transport dynamo-based tool
We construct a solar cycle strength prediction tool by modifying a calibrated flux-transport dynamo model, and make predictions of the amplitude of upcoming solar cycle 24. We predict that cycle 24 will have a 30–50% higher peak than cycle 23, in contrast to recent predictions by Svalgaard et al. and Schatten, who used a precursor method to forecast that cycle 24 will be considerably smaller than 23. The skill of our approach is supported by the flux transport dynamo model’s ability to correctly ‘forecast’ the relative peaks of cycles 16–23 using sunspot area data from previous cycles.
se i raggi cosmici, che vengono da fuori del sistema solare, sono in aumento, qualche furbone troverà il modo di darne la colpa all’uomo…ci sarebbe da scommetterci
🙂