La fame di conoscenza ovviamente non conosce limiti. Il desiderio di possedere una infinita capacità di calcolo neanche, e le due cose sembra proprio vadano a braccetto. Qualche mese fa abbiamo letto dell’installazione di un mega-computer al Met Office. Dall’altra parte dell’oceano non sono rimasti al palo. Il National Center for Atmospheric Research (NCAR) ha avviato la progettazione di un centro di calcolo ancora più potente. L’NCAR ha sede a Boulder, nel Colorado, la città che figura tra le cinque più efficienti nella pratica del vivere sostenibile.
Logico che abbiano a cuore la ricerca nel settore del clima, logico che vogliano farlo con il minor impatto possibile, logico che il ritorno d’immagine sia a favore dell’istituzione che profonde tanto impegno in questo progetto. Ma, un momento, perchè lo costruiscono in un altro stato? Sarà perchè si vuole regalare l’opportunità di crescere ad altre realtà nazionali? Beh, così sembrerebbe, leggendo dalle informazioni rilasciate da chi si sta occupando del progetto.
Ma sarà vero? No. Lo costruiscono in un altro stato perchè costa meno. Nulla da dire, ci mancherebbe altro. Volete sapere perchè costa meno? Perchè per far funzionare questo Hal9000 del XXI° secolo, apprendiamo che occorreranno 8 Megawatt di potenza, più o meno 5 per l’esercizio e 3 per il raffreddamento e, nel Wyoming, l’elettricità costa molto meno che in Colorado (la differenza è del 25/30%). Volete sapere perchè costa meno? Perchè il 95% dell’elettricità prodotta in quello stato viene dal carbone.
Sì, proprio da quello sporco e venefico combustibile fossile ritenuto responsabile di aver trascinato il mondo sull’orlo del precipizio dei cambiamenti climatici. E neanche di ottima qualità . Si tratta di carbone povero di zolfo, meno efficiente in termini di Btu, ovvero di capacità di produrre calore. Si calcola che rispetto al carbone prodotto negli altri stati dell’Unione, per far funzionare le centrali del Wyoming sia necessario a parità di output energetico il 50% in più di materia prima. Sorge il dubbio che ciò possa equivalere anche ad un 50% in più di emissioni di velenossisima anidride carbonica. Ne consegue che ne possa risultare anche un discreto accrescimento di danni ambientali, e Boulder non vuole certo perdere posti in classifica.
Neanche per idea, da quelle parti si stanno mettendo sotto per sviluppare la tecnologia cosiddetta “Clean Coal”, che permetterebbe di bruciare carbone evitando la gran parte del rilascio di CO2 in atmosfera. Peccato che sempre da quelle parti ci si qualcuno che asserisce candidamente che questa tecnologia è ben lungi dall’essere a punto, che ci vorranno almeno dieci anni per poterla impiegare, che i treni che trasportano il carbone dalle miniere alle centrali sono treni della morte e le centrali a carbone sono fabbriche di morte. Pensate, ognuna di quelle centrali, sempre secondo quel qualcuno, sarà responsabile nei suoi anni di esercizio dell’estinzione di circa 400 specie animali. Tra queste, presumibilmente, anche l’Homus Scetticus, specie che invece gode per fortuna attualmente di ottima salute. Quel qualcuno è James Hansen, il climatologo di tutti i climatologi (almeno così pensano di lui i seguaci dell’AGW).
Parallelamente, siamo davvero sollevati nell’apprendere che un buon 10% dell’energia necessaria al funzionamento del nuovo centro di calcolo, sarà prodotta da fonti rinnovabili, leggi sole e vento, nell’ordine se splende e se tira.
Riassumendo, per capire se l’uomo producendo energia dai combustibili fossili è realmente responsabile dei cambiamenti climatici occorre una sempre maggiore capacità di calcolo. Per ottenerla è necessario impiegare grandi quantità di energia. Per averla conviene spostarsi dove costa meno perchè viene prodotta su vasta scala con l’impiego di combustibili fossili (ma guarda un po’). A questa gente non manca il senso pratico, ma certamente manca il senso del ridicolo.
Godetevi il filmato, questa almeno è comicità ad impatto zero!
allora:
intanto questo sito mi pare la copia spiccicata di wikipedia, quindi, senza nulla togliere, l’attendibilità di chi ci scrive può non essere elevata in quanto contenuti generati dagli utenti non necessariamente specialisti di settore…
comunque:
1: “The coal is highly desirable because of its low sulfur levels.”
ok, come dicevo io, meno zolfo=carbone più puro e quindi più appetibile;
2: “…Although Wyoming coal may have less sulfur, it also a lower “heat rate” or fewer Btu’s of energy…”
i 2 fattori, % di zolfo e BTU, non sono correlati; la spiegazione di un valore BTU più basso rispetto al carbone che proviene dai giacimenti orientali è, come dicevo sopra, una maggior presenza di composti volatili (in particolare acqua, la cui molecola scissa in ioni H e O determina l’ossidazione di una parte del carbonio, diminuendo così il P.C.) e una minor percentuale di Carbonio rispetto al litantrace propriamente detto;
si tratta infatti, come già detto, di carbone sub-bituminoso, uno stadio di “carbonizzazione” intermedio tra lignite e litantrace;
in effetti, quindi, è vero che il carbone usato nelle centrali del wyoming ha un minor P.C. rispetto ad altri, vengo però al punto focale del discorso:
(vedi http://www.rocksandminerals.com/coal.htm) il carbone viene descritto con valori di BTU oscillanti tra 8.000 e 13.000 BTU per il carbone sub-bituminoso (quello estratto e bruciato in Wyoming) , e tra 10.000 e 15.000 BTU per il carbone bituminoso (quello migliore, estratto negli USA orientali e nel mid-west);
ora, è ovvio che (come è stato fatto sul sito indicato da Guido) se del primo prendo il valore minimo possibile di BTU, e del secondo invece il valore medio, la differenza può sembrare il 50%, ma così secondo me si gioca un po’ troppo con i numeri;
andrebbe realmente verificato se c’è veramente bisogno di bruciare il 50% in più di carbone (continuo a ritenerlo esagerato, perché parliamo di milioni di tonnellate/anno)…..
aggiungo: il passaggio ad un utilizzo massiccio del carbone low-sulfur, cioè a basso contenuto di zolfo, del Wyoming e dintorni, in tutti gli impianti USA, fu indicato e “sancito” nel “Clean Air Act Amendments” del 1990 (http://www.epa.gov/air/caa/), quindi è stata una scelta governativa e nazionale, non una scelta avventata o di convenienza;
ultima cosa: a proposito di bilancio costi/benefici:
oltre ai problemi ambientali che ho nominato nel mio primo intervento, (acidificazione di precipitazioni e suoli), ben più concreti e reali del famigerato effetto serra, la combustione di Carbone con eccessive quantità di zolfo, è causa primaria di costi supplementari, dovuti sia alle tecnologie necessarie per minimizzare quanto più possibile le emissioni in atmosfera, sia ad un degrado molto più rapido, con conseguente manutenzione e sostituzione, delle componenti meccaniche degli impianti delle centrali, in quanto le % di acido solforico e solforoso che si possono formare come residui, sono causa di accelerata corrosione e ossidazione;
alla fine di tutto, perciò, mi viene da dire che la scelta del National Center for Atmospheric Research, di cui si parla nell’articolo di Guido, sia stata, diciamo così, il male minore, a fronte di una situazione contingente e reale da cui non si scappa….
ah, anche in Colorado quasi il 92% dell’energia viene dal carbone, solo che in Colorado ne estraggono e bruciano 10 volte meno che in Wyoming ( ma solo perché non ce l’hanno, non per altro)… :-)))
http://www.eia.doe.gov/cneaf/coal/statepro/imagemap/usaimagemap.htm
chiedo scusa per la lunghezza….. 🙂
Max, grazie ancora.
Mi pare però che si stia un po’ menando il can per l’aia. Il male minore, come tu giustamente lo definisci, non sovverte il punto focale dell’articolo, ovvero quello di scegliere dove costruire un megacomputer per studiare i cambiamenti climatici (che secondo l’NCAR sono very likely da attribuire alle attività umane, leggi perchè si bruciano combustibili fossili) in un posto dove è più conveniente farlo perchè se ne fa largo uso. Il fatto che l’uso sia altrettanto largo nel Colorado non cambia la musica, perchè lì l’energia costa di più, presumibilmente proprio a causa di questo largo uso di materia prima non direttamente e/o interamente disponibile.
A me continua a sembrare ridicolo. Se poi volessimo entrare nel merito della fame di petabyte di potenza di calcolo che si continua ad avere a discapito di ricerca sul campo in senso stretto, forse le risorse impiegate potrebbero essere spese meglio. Ma questi non sono affari nostri, almeno finchè gli output dei megamodelli che ci gireranno sopra non ci prospetteranno una fine del mondo ancora più imminente. 🙂
gg
il tipo di carbone che usano le centrali da te indicate viene definito litantrace bituminoso,e sub-bituminoso, cioè un litantrace effettivamente più ricco di impurità e di acqua, ma non è la quantità di zolfo (raramente supera il 1-3%, spesso ammonta al max al 0,5%, tranne rari casi di lignite, che però non è il tipo di carbone usato) che determina il potere calorifico (=la quantità di massima di calore che si può ricavare dalla combustione completa di 1 kg di sostanza combustibile) del carbone;
mi permetto di dubitare del valore di Potere Calorifico (P.C.) inferiore del 50% da te indicato, in quanto, qualunque tipo di litantrace esistente in natura, pur con le dovute differenze dovute alle impurità (zolfo e azoto, principalmente), le oscillazioni del P.C. del litantrace possono andare da circa 7000 kcal/kg a 9000 kcal/kg;
una differenza del 50% vuol dire:
1: usano torba o legna secca (!!!) anziché litantrace (non ci credo nemmeno un po’, sarebbe un assurdo tecnico, economico e non solo)
2: questa stima è errata o quantomeno esagerata e andrebbe verificata….
però, mi posso sbagliare…..
🙂
Grazie Max,
cercherò di approfondire.
gg
Ecco la fonte.
http://www.sourcewatch.org/index.php?title=Wyoming_and_coal#cite_note-3
gg
solo una piccola precisazione:
il carbone “povero di zolfo” non è un carbone di bassa qualità , anzi, tutt’altro, è un carbone migliore perché la combustione di composti contenenti zolfo da luogo ad anidride solforosa, che nell’atmosfera si combina con le molecole di vapore acqueo determinando la formazione di acido solforoso, responsabile di acidificazione delle precipitazioni e dei suoli.
🙂
Ciao Max,
immagino quindi che a parità di quantità corrisponda un minor rischio di acidificazione delle precipitazioni e dei suoli. Cosa succede se ne devo impiegare il 50% in più per ottenere la stessa quantità di energia? Considerata la destinazione d’uso, la scarsa efficienza non è indice di scarsa qualità ? 🙂
gg