La risposta la forniamo alla fine dell’articolo, ma non correte a leggerla, ci arriveremo tra poco. Parliamo di mobilità territoriale, di trasporti. Voi come viaggiate? Utilizzate la macchina? L’aereo? Il treno? Cosa vi spinge ad utilizzarne uno piuttosto che l’altro?
Quando andate in vacanza, quali sono i fattori che concorrono a stabilire la meta?
Queste stesse domande sono state formulate da Eurostar ai cittadini del Regno Unito1 . Risultato? Il fattore principale che concorre a formulare la decisione è il prezzo. Per dare un ordine di grandezza: questo fattore è sette volte superiore alla preoccupazione per la propria impronta ecologica. L’articolo citato, sul sito della CNN, si snoda poi attraverso una serie di motivazioni che dovrebbero spingerci tutti ad utilizzare di più il treno (che, peraltro, mi trovano assolutamente d’accordo).
La risposta alla domanda di apertura è, quindi, il prezzo. Finchè chi ci propina stili di vita verde non capirà questo semplice passaggio, continueremo a pagare tutto ciò che è green-qualcosa a prezzi fuori dalle leggi di mercato, inducendo così il consumatore che, oggi più che mai, è price-driven a cercare opzioni più economiche. I restanti fattori in uno schema come questo sono secondari.
Un esempio su tutti? L’industria automobilistica oltre ad aver ottenuto sostegni economici a valanga è riuscita finalmente a diversificare l’offerta: tutte le case, o quasi, sono riuscite ad inserire almeno un modello di auto ecologica elettrica. Ammesso che sia questa la soluzione, avrebbero dovuto chiedersi perchè mai il consumatore dovrebbe scegliere di spendere di più (molto di più) per comprare una automobile elettrica, quando a fronte degli incentivi e a parità di prezzo con motori diesel e benzina, sono aumentate le vendite di mezzi a GPL o metano. Vedremo cosa accadrà senza eco-incentivi.
Il discorso però è chiaro: come per i green-jobs anche l’eco-business vive solo e soltanto in funzione delle copiose sovvenzioni pubbliche, altrimenti non si riesce a essere competitivi. Ci parlano di mancate economie di scala, per giustificare i maggiori prezzi e la necessità di finanziamenti a sostegno: permetteteci di non credere fino in fondo a questa spiegazione.
Saremo tutti più verdi, quando chi produce green-technology sarà in grado di farlo dentro le leggi di mercato e a prezzi di mercato.
- http://www.cnn.com/2010/TECH/01/10/green.trains/index.html [↩]
questo è il solito gioco del gatto che si morde la coda;
ricordo, agli inizi della mia carriera lavorativa, un PC desktop con processore a 16 Mhz e 1 Mega di Ram (si si, avete letto bene) costava qualcosa come un milione e mezzo – due di lire, nel giro di 5 anni, con la diffuzione dell’oggetto da lavoro/studio/svago nelle case di tutti, prezzi scesi di 20 volte, tecnologia avanzata a passi da gigante etc etc….
dove inizia e dove finisce la spirale?
da chi produce qualcosa di innovativo e dovrebbe, secondo il buon Claudio autore dell’articolo, vendere nuova tecnologia, nuovo prodotto, a prezzi del mercato corrente senza ripianare costi di ricerca e investimenti?
da chi acquista, che invece di fare il “pecorone” immerso nella folla di “pecoroni” che seguono passivamente mode e tendenze del mercato, dovrebbe avere un sussulto di autocoscienza e dire “NO!: spendo di più, ma compro una cosa ecologicamente più sostenibile e SOPRATTUTTO convinco TUTTI I MIEI AMICI/COLLEGHI/CONOSCENTI A FARE LO STESSO”,
innescando una spirale virtuosa che porti il bene “green” a diffusione di massa nel giro di pochi mesi?
il problema è tanto economico, quanto culturale…..
e poi:
dove inizia lo stile di vita “green”?:
dall’acquisto di un’auto elettrica, magari però poi fumandoci dentro e gettando mozziconi e pacchetti di sigarette dal finestrino, tanto “la strada non è mica casa mia e poi già fa schifo di suo, che sarà mai una cicca in più”…. ?
mi vengono in mente altre due cose da buttare sul piatto della discussione:
è storia dei mesi scorsi, una generale e apprezzabile diminuzione del costo di materie prime per produrre pane, pasta e similaria, parallela ad un aumento del prezzo al dettaglio dei beni suddetti senza giustificazioni;
è storia invece degli ultimi decenni, a ripetizione, che ad un minimo aumento del costo del greggio corrisponde un’istantaneo aumento della benzina alle pompe, ma, stranamente, quando il prezzo del greggio cala ( e negli ultimi 18 mesi, tranne ora, il calo è stato impressionante), il prezzo dei carburanti al dettaglio, se scende, lo fa con entità minime, e con ritardi che a definirli figli di malafede è fargli un complimento;
ora:
mentre per i PC di cui parlavo prima, bene o male un libero mercato di libera e reale e LEALE concorrenza più o meno c’è stato (parlo di hardware, prima ancora che di software), non si può certo dire lo stesso del mercato energetico, o immobiliare (eh già , l’edilizia ecosostenibile mi era sfuggita, ma purtroppo soggiace in Italia alla stessa logica che “se vuoi la casa verde – non di colore…! – paghi di più);
o vogliamo parlare di cibi Bio?
la loro produzione e la resa è nettamente inferiore quantitativamente parlando all’agricoltura industrializzata, ma l’alto costo all’utente finale è dovuto non tanto ai costi di produzione, ma al ricarico che è necessario al produttore per competere in un mercato dove anche i punti di distribuzione del Bio sono pochi in confronto ai vari GS, AUCHAN, CARREFOUR etc etc, e dove le catene che vendono BIO, diciamolo, lucrano su questo aspetto di “élite” che al prodotto Bio purtroppo ancora si assegna….
nessuno dice però, che se sul prodotto alimentare non BIO ricaricassi giustamente i costi di inquinamento, fertilizzanti, energia, etc etc, cioè i costi ambientali sociali, probabilmente costerebbe più del BIO;
allora è il sistema economico-culturale vigente ad essere “malato”?
secondo me si, d’altronde, lo dice l’articolo stesso di Claudio:
all’utente finale singolo interessa soprattutto risparmiare;
aggiungo io che al produttore di turno interessa soprattutto arricchirsi (cosa ben diversa dal guadagnare, attenzione!!!);
quando poi i produttori (di qualsiasi bene si parli), possono godere dell’appoggio sottobanco, o peggio, del disinteresse di istituzioni pubbliche, e fanno “cartello”, il tutto accompagnato da costante e voluta disinformazione e incultura in ambito economico-socio-ambientale, ci vuole poco a capire che la cultura del “compro quello che mi costa di meno e chissenefrega del resto” sarà dura da scardinare….
una delle prime cose che si insegna in economia, è che se la domanda di un prodotto è scarsa, il produttore tiene alto il prezzo per rientrare dei costi…..
ma la domanda del prodotto è scarsa, perché costa troppo, o costa troppo perché è scarsa??????
facciamo così: invece di pretendere un abbassamento dei costi di produzione “green”, di qualunque bene o prodotto si stia parlando, perché finalmente non ci decidiamo ad accollare alla produzione industriale “NON GREEN” i costi sociali, ambientali e culturali delle conseguenze del suo ciclo produttivo?
mesi fa, su queste pagine, alcuni (Claudio, eri tra questi?…:-) ) si indignarono e lamentarono duramente del fatto che Greenpeace, in alcuni comunicati, metteva alla berlina grosse multinazionali che, a differenza di altre, se ne strafregavano di adeguare processi produttivi e ricerca verso un’ottica di “minor consumi, minori impatti, etc etc”; perché invece non indignarsi verso quelle stesse aziende indicate come poco eco-sensibili, visto che altre grosse multinazionali invece lo fanno, senza per altro grossi ricarichi di costi sull’utente finale?
ritorno alle origini: è il gatto che si morde la coda, o è la coda che si fa mordere dal gatto?
🙂
un piccolo appunto al margine, per gbettanini :
il principio di precauzione sarà pure ASCIENTIFICO, come tu lo chiami, ma è lo stesso principio che in decenni e decenni di ricerca medica e di sperimentazione, ha impedito che venissero immesse nel mercato sostanze tossiche e velenose per l’organismo umano camuffate da farmaci (purtroppo altre volte, quando le leggi di mercato sono state più forti, questo non è successo); fosse stato usato con criterio anche con un occhio alle conseguenze ambientali (parlo di inquinanti di acque, suoli, atmosfera etc etc) forse oggi non avremmo bisogno di stare qui a discutere di economia e società “green” o no….
e in ogni caso, proprio perché “cautelativo” personalmente lo trovo molto più vicino allo scetticismo scientifico di tanto “ASSOLUTISMO E CERTEZZISMO” (perdonatemi la parola inventata) di chi ancora ha il coraggio di dire che il nucleare è a rischio ZERO, a emissioni ZERO, e economicamente vantaggioso…..
🙂
Due cose:
1) vendere nuova tecnologia, nuovo prodotto, a prezzi del mercato corrente senza ripianare costi di ricerca e investimenti?
Non si tratta di nuova tecnologia. In ogni caso, non sono io di certo contrario al profitto delle aziende. E’ ovvio che se c’è un investimento, l’azienda ragioni in termini di rientro sugli investimenti. Non è normale che quel rientro sia fatto tramite incentivi statali…
2) mesi fa, su queste pagine, alcuni (Claudio, eri tra questi?…:-) ) si indignarono e lamentarono duramente
Ah sì? Sinceramente non ricordo.
Per il resto mi sembrano davvero troppi argomenti tutti insieme.
Saluti
CG
Max…. di che incentivi statali godeva il tuo PC a 16 MHz?
Quoto tutto e appieno
Aggiunta:
Fino a prova contraria il Liberismo non esiste quindi il mercato e legge di mercato saranno sempre soggette all’influenza dello Stato ( esplicitamente o meno) , neanche in America il liberismo reale essite.
Se stai parlando di Italia ci sono una marea di cose sbagliate.
1. Gli econincentivi non si applicano ad auto elettriche.
2. Non esistono ancora sul mercato Italo/Europeo modelli elettrici ( plug-in o completamente elettrici) di “mercato” ovvero se vai da un concessionario qualsiasi non ha niente da proporti.
3. Nel trasporto tradizionale ( Italia nel nostro caso) ci sono enormi costi nascosti che ovviamente contribuiscono a favorire le scelte meno “eco” ma che comunque vengono pagati indirettamente dalla comunità ( inquinamento, rumore ecc…).
4. Gli incentivi servono appunto a favorire,quindi se perseguono un’interesse che porta benefici alla vità dei cittadini non vedo perchè siano da demonizzare.
Magari sembra poco chiaro il punto 1 e 2 era per puntualizzare ( sempre se si parlava di Italia) l’inesattezza di quello che tu scrivi.
I punti 3 4 sono a favore di incentivi eco.
1) Gli ecoincentivi non si applicano alle auto elettriche. E io dove l’avrei detto?
2) Il concessionario a 2 km da casa mia vende Fiat Panda elettriche. E comunque questo è irrilevante ai fini del mio articolo.
3) Quindi I?
4) Quindi II? Gli incentivi drogano il mercato e in quanto tale sono una distorsione. “Il Sole 24 ore” ha fatto i conti precisi di questi incentivi, e ne è risultato che non ne viene fuori nulla di buono. Il podcast risale al periodo di Natale, purtroppo non ce l’ho sotto mano.
Tutta questa marea di inesattezze di cui mi accusi, in ultima analisi, non la vedo.
Saluti.
CG
1.1: Nella sua frase “Un esempio su tutti?”, avrò franteso io ma sembra palese che associa “la valanga di sostegni economici” inteso come un male, all’auto elettrica, cosa che è quantomeno inesatta vista la ben più grande valanga di incentivi di cui hanno beneficiato per decenni le auto come le conosciamo oggi.
2.1: Mi sembra abbasta rilevante l’offerta odierna di modelli elettrici,quando lei si domanda quasi retoricamente, cosa dovrebbe spingere il consumatore a spendere di più (quando il di più non è neanche quantificabile vista la quasi inesistente offerta).
Quindi I, Quindi II: Non includere costi nascosi non equivale allo stesso modo ad una distorsione del mercato (che comunque è “consigliato o sconsigliato” dallo Stato). Io potrei mettermi a smaltire la spazzatura a un prezzo vantaggiosissimo…la butto in mezzo alla strada …ma qualcun’altro pagherà per toglierla dalla strada.
E spesso quello che è “eco” semplicemente si fa carico di costi nascosti che il tradizionale invece scarica ad altri ( e non è sempre detto che siano costi economici ma purtroppo sono costi che si pagano distruggendo l’ambiente e in salute).
Ok Botteri, in linea di massima sono d`accordo, ma le parole di Daniele Franceschi mi sembrano chiarissime e onestamente non mi sembra il caso di farne una questione morale. Inoltre non tiene conto di una cosa: la scelta del singolo consumatore può essere anche approssimata ad una scelta razionale, costi/benefici. la scelta di 300 milioni di consumatori,invece,segue altre regole.
CG
Noto che non appena qualcuno ha il coraggio (o il buon senso) di dire qualcosa di lapalissianamente vero, contestualmente si scatenano le orde dei polemisti.
Urta sentire la verita`: nessuno fa niente per niente. Se stiamo _inquinando_ il pianeta, lo stiamo facendo perche` ci costa meno.
Permettimi di dissentire.
Tu dici che “nessuno fa niente per niente”.
Qualcuno ti ha allora pagato per scrivere questa frase ?
Perché, se nessuno fa niente per niente, allora tu devi averci guadagnato qualcosa, no ?
Non lo dico per accusarti, ma perchè tu rifletta su quello che hai scritto.
perché io, invece, non credo che qualcuno ti abbia pagato.
Come nessuno mi ha pagato tutte le volte che sono andato a far la raccolta del sangue per l’AVIS (tessera 007, come James Bond). Tornavo ogni volta con il mal di testa, e dopo aver ricevuto le accuse di beccarmi 60 mila lire a flacone. invece, a parte che ero volontario e non mi pagavano una lira, oltre ai mal di testa, mi pagavo anche il biglietto dell’autobus per raggiungere la zona della raccolta.
Nè nessuno mi ha pagato quando sono andato a fare il soccorritore nel Belice, in occasione del terremoto. E sono io a pagare per i bambini adottati a distanza, non loro a pagare me.
e potrei continuare, e sai bene che, come me, ci sono milioni di persone che fanno tante cose per niente.
Puoi anche tenertela per te, dunque, quella frase.
Ma a parte questo, se è vero che il discorso economico non è l’unico, è anche vero che non si può non tenerne conto.
NON si sceglie l’ipotesi “che costa meno”, come vorresti far capire tu, assai superficialmente, ma le persone competenti e serie fanno un discorso di costi/benefici.
Quando programmo una vacanza, non scelgo “quella che costa di meno”, e nemmeno “quella più bella”. Pensa un po’, non sono ancora andato alle Maldive, né a passare un bel mese a Tokio (eppure mi piacerebbe moltissimo).
Una persona con la testa sulle spalle esamina costi e benefici, e sceglie anche tenendo conto di quello che può spendere.
Dice che la pulizia è importante, e chi lo mette in dubbio. Si presenta un buontempone e ti dice che ti pulisce la bicicletta per 20 mila euro.
Che fai, dici di si ? O lo pigli per pazzo ?
Se dici di si, dimmi dove abiti che ti vengo subito a pulire la bici, Niente paura, te la faccio nuova fiammante !
Se non paghi 20 mila euro per far pulire una bicicletta mica vuol dire che ti piacciono le biciclette sporche ! Vuol dire solo che non ti fai prendere per fesso, no ?
E allora, lo capisci che le cose vanno valutate, ed anche cose sacrosante (come una bella bicicletta pulita) hanno un costo che deve essere ragionevole ?
Secondo me.
Guido Botteri.
(come previsto)
Parlare del gratificante feedback emozionale che ti possono dare beneficenza e volontariato esula da questo luogo ed e` decisamente OT: credo che siano domande che sicuramente tu ti sia gia` posto.
Io credo che non esista il “benefattorismo assoluto” (mi si perdoni il terminaccio), nemmeno in wikipedia, nell’opensource, ne` tantomeno nella scienza (esclusa forse l’astronomia, e in climatologia di certo no). IMHO.
Cio` detto come incipit, prova tu a far installare dei pannelli solari a chicchessia dicendo che non guadagnera` alcunche`, ne` risparmiera` alcunche`, ne` probabilmente raffreddera` il pianeta; anzi, ci perdera` un sacco di soldi! (perche` questo e` quello che succederebbe, senza incentivi)
Solo una risicata percentuale di utopisti ti darebbe 20mila euro per metterli.
Quando poi sara` conveniente ed efficiente, tutti installeranno pannelli solari perche` _risparmieranno_, probabilmente ne usciranno modelli di design /tres chic/, e qualcuno potra` vantarsi _anche_ di essere stato un /early adopter/.
Va bene, vuol dire che abbiamo modi diversi di conteggiare cosa sia “fare qualcosa per niente”, e la chiudo qui, per non prolungare l’OT.
Immagino che tu probabilmente installi pannelli, io no, e non capisco perché dovrei cambiare auto ogni tre anni per permettere a te di installare pannelli, che come feedback emozionale mio (ammetterai), è bassino, tenendo conto del costo di un’auto nuova, che invece è decisamente alto.
Nè mi consola salvare un pianeta che non credo sia in pericolo.
Fossi convinto che lo fosse, avrei decisamente un miglior feedback emozionale, non trovi ?
Personalmente penso che se installare pannelli costa tanto di più (senza scomodare teorie allarmistiche che potrebbero rivelarsi degli autogol tra qualche anno, quando di tempo cronologico ne sarà passato abbastanza da dar prova evidente del comportamento del clima, confermamdo o smentendo le attuali teorie di governo antropico),
magari i tempi non sono ancora maturi per una massiccia installazione, e, pur concedendo spazi (cioè incentivi) per una limitata quantità , tale da consentire il proseguio di sperimentazioni ed esperienza,
sarebbe il caso di riservare una campagna di forte intensificazione di queste installazioni, quando le tecnologie saranno più mature, ed i costi meno gravosi per l’esangue Stato italiano.
Secondo me.
Guido Botteri.
Sono in linea con il messaggio dell’articolo di Gravina: la green economy si imporrà quando sarà anche cheap economy. Scendendo un pò più nel particolare, dato che mi pare si accenni al tipo di mobilità , vorrei invece far notare come gli autoveicoli elettrici siano la migliore soluzione sotto ogni punto di vista: nell’efficienza energetica del movimento, negli inquinanti dannosi per la salute, nella economicità e semplicità della rete distributiva. E mentre me ne infischio delle tonnellate di CO2 risparmiate rispetto ai mezzi con motore endotermico, come cittadino pagherei ben volentieri qualche tassa in più se questo ci portasse verso una mobilità , almeno quella cittadina, completamente elettrica, che ci liberasse dalla vera peste del 2000 (altro che AIDS), i vari PM10, Nox, CO, che fanno salire il tasso di tumori, malattie cardiovascolari e degenerative anche fra gente relativamente giovane.
@ Bettanini
ma allora siamo d’accordo! altro che nucleare, se proprio non se ne vuol sapere di rinnovabili, una bella centrale a carbone che blocchi gli inquinanti più noti (da cui escludere naturalmente la CO2) e via! 😉
D’accordo per quanto riguarda l’auto elettrica, con un appunto sull’efficienza… l’efficienza dell’auto elettrica è molto alta se si considera la sola conversione di energia elettrica in energia meccanica. Se si considera anche il rendimento del processo di produzione dell’energia elettrica l’efficienza globale non è così lontana da quella dei motori a scoppio.
Per quanto riguarda poi l’economicità della gestione di un’auto elettrica questa sarà legata a doppio filo con la politica energetica del paese ed alle accise che il governo deciderà di mettere sull’energia elettrica per autotrazione…
Comunque possiamo già dire che ad un cittadino francese l’uso dell’auto elettrica costerà all’incirca la metà rispetto a quanto costerà ad un cittadino italiano… chissà come mai.
Per quanto riguarda l’efficienza dei motori elettrici applicati alle automobili, ti posto un sito dove sono indicati i rendimenti della maggior parte di tipologie di motori. Dove viene tenuto conto quanta energia meccanica si ricava partendo sa 100 unità di petrolio, tenendo conto anche dei passaggi intermedi(centrali..), ne emerge che i veicoli elettrici sono la risposta per il futuro per quanto riguarda l’efficienza!! Per esempio da 100 unità di petrolio un veicolo a benzina ricava 28 unità di energia meccanica, contro le 43 di un veicolo ad ACCUMULATORE elettrico!!
Il 43% mi pare altino…. posta il sito che vediamo come lo calcolano. Grazie.
Scusate ma “ero di fretta”!E non ho postato il sito !!
Comunque eccolo qua: http://www.carlobertocchi.it/rendimenti.htm
su wikipedia si parla di 0.31 kwh/km per l’elettrico e di 0.90 circa kwh/km per la benzina, ovvero un valore di 2.75 volte superiore per il motore termico rispetto all’elettrico. Forse questi calcoli http://it.wikipedia.org/wiki/Auto_elettrica sono rivedibili, ma in ogni caso non c’è paragone: la mobilità elettrica è di gran lunga la modalità più energeticamente efficiente per muoversi. Poi beh, le accise esulano dalla questione scientifica, quelle non sono cose che ci riguardano 🙂
riguardo il fatto che un cittadino francese paghi la metà rispetto ad un italiano, immagino tu volessi ancora una volta propagandare il nucleare 🙂 ma 1) non sappiamo in quali altri modi e quantità nel passato il cittadino francese abbia dovuto pagare l’investimento per la costruzione delle centrali 2) noi paghiamo di più perchè l’energia la dobbiamo acquistare (e chi ce la vende ci vuol guadagnare), semplicemente, mentre loro sono quasi autosufficienti; questo non implica tuttavia che produrla tramite nucleare sarebbe l’opzione più economica, se ad esempio producessimo tutta l’energia di cui necessitiamo col carbone, probabilmente spenderemmo ancor meno di un francese 😉
Io lascerei perdere wikipedia, se guardi la versione inglese (di solito più completa) dice più o meno l’opposto.
http://en.wikipedia.org/wiki/Electric_car
I conti è meglio farseli in autonomia… e per evitare di contabilizzare i costi di estrazione e distribuzione della fonte primaria utilizziamo il gas metano, prendiamo una Panda Natural Power che per fare 100 km consuma circa 5 Nm3 di gas, poi prediamo quegli stessi 5 Nm3 di gas e li immettiamo in una centrale a ciclo combinato, impianto di generazione che ha in assoluto il rendimento elettrico più elevato, se ti calcoli quanta energia elettrica viene prodotta con tale quantità di gas (in kWh), quanta energia viene persa nelle linee di trasmissione, quanta se ne perde nella conversione AC/DC e quanta infine ne arriva nelle batterie di una panda elettrica (che con 0,2 kWh nelle batterie fa 1 km)…. Vedrai che le cose sono ben diverse da quanto scrive wikipedia e che l’efficienza globale è nei due casi molto simile.
la wiki inglese non mi sembra meno nebulosa di quella italiana su questo argomento, anzi. il confronto panda a metano/panda elettrica che hai proposto sarebbe interessante, se non che 1) il metano è un carburante di nicchia 2) la panda elettrica non credo sia proprio l’avanguardia della mobilità elettrica (non so neanche se ha le batterie al litio) 🙂 . Questa tra l’altro ci riporta ad un’altra considerazione, ovvero che mentre i veicoli elettrici sono agli albori e già , anche ammettendo che non siano superiori, sono perlomeno energeticamente pari ai mezzi a combustione interna che ormai hanno una tecnologia stramatura e non possono andare oltre l’efficienza attuale se non per le briciole. La mobilità elettrica invece ha ampi margini di miglioramento, non ultimo anche nelle perdite di rete (cosa che sarebbe utilissimo migliorare in ogni caso). Inoltre i veicoli elettrici avrebbero il pregio immenso di allontare l’inquinamento atmosferico e acustico dalle città , ovvero dai luoghi in cui l’uomo vive.
Comunque la si guardi, la mobilità elettrica dovrebbe essere un obbiettivo verso cui puntare.
Anch’io sono convinto che l’auto elettrica è il futuro… tra pochi anni con ibride plug-in e tra una ventina d’anni con auto puramente elettriche dalle prestazioni simili alle auto attuali per quanto riguarda costo, autonomia, capacità di carico….
L’auto elettrica ha comunque ampissimi margini di miglioramento per quanto riguarda batterie e supercondensatori ma per quanto riguarda la totalità degli altri componenti siamo vicini a livelli di efficienza massima teorica e quindi non c’è da attendere miracoli riguardo all’efficienza. E per quanto si migliori l’aerodinamica le leggi fisiche ci dicono che un’auto di dimensioni normali per procedere a 90 km/h avrà dovrà attingere dalle batterie una potenza elettrica di almeno 10 kW.
@ dontfeed
Quindi riassumendo parli del caro vecchio ‘principio di precauzione’ (caro all’ambientalismo militante). Possiamo quindi dire che le affermazioni che fai nel tuo primo messaggio sono perfettamente condivisibili se parli di inquinanti classici ma purtroppo prive di fondamento se fai riferimento alla CO2.
Di militante in queste pagine leggo solo il tuo ascientifico scetticismo sui probabili danni all’ambiente causati dall’immissione massiccia di CO2 ello stesso, scetticismo d’altronde che è bandiera di questo blog.
Come d’altronde gia successo in passato, non prendero’ posizione in merito voledomi sottrarre a una bagarre che trovo francamente sterile.
Mi fa piacere che condividi le mie riflessioni, nate in reazione a osservazioni di carattere generale e riferibili a considerazioni, pertanto, di carattere generale.
Un unico appunto… lo scetticismo è alla base del metodo scientifico.
E’ proprio il ‘principio di precauzione’ ad essere invece antiscientifico (o ascientifico).
La parola “scetticismo” era sottilmente ironica.
Peccato tu non l’abbia colto.
Chi produce beni e servizi chiamiamoli “inquinanti” non li produce per il mero gusto di rovinare il pianeta, utilizza mezzi e tecnologie inquinanti perchè costano di meno.
Meno costi = + profitti, ci potete arrivare anche voi.
Se io produco li stessi beni o servizi utilizzando tecnologie e materiali non “inquinanti” ovviamente spendo di +, dato che per principio ho deciso di non battere la “scorciatoia” a danno del territorio.
maggiori costi = minori profitti, potreste allora concludere.
Purtroppo quando i costi sono sproporzionati non solo i profitti invece di essere minori si annullano ma saro’ costretto ad aumentare il prezzo.
E’ di una banalità disarmante affermare “i consumatori vogliono beni e servizi che costano meno”, eh “grazie al poparuolo” bisognerebbe aggiungere.
Secondo la logica della sola economicità (che tanto piace a certi spregiudicati ottusi) si potrebbero allora proporre che ne so spacci di droga istituzionalizzati e pena di morte per ogni reato, anche minimo (così non paghiamo le carceri).
Sono le istituzioni che devono fissare i limiti su come si producono i beni e i servizi e gli operatori economici, fissato l’ambito, muoversi con logica di mercato massimizzando i profitti.
le istituzioni non dovrebbero fissare i limiti di prduzione solo in base ad interessi economici ma anche di salvaguardia di territorio e salute pubblica, che d’altronde, sono i motivi principali per cui queste istituzioni esistono.
Le istituzioni invece sono abbastanza sorde ai problemi ambientali riducendo le proposte “green” a prodotti di nicchia ad appannaggio dei soliti “ricconi illuminati”.
E per quanto assurdo sia questo meccanismo, trovo molto + assurdo che i soliti benpensanti invece di scandalizzarsene lo usino come pretesto per denigrare ogni tentativo di sviluppo di beni, servizi e tecnologie a basso impatto ambientale.
Un ragionamento del genere sarebbe corretto se si riuscisserro a valutare le esternalità dovute ad ogni tipo di inquinamento (impatto sulla salute, sull’ambiente e relativi costi). Se una valutazione simile è possibile ed è fatta da anni per i VERI inquinanti CO, NOx PM10 ecc… nel caso della CO2 si è ancora nella fase in cui bisogna stabilire in maniera certa il rapporto causa-effetto tra emissioni ed eventuali effetti negativi sul clima e quindi, di riflesso, sulle attività umane.
I calcoli fatti dal WWF ed Allianz presentati nei giorni di Copenaghen sembravano indicare che anche nel caso di eventi climatici distruttivi i costi per riparare i danni sarebbero inferiori ad i costi che si vorrebbero imporre alla collettività attraverso il ‘cabon market’.
Scusa, ma non mi pare che si stesse parlando di CO2.
L’articolo di Gravina verteva solo della correlazione Green/economicità senza specificare + di tanto cosa si intendesse per “green” e lasciando le considerazioni per il caso + generale.
Magari ho interpretato male io… ma quando si parla di ‘green’, ‘impronta ecologica’, ‘basso impatto ambientale’ e ‘sostenibile’ il riferimento implicito è alla CO2.
Domanda: una centrale a carbone con un sistema di controllo dei fumi che trattenga tutti gli inquinanti ma immetta in atmosfera la totalità della CO2 prodotta è pulita? Io sono convinto di sì, tu sei d’accordo?
Cio’ che OGGI consideriamo inquinante non è elenco esaustivo di cio’ che è veramente danoso per ambiente e salute. Detta questa ovvietà mi è gia difficile immaginare un sistema di ritenzione o controllo dei fumi che contenga “tutto ciò che è inquinante”, dato che non possiamo sapere cosa è inquinante in maniera assoluta.
Analogamente per il CO2, ci sono numerosi scienziati che sostengono che l’immissione massiccia proveniente dalle attività industriali (e non solo) umane sia dannoso per l’ambiente (e sono quelli che vi piacciono di meno) e altri che sostengono il contrario (e questi secondo voi avrebbero + credito). L’unica verità che conosciamo è che al momento non possiamo sposare l’una o l’altra tesi in mancanza di dati oggettivi sull’osservazione.
Per un principio di cautela, quindi, io risponderei alla tua domanda con un NO, una centrale a carbone come da te ipotizzata non si potrebbe cmq considerare pulita, dato che OGGETTIVAMENTE non sappiamo se tutti gli inquinanti siano ritenuti, tra cui il C02.
Vorrei proporre un dubbio su un altro fenomeno legato all’opinione dominante, proposto, nell’articolo, dall’esempio dell’industria automobilistica. Ormai le case concordano sulla necessità di costruire auto elettriche perché “ecologiche”. Ma cosa accadrebbe se il parco circolante fosse costituito da auto elettriche? Non sarebbe un semplice spostamento del problema, dal luogo di utilizzazione al luogo di produzione di energia? Ed inoltre, ricordo i rischi di black out quando si diffusero i condizionatori, nell’estate del 2003. Siamo sicuri che la produzione attuale di energia potrebbe soddisfare la domanda? Ho la sensazione che siamo davanti ad un nuovo colossale equivoco, stile CO2penaghen. Sbaglio?
Ho sempre guardato con sospetto e diffidenza le intrusioni dello Stato nel mercato.
Teoricamente potrebbe fare molto bene, indirizzando al bene pubblico,
se chi decide è onesto, capace ed informato
ma
in pratica
ho l’impressione che poi spesso il bene pubblico o non sia affatto (realmente) nelle menti di chi decide,
o chi decide non abbia le idee chiare su ciò che sia il bene pubblico.
in definitiva ho l’impressione che gli interventi pubblici spesso premino i peggiori e mettano in difficoltà chi, senza concorrenze agevolate artificialmente, potrebbe e saprebbe stare sul mercato con le proprie gambe.
Per questo, quando mi si dice
“l’eco-business vive solo e soltanto in funzione delle copiose sovvenzioni pubbliche”
da persona maligna e disincantata quale sono, sento puzza di bruciato, e penso alle quote di CO2 pagate da chi emette di meno a chi emette di più…
e i conti non mi tornano.
Salviamo il pianeta da chi pretende, a parole, di salvarlo.
Secondo me.
Guido Botteri
Quesito molto intrigante…ma la risposta degli addetti alla Green economy Le risponderanno che il costo è secondario rispetto all’obiettivo prefissato ( la salvaguardia del mondo, niente poco di meno)…provare per credere!!!!
In un gruppo su Facebook ho fatto una domanda (quanto mi costa?) e mi hanno censurato!!!!!!!