Questi sono probabilmente i tempi giusti per fare qualche riflessione in materia di riscaldamento globale, delle sue cause, dei sui effetti, della realtà molto più locale che globale del suo manifestarsi, dell’approccio che ha avuto sin qui il mondo della ricerca e, ultimo ma  non meno importante, del modo in cui esso viene percepito nel sentire comune, nella pancia della nostra società , ovvero quel luogo da dove, piaccia o no, traggono ispirazione e orientamento le decisioni politiche.
Lo spunto nasce non senza della facile ironia dall’eccezionale ondata di freddo che sta interessando l’emisfero settentrionale in questa prima parte della stagione invernale. Un’ironia che si potrebbe smontare facilmente con un certo numero di ore di volo, giacché nell’emisfero meridionale l’estate sta per raggiungere il culmine e le temperature sono tornate a salire; per esempio in Australia, dove torna a anche a mostrarsi lo spauracchio degli incendi. Si tratta di tempo dunque, e non di clima, ovvero di oscillazioni di breve periodo proprie della variabilità interannuale, che, dicono sia quelli bravi che quelli che non ci capiscono un tubo, non ha nulla a che fare con il clima, perché quello si misura a scala temporale molto più ampia. Almeno un trentennio, due sarebbe meglio.
Il punto è che questa affermazione è vera solo in parte, perché alla fine dei conti, è quello che accade in quel trentennio a definirne il clima e, a volte, il punto di partenza e quello di arrivo non sono più importanti dei punti che stanno nel mezzo o in uno qualsiasi degli intervalli temporali più brevi che si volessero prendere in considerazione. Prendiamo ad esempio le temperature, pur tra le mille incertezze che comportano la loro misura e la loro rappresentazione areale, possiamo dire che abbiano subito un aumento. Nella teoria che individua quasi interamente nel fattore antropico l’origine di questo aumento, non riescono a trovare spazio tutte quelle dinamiche climatiche ad esso correlate che dovrebbero di fatto essere il vettore di questo riscaldamento. Per contro, trovano ampio spazio gli effetti dell’aumento delle temperature, primi tra tutti ad esempio lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari. Ma questi sono effetti che avremmo comunque e che già si sono manifestati molte volte nella storia del clima, quando di certo le oscillazioni di temperatura non potevano essere imputate alle attività umane. Ne risulta che mentre si continua a sentire da ogni parte che il clima sta cambiando in modo incontrollato e catastrofico, adducendo come spiegazione la variazione di temperatura, non c’è alcuna reale percezione di questo cambiamento, perché gli eventi atmosferici di breve e medio periodo che sommati tutti insieme alla fine compongono il clima nel lungo periodo, sono gli stessi di sempre. Caldo d’estate e freddo d’inverno, ora di più ora di meno.
Male fanno quelli che dopo la torrida estate del 2003 (che per inciso ha riguardato solo il vecchio continente), hanno vaticinato che ne avremmo avute altre a ripetizione. Non c’erano e non ci sono assolutamente gli elementi scientifici per dirlo, per cui si trattava e si tratta di pura speculazione o mero sensazionalismo, puntualmente smascherati dal fatto che l’evento almeno sin qui non si è più ripetuto. Altrettanto male sarebbe interpretare le ondate di freddo di questo inverno e di quello passato come segnali di controtendenza. Ancora peggio, confermando la volontà di speculare e fare sensazionalismo, è arrampicarsi sugli specchi per cercare la causa di questi ultimi eventi nel riscaldamento globale, scomodando un’accentuazione della variabilità delle condizioni atmosferiche o dell’intensità dei fenomeni che oltre a non avere alcun fondamento scientifico nel senso stretto delle misurazioni, rappresenta addirittura un controsenso per chi mastica un minimo di meteorologia e circolazione atmosferica. In senso assoluto, l’intensità dei fenomeni atmosferici è proporzionale al gradiente di temperatura tra le alte e le basse latitudini; con il riscaldamento globale, le temperature sono aumentate più alle alte latitudini che non a quelle basse, per cui -perdonate la semplificazione- il caldo è rimasto tale ed il freddo è diventato meno freddo. Ciò che ne risulta è un gradiente meno accentuato, da cui semmai può derivare una attenuazione dei fenomeni, non certo una loro intensificazione. Ma questa, come accennato, è una eccessiva semplificazione, i fattori in gioco sono comunque molto numerosi, per cui qualunque considerazione al riguardo torna a far parte delle sole speculazioni.
Il lettore più attento avrà notato che ho usato il condizionale solo nel descrivere brevemente la relazione tra eventi di freddo ed inversione di tendenza del clima. Non è casuale, né credo si tratti di condizionamento ideologico, almeno fino a prova contraria. Mi spiego. Torniamo al concetto di insieme di eventi di breve periodo che sommati anno per anno compongono l’andamento del clima. Quella del 2003 è stata un’estate molto calda, pur se come detto lo è stata soprattutto per l’Europa. L’evento è giunto al culmine di un lungo periodo di riscaldamento, protrattosi quasi per tutte le ultime tre decadi del secolo scorso. Nonostante ciò, l’evento del 2003 è stato eccezionale, nel senso che non si ricordano episodi simili nel periodo appena citato. Dunque non si può certo dire che eventi del genere abbiano caratterizzato il periodo di riscaldamento. Questo sarebbe bene che quanti paventano un futuro di disastri da caldo lo tenesse a mente. Successivamente, e per un periodo che climaticamente è ancora decisamente breve, parecchie di quelle dinamiche che molto più della sola misura della temperatura media superficiale del pianeta sono in grado di caratterizzare il clima, hanno accennato un’inversione di tendenza. Gli indici multidecadali degli oceani hanno virato verso il segno negativo, mentre per le ultime tre decadi del secolo scorso avevano assunto segno costantemente positivo. L’attività solare nel suo complesso, non già la sola radiazione diretta, unico parametro solare ad essere tenuto in considerazione nelle simulazioni climatiche, ha subito una drastica riduzione e, neanche a farlo apposta, le temperature medie superficiali hanno smesso di crescere. Quale la naturale conseguenza? Non certo la cancellazione di tutto quanto è avvenuto nelle ultime decadi, quanto piuttosto la possibilità che comincino ad affacciarsi sulla scena del clima un maggior numero di eventi di raffreddamento a scala spaziale piuttosto ampia ed a scala temporale almeno stagionale. Se questi continueranno a manifestarsi per un periodo di tempo sufficientemente lungo la loro somma descriverà un tipo di clima diverso e potremo dire che è avvenuta una inversione di tendenza. Tutto questo sarà comunque poco leggibile sulla curva delle temperature medie superficiali globali, perché queste ultime sono fortemente condizionate dalle modifiche ambientali occorse dov’è la grande maggioranza dei punti di rilevamento, ovvero sulle aree soggette a massiccia urbanizzazione.
Al contempo, il presunto forcing antropico da incremento dei gas serra ha continuato ad aumentare linearmente. Manca in tutta evidenza la conoscenza di quelle dinamiche che possono tramutare la correlazione tra incremento dei gas serra e temperature in rapporto di causa effetto, così come manca la conoscenza dei fattori di amplificazione delle forzanti naturali come quelle appena enunciate che ne spieghi l’influenza sul clima. Non è detto che le une escludano le altre, ma è probabile che i rapporti di forza tra queste siano diversi da quanto si crede. Con riferimento al forcing antropico sono le simulazioni climatiche a corroborare la tesi, ovvero ad assegnare a questo un ruolo preponderante. Queste simulazioni hanno però molte difficoltà a riprodurre il sistema nella sua complessità dimostrando di non essere ancora attendibili ma, soprattutto, sono basate proprio sul fatto che i gas serra abbiano un ruolo primario; è quindi inevitabile che continuino a considerarlo tale quando le si proietta verso il futuro. E infatti, mentre si prevedeva un innalzamento continuo delle temperature anche per l’ultimo decennio ciò non è accaduto. Per quel che riguarda le oscillazioni di origine naturale sembrano parlare più chiaro le osservazioni. Non solo gli indici oceanici, come già accennato, ma anche il mancato aumento del vapore acqueo in atmosfera, contrariamente a quanto previsto dalle simulazioni, piuttosto che il contenuto di calore degli oceani, anch’esso stabile dai primi anni di questo secolo.
Forse queste osservazioni suggeriscono che è giunto il tempo di rivedere il peso del fattore antropico da gas serra nelle simulazioni climatiche, perché magari in questo modo si potrebbero avere anche delle risposte attendibili per il breve e medio periodo, che a livello strategico sono certamente più importante di quello lungo. Una previsione stagionale o annuale attendibile, avrebbe forse fatto comodo per questo inverno. Chissà , magari si potevano approntare dei piani di protezione civile più efficaci, immaginare un diverso approvvigionamento delle merci e delle risorse energetiche, cose utili al nostro benessere, molto, ma molto di più di una paventata serie di estati bollenti attorno al 2050. Allo stesso tempo, previsioni decadali affidabili potrebbero avere una enorme valenza strategica.
E tutto questo accade all’indomani di una conferenza mondiale sulle problematiche inerenti al clima che ha dimostrato tutta l’incapacità che le nazioni di questo pianeta hanno nell’affrontare coralmente qualunque genere di argomento. La COP15 di Copenhagen ha infatti seguito di pochissime settimane il vertice della FAO a Roma, altra assise internazionale dai risultati veramente deludenti. Forse, piuttosto che inseguire a tutti i costi un’intesa globale per intervenire in una direzione che intenda mitigare qualcosa che probabilmente non è mitigabile ovvero influenzabile né in positivo né in negativo, l’intesa andrebbe cercata per i tanti, tantissimi mali che affliggono il pianeta e sono noti con assoluta certezza, comprendendo tra questi certamente anche l’ambiente che con il clima ha veramente poco a che fare, ma magari assegnando la priorità a qualcosa d’altro, perché è giusto assicurare a tutte le popolazioni del pianeta un futuro climatico favorevole, ma a chi realmente il futuro non sa cosa sia, temo che le oscillazioni di temperatura interessino assai poco.
eppure c’è chi sostiene con convinzione (su altri siti meteo),
che il global warming è una fesseria (non ha detto proprio così, ma quasi),
e che al contrario stiamo andando incontro, udite udite, ad un “raffreddamento globale”, in quanto, sempre secondo questo previsore e studioso di modelli matematici, sarebbe cessato il periodo “caldo” che ha caratterizzato il ventennio anni ’80-’90!
Che ne pensate?
Credo che non sia esattamente corretto dire che andrebbe abbandonato il contributo antropico al sistema: vi sono studi che dicono come sia anche sottostimato, come ad esempio nel caso del soot effect dalle parti dell’Himalaya.
Io credo che il problema sia molto più semplice: il livello di affidabilità scientifica dei modelli climatici è scarso, perché ancora scarse sono le nostre conoscenze del sistema clima globale e degli eventi di lungo termine che lo determinano. Se conosco un sistema al 50%, ne posso riprodurre soltanto il 50%: quello che sta avvenendo è semplicemente la dimostrazione che il restante 50% (a noi sconosciuto) ha anch’esso un peso determinante sul sistema, in grado probabilmente di alterare/invalidare anche parte delle conoscenze in nostro possesso (ad esempio, l’aumento della permanenza della CO2 in troposfera, dichiarato dai modelli climatici e mai osservato nella realtà : perché questo avviene?).
È questo che purtroppo certi scienziati del clima non vogliono accettare: primo perché la loro carriera è stata interamente incentrata proprio su questi temi, quindi la loro smentita sarebbe l’anticamera del loro licenziamento in tronco dalla scienza, secondo perché gli interessi economici attorno al tema dell’AGW sono immensi. Due elementi più che sufficienti per creare una vera e propria religione, con tanto di dogmi, inquisizioni, eresie varie ed ostracismi. Perfino chi, come Roger Pielke, vorrebbe un intervento più a vasta scala per mitigare l’impatto antropico, viene definito scettico perché non ritiene la CO2 la forzante primaria del clima. Il resto è fuffa…
Mi viene in mente un parallelo un po’ filosofico.. Fino al secolo scorso erano le religioni che promettevano catastrofi se non ci si comportava bene. Ora che predomina il paradigma scientifio, queste minacce sono state sostituite da altre, appunto, “scientifiche”: se non ci comportiamo bene (consumi più sobri, rispetto dell’ambiente, e così via) saremmo castigati in futuro. Certo, basta moderarsi e abbandonare certe esagerazioni moderne, poi tutto si sistema.
purtroppo queste mi sembrano le parole da incorniciare
E tutto questo accade all’indomani di una conferenza mondiale sulle problematiche inerenti al clima che ha dimostrato tutta l’incapacità che le nazioni di questo pianeta hanno nell’affrontare coralmente qualunque genere di argomento.
l’incapacità di uscire da uno schema … politico … o … meno
l’incapacità di vedere e affrontare un cambiamento … insieme
i dati delle ricerche … offuscati … da interessi varii …
avanti verso il baratro 😕
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