Avete mai pensato al Climategate in termini di antitrust? Una prospettiva dalla quale forse emerge più chiaramente, senza passare per le intricate maglie della filosofia della scienza, che l’atteggiamento tenuto dagli autori dello scambio epistolare, va collocato in un contesto certamente più prosaico e, soprattutto, molto attuale.
L’amico Alvaro De Orleans-Borbon mi ha mandato ieri la breve riflessione che segue. Buona lettura.
Come ingegnere, cerco di studiare le questioni che ritengo per me importanti.
Il riscaldamento globale antropogenico per me lo è, sto studiando da non specializzato cercando di farmni un’idea (che non ho ancora) – “allarmisti” e “scettici” hanno entrambi argomenti molto buoni, e studiare abbastanza per formarsi una propria opinione puo richiedere un bel po’.
Ma c’è un aspetto per me abbastanza chiaro, dopo aver letto una parte considerevole delle ormai famose “CRU e-mail”.
I loro autori sono scienziati di diverse istituzioni in competizione nel loro mercato con i loro prodotti intellettuali – se la loro produzione è apprezzata, il loro prodotto è “comprato”: ottengono sovvenzioni per ampliare e migliorare la loro produzione di conoscenza. Nella maggior parte dei paesi moderni, i mercati sono controllati da agenzie anti-trust in cerca di comportamenti dannosi.
Ho paura che se alcuni manager, per esempio, dell’industria del software avessero scritto e-mail come quelle CRU, le autorità antitrust sarebbero saltate loro addosso molto velocemetne.
Mi chiedo quindi perché agli scienziati provenienti da istituzioni diverse, con riferimento agli aspetti di concorrenza economica delle loro attività , debba essere consentito, da un punto di vista antitrust, di operare con uno standard di gran lunga inferiore, in quanto nelle mail tra alcuni di essi, provenienti da istituzioni diverse, è emersa chiaramente della collusione atta ad escludere escludere le idee concorrenti dal mercato dei riconoscimenti per la ricerca sul clima.
Alvaro De Orleans-Borbon
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