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L’Isola di Calore Urbano: affrontarla è anche una questione di educazione e di norme

La cartina che allego è tratta dal sistema LIRIS di ARPA Lombardia ed illustra le temperature delle ore 8 sabato 26 agosto 2023. Come noto eravamo al culmine di un’ondata di caldo poi terminata di lì a breve. Dalla cartina si nota che le aree rurali di pianura della Lombardia hanno temperatura di 24-26°C mentre le aree urbane (Milano in primis) hanno temperature di 28-29°C (e un gap ancora più forte lo si è avuto all’alba). Il fenomeno, noto come isola di calore urbano (urban heat Island – UHI) è in sostanza una sindrome dovuta al fatto che di notte la città non si raffredda come invece accade alla campagna, il che è dovuto soprattutto al fatto che i canyon fra edifici (a Milano sempre più alti) sono sempre più profondi; questo impedisce un efficace raffreddamento per effetto Plank (irraggiamento di fotoni verso lo spazio). A ciò si aggiunga che i circuiti di brezza, che costituiscono un importante fattore di raffreddamento per effetto avvettivo, sono quasi del tutto assenti nella canopy degli edifici di una grande città. Tutto ciò attesta l’importanza di normative urbanistiche volte a limitare l’effetto UHI, per avere le quali ci vorranno secoli, stante il tradizionale “mal del mattone” che affligge il paese.

Come testimonianza diretta dell’effetto UHI posso citare la mia casa, che si trova nella zona di plateau dell’UHI di Milano (zona Piazza Napoli). Trattasi di una casa del 1969, epoca in cui non si utilizzavano tecniche di coibentazione efficaci. Per di più la copertura esterna è in clinker marrone scuro (così non si sporca…). In questo paradiso, frigorifero a parte, il luogo più fresco fa segnare in questo momento 32°C e lo studio da cui sto scrivendo questa nota che é collocato in un sottotetto si mantiene costantemente oltre i 33°C (ora riesco a lavorare con il ventilatore acceso ma più tardi, quando il sole sarà alto nel cielo e le mattonelle della terrazza sovrastante diverranno roventi, potrò farlo solo accendendo il condizionatore).

Questo per richiamarci ad una vera e propria emergenza globale che è data oggi dalle temperature delle aree urbane in cui vivono oltre il 50% degli abitanti del pianeta. Se di notte le temperature nelle case non scendono sotto i 30°C si dorme poco e male, il che si traduce in problemi di salute. In tal senso, politiche urbanistiche a parte, occorrerebbe a mio avviso educare (in primis gli anziani che sono la categoria più fragile sul piano sanitario) all’uso razionale dei ventilatori e dei condizionatori, e qui sarebbe davvero utilissima una campagna di “pubblicità progresso”, magari supportata da consulenze domiciliari.

Al riguardo occorre ricordare che, come esseri umani, non percepiamo tanto la temperatura ma un mix di temperatura, vento, umidità relativa, radiazione solare, radiazione emessa dai nostri corpi e dagli oggetti che ci circondano. Tale mix è alla base del nostro bilancio energetico e dunque della nostra capacità di termoregolarci traspirando adeguate quantità di acqua (che dobbiamo ovviamente aver prima bevuto, altro elemento chiave!). Si giustifica così l’importanza degli alberi in città come fonte di ombreggiamento, dei ventilatori che favoriscono la traspirazione incrementando la ventilazione e dei condizionatori che posso agire tanto raffreddando la massa d’aria quanto riducendone l’umidità relativa e incrementando la ventilazione, ecc.

Tutto questo dev’essere gestito in modo razionale in quanto l’eccessivo raffreddamento dei locali, oltre ad accentuare i consumi energetici e ad incrementare l’isola di calore urbano, può provocare malattie da raffreddamento che possono rivelarsi anche gravi.

Vorrei trovare una chiosa adeguata ma fa troppo caldo per una buona idea, meglio fermarci qui.

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Published in- Stazioni MeteoAmbienteMeteorologia

16 Comments

  1. DonatoP

    @Luigi Mariani

    Caro Luigi, da qualche settimana sui giornali locali (Padova) parlano di uno studio corposo sulle isole di calore cittadine.
    Per fare un esempio, alla mezzanotte del 23 agosto scorso una centralina misurava 30,3° in una zona del centro e 22,3° in una zona un po’ periferica (rispettivamente via Ognissanti e Basso Isonzo, per chi conosce la città).
    Quindi più che “cambiamenti climatici” (riferimento comunque presente nello studio, ovviamente!) si tratterebbe del centro città che si scalda molto di più rispetto alla periferia, complice l’asfalto, il cemento, i “canyon” e le emissioni dei condizionatori e che non riesce a smaltire la notte quanto accumulato durante il dì.
    Basta fare una passeggiata di un paio di chilometri in senso radiale alla città per accorgersi della cosa, letteralmente sulla propria pelle!

  2. David

    …ecco qua stamattina la mia zona( emilia orientale-Romagna),notate bene le differenze fra
    zone urbane(+16)e campagna circostante (+11)…
    senza parole!

    Immagine allegata

  3. Luebete

    Io noto come temperature di 23-24 gradi, gradevoli, abbiano un colore arancio-siamo-nei-guai mentre gli 8 gradi che sono un tantino freddini sono verdino-ok-ma-non-ti-illudere.

  4. andrea beretta

    Grazie Luigi
    notavo anch’io (come Massimo) la stessa cosa, e addirittura il giovedì precedente, alle 6 del mattino, mentre a Milano Cadorna si registravano 29.2°, a Milano Boscoincittà (che pure appartiene ancora formalmente al comune di Milano) erano circa 24 e a Rovagnasco di Segrate, 23. Ciò significa che c’erano 6 gradi di delta in meno di 10 km. Concordo col fatto che le estati durante questi episodi (purtroppo sempre più duratori…e quest’anno ci è andata di lusso rispetto all’anno scorso) diventano insopportabili quasi solo a causa di quelle minime (di giorno uno se ne può stare chiuso in casa e pazienza). Aggiungo: ma non è che gran parte del GW registrato sia riconducibile proprio al fenomeno dell’Isola di Calore, se è vero che ormai siamo nell’ordine dei 5° di gradiente tra campagna e pieno centro?

    • Luigi Mariani

      Caro Andrea,
      non ho dubbi sul fatto che nel GW ci sia un certa dose di Urban Heat Island (UHI): si pensi solo alla stazione sinottica a Milano Linate che ricade ormai nell’UHI di Milano e che credo venga correntemente usata per analisi di trend a livello globale. In ogni caso penso che non si possa ridurre tutto il GW a UHI, nel senso che abbiamo molte altre fonti, non ultimi i dati da satellite MSU , che mostrano il procedere del fenomeno (diagrammi aggiornati si trovano ad esempio sul sito climate2you di Ole Humlum – https://www.climate4you.com/).

  5. rocco

    e se si dipingessero i tetti delle abitazioni di bianco?

    • Luigi Mariani

      Ottima idea!

  6. AleD

    Complimenti per non aver detto nulla sulla necessità di efficientamento energetico degli edifici colabrodo. È tutta salute guadagnata vivere in edifici con un confort migliore, oltre a tutti i soldi risparmiati in bolletta

  7. Alessandro Muzii

    Gli italiani anziani, con rare eccezioni, sono affetti dalla sindrome dello spiffero. Retaggio delle raccomandazioni materne di “stare attenti quando si suda”. Dubito che possano mai utilizzare razionalmente ventilatori e condizionatori. Poi avrei una domanda. Il verde pubblico, in presenza di edifici oltre i 5 piani, non ottiene il risultato di aumentare il riverbero di calore al di sopra della chioma, a fronte di una diminuzione al di sotto della stessa? Non è che al primo piano si sta freschi e dal quarto in su, si patisce il caldo in maniera maggiore?

    • Luigi Mariani

      Sulla prima parte sono d’accordo con le e tuttavia un pò di pubblicità progresso con i personaggi giusti si potrebbe tentare.
      Circa la seconda parte, se per riverbero intende l’albedo della radiazione solare globale da parte delle chiome, il suo valore dovrebbe essere grossomodo 25-35% che verrebbe sparato verso le pareti degli edifici che in parte assorbirebbero riscaldandosi e in parte rifletterebbero tale energia in tutte le direzioni, alberi inclusi. Le chiome, se ben alimentate d’acqua, assorbono il restante 65-75% della radiazione e la usano il larga misura per evaporare acqua. Se invece se al posto degli alberi vi fosse asfalto asciutto, avremmo un 5-10 % di albedo mentre il resto dell’energia verrebbe emesso come calore sensibile (quello che si misura con il termometro…) che salirebbe verso l’alto influenzando le temperature degli edifici. Pertanto di primo acchito direi che sono meglio gli alberi.. anche se poi bisognerebbe fare qualche conto su cosa accade nelle diverse ore del giorno per diverse inclinazioni del sole e per edifici variamente esposti…

  8. Ivan

    È la stessa isola di calore urbano che alimenta l’attività temporalesca frontale nel caso ci fosse, con il loro surplus di calore e umidità rilevabile poi in eventi estremi del genere quelli accaduti in Milano nel luglio di quest’anno ?

    • Luigi Mariani

      Gentile Ivan,
      i temporali attingono energia dal boundary layer planetario alias PBL (primi 1000-1500 m al di spora del suolo) e il PBL urbano è particolarmente ricco di energia (in forma di calore sensibile, calore latente, quantità di moto …) , per cui c’ è senza dubbio un contributo allo sviluppo convettivo temporalesco.
      Molto interessante in tal senso è uno studio riferito a Indianapolis effettuato con misure e modelli e che evidenza una maggior violenza dei temporali sottovento alla città:https://www.purdue.edu/newsroom/research/2011/110526NiyogiStorms.html

  9. DonatoP

    Sarebbe interessante confrontare l’andamento delle temperature (in un periodo sufficientemente lungo) per una stazione posta nel centro di una grande città e per una posta in zona rurale.
    Sicuramente all’inizio delle rilevazioni queste dovevano essere molto più simili tra loro rispetto ad oggi.

    • Luigi Mariani

      Caro Donato,
      in realtà gli osservatori più antichi (Milano Brera, Roma Collegio Romano…) sono collocati in zone urbane centrali, di norma su edifici alti (penso alla torre Caladrelli del Collegio romano – https://www.francoravelli.it/gallery/secchi/vecchio-osservatorio.htm). In zona rurale invece non c’era nulla e pertanto un raffronto con dati ossevativi “alle origini” non è possibile. Possimo comunque pensare ce 2-3 secoli fa le differenze termiche fra città e campagna fossero più modeste, se non altro perché gli edifici erano più bassi per cui i fondi delle vie “vedevano più cielo” e si potevano pertanto meglio raffreddare per effetto Plank.

  10. Massimo Lupicino

    Caro Luigi grazie per questo breve pezzo che sintetizza molto bene il tema dell’isola di calore. Ti confesso che ne avevo anche io uno in canna, e anche io avevo fatto lo snapshot della cartina delle temperature riferita al momento in cui passeggiavo per la città 🙂 di sicuro è un tema che vale la pena approfondire, ma siccome non porta acqua nella direzione “giusta”, non lo farà nessuno.

    • Luigi Mariani

      Caro Massimo,
      Sull’isola di calore urbano ho scritto vari lavori su riviste scientifiche internazionali ma sempre nei ritagli di tempo e senza mai trovare qualcuno che fosse realmente interessato ad affrontare in modo sistematico il problema: insomma, pubblicazioni fini a sé stesse, il che a mio avviso dimostra che l’interesse per la mitigazione dell’isola di calore urbano va molto a corrente alterna anche perché per mitigare davvero l’Isola di calore occorrerebbe più verde e che dovrebbe essere fosse meglio gestito (basta con le gestioni trogloditiche che vediamo oggi nella nostro amato pastrufazio …) e poi occorrerebbero politiche urbanistiche più consce del problema in termini di colore e forma degli edifici. Tutte cose che con modellistica micrometeorologica si potrebbero affrontare in termini quantitativi. …

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