La sera del 3 luglio 2023 su Focus è stato presentato un interessante documentario molto ricco sul piano iconografico (foto, filmati, commenti) e dedicato al grande uragano di Galveston del 1900.
Gli uragani alias cicloni tropicali sono fra gli eventi più violenti che caratterizzano l’atmosfera del nostro pianeta e si innescano allorché un perturbazione passa su un mare tropicale in presenza delle seguenti condizioni: mare con temperatura di oltre 26.7°C (circa 80°F) nei primi 50 m di profondità (il mare caldo è una grande fonte di energia per gli uragani in forma di calore latente di vaporizzazione); convergenza del vento al suolo e divergenza in quota; shear del vento non troppo accentuato (uno shear forte rimuove il vapore di cui l’uragano necessita); latitudine di oltre 5° in modo che la forza deviante di Coriolis possa agire da innesco.
Il grande uragano di Galveston, formatosi sull’Africa come tempesta tropicale, fu trasportato dagli Alisei verso le coste americane (figura 1). Ogni anno circa 40 tempeste tropicali si formano in Africa e di queste 12 circa danno origine a uragani atlantici. Dopo essere transitato su Cuba l’uragano non piegò la sua traiettoria verso Nord come frequentemente accade ma proseguì la sua corsa verso Ovest, subendo un processo di intensificazione violenta in virtù dell’energia acquisita nel passaggio sul caldissimo mar dei Caraibi.
In tal modo raggiunse la città di Galveston (Texas) come uragano di categoria 4 della scala Saffir–Simpson (basata sulla velocità massima del vento), provocando enorme distruzione per effetto del vento (che raggiunse velocità di 230 km/h) e dell’inondazione di acqua marina, spinta verso la costa dal vento stesso. La città fu distrutta e si registrarono da 8 a 12000 morti (un sesto della popolazione totale). La popolazione non ebbe scampo anche perché Galveston è localizzata su un’isola del tutto priva di rilievi su cui poter trovare riparo.
Il grande uragano di Galveston è l’uragano con la mortalità più elevata che abbia mai colpito gli USA (tabella 2). Si abbatté su quella che era la più grande città del Texas e che dopo tale evento non riguadagnerà mai più tale posizione. La distruzione provocata è resa in modo molto efficace dalle foto in figura 5 e 6.
Per maggiori informazioni sugli uragani atlantici che hanno colpito gli USA del 1850 a oggi rinvio i lettori all’interessante pubblicazione divulgativa di Blake et al (2011), liberamene disponibile in rete.
Bibliografia
Blake E.S., Landsea C.W., Gibney E.J., 2011. The deadliest, costliest, and most intense United States tropical cyclones from 1851 to 2010 (and other frequently requested hurricane facts), NOAA Technical Memorandum NWS NHC-6, National Weather Service, National Hurricane Center, Miami, Florida (https://www.nhc.noaa.gov/pdf/nws-nhc-6.pdf).
AA.VV, 2023. 1900 Galveston hurricane, https://en.wikipedia.org/wiki/1900_Galveston_hurricane
Non era un uragano ma un semplice tornato quello che ha colpito il Montello nel 1930, tuttavia si trattava di un F5 e le raffiche di vento raggiunsero una velocità stimata fino a 500 km/h
Immagine allegata
Sebbene di dimensioni inferiori, l’uragano più violento si verificò nel 1900 a Galveston (Texas). Al suo interno furono misurati venti di oltre 160 km/h che provocarono onde alte fino a sei metri e la morte di circa 8.000 persone.
Ricordo un articolo che compariva in un vecchio libro che da bimbo amavo sfogliare. cioè “Meraviglie e segreti del mondo vivente” di Selezione dal Reader’s Digest, 1969.
L’articolo, breve ma molto coinvolgente, era di Benedict Thielen, “l’urlo dell’uragano” e il giornalista descrive anche la sua personale esperienza avuta con l’uragano che nel 1938 devastò e sommerse Providence, nel Rhode Island. Lo stesso libro illustrava in un disegno la struttura di un ciclone tropicale. Quando si dice “Imprinting”…
Lo stesso imprinting avuto da One Of This Days dei Pink Floyd, che la ricordo fin dalla prima infanzia. Non avrei mai immaginato che oltre 40 anni dopo avrei messo più volte le mani sullo stesso tipo di unità eco (il quotato Binson Echorec) che venne utilizzata in quel brano come in tanti altri loro pezzi famosi sin dai tempi di Barret.