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La Siccità 2022-2023: analisi del fenomeno aggiornata ad aprile 2023

Per affrontare un fenomeno meteorologico anomalo come la siccità occorre delimitarlo nel tempo e nello spazio, individuarne le cause e definirne il livello di anomalia. Ciò si rende necessario per stabilire misure di adattamento di tipo tattico (efficaci nel breve termine e che siano in grado di mitigare gli effetti della siccità sul sistema produttivo agricolo e più in generale sul sistema socioeconomico) e misure strategiche (con effetti a lungo termine e che siano in grado di migliorare la resilienza del sistema rispetto ad eventi siccitosi futuri).

Dati e metodi di analisi

L’analisi della siccità qui presentata è stata condotta con l’ausilio di:

  • Carte circolatorie (valori medi e anomalie) riferite al livello barico di 850 hPa per l’area Euro-atlantica di fonte NOAA (Atmospheric Variables Plotting Page – https://psl.noaa.gov/data/histdata/).
  • Serie storiche pluviometriche secolari mensili di 29 stazioni italiane e 2 stazioni svizzere (la serie storica più lunga è quella di Milano Brera ed ha inizio nel 1764 – tabella 1).
  • Serie storiche termiche e pluviometriche 1973-2023 di 202 stazioni meteorologiche afferenti alla rete GSOD e i cui dati pluviometrici risultati inattendibili al controllo di qualità sono stati ricostruiti in base a dati di reti di misura locali afferenti al Servizio idrografico e ai Servizi meteorologici regionali.

L’inquadramento del fenomeno è stato condotto con riferimento alla siccità idrologica e agronomica. La siccità idrologica consiste in una carenza idrica nel sistema idrografico (ghiacciai, nevai, laghi, fiumi, falde) e in questa sede sarà analizzata utilizzando un semplice deficit pluviometrico (scostamento delle precipitazioni rispetto alla norma).

Per siccità agronomica intendiamo invece la carenza idrica nello strato di terreno esplorato dalle radici delle colture. Essa ha inizio quando la riserva facilmente utilizzabile è esaurita e iniziano a manifestarsi sintomi di stress idrico per le piante coltivate che si traducono in perdite produttive. Tale tipo di siccità è qui indagata con un bilancio idrico a passo giornaliero riferito allo strato esplorato dalle radici delle colture e che consente di ricavare il grado di svuotamento della riserva del suolo. Tale bilancio è stato svolto con riferimento a una coltura foraggiera (Festuca arundinacea) e a un suolo standard con riserva idrica complessiva di 150 mm per lo strato esplorato dalle radici.

Si noti che siccità idrologica e meteorologica sono strettamente legate fra loro: se manca acqua nello strato esplorato dalle radici il soddisfacimento del fabbisogno idrico delle colture è ottenuto ove possibile per mezzo di acqua irrigua, la cui disponibilità si riduce in presenza di siccità idrologica. Inoltre, la siccità idrologica è in grado di propagare i propri effetti lungo un sistema idrografico (fiumi e canali) per cui anche aree agricole non colpite in modo diretto possono esserlo in modo indiretto qualora l’acqua da cui attingono per l’irrigazione subisca riduzioni significative.

Delimitazione nel tempo e nello spazio della siccità in corso

La delimitazione nel tempo dell’evento siccitoso in corso è stata effettuata considerando l’anomalia pluviometrica media a livello nazionale italiano e per le tre macroaree del Nord, Centro e Sud del Paese. Il diagramma in figura 1 presenta l’anomalia pluviometrica media mensile cumulata da 1 gennaio 2021 a 31 marzo 2023. Si noti che il trend negativo di tale anomalia si evidenzia per il settentrione a partire dal gennaio 2022, mese evidenziato dalla linea tratteggiata rossa e che è stato pertanto considerato come mese d’inizio della siccità, la quale è di qui in avanti analizzata con riferimento al periodo 1 gennaio 2022-31 marzo (ovvero 10 aprile) 2023. Sempre dal diagramma di figura 1 emerge che il Sud non manifesta alcun trend negativo mentre il Centro manifesta un debole trend negativo e che si interrompe dall’agosto 2022.

Figura 1 – Anomalia pluviometrica media mensile cumulata a partire dal gennaio 2021 riferita alla precipitazione media di Nord, Centro, Sud e Italia (mm). Si tratta dei cumuli degli differenze mensili rispetto alla norma e cioè alla media mensile del trentennio 1991-2020 Si noti che al Nord il trend è negativo a partire dal gennaio 2022 (linea tratteggiata verticale rossa), mese che è da considerare come l’inizio dell’evento siccitoso in corso.

La delimitazione nello spazio della siccità idrologica in corso è stata svolta con riferimento alle precipitazioni cumulate dall’1 gennaio nell’anno n al 31 marzo dell’anno n+1. In particolare, la carta in figura 2 evidenzia l’anomalia del 2022 (1 gennaio 2022-31 marzo 2023) rispetto alla media 2001-2020. Si nota che l’area più colpita (zone in giallo, arancio e rosso) è il Nordovest seguito dal Nordest mentre Centro e Sud sono per lo più indenni, salvo limitate aree del Lazio, della Sicilia e della Calabria.

Figura 2 – Anomalia del 2022 (1 gennaio 2022-31 marzo 2023) rispetto alla media 2001-2020.

L’intensità della siccità idrologica in corso è stata ottenuta analizzando i dati di 31 stazioni pluviometriche dotate di serie storiche lunghe ed elencate in tabella 1. I risultati sono riassunti in tabella 2, la quale riporta in ordine decrescente in termini di anomalia pluviometrica per il periodo 1 gennaio 2022 – 3 marzo 2023 le 20 annate mediamente più povere di precipitazioni per le 4 macroaree in cui è stato suddiviso il territorio italiano (2022 sta per il periodo da gennaio 2022 a marzo 2023).  Dalla tabella emerge che sul Nordovest la siccità in corso è la peggiore da quando si hanno dati pluviometrici (1764) mentre sul Nordest abbiamo 6 episodi peggiori dal 1800 ad oggi, al centro 10 episodi dal 1782 ad oggi e al sud 19 dal 1797 ad oggi. Si noti infine che per l’Italia quello in corso è il peggiore evento siccitoso dopo quello del 1989.

Figura 3 – Stazioni storiche utilizzate per porre in luce la ricorrenza di eventi analoghi a quello in corso nelle 4 macroaree Nord, Centro, Sud e Italia.

Si noti anche che la siccità idrologica si propaga dall’areale più colpito dalla carenza di precipitazioni (il Nordovest) alla parte centro-orientale del bacino del Po, meno colpita in modo diretto dall’evento. In tal senso si consideri ad esempio che l’acqua del Po, fiume che oggi vive una magra storica e che probabilmente non ha precedenti da quando si effettuano misure di portata, è tradizionalmente utilizzata per alimentare grandi strutture irrigue come il canale Cavour, il consorzio Navarolo, la bonifica Parmigiana Moglia e il canale Emiliano-romagnolo.

L’analisi della siccità agronomica è stata infine effettuata per mezzo di un bilancio idrico territoriale giornaliero condotto dal 1973 al 2023 e riferito a un prato di una graminacea foraggera (la Festuca arundinacea) con un serbatoio di 150 mm per lo strato esplorato dalle radici. La scelta del prato di una graminacea foraggera si deve alla necessità di considerare il terreno occupato per l’intero anno. Il contenuto idrico residuo al 10 aprile 2023 espresso come % rispetto alla norma è riportato in figura 4. Si noti che alcuni areali del Nord presentano una riserva idrica del suolo ormai del tutto esaurita (colori in arancio e rosso) il che si spiega con il fatto che il prato sta da tempo estraendo acqua con continuità dal suolo, favorito in ciò anche dalle temperature superiori alla norma e dagli ottimi livelli di soleggiamento.

Figura 4 – Contenuto idrico residuo al 10 aprile 2023 per un prato di Festuca arundinacea (% rispetto alla norma).

La causa circolatoria dell’evento siccitoso in corso

Analizzando la topografia media del livello barico di 850 hPa estratta dal dataset globale della NOAA si evidenzia che la causa circolatoria del fenomeno. In particolare, la carta in figura 5a mostra la topografia media per l’anno 2022 mentre la figura 5b mostra la norma  per l’anno (media 1991-2020). Si noti che l’area in giallo, delimitata dall’isoipsa di 1500 m e convenzionalmente considerata come area a dominio anticiclonico è molto più espansa nella figura 2b rispetto alla 2a. Ciò spiega la difficoltà incontrata dalle perturbazioni atlantiche a transitare sull’area italiana nel 2022. La carta in figura 6a mostra invece la topografia media per il periodo 1 gennaio – 8 aprile 2023 mentre la figura 6b mostra la norma per lo stesso periodo (media 1991-2020). Si noti che l’area a dominio anticiclonico è molto arretrata rispetto a quella evidenziata in figura 2a, il che indica un campo barico più favorevole all’accesso delle perturbazioni atlantiche. Tuttavia, sul Settentrione il regime risulta da Nordovest il che mantiene la piovosità su livelli ridotti per effetto favonico: le correnti umide atlantiche sono intercettate dall’aro alpino e private dell’umidità sui versanti transalpini francese e svizzero.

Figure 5a e 5b – Altezza media del livello barico di 850 hPa per l’anno 2022 (figura 5a) e altezza media del trentennio 1991-2020 (figura 5b).
Figure 5a e 5b – Altezza media del livello barico di 850 hPa per l’anno 2022 (figura 5a) e altezza media del trentennio 1991-2020 (figura 5b).
Figure 6a e 6b – Altezza media del livello barico di 850 hPa per il periodo 1 gennaio-8 aprile 2023 (figura 6a) e altezza media del trentennio 1991-2020 (figura 6b).
Figure 6a e 6b – Altezza media del livello barico di 850 hPa per il periodo 1 gennaio-8 aprile 2023 (figura 6a) e altezza media del trentennio 1991-2020 (figura 6b).

Tecniche di adattamento alla siccità

La siccità dovrebbe spingere a riflettere sulla necessità per l’agricoltura di tecnologie innovative che favoriscano l’uso più efficiente dell’acqua piovana ed irrigua (varietà di piante coltivate resistenti alla siccità ottenute anche con tecniche di ingegneria genetica, metodi di irrigazione più efficienti come la micro-irrigazione e l’irrigazione con grandi ali piovane, sistemazioni del terreno che favoriscano lo stoccaggio dell’acqua piovana nel semestre invernale, agricoltura conservativa che eviti perdite idriche dal terreno per evaporazione, ecc. ecc.).

Inoltre si imporrebbe oggi un ripensamento complessivo del sistema di stoccaggio delle acque (a partire dalle grandi dighe) e del sistema di distribuzione dell’acqua stoccata per definire su base razionale dove intervenire per limitare l’impatto di emergenze future. Su tale aspetto occorre quantomeno considerare i seguenti elementi:

  1. Gran parte delle opere di stoccaggio (lago Omodeo in Sardegna, grandi laghi della Sila, opere di regolazione dei grandi laghi prealpini, ecc. ecc.) furono progettate negli anni 10-30 del XX secolo[1] a fronte di un quadro dei consumi idrici agricoli ed extra agricoli assai diverso da quello attuale. In tal senso si rifletta ad esempio su fatto che oggi il mais produce 5 volte quel che produceva nel 1920, il che significa che di 5 volte sono aumentati anche i consumi idrici per l’irrigazione di tale coltura.
  2. In termini di ritorno degli investimenti in opere di stoccaggio e distribuzione delle acque irrigue è illuminante il fatto che solo il 25% degli arativi mondiali è irriguo e oggi produce il 40% del cibo
  3. Un razionale stoccaggio protegge il territorio dalle rovinose piene cui sono tradizionalmente soggetti i nostri corsi d’acqua

Per comprendere le motivazioni che fra gli anni 10 e 30 del XX secolo spinsero ad una lungimirante politica di gestione degli stoccaggi sarebbe più che mai importante tornare a riflettere sulle opere e sugli scritti di Angelo Omodeo, ingegnere dotato di una visione estremamente ampia avendo lavorato in moltissime parti del mondo ed al quale è dedicato il lago Omodeo in Sardegna. A tale figura nell’ottantennale della scomparsa come Museo di Storia dell’Agricoltura e Società agraria di Lombardia dedicammo un convegno i cui atti sono liberamente disponili in rete (Mariani e Alfieri, a cura di, 2021).

Ricordo anche che in Italia le zone meno piovose della Sicilia e della Sardegna ricevono oltre 400 mm di pioggia l’anno e le zone più piovose delle Alpi e dell’Appennino superano i 2000 millimetri l’anno, con una piovosità media nazionale di oltre 800 mm l’anno, un ben di Dio oggi in gran parte sprecato se consideriamo che in Italia solo l’11% dell’acqua piovana viene trattenuta per i diversi usi mentre il resto finisce in mare. L’abbondanza delle risorse idriche potenzialmente sfruttabili sul nostro territorio dovrebbe fra l’altro indurre a riservare la dissalazione dell’acqua marina solo ad aree che veramente lo meritano (es: piccole isole senza possibilità di stoccaggio e con necessità di effettuare il rifornimento idrico dalla terraferma). In tal senso invito a considerare con estrema cautela il paragone fra l’Italia e Israele, Paese le cui risorse idriche di acqua dolce son di gran lunga inferiori a quelle italiane.

Riflessioni finali

Circa la propagazione degli effetti della crisi idrica in corso al di fuori dell’areale colpito occorre dire che in agricoltura vale la legge che Adam Smith (1723-1790) enunciò nel 1776 e secondo la quale “in un grande paese coltivato a grano tra le cui differenti parti il commercio e le comunicazioni siano libere, la scarsità data da annate sfavorevoli non può essere tale da portare alla carestia. Infatti le annate più sfavorevoli al raccolto sono quelle siccitose o con eccessiva piovosità ma poiché il grano cresce ugualmente sulle terre alte e  su quelle basse, su suoli per natura troppo umidi o troppo asciutti, la siccità e l’eccesso di pioggia saranno dannose a una parte del paese e favorevoli all’altra.” E’ chiaro che tale legge è applicabile oggi a livello italiano, ove la siccità colpisce il Nord ma non il Centro-Sud, e a livello globale, in quanto la presenza di due emisferi consente due raccolti di frumento l’anno e la penuria dell’uno è spesso compensata dall’abbondanza dell’altro. Tale evidenza ci restituisce anche un’idea dell’importanza del commercio per evitare che la penuria di prodotti agricoli dovuta a una siccità o ad altri eventi atmosferici critici si traduca in una carestia. Per una riflessione su questo aspetto invito a leggere un mio scritto (Mariani, 2017) e a rileggere con occhi nuovi il capitolo 12 dei Promessi Sposi, ove il tema delle penurie e delle carestie è affrontato  in modo magistrale; non a caso Luigi Einaudi definì tale capitolo come uno dei migliori trattati di economia.

Bibliografia

Smith A., 1776. An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, W. Strahan and T. Cadell, London, 2 volumes.

Mariani L. e Alfieri L., 2021. Invasi artificiali e agricoltura, Atti della giornata di studio in memoria dell’Ing. Angelo Omodeo (1876-1941), venerdì 9 aprile 2021, 61 pp (https://www.mulsa.it/atti-convegni-mulsa).

Mariani L., 2017. Le carestie nella storia, in Atti del convegno “Penurie, carestie e sicurezza alimentare”, Sala dei Cavalieri – Castello Visconteo di Sant’Angelo Lodigiano, Venerdì 21 ottobre 2017, 8-27 (https://www.mulsa.it/atti-convegni-mulsa).

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Published inAmbienteAttualitàClimatologia

10 Comments

  1. rocco

    la siccità non è un fenomeno anomalo.

  2. Graziano Murru

    Innanzi tutto grazie per l’articolo che descrive in modo chiaro la realta’ della siccita’ in Italia attraverso l’uso preciso dei dati.
    Mi sembra del tutto evidente che il problema derivi da quale ruolo la societa’ e la classe politica italiana ed europea riconosca al settore primario e alla sicurezza alimentare: il fatto che solo l’11% delle precipitazioni
    venga intercettato e la logica conseguenza della visione e concezione che si ha dell’agricoltura, dell’ambiente naturale e di quale sia la scala dei valori della nostra societa’. Un paese che spreca l’acqua non puo essere resiliente da un punto di vista agricolo e in generale.
    Non vogliamo nuovi invasi a causa degli impatti ambientali che questi hanno o si ipotizza possano avere, pur in assenza di una serie analisi scientifica nel merito e nel contempo l’agricoltura convenzionale e’ addirittura messa sul banco degli imputati come uno dei principali agenti climalteranti del pianeta.
    Si figuri che il miglioramento pascoli e’ stato da Agea per anni ignorato e non incentivato in quanto viene visto come un attivita che degrada il cotico naturale e porta a ridurre lo stock della CO2.

    La PAC, sopratutto il disaccoppiamento totale e l’eccessiva fiducia riposta sul libero mercato nel settore primario, spinge moltissimi imprenditori agricoli a ridurre le produzioni e inevitabilmente a non investire e ingegnarsi, poiche’ buona parte degli aiuti agricoli non sono legati al fatto che si producono beni alimentari, ma al solo fatto di essere generici “agricoltori attivi” (esempio lampante di cosa puo’ partorire la burocrazia europea) indipendentemente che tu da un ettaro di grano ci tiri 5 qli/ha o 50 qli/ha.
    L’appiattimento verso il basso indotto porta alla perdita del saper fare, inteso come quell’insieme di cose che spesso non si imparano sui libri ma dall’esperienza diretta fatta sui campi e tra gli animali, spesso figlia di un modo di vivere.

    Se non sia ha il coraggio come societa’ di mettere in discussione alcune follie del nostro tempo, continueremo ad essere un paese che spreca l’acqua e che sogna che con l’agricoltura biologica si possa salvare il mondo.

    • Luigi Mariani

      Gentile Graziano,
      concordo pienamente con quanto ha scritto. Mi sfugge tuttavia come si possa fare per tagliare il nodo gordiano che ci affligge. Forse la chiave sta nel riacquisire una memoria storica condivisa circa i fattori che ci hanno portato all’attuale benessere. Rileggendo i trattati di Roma si percepisce una visione del mondo il cui pragmatismo era anni luce in avanti, nel senso che si parlava davvero di sovranità alimentare ed energetica, cose su cui oggi in pochi sono in grado di marciare (penso alla sconcertante decisione tedesca di chiudere le centrali nucleari).

  3. Enrico

    Che splendido articolo, grazie!

  4. Shadok

    In passato ho trafficato, per lavoro, con dati pluviometrici delle stazioni meteo del versante appenninico padano, facendo riferimento ai dati pubblicati sugli annali idrologici. Avendo l’obiettivo di disporre di dati rappresentativi del lungo periodo e per il numero maggiore possibile di stazioni, avevo predisposto una procedura di ricostruzione dei dati mancanti, lavorando alla scala temporale mensile. Avevo notato che gli errori medi delle ricostruzioni risultavano decisamente superiori in alcuni periodi, all’incirca riferibili a: 1920-1930, 1941-1947, 1990-1998. Anche scorrendo le serie storiche delle registrazioni, avevo ipotizzato che il peggioramento degli errori medi fosse riferibile ad una peggiore qualità dei dati registrati, che avevo ritenuto riferibile ad una minore affidabilità della strumentazione per il primo periodo, agli eventi bellici per il secondo, e alla transizione da sistema SI a sistema Arpa per l’ultimo. Per gli anni ’20 del secolo scorso, in particolare, i dati registrati sulle stazioni collinari e montane mi sembravano spesso “deficitarie” di precipitazione. Esistono studi/valutazioni che abbiano indagato sulla qualità delle registrazioni pluviometriche “storiche”? Grazie ancora per il vostro lavoro!

    • Luigi Mariani

      Gentile Shadok,
      anche a seguito di verifiche effettuate con l’amico Sergio Pinna posso dirle che non mi risulta che qualcuno abbia indagato sulla qualità delle registrazioni pluviometriche. Aggiungo che mi pare pienamente ragionevole uno scadimento qualitativo per il periodo 1941-47 per le vicende belliche e 1990-98 per il trapasso dalle reti meccaniche a quelle elettroniche.

    • Gianni

      Puo’ dare uno sguardo all’articolo di Morbidelli et al. (2020) e alla letteratura citata dagli autori:

      “in the areas with rainfall data characterized for many years by coarse time-resolutions, annual maximum rainfall depths of short duration can be potentially underestimated and their use would produce errors in the results of successive applications” (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0022169420307186)

  5. Andrea D

    Fintanto che le correnti prevalenti impatteranno da NO, il signor Stau continuerà a far visita sui versanti alpini esteri, mentre Piemonte e Lombardia Ovest verrano lasciati all’asciutto perché sottovento, e con folate di Foehn.
    Ovviamente è sempre meglio dell’ingerenza africana che ancora oggi per il momento non riesce, fortunatamente, a imporsi, ma per ora chi paga dazio è ancora il NO.

    E’ triste sapere che amici che ho incontrato in quel di BS siano convinti che qualcuno stia “manipolando il tempo” per favorire l’attuale teatro di guerra, o altri che ahimè ancora credono alle “scie chimiche”, anche se ho spiegato cosa sono in realtà e a volte pure la loro utilità quali primi indicatori approssimativi, a parità dei cirri e cirrostrati, di un imminente cambiamento del tempo da avvenzione di aria mite e umida in quota (Lo so, non basta che quelle nubi siano presenti in cielo, ma va visto anche il loro moto e intensificazione eventuale della copertura).

    • Luigi Mariani

      Gentile Andrea,
      una visione circolatoria dei fenomeni non è da tutti e sono contento che lei sia in grado di apprezzarla. Sul resto (scie chimiche e complotti vari) stendiamo veli pietosi.
      Luigi

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