Oggi 06 novembre (ieri, ndr) a Sharm el-Sheikh si è svolta la sessione inaugurale della COP 27. L’inizio è slittato di circa un’ora perché i Paesi in via di sviluppo hanno preteso che fosse posta all’ordine del giorno la problematica più importante di questa (e delle altre) Conferenze delle Parti: i fondi per il meccanismo conosciuto come “loss and damage”, ovvero le sovvenzioni che i Paesi sviluppati (considerati i principali responsabili della crisi climatica), dovrebbero fornire a quelli in via di sviluppo, per compensarli delle perdite e danni, procurati dal cambiamento climatico. Non si tratta di una questione di poco conto perché fino ad ora se ne era sempre discusso, ma mai la problematica era stata posta all’ordine del giorno di una COP. L’ora di ritardo nell’inizio della cerimonia inaugurale fa capire che, come già preannunciato nelle varie pre-COP, la determinazione dei Paesi in via di sviluppo è molto forte. Probabilmente se le loro richieste non fossero state accolte, la Conferenza sarebbe fallita prima di cominciare.
Ovviamente una cosa è iscrivere un argomento all’ordine del giorno ed una cosa è approvarlo. Di ciò si sono resi conto anche i Paesi emergenti che, per bocca del presidente della Conferenza, il Ministro egiziano Sameh Shoukry, hanno fatto sapere che si attendono una decisione definitiva sulla questione entro il 2024. I Paesi sviluppati hanno ancora qualche anno di tempo, ma sono sicuro che entro il 2024 non succederà proprio un bel niente. Passata la festa, gabbato lo santo!
Oggi sono stati resi pubblici, come da tradizione, i documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale che, sempre come da tradizione, hanno delineato scenari che più foschi non si può.
Secondo Petteri Taalas, segretario generale della WMO, infatti:
Maggiore è il riscaldamento, peggiori sono gli impatti. Abbiamo livelli così elevati di anidride carbonica nell’atmosfera ora che il livello più basso di aumento delle temperature a +1,5 gradi dell’accordo di Parigi è a malapena a portata di mano. È già troppo tardi per molti ghiacciai e lo scioglimento continuerà per centinaia se non migliaia di anni, con importanti implicazioni per la sicurezza idrica. Il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato negli ultimi 30 anni. Sebbene lo misuriamo ancora in termini di millimetri all’anno, l’aumento sarà da mezzo metro a un metro per secolo, e questa è una minaccia a lungo termine e grave per molti milioni di abitanti delle coste e stati bassi.
Sempre in base al rapporto, infine, si apprende che gli ultimi otto anni sono stati i più caldi di sempre. Ci sarebbe molto da discutere su ognuno di questi punti, ma il brodo si allungherebbe a dismisura e, del resto, lo facciamo già per tutto l’anno sulle pagine di CM.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si lancia in stime delle possibili ricadute dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Nel documento dell’Organizzazione si legge che
Tra il 2030 e il 2050, si prevede che il cambiamento climatico provocherà circa 250.000 morti in più all’anno per malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo.
ed ancora
Si stima che entro il 2030 i costi dei danni diretti alla salute (esclusi i costi nei settori che determinano la salute come l’agricoltura, l’acqua e i servizi igienici) siano compresi tra 2 e 4 miliardi di dollari all’anno.
Non sembrano chiari i parametri sui quali si basino queste stime ma lo dice l’OMS, per cui va bene così.
Non sono mancate le polemiche.
Greta Thunberg che era stata la star delle ultime COP, non si farà viva a Sharm. Ha fatto sapere che la COP non è altro che una vetrina che, però, non produce nulla di concreto. Una volta tanto sono d’accordo con lei: al cento per cento. Solo un dato per capire come Greta abbia ragione: nonostante alla COP 26 tutti i partecipanti si fossero impegnati a rivedere i loro impegni per contrastare le emissioni (NDCs), solo uno sparuto gruppo di Paesi ha mantenuto l’impegno (29 su 194). Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare. Fino a che questi impegni saranno volontari e non verranno stabilite sanzioni per chi non adempie, sarà sempre così, checché ne pensi la Thunberg.
Altra polemica è stata innescata da Greenpeace che ha stigmatizzato il fatto che la COP 27 fosse finanziata dal gruppo industriale più inquinante del mondo: la Coca Cola. Un po’ di “green washing” fa comodo a tutti, evidentemente.
E per concludere, diamo un’occhiata ai temi su cui si misurerà il successo o il fallimento della Conferenza delle Parti numero 27.
– mitigazione e ambizione
Uno dei maggiori problemi che le parti devono affrontare alla COP27 è il divario tra gli impegni climatici dei paesi e l’entità dei tagli alle emissioni necessari per mantenere il mondo sulla buona strada per gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, di mantenere il riscaldamento ben al di sotto di 2°C o 1,5°C.
Il testo del patto di Glasgow della COP26 richiede che una decisione su questo programma venga presa alla COP27. Il suo contenuto e la sua portata devono quindi essere decisi a Sharm el-Sheikh.
Gli argomenti controversi includono quanto durerà il programma e se includerà un focus sulla decarbonizzazione di settori specifici: obbiettivo che nessuna delle precedenti COP è riuscita a raggiungere.
– perdite e danni
Come visto questo tema avrà un ruolo di primo piano nei negoziati della COP27, perché i Paesi in via di sviluppo sono riusciti a inserire il tema nell’ordine del giorno della Conferenza, ottenendo ciò che non era riuscito nelle precedenti Conferenze. Sul tema si dovrà registrare, comunque, l’opposizione dei Paesi sviluppati.
– adattamento
Il secondo “programma di lavoro” emerso dalla COP26 riguardava l’“obiettivo globale sull’adattamento”. Esso è stato stabilito nell’ambito dell’Accordo di Parigi, ma definito solo in modo approssimativo.
L’adattamento in generale e l’obiettivo globale in particolare hanno ricevuto poca attenzione rispetto agli sforzi per ridurre le emissioni (mitigazione). Probabilmente assisteremo ad un cambiamento delle priorità e, quindi, ad un aumento dell’importo dei fondi forniti per pagare i progetti di adattamento climatico. Questo cambio di paradigma sarebbe auspicabile, ma lo vedo molto difficile.
– finanza
Come sempre la finanza sarà uno degli scogli principali della COP 27, in quanto è il principale tema di discussione tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Ad oggi la richiesta di supporto finanziario dei Paesi emergenti ha trovato risposte parziali e largamente insoddisfacenti da parte di quelli sviluppati: i famigerati cento miliardi di dollari all’anno promessi, non sono stati mai versati interamente. Figuriamoci cosa succederà quando la cifra da mettere insieme diventerà di 340 miliardi di dollari all’anno, come richiesto da più parti.
– articolo 6 dell’Accordo di Parigi
L’articolo definisce la necessità di un bilancio globale delle emissioni, ma fino ad oggi è restato lettera morta, in quanto mancano le regole per effettuarlo. Lo stesso articolo prevede un mercato globale delle emissioni sull’esempio di quello europeo ed altri aspetti tecnici, apparentemente secondari, ma dirimenti.
Nei prossimi giorni cercherò di aggiornarvi sullo stato dei lavori riguardo a queste tematiche e, alla fine, misureremo il successo della COP 27 in base al grado di raggiungimento degli obbiettivi.
Questa è la classica vittoria a tavolino! Non c’è nulla che faccia presagire un aumento delle temperature medie del pianeta di 1.5 gradi nei prossimi decenni. Figuriamoci 2 gradi! A quando una COP sui reali problemi dell’umanità: demografia, energia, alimentazione…
La coca cola sponsorizza la COP27? è come se mcdonald sponsorizzasse un congresso di dietologia!
COP (Circus On Planet) 27: si parte…. e non si arriva da nessuna parte.
La lotta al riscaldamento globale (ossia il miglior prodotto del neoliberismo), diventata religione, ha un unico scopo: rubare ai poveri per donare ai ricchi.
Viva Dooh Nibor
” Non possiederai nulla e sarai felice!”
Dooh Nibor ( si pronuncia Klaus Schwab)
quando hai controllato finanziariamente le emissioni di CO2 nel mondo hai controllato tutto
praticamente si pagherà per respirare