Alcuni giorni prima di ferragosto 2022 ho sentito in un telegiornale RAI -credo il TG3 delle 19- la notizia che la vendemmia (di uve da spumante?) quest’anno sarebbe stata anticipata a causa delle avverse “condizioni climatiche” (cioè meteorologiche): alta temperatura e siccità dovute, ça va sans dire, alle attività umane. Nel corso del servizio si specificava che l’anticipo sarebbe stato di una settimana; il tono era tra il tragico e il catastrofico.
Ho pensato che non tutti si rendono conto di cosa significhi una settimana (di anticipo o di ritardo) nell’inizio della vendemmia e mi propongo qui di mostrare la serie delle date di vendemmia (GHD, Grape Harvest Date) dal 1354 al 2021 (al momento di scrivere, la vendemmia 2022 non è iniziata o la sua data non è disponibile) a Beaune (Borgogna, Francia, per il pinot nero). Questa serie, probabilmente la più lunga disponibile, è stata pubblicata originariamente da Labbé e Gaveau nel 2013 (dal 1371 al 2010) ed è stata aggiornata ed estesa da Labbé e collaboratori nel 2019 (Labbé et al., 2019). È disponibile nell’archivio svizzero echdb.unibe.ch, nella forma (versione in italiano) che mostro in figura 1 che mi ha costretto a inserire a mano i 664 dati per anno e giorno di inizio della vendemmia, indicato dalla sigla DoY (Day of Year).
Ho esteso la serie originale, che copre fino all’anno 2018, con le tre ultime date di vendemmia (2019, 2020, 2021) disponibili in rete, per un totale di 667 dati.
L’insieme dei valori GHD è mostrato in figura 2 con il loro spettro MEM che presenta periodi forse riconducibili alle grandi oscillazioni (AMO, NAO, …: 60 e 80 anni) e il periodo di 20 anni, il terzo più potente, che ricorda le oscillazioni lunari (18-20 anni) o anche il ciclo delle macchie solari (11-22 anni), mentre non sono in grado di associare a qualche oscillazione particolare il massimo spettrale di periodo 127 anni. Il massimo principale di periodo 532 anni (ultimo punto a destra nel grafico centrale) può forse fare riferimento ad un ciclo solare senza nome di periodo 500 anni.
Come si vede bene, una divisione piccola della scala verticale nel grafico in alto rappresenta 5 giorni e quindi anticipi e ritardi di una settimana sono praticamemte la norma (vedere ad esempio i giorni riportati in figura 1) e anche fluttuazioni di 20-30 giorni sono frequenti. Il fatto che la variazione di una settimana (rispetto alla media? Ma quale media? Vedere in figura 2 come la media può cambiare in periodi diversi) possa costituire una notizia da telegiornale mi sembra del tutto ridicolo, e il tono usato assolutamente inappropriato, a meno che non si voglia ancora una volta istillare la paura di un clima che cambia (male) in un pubblico che difficilmente ha tempo, voglia e mezzi per verificare la notizia (e le decine di notizie “climatiche” da cui siamo giornalmente bombardati).
Un modo grafico diverso per sottolineare la grande variabilità di GHD è quello di mostrare le date come pallini e usare non il DoY ma la differenza, in giorni, tra una data prefissata (ad es. una media scelta con un qualche criterio) e la data (DoY) di inizio vendemmia; qui uso il DoY 270 (27 settembre) come media presunta, per cui i valori sopra la linea viola dello zero sono vendemmie precoci (precedenti il 27/9) e viceversa per i valori negativi.
Sia in questo grafico che in figura 2 si nota (seguiamo la linea gialla o arancione del filtro a 30 anni) un profondo minimo nel 1810, dovuto a un ritardo superiore al mese nel 1816 -e quindi ad un’annata molto fredda- seguito da una crescita continua, tra alti e bassi, fino a circa il 2010 e poi un leggero accenno di stasi e debole decrescita. La figura 3, un ingrandimento della figura 1 tra il 2000 e il 2021, mostra in dettaglio che la stasi inizia dal 2012, segno che qualcosa è cambiato nelle date di vendemmia di Beaune.
Tutti i grafici di questo post identificano un processo di aumento della temperatura dell’aria a partire dal 1810, ovvero dall’inizio della rivoluzione industriale che ha però il “difetto” di essere iniziata contemporaneamente alla fine della Piccola Era Glaciale (PEG) e al conseguente recupero delle temperature rispetto al massimo glaciale situato attorno al 1850 (Nussbaumer and Zumbühl, 2018), per un fenomeno del tutto naturale.
Si può senz’altro immaginare che la situazione in Borgogna possa essere diversa da quella italiana e per questo propongo in figura 4 il confronto tra le date di vendemmia della Valtellina, dell’altopiano svizzero e di Beaune, tutte riferite al 31 agosto. I dati di Tirano (Valtellina) derivano da Mariani et al., 2009 e quelli svizzeri da Meier et al., 2007.
Si osservano differenze sistematiche tra la Borgogna e le altre due località ma cambia molto poco la dispersione dei dati e l’inizio della salita delle temperature: anche fuori dalla Borgogna la variazione di una settimana nella data di vendemmia è una situazione del tutto normale e i “gridi di dolore” non servono la causa di un buon giornalismo ma solo quella, per qualcuno ben più importante, di mantenere desta l’attenzione sulla catastrofe climatica, in appoggio a scelte politiche progettate qualche decennio fa che non ammettono (o non possono permettersi) opposizioni e ripensamenti.
Bibliografia
- Labbé T., Gaveau F.: Les dates de vendange à Beaune (1371-2010). Analyse et données d’une nouvelle série vendémiologique, Revue historique, 2013/2, 333-367, 2013. https://doi.org/10.3917/rhis.132.0333. Lavoro disponibile a http://www.cairn.info/revue-historique-2013-2-page-333.htm
- Thomas Labbé, Christian Pfister, Stefan Brönnimann, Daniel Rousseau, Jörg Franke, Benjamin Bois: The longest homogeneous series of grape harvest dates, Beaune 1354–2018, and its significance for the understanding of past and present climate., Clim. Past, 15, 1485-1501, 2019 https://doi.org/10.5194/cp-15-1485-2019
- Meier N., Rutishauser T., Pfister C., Wanner H. and Luterbacher J., Grape harvest dates as a proxy for Swiss April to August temperature reconstructions back to AD 1480, Geophys. Res. Lett., 34 (L20705), 2007, https://doi.org/10.1029/2007GL031381
- L. Mariani, S. G. Parisi, O. Failla, G. Cola, G. Zoia, L. Bonardi: Tirano (1624-1930): A Long Time Series of Harvest Dates for Grapevine , It. J. Agrometeo., 7-16(1), 2009.
- Nussbaumer, S. U. and Zumbühl, H. J.: Evidence from the Archives of Societies: Historical Sources in Glaciology, in: The Palgrave Handbook of Climate History, edited by: White, S., Pfister, C., and Mauelshagen, F., London, Palgrave Macmillan, 93–97, 2018.
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Gentile Prof. Zavatti,
un altro ottimo articolo. Avrei tuttavia un dubbio: le varietà delle viti coltivate potrebbero non essere le stesse in tutto il periodo (diversi secoli) preso in esame. Anzi, quasi certamente è avvenuta una certa evoluzione e ciò potrebbe aver influito sul periodo di raccolta.
Grazie ancora
Non sono certo un esperto viticoltore ma penso che il suo dubbio sia valido: ogni essere vivente (e non solo) si evolve nel tempo, e in continuazione si adatta alle condizioni ambientali in cui vive. I vitigni fanno senz’altro lo stesso e lo vediamo ad esempio nel lento e variegato anticipo della data di vendemmia dal 1810 circa, credo in risposta (anche) ad un aumento di temperatura dell’aria, qualunque ne sia la causa, e anche, come ha scritto
Andrea Beretta a proposito dei vini inglesi, alla capacità o meno di produrre vini che si adattano al gusto attuale che si evolve anch’esso.
Senza volermi impantanare in cose che non conosco, non credo che nei periodi freddi la vite scompaia dalla Gran Bretagna; semplicemente “si rintana” in attesa di tempi migliori. Franco
Grazie Professore.
Buona Giornata.
Caro Franco,
come al solito un ottimo articolo. Dall’esame dei tuoi grafici noto come, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, ci sia stato un costante anticipo della data della vendemmia. Questo andamento si nota tanto dal grafico “grezzo” che da quello “smussato” e solo negli ultimi anni si assiste ad una stasi nella tendenza “rialzista”.
Tale andamento ha portato ad un anticipo della data della vendemmia inusuale negli ultimi settecento anni. A spanne direi un paio di settimane. In termini assoluti potrebbe sembrare poco, ma è la tendenza all’anticipo, ormai quarantennale, che mi incuriosisce.
Questo andazzo è visibile anche nei grafici di fig. 4, per cui non mi sembra un fatto locale o accidentale.
Diciamo che, in questo caso, i dati confermano la tendenza al riscaldamento del clima registrata negli ultimi trenta/quaranta anni.
Cosa succederà in futuro non è dato sapere: il grafico di fig. 2, primo pannello, sembrerebbe mostrare un’inversione di tendenza, ma noi sappiamo che, in genere, le “code” dei grafici, soprattutto quelli lisciati, sono affette da incertezze piuttosto accentuate. Chi vivrà vedrà. 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
hai ragione sull’aumento dagli anni ’80 del secolo scorso, ma io rilancio! Questo di figura 2 è forse l’unico grafico (o uno dei pochissimi) in cui si osserva una tendenza all’aumento a partire dal 1810 (diciamo dall’inizio della rivoluzione industriale o dalla ripresa delle temperature dopo la fine della LIA). e quindi uno dei pochi in cui si può vedere una specie di evoluzione progressiva, dovuta ad un’eventuale crescita continua della CO2, dai primordi della rivoluzione industriale. Ed è confermato dalle tre serie di figura 4, riferibili a zone relativamente vicine. I gridi di dolore di cui leggiamo tutti i giorni si basano su serie molto (molto!!) più brevi che vengono spacciate come aumento della CO2 degli ultimi decenni perché prima la produzione di CO2 non era tanto estesa; ma non è vero perché prima la produzione era incontrollata e l’inquinamento (quello vero, non quello da CO2 che è un quasi falso) era molto più elevato che negli anni successivi.
Allora il grafico delle date di vendemmia (che, è vero, di suo ha diversi problemi di calibrazione e di associazione data-temperatura ma che viene accettato come se questi problemi non ci fossero) ci dice che dal 1800 agli anni ’80 la crescita delle temperature è stata monotona crescente, in contrasto con la favoletta del “diminuiamo la CO2 così fra 10 minuti la temperatura comincia a calare e il pianeta da salvare è stato salvato” che ci propinano in continuazione. Come ho ripetuto altre volte, se l’AGW c’è, allora c’è sempre non solo quando fa comodo alla narrativa del momento.
Per me quindi questo post e il suoi dati dimostrano che l’indiscutibile aumento di temperatura (assumiamo come “quasi” vera la relazione data ritardata-temperatura che cresce) è dovuto all’uscita dalla LIA, con un possibile, probabile, piccolo contributo della CO2.
Per la stasi degli ultimi anni, mi guardo bene dal prendere per oro colato la diminuzione che si osserva (e i dati smussati per me hanno solo valenza grafica e non mi sento di usarli per considerazioni numeriche o fisiche) ma sicuramente la tendenza è quella di non-crescita, ancora incompatibile con una CO2 che continua a crescere indisturbata. Ciao e felice di sentirti un po’ meno impegnato, almeno parzialmente. Franco
Grazie Franco per questo contributo.
Anzitutto spero vivamente che il tg3 abbia circoscritto l’anticipo della vendemmia alla prima di agosto solo per le uve da spumantizzare…e non è detto perché lunedì o martedì scorso il TG regionale è riuscito a dire che la carenza di CO2 sul mercato andava a discapito delle industrie che producono bibite gassate e…prosecco (che quindi nella loro testa è “addizionato di anidride carbonica”. Spero non scoprano mai che il processo di fermentazione produce CO2 altrimenti partirebbe seduta stante il processo contro i vini, giusto per picconare un’altra nostra eccellenza).
Fuori di battute, ho molto apprezzato queste puntualizzazioni corroborate al solito da una precisa raccolta dati. Chiaro che il clima segue le sue regole, e se la vite si era adattata alla Terranova e alla Gran Bretagna secoli fa, oggi con tutta probabilità lo rifarà (gli inglesi stanno ricominciando a produrre discreti spumanti). Fino al prossimo raffreddamento, che “ricaccerà” la vite sotto il 48° parallelo e da noi sulle Alpi sotto i 700 m
Grazie e saluti a tutti
Caro Andrea, quella del prosecco mi mancava! Quando si è condizionati dal dover diffondere certe notizie in un certo modo, i tg sono una fonte di notizie tragicomiche quasi inesauribile. Ormai non bevo più alcolici da qualche anno ma ricordo, a parziale risarcimento del povero giornalista di cui sopra, certe friggitorie di pesce dove servivano vino fermo o frizzante, con quest’ultimo in grado di produrre acidità di stomaco bibliche: mi ero fatto l’idea che avessero un solo tipo di vino (non era prosecco ovviamente) e che producessero il frizzante all’istante, con una spruzzata di CO2 da sotto il banco, nella caraffa del fermo. Forse anche lui ricordava qualcosa di simile e “prosecco” è una parola carina da usare! Grazie per la notizia. Franco
@andrea.beretta
il problema è che proprio oggi il solito “Corrierone delle meteocaxxate” ha parlato della sfida dei “rossi inglesi” ai vini francesi ed italiani…
Ma si può essere così in mala-fede?
Un abbraccio da una Pescara che, assorbito in piena notte fra venerdì e sabato scorsi l’ultimo ruggito africano, si gode un meteo meravigliosamente azzorriano…..
Ma non sia mai a parlare di anticiclone “atlantico” come suggerisce F. Prodi, l’alta pressione è sempre e comunque africana!
Franco (entrambi),
Ho personalmente assaggiato diversi “metodi classici” inglesi e devo dire che sono abbastanza interessanti, pur essendo per ora lontani da quelli francesi o dai nostri. Sui rossi non ho esperienza non avendone mai assaggiati…ma dubito fortissimamente che mediamente riescano a produrre qualcosa di qualità. Purtroppo quello che fu un giornale di riferimento più che altro per l’equilibrio che teneva rispetto ad altri più schierati (o addirittura di partito) è diventato una macchietta, e io non lo leggo più, se non le poche volte in cui prendo il caffè al bar…e quasi tutti i bar del milanese ne tengono una copia (altrimenti dubito riescano a venderle)
Ormai si sa, ogni variazione climatica, casuale o che è parte da sempre del funzionamento atmosferico, viene addebitata all’opera umana a sostegno dell’AWG, non so in fin dei conti quanto possa esserci di vero ma l’esagerazione dei mass-media si palpa con la mano, e che non piova o che piova (vedi “bombe d’acqua”).
Buongiorno Prof. Zavatti. Riporto qui il suo ultimo periodo conclusivo “.. anche fuori dalla Borgogna la variazione di una settimana nella data di vendemmia è una situazione del tutto normale e i “gridi di dolore” non servono la causa di un buon giornalismo ma solo quella, per qualcuno ben più importante, di mantenere desta l’attenzione sulla catastrofe climatica, in appoggio a scelte politiche progettate qualche decennio fa che non ammettono (o non possono permettersi) opposizioni e ripensamenti. ..” Proprio così! Concordo pienamente! Sono politiche di comunicazione giá decise anni indietro. La sensazione tangibile mia è questa. Pensi che sono arrivato pure a pensare ( spero non sia cosi ) che proprio per opera umana, ad esempio, siano state create le condizioni fisico-chimiche per ottenere la situazione siccitosa che stiamo attraversando in questi mesi.. è fantascienza lo so, tuttavia ho anche questa sensazione. Si perdoni la mia immaginazione, ma se così dovesse essere dimostrabile, la cosa mi crea ansia. Quando penso ad esempio che a Davos, tanto per citare una località sulla quale tutto tace, si riuniscono annualmente personaggi sia noti che poco noti, filantropi, scienziati, politici, sciamani, giornalisti, ecc.. per discorrere di cosa? Per decidere cosa? Sostengo da sempre che la gestione del “Clima” è solo imputabile al Pianeta Terra, che con i propri meccanismi complessi ne disegna l’evoluzione. Ma se penso a quali livelli puó essere arrivata la tecnologia (bellica ad esempio), non riesco a non pensare che “qualcuno” riesca a modificare i vari meteo di zona anche per grandi aree, e in un certo senso far si che anche il clima, in termini di grandi periodi temporali, ne risenta; per quali scopi? Lascio solo immaginare. Qualcuno, o anche lei, mi rassicuri. Ale69.
Non sarei tanto drastico, anche se ormai l’accusa di complottismo non ha alcun effetto su di me, sapendo bene che viene usata a piene mani dai “complottatori” per tacitare chi immagina cose che non dovrebbe immaginare.
Io penso a un grande progetto, anche nobile e condivisibile, per distribuire la ricchezza economica nei paesi in via di sviluppo. Il fatto che questi paesi siano anche in forte incremento demografico e che la ricchezza li renda un enorme serbatoio di consumatori è un effetto, non so quanto secondario, molto desiderato dal sistema produttivo e distributivo (certo più desiderabile del mondo occidentale, in calo demografico e sempre più vecchio).
Il problema è che il trasferimento di industrie in Asia e Africa non sarebbe stato accettato dalla popolazione che ne sarebbe risultata impoverita.
Secondo me, qualcuno ha avuto la “grande” idea di usare il clima come grimaldello: la CO2 come inquinante e il commercio dei titoli “verdi” associati al concetto che l’inquinamento non dovesse essere azzerato o diminuito ma solo spostato altrove ha creato un meccanismo perfetto (diciamo molto valido) per convincere le popolazioni che, iniziando dalle produzioni più inquinanti, fosse una buona cosa lo spostamento di ricchezza dall’occidente al resto del mondo (in via di sviluppo). Un altro tassello del sistema doveva essere la globalizzazione … e la luce fu.
Se questo schema di massima è corretto, non capisco i ragazzi che marciano “per il clima” e che, credendo di esporre cartelli su Pianeta B, inazione dei governi, inquinamento (sì, inquinamento e quasi mai clima, per tornare allo schema di cui sopra), in realtà espongono cartelli con su scritto “non voglio un posto di lavoro”, “voglio emigrare e fare lavori di basso livello, malpagati”, “voglio andare a mangiare alla mensa della Caritas” (ammesso che la Caritas abbia ancora abbastanza finanziamenti per organizzare le mense). Ma ovviamente sono troppo vecchio per avere una chiara visione del mondo moderno.
Quindi no, per me non ci sono complotti di “cattivi” ma un progetto di ampio respiro globale (illuminista?) sul quale però avrei preferito una discussione corale a viso aperto e tempi più lunghi per valutarne appieno le conseguenze. Per questo a me non piace e cerco di combatterlo, per il poco che posso. Franco
Le modifiche toccabili con mano riguardano il microclima locale e sono le isole di calore urbane e le installazioni idroelettriche.
Le prime per la cementificazione più o meno selvaggia e ottimista, in special modo dal secondo dopoguerra.
Gli impianti idroelettrici (quando non realizzati in luoghi tragicamente sbagliati e/o con tecniche sbagliate) possono modificare il microclima a monte dello sbarramento (lago artificiale) e a valle.
Nel caso della diga per antonomasia quale è la Hoover/Boulder (1935), all’epoca la più alta diga a gravità del mondo prima della costruzione della Grande Dixence, la riduzione/regolamentazione delle altrimenti disastrose piene del fiume Colorado ha comunque modificato la salinità delle acque verso la foce a centinaia di km di distanza, quindi un impatto notevole a livello ambientale. Vero è che poi sono stati costruiti lungo lo stesso fiume ulteriori altri sbarramenti sempre a scopo idroelettrico/regimazione acque e captazioni per consentire anche grandi aree di coltura (es. a Phoneix)
Altro discorso, comunque sempre a livello locale, è l’inseminazione artificiale delle nuvole con joduro d’argento, pratica usata in vari tentativi da decenni da diversi Paesi nel mondo per vari scopi e con efficacia alterna e non ancora ben chiaramente dimostrata, sia in ambito civile che militare.
Ho un piccolissimo vigneto nelle 5 terre poche centinaia di metri che tengo solo per un ostinata passione non certo per profitto. In questo territorio la data di vendemmia varia normalmente da alcune settimane a più di un mese a seconda della quota, dell’esposizione e dell’ orientamento dei filari. Si inizia a vendemmiare a livello del mare e si finisce a 400 metri di altezza. Prima i vigneti esposti a sud poi gli altri . Io che uso l’irrigazione a goccia vendemmio sempre qualche giorno prima del mio vicino. Quest anno la mia produzione sarà scarsa colpa dell’elevata umidità che ha portato la muffa a danneggiare i grappoli quindi penso di anticipare la vendemmia di una settimana o due per salvare il salvabile. Sembrerà incredibile per chi parla di una medie matematiche in agricoltura ma talvolta si raccoglie l’uva un po’ più acerba per non fare un trattamento chimico a cavallo della vendemmia