Si chiama Agata il primo ciclone tropicale formatosi nel Pacifico orientale in questo 2022, a 15 giorni dall’inizio nominale della stagione per quella porzione di oceano (15 maggio – 30 novembre). Parte oggi invece la stagione per l’area atlantica (1° giugno – 30 novembre) e, per il momento, tutto tace.
Appena pochi giorni fa, il Climate Prediction Center della NOAA ha puntualmente pubblicato l’outlook stagionale, accodandosi a quelli di altri centri specializzati arrivate già nelle scorse settimane. Le opinioni sono piuttosto concordi nel prevedere anche per il 2022 una stagione sopra la media in termini di frequenza di occorrenza di questo tipo di eventi, di gran lunga i più pericolosi e distruttivi del vasto panorama meteorologico.
Come recita lo stesso comunicato della NOAA, se confermata questa sarebbe la settima stagione consecutiva con un numero di eventi maggiore della media climatologica, dato significativo ma fino a un certo punto, perché, in contro tendenza, scopriamo anche che a scala globale gli ultimi dodici mesi sono stati quasi quelli quelli con il minor numero di eventi degli ultimi quaranta anni, secondi solo al 1987-1988.
Tornando all’outlook, a conferma di quanto sia complesso il sistema con cui abbiamo a che fare, troviamo tra gli elementi dirimenti per far propendere la previsione verso una stagione piuttosto attiva, la persistenza de La Niña nel pacifico tropicale (ENSO Blog), degli Alisei piuttosto deboli che potranno favorire uno scarso wind shear verticale, una anomalia positiva di temperature di superficie nell’area caraibica e un Monsone Africano invece piuttosto intenso, con quest’ultimo che è all’origine delle onde atmosferiche da cui prendono vita gli eventi spesso più intensi e più duraturi.
Insomma, una ricetta complicatissima da decifrare tra cui compaiono però degli elementi ci cui storicamente si conosce il ruolo con riferimento agli uragani. Un numero forse elevato di tempeste atlantiche, probabilmente non alto come quello dello scorso anno, cui, ancora una volta in modo controintuitivo, ha corrisposto un valore complessivo di energia accumulata piuttosto basso.
Come sempre, l’attendibilità di questo outlook si rivelerà alla fine della stagione ma, per ora e se non altro, quest’anno non abbiamo registrato eventi fuori stagione, per quel che può valere una convenzione temporale quando si parla di oceani e atmosfera.
[…] Questo, tra mille altre cose, sta avendo effetti anche sulla stagione degli uragani. Lo abbiamo già visto l’anno scorso, La Niña porta un’accentuazione delle condizioni favorevoli allo sviluppo di tempeste sull’area atlantica e una soppressione degli elementi ad esse favorevoli invece nell’area del Pacifico. Di qui la previsione – sempre della NOAA – di una stagione degli uragani nuovamente sopra media per i prossimi mesi (su CM qualche giorno fa). […]
L’associazione tra ENSO e ACE viene ribadita da qualche anno dai maggiori centri di calcolo: https://www.climate.gov/news-features/blogs/enso/impacts-el-ni%C3%B1o-and-la-ni%C3%B1a-hurricane-season ; ma dal momento che nei periodi di Nina forte degli ultimi 40 anni non si sono verificati grossi contributi al numero o potenza degli uragani, salvo forse alla fine degli anni ’90, direi che, come spesso accade, rimaniamo impaludati in una stimolante imprevedibilità. Anche il famigerato 2005 non risponde a tale regola, dal momento che vigeva addirittura una certa neutralità, o addirittura un debole Nino.
Direi che, come spesso accade, si va sempre per tentativi e le previsioni stagionali restano inaffidabili in larga parte.
Quindi, su scala temporale climatica, nulla di nuovo o di eccezionale (o catastrofico) sotto il sole.
Chi glielo dice a Repubblica & C.?
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/04/12/news/uragani_record_2020_riscaldamento_globale-345176224/