Le notazioni Ka (Ma) indicano migliaia (milioni) di anni fa, o BP (before present). Il presente, probabilmente il 1950 CE, non è indicato ma in questo caso non ha importanza.
Un lavoro dell’ottobre scorso (Martinez-Dios et al., 2021) relativo a un carotaggio effettuato nel Canale di Sardegna (batimetria,2MB; batimetria HD,9MB), ma gli autori parlano di Stretto di Sicilia, Strait of Sicily, denominazione ufficiale inglese di quello che per noi è il Canale di Sicilia a circa due terzi di strada dalla Tunisia (LC07), ha per la prima volta prodotto una serie di temperature marine (SST da U37K’) che copre l’intervallo temporale dell’ultimo milione di anni (Ma), con una relativamente breve (tra ∼670 e ∼590 Ka) interruzione intermedia dovuta alla presenza di depositi sabbiosi (gli autori la chiamano Sandy Interval).
Purtroppo vengono pubblicati solo i valori numerici del δ18O di Dinarès-Turell et al, 2003, ma non quelli della temperatura (SST da U37K’) prodotti da questa ricerca che ho quindi digitalizzato.
I dati di δ18O sono i mostrati in figura 1, nella quale sono presenti anche i periodi di MIS (Marine Isotopic Stage, bande in arancio chiaro) i cui valori identificativi dispari (in rosso) rappresentano i periodi caldi (interglaciali; 1 è l’Olocene, 5 l’Eemiano). I MIS derivano dalla famosa serie “stacked” bentonica di Lisiecki e Raymo (2005), nota con la sigla LR04 e derivata da una “pila” (stack) di 57 serie marine che in figura 3 è confrontata con gli attuali dati (planctonici).
Lo spettro della serie δ18O mostra l’influenza nel tempo della variabilità dei parametri orbitali terrestri: ad esempio l’eccentricità mostra i suoi effetti nel massimo a circa 100 Kyr della serie completa e in quella più vicina a noi, fino a 580 ka, mentre quel massimo scompare (o quasi, ma il “quasi” dipende dal fatto che la serie arriva a 580 Ka e non si ferma a 430 Ka), mostrando ancora una volta un importante cambiamento nell’influenza orbitale in quella data. Dal file numerico dello spettro (d18o-lomb.out) si vede che l’altro massimo dovuto all’eccentricità (a 405 Kyr) non è presente (o se si preferisce ha un valore della potenza pari a 2 nella scala della figura). I periodi dovuti a obliquità e precessione appaiono in qualche modo “sdoppiati” in massimi vicini; si nota, però, che la sezione antica (marrone, 660-1000 Ka) ha un massimo esattamente a 41 kyr (obliquità) e che il debole massimo a 23 Kyr (precessione) è molto più netto di quello a 30 Kyr. Per questo penso che i massimi a 30 e 45 Kyr possano essere causati da effetti locali, come il picco a 67 kyr. Quello a 78 Kyr, accoppiato ad un massimo (dal file numerico) a circa 130 Kyr, sono quelli che si generano dalla scomparsa dal massimo a 100 Kyr [(130+80)/2=105], secondo una mia ipotesi di qualche anno fa espressa su CM.
La figura 3 confronta i valori (planctonici) δ18O di Dinares-Turell (LC07), calibrati temporalmente da Martinez e colleghi, con quelli (bentonici) di LR04 e mostra una differenza nella struttura (evidenziata dal confronto) e nell’ampiezza delle oscillazioni tra prima e dopo 430 Ka.
Come dicevo, gli autori non pubblicano i valori numerici della SST che derivano da U37K’ secondo la formula:
SST = −0.957 + 54.293 (U37K’) – 52.894 (U37K’)2 + 28.321 (U37K’)3, ma nemmeno questi ultimi dati sono disponibili. Per fortuna viene pubblicato il grafico della serie in forma di singoli punti, permettendo una digitalizzazione abbastanza accurata, mostrata in figura 4.
In questa serie di temperatura si osserva bene l’evento Mid-Brunhes (MBE) che, attorno a 430 Ka, segna il passaggio da un periodo di circa 41 kyr ad uno di circa 100 kyr per i cicli glaciale/interglaciale (ovvero dalla dominazione dell’inclinazione dell’asse terrestre a quella dell’eccentricità orbitale; un accenno a questa situazione è in un post del 2017. Qui un grafico relativo alla serie di CH4 di quel post, modificato con una freccia che identifica MBE e con i periodi dello spettro,in Kyr). La stessa data di MBE sottolinea il cambiamento nelle oscillazioni tra glaciale e interglaciale (ovvero nel volume de ghiacci) che, dopo 430 Ka, diventano più ampie.
Un aspetto che a me sembra importante è la somiglianza del δ18O con LR04 derivato, come da figura 1 di Lisiecki e Raymo (2005), da serie che escludono il Mediterraneo (e anche l’Atlantico nord orientale, l’Indiano e gran parte del Pacifico). In particolare, nella zona del carotaggio sono presenti secche (Sentinelle e Skerki con profondità fino a 50 cm e sede di importanti ritrovamenti archeologici per via dei numerosi naufragi) in grado di modificare profondamente la struttura delle correnti marine e la capacità di drenaggio degli apporti fluviali dalla piattaforma tunisina, quindi dei sedimenti misurabili. Malgrado le differenze, quasi certamente locali, la struttura complessiva nell’ultimo milione di anni è la stessa ed è una conferma della sostanziale struttura comune degli oceani nell’evoluzione glaciali/interglaciali.
Strani confronti
A titolo di curiosità ho voluto confrontare le temperature antartiche (dell’aria) descritte in “Temperatura e CO2 in Antartide durante l’ultima deglaciazione (19-10 Ka)” con le SST del Canale di Sardegna e con LR04. Il confronto è nella successiva figura 5, dove si sottolinea la diversità di risoluzione temporale delle serie ma dove si vedono anche le similitudini nella salita verso l’Olocene e nella struttura dello stesso. LR04, essendo una media di 57 serie diverse, appare smussata e non confrontabile, nella struttura “fine”, con le altre serie; serve però per confermare la struttura generale dei dati di Martinez et al., 2021 e la diversità con i dati antartici ad alta risoluzione di Parrenin et al., 2013. Ma non voglio andare oltre: di confronti puntuali tra dati a diversa risoluzione temporale e conseguenti hockey stick non si sente alcun bisogno.
I dati di figura 5, con unità di misura diverse tra loro, sono stati scalati in modo da far coincidere in media i valori olocenici, con lo scopo di verificare similitudini e differenze strutturali.
Bibliografia
- Jaume Dinares-Turell, Babette A.A. Hoogakker, Andrew P. Roberts, Eelco J. Rohling, Leonardo Sagnotti: Quaternary climatic control of biogenic magnetite production and eolian dust input in cores from the Mediterranean Sea , Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 190, 195-209, 2003.doi:10.1016/s0031-0182(02)00605-3
- Lorraine E. Lisiecki, Maureen E. Raymo: A Pliocene-Pleistocene stack of 57 globally distributed benthic δ18O records. , Paleoceanography, 20, PA1003, 2005. https://doi.org/10.1029/2004PA001071 (LR04)
- Ariadna Martínez-Dios, Carles Pelejero, Sara Cobacho, Juancho Movilla, Jaume Dinarès-Turell, Eva Calvo: A 1-Million-Year Record of Environmental Change in the Central Mediterranean Sea From Organic Molecular Proxies, Paleoceanography and Paleoclimatology 36, Issue 10 e2021PA004289, 2021. https://doi.org/10.1029/2021PA004289
- F. Parrenin, V. Masson-Delmotte, P. Köhler, D. Raynaud, D. Paillard, J. Schwander, C. Barbante, A. Landais, A. Wegner, J. Jouzel: Synchronous Change of Atmospheric CO2 and Antarctic Temperature During the Last Deglacial Warming , Science , 339, 1060-1063, 2013. https://doi.org/10.1126/science.1226368.
Tutti i dati e i grafici sono disponibili al sito di supporto
Sarei curioso di sapere se gli autori abbiano considerato gli eventi vulcanici che hanno influenzato la penisola italiana fra i 200 e gli 800 Ky . Dal Complesso Laziale ai campi Flegrei fino ai “piccolini” come l’Etna. Credo che possano aver alterato il clima in modo abbastanza significativo nell’area mediterranea. Se non ricordo male solo l’eruzione del supervulcano dei colli Albani fra i 600 e i 350 Ky era stimata aver prodotto 300 Km cubici di polveri.