Per chi non fosse addentro al problema, la sensibilità climatica o ECS – Equilibrium Climate Sensitivity, è definita come l’aumento delle temperature medie superficiali globali atteso per un raddoppio delle emissioni di gas serra. Senza mezzi termini, è letteralmente la pietra filosofale del clima, perché ne rappresenta appunto la relazione quantitativa con l’azione di contenimento della radiazione uscente operata dai gas serra. Non è un parametro noto, anzi, la sua stima non cambia da anni e giace nelle simulazioni climatiche in una forchetta molto ampia, da 1.83°C a 5.67°C per i diversi scenari e modelli utilizzati nell’ultimo report dell’IPCC. Il fatto che questa stima sia cambiata molto poco in decenni e che la forchetta sia rimasta molto ampia, chiarisce abbastanza bene quanta incertezza e quanti pochi progressi sano stati fatti su di un argomento assolutamente cruciale come questo.
L’ECS però, è alla base delle scelte di policy, degli accordi e delle azioni di mitigazione e adattamento. Tutte cose per le quali sussistono differenze incredibili tra i valori più bassi e quelli più alti della forchetta, con i primi che potrebbero avere effetti intangibili e i secondi che potrebbero essere di altissimo impatto.
Oggi, ma forse dovremmo dire fino a ieri perché gli eventi contingenti ci stanno facendo capire che non ci sono pasti gratis in materia di lotta al clima che cambia, tutte le policy, tutti gli accordi e tutte le azioni di mitigazione e adattamento fanno riferimento esclusivamente ai valori più alti della forbice, in nome di quello che si potrebbe definire un uso alquanto generoso del principio di precauzione che applica una logica politica discutibile a elementi di conoscenza tutt’altro che solidi.
Tutta questa premessa ci serve ad introdurre un lavoro molto interessante appena pubblicato da Nicola Scafetta sul GRL:
Advanced Testing of Low, Medium, and High ECS CMIP6 GCM Simulations Versus ERA5-T2m – https://doi.org/10.1029/2022GL097716
Il titolo è eloquente. L’autore compie un test sui valori bassi, medi e alti della forchetta della sensibilità climatica utilizzando la rianalisi dell’ECMWF, ossia quello che si avvicina più di ogni altra cosa disponibile ad una rappresentazione omogenea nello spazio e nel tempo dell’andamento dei parametri atmosferici a scala globale. Certamente di più delle serie storiche delle temperature superficiali che sono molto disomogenee, e più dei dati rilevati dalle sonde satellitari, perché con queste ultime si misura la temperatura della bassa troposfera, non dello strato superficiale.
I risultati sono al contempo preoccupanti e rassicuranti.
La preoccupazione sorge dal fatto che tutti i modelli con ECS > 3°C (valori medi e alti) falliscono in modo significativo il confronto con la realtà, sovrastimando molto l’aumento della temperatura; fanno un po’ meglio, pur presentando diversi livelli di difficoltà, i modelli con valori di ECS inferiori. Di fatto, risultano essere tutti inadeguati: come possono essere di valido ausilio per l’indirizzo delle policy?
L’elemento rassicurante, invece, è che se per qualche ragione, pur con tutte le loro difficoltà i modelli con ECS < 3°C dovessero rappresentare con buona approssimazione il futuro, il delta di temperatura atteso per le prossime decadi è inferiore a 2°C (rispetto al periodo pre-industriale, quindi siamo comunque già a metà strada…).
Ora, tenendo a mente che fin dove siamo ci siamo arrivati praticamente in assenza di policy tangibili (pur in presenza di grandi promesse), si potrebbe supporre che il seguito del cammino possa essere tutt’altro che catastrofico, anzi, del tutto affrontabile. Magari, alla luce del bagno di realtà che stiamo facendo in questi mesi, varrebbe la pena di riconsiderare qualche priorità. Non perché un problema sia preferibile ad un altro, ma povertà, fame nel mondo, salute, conflitti et similia sono dannatamente reali, mentre la catastrofe climatica prossima ventura è, a quanto pare, ancora tutta da dimostrare con gli strumenti che abbiamo.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Buonasera Colonnello,
Una domanda molto semplice.
Ma perchè tutta questa preoccupazione sull’evoluzione climatica ?
Bella domanda Ivan. Che il clima condizioni praticamente tutto è un fatto, che ci sia da star preoccupati no, per cui non saprei rispondere.
Diciamo che la cosa interessa a molti.
Buona domenica,
GG
Grazie Guido, molto chiaro e scientificamente corretto, come sempre.
La “sensitivity analysis” è un grosso aiuto, a mio modesto parere, nei modelli predittivi e non solo.
Andrebbe reso pubblico il risultato, magari approfittando del momento, tragico per molti aspetti, ma “favorevole” per una riflessione sulla CO2 ed altre previsioni drammatiche ben diffuse ed accettate ciecamente.
Buon lavoro!
Ci proviamo, ma queste cose sono note da anni e il lavoro di Scafetta è l’ennesima conferma. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.