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Sogni infranti

Stai facendo un sogno bellissimo, così realistico che ti sembra davvero di toccare con mano e di vedere con i tuoi occhi il momento atteso da una vita. E poi…

E poi ti svegli, e realizzi che era solo un sogno. E il tran-tran quotidiano a cui vai incontro ti pesa ancora più del solito. Perché ci avevi proprio fatto la bocca…Deve essere proprio così che si sentono in queste ore i profeti della “transizione”, i pifferai di Hamelin che fino a ieri ci deliziavano con un futuro tutto rose e fiori, anzi tutto pannelli e mulini a vento.

Erano profondamente immersi in un sogno che dura da vent’anni, popolato di macchinine verdi che sorridono mentre sfrecciano sulle autostrade dell’idrogeno, con le molecole d’acqua che escono sorridenti dai tubi di scappamento, gli alberi che si tengono per mano e ondeggiano cantando Imagine, le distese di mulini a vento, le fabbriche chiuse e la gente che viene pagata per dondolarsi sulle amache all’ombra degli alberi canterini.

Poi è arrivato il risveglio, brusco, sotto la forma di una guerra orribile proprio nel cortile di casa nostra. E quella guerra ha buttato giù dal letto, a secchiate d’acqua gelida e schiaffoni in faccia, i sognatori green. “I taboo energetici sono finiti”. “Avviare centrali a carbone e ad olio combustibile”. “Posticipare a…mai la dismissione delle centrali nucleari”. “Mettere in produzione i giacimenti italiani”…

Dal sogno ventennale, all’incubo di una realtà che in appena 48 ore ha squarciato il velo delle falsità e delle assurdità energetiche che funestano da troppi anni le prospettive già precarie delle economie europee.

Vendetta! Tremenda vendetta!

Verdi di rabbia i sognatori si sono quindi scagliati contro l’aggressore. Giusto, anzi sacrosanto. Vai a capire, però, se il furore era dovuto all’aggressione in sé o piuttosto alla colpa di averli svegliati sul più bello.

E giù di sanzioni: ché in Europa siamo ormai abituati all’idea che tutto si misuri con il denaro, l’economia, la finanza. Con gli inviti alle manifestazioni sportive o con l’accesso all’utilizzo dei social media. Mica con la vecchia geopolitica, e con le teorie dei rapporti di forza tra Stati. Roba superata, da matusa.

Il punto è che al momento di sanzionare l’aggressore usando l’arma economica, i sognatori si sono accorti… di avere le mani legate. Perché l’Europa dipende drammaticamente dall’importazione di gas russo. A occhio e croce, circa 200 miliardi di metri cubi all’anno. L’equivalente del contenuto di un intero giacimento di idrocarburi “gigante”. Pappato in un anno.

E allora cosa si fa? Come si sostituiscono quei 200 miliardi di metri cubi? E qui cominciano i problemi.

La sfilata degli esperti

Questione di un attimo: basta togliersi il camice bianco e lo stetoscopio per correre a mettersi un elmetto in testa e una tuta da lavoro. Tirata una pedata nel deretano dei virologi, adesso è il turno degli “esperti di energia”.

Tutti in TV a filosofeggiare di come l’Europa può fare a meno del gas russo. “Ma sì: in fondo basta importare gas dagli USA, anzi no dal Qatar, anzi da tutti e due”. Peccato che l’attuale amministrazione USA abbia stretto con straordinario tempismo il laccio al collo dell’industria petrolifera nazionale, già alle prese con il naturale depletamento dei giacimenti shale e in trincea da anni per la guerra dichiarata dalle lobby green. E peccato che il Qatar abbia fatto capire che sono sogni anche questi.

E allora “più rigassificatori! Subito! Domani! Così importiamo gas da chi vogliamo!”…  Beh, hai voglia a rigassificare se non ti arriva il gas liquefatto nelle navi cargo. Il primo problema è che quel gas non c’è, e non ci sarà ancora per diversi anni.

Il motivo? Semplice: la propaganda green, la demonizzazione delle industrie petrolifere e il sabotaggio sistematico delle loro quotazioni azionarie in ottica “ESG” hanno portato ad un crollo degli investimenti in ricerca e sviluppo di idrocarburi. Che dura da almeno dieci anni.

Per non dire dei contratti: il gas liquido viene venduto con contratti di lungo termine, tipicamente “take-or-pay”, di durate pluriennali. Non basta alzare la manina e dire “offro di più!” per inserirti in un mercato rigido, cristallizzato in rapporti commerciali internazionali consolidati da decenni e regolati da condizioni contrattuali capestro.

Resta solo la possibilità di comprare gas liquido sul mercato “spot”. Che rappresenta una porzione infinitesima del mercato globale e che viene tipicamente venduto a multipli del prezzo di mercato. Una soluzione semplicemente suicida.

Ed ecco quindi che il sognatore inferocito si ritrova nella posizione assai scomoda del marito tradito che per fare dispetto alla moglie medita di evirarsi.

Deutschland unter alles

In Germania di evirarsi non hanno gran voglia. Sono pur sempre la prima manifattura europea, l’energia serve. Ironia della sorte, c’era anche un gasdotto dalla Russia nuovo di pacca che chiedeva di essere solo inaugurato.

Quel gasdotto era stato commissionato in tutta fretta per mettere una pezza al disastro energetico dell’Energiewende: il mirabolante programma di “riconversione green” tedesco trasformatosi in un incubo fatto di investimenti sanguinosi, di produzioni a singhiozzo e di esplosioni della bolletta energetica nazionale. Quel gasdotto resterà chiuso, per punire la Russia.

E vai con i proclami: “Sulle fonti energetiche  non ci sono più tabù! Bruciamo quello che abbiamo. E le centrali nucleari vanno avanti ad oltranza”. Una inversione di marcia non da poco, per i principali fautori della svolta green europea, quelli che per farsi belli con Greta poche settimane fa ancora si pavoneggiavano con i loro programmi di rottamazione anticipata dell’atomo.

Tanto sono disperati, i tedeschi, da riesumare progetti di terminali di rigassificazione già affossati anni fa, perché “non economici”. A ricordarci un concetto molto semplice: il gas liquido costa molto di più di quello russo, e la sostituzione in questione (quand’anche quel gas esistesse) avrà un costo salatissimo per la bolletta energetica, e per la competitività dell’industria manifatturiera.

Chi sostituisce chi?

Ma le note dolenti non finiscono qua. Perché mentre ci si scervella su come tagliare le unghie all’orso russo, lui sta già cercando nuovi tronchi su cui affilarsele. Un po’ più ad est.

Proprio all’apice dell’isteria di questi giorni, infatti, la Russia ha firmato con la Cina il contratto che sanziona l’avvio dei lavori per un nuovo gasdotto. Il Soyuz Vostok che dalla Siberia trasporterà il gas in Cina attraverso la Mongolia.

Un’opera imponente che trasporterà 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia in Cina. Incidentalmente, la stessa quantità di gas che la Germania importa attualmente dalla Russia.

E poi c’è l’Italia

Dove per fortuna qualche testa pensante e pragmatica esiste ancora, e ammette che visti i tempi tocca prendere quello che c’è: che si tratti di carbone o nafta poco importa. E se si riesce anche ad estrarre un po’ del nostro gas ben venga.

Quanto ai salvifici rigassificatori, l’Italia ne ha soltanto tre. E gli ultimi dieci anni sono stati una Spoon River di progetti, affossati dall’abbraccio mortale di una burocrazia sovietica e di un opportunismo politico autolesionista e straccione.

Basti citare il caso di Trieste, bruciato dai “cugini” croati capaci di accaparrarsi i fondi europei mentre in Italia filosofeggiavamo di “vincoli ambientali”. O il caso kafkiano di Brindisi, dove la BP ha gettato la spugna dopo UNDICI anni di calvario fatto di opposizioni di enti locali, cavilli burocratici, pressioni di comitati ambientalisti, e persino opposizioni di sindacati (evidentemente soddisfatti dei 200 posti di lavoro andati in fumo).

In compenso abbiamo già i nostalgici: quelli che già non vedono l’ora di tornare a dormire e a sognare.

Ché il presente sarà pure difficile, ma il futuro resta comunque all’insegna della transizione: ci aspettano, manco a dirlo, le mitologiche “autostrade dell’idrogeno”. Sempre loro. Che per chi di energia ne mastica è un po’ come dire: “cavolo, si è forata la ruota… per adesso metto il ruotino di scorta, ma domani…. Una bella macchina con le ruote quadrate!”

Non sprecare la crisi

Rahm Emanuel, capo dello Staff di Obama, sosteneva che nessuna grande crisi deve andare sprecata. E dovevano averlo pensato anche i profeti del Gran Reset, quando in vista della fine del Covid avevano già iniziato a battere la grancassa della “transizione green” con una intensità mai vista prima.

Ma una nuova, insospettabile crisi ha improvvisamente ribaltato lo scenario: ha svegliato i sognatori europei e li ha messi di fronte al fatto che l’energia troppo cara ammazza le economie. Bisogna usare un mix di fonti, partendo da quello che hai a casa tua, che sia carbone o gas naturale poco importa. Le transizioni energetiche vere avvengono su scale secolari, non settimanali.

E una grande economia manifatturiera non può permettersi il lusso di contare esclusivamente su forme di generazione intermittenti e inaffidabili: se non vuoi il gas russo tocca bruciare altri tipi di idrocarburi. O passare all’atomo. Tertium non datur.

Ma non solo. Questa drammatica crisi offre ai sognatori di ieri una possibilità ulteriore: quella di fare inversione di marcia senza dover rinnegare pubblicamente lustri di spazzatura ascientifica e di sfide insensate al secondo principio della termodinamica: “avevamo ragione noi, i nostri sogni erano belli e giusti. Ma purtroppo… è arrivata la guerra e il mondo non è più lo stesso”. E la dignità è salva.

Praterie (non) verdi

Se poi si volesse dare un supporto scientifico, e non solo geopolitico, all’inversione di marcia in questione, beh… Ci sarebbero immense praterie da sfruttare. A partire dall’insensatezza degli scenari usati ancora oggi nei modelli climatici (vedi il famigerato RCP 8.5). Per non parlare dell’erogazione a pioggia di fondi destinati ad una ricerca fatta solo in una direzione, piuttosto che a 360 gradi come pretenderebbe il metodo scientifico.

E sarebbe un gioco da ragazzi dimostrare, dati alla mano, che la “catastrofe climatica”, cosi come viene raccontata dai media, non è scientificamente sostenibile: è una bufala, una fake news. Del resto è proprio quello che si e’ fatto con il Covid, quando in America la politica ha deciso che con le restrizioni bastava così: i catastrofisti del giorno prima sono andati in TV e hanno annunciato: “la scienza e’ cambiata, andate in pace”.

E in fondo, anche quello di una scienza del clima indipendente e insensibile alla provenienza dei fondi che la alimentano resta un sogno, per quanto di segno opposto a quelli di chi ci ha portato in questa situazione.

E a proposito di sogni, quello più grande è che la guerra finisca presto, subito. Magari con il ritiro dell’aggressore. Ché certi sogni, a differenza di quelli green, non costano nulla.

E rendono il mondo davvero migliore.

 

Mudhoney: Don’t Fade Away

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My dreams are turned to rust
Leaving nothing, and nothing is enough
Today
Today
So broken up, way down inside
Too hurt to try to hide
Away
Away
I had that dream again last night
That I woke up to everything all right
Dream
Don’t fade away
Dream
Don’t fade into another shitty day

 

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Published inAttualità

12 Comments

  1. Brigante

    Ancora una volta Lupicino ha messo a segno un articolo spietato, con un quadro impietoso delle condizioni in cui ci siamo cacciati. Il problema, a mio parere, non è solo energetico, ma anche demografico, sociologico, di mera suddivisione dei compiti dell’intera umanità su questo splendido pianeta. L’Europa degli ultimi decenni può essere ricondotta a quei pochi pesonaggi di prima classe esclusiva, che mentre il ponte del Titanic si inclinava pericolosamente e inesorabilmente, continuavano a suonare, ballare e cantare, mentre la terza classe già annegava e la seconda cercava disperatamente una fuga verso l’alto.
    A questo punto, rotto l’equilibrio, ogni scenario è possibile, ma non vorrei che fosse una china senza ritorno, sulla quale abbiamo iniziato a rotolare senza controllo. Non vorrei che si ricominciasse a parlare di inceneritori (termovalorizzatori), anche se immagino sia la fonte energetica di più immediata accessibilità, che la gente, strozzata dalle bollette, non esiterà ad assecondare; non vorrei che si ricominciasse con il taglio indiscriminato di boschi e foreste; non vorrei, ma ho paura che in questo saliscendi di problemi inauditi e soluzioni improbabili, qualcuno perda il controllo. Non le ho mai sopportate le montagne… russe!

  2. donato b.

    Continuo a frequentare il Villaggio, ma intervengo poco nelle discussioni a causa di problemi di lavoro che mi stanno angustiando in modo piuttosto pesante. Spero di venirne fuori fra qualche mese, ma nel frattempo mi limito a leggere (quando posso). Oggi ho recuperato un po’ di “arretrato” e, a tarda sera, sono incappato in questo articolo.
    .
    Il 18 febbraio scorso, commentando un altro articolo di M. Lupicino, prefigurai uno scenario molto fosco, augurandomi che fosse frutto del mio attuale stato di depressione, conseguente alla condizione di stress in cui sto vivendo. ( http://www.climatemonitor.it/?p=56520#comments )
    I fatti hanno reso, però, quello scenario reale e, oggi, ci troviamo a vivere l’incubo.
    Una cortina di ferro che va al di la degli eventi bellici in corso in Ucraina, si sta alzando tra Occidente ed Oriente. I due mondi stanno letteralmente tagliando tutti i ponti: politici, sociali, economici, culturali. E’ di oggi la notizia che l’Hermitage ci ha chiesto di restituirgli le opere d’arte che ci aveva prestato.
    Ho superato da qualche anno la sessantina e, a mia memoria, non ricordo un periodo storico così buio. Gli attori politici danzano sull’orlo del baratro e, sembra, non si rendano conto che il gioco potrebbe sfuggir loro di mano da un momento all’altro. Dio non voglia che accada qualcosa che inneschi la deprecabile catena di eventi che potrebbe portarci alla fine del mondo.
    .
    Per anni ho contestato la fine del mondo climatica: i dati erano tali da farmi dubitare che in essi si leggesse l’apocalisse imminente. Ho ironizzato sull’orologio della fine del mondo quando fissava a 100 secondi la distanza che ci separava dalla mezzanotte climatica e credo ancora oggi che quella previsione fosse frutto di allarmismo e di sensazionalismo.
    Oggi ho letto di nuovo di questi cento secondi che ci separano dalla fine e, questa volta, non ho nulla da ironizzare o da contestare. La fine vaticinata è, infatti, quella legata ad un conflitto globale e, personalmente, credo che ci siamo avvicinati alla mezzanotte anche di più dei 100 secondi di cui parlano i media.
    .
    A volte, in passato, non ho condiviso fino in fondo le idee dell’amico M. Lupicino. Quando lui delineava un mondo governato dalle cosiddette elites finanziarie e non solo, spesso ho storto il naso. Ero perplesso e continuo ad esserlo, ma oggi condivido in toto l’analisi che Massimo ha condensato nel suo articolo. Ieri ho fatto il pieno di carburante ed ho speso più di ottanta euro. Lo scorso anno (due mesi fa) lo stesso pieno mi costava meno di sessanta euro. Se avessi fatto oggi lo stesso pieno, avrei speso quasi cento euro! Il distributore vendeva a 2,20 euro al litro il carburante che IERI mi aveva venduto ad 1,80 euro. In queste cifre è condensato il dramma epocale che stiamo vivendo e di cui non si vede la fine.
    .
    Nel commento del 18 febbraio scorso immaginavo un periodo di fame energetica, cui avrebbe fatto seguito un periodo di fame vera e propria. Oggi siamo entrati nel periodo della fame energetica. Non credo che simili prezzi dei carburanti e dell’energia in genere possano essere sopportati a lungo. Le cartiere, le fabbriche di laterizi e di ceramiche in genere, quelle del vetro e tante altre hanno ridotto, se non addirittura interrotto, la produzione. Il prezzo del pane si avvia a raddoppiare. La speculazione soffia sui prezzi, amplificando i rincari conseguenti alla delicata situazione in cui ci troviamo.
    .
    Il Ministro Cingolani ha previsto che in 24/30 mesi ci affrancheremo dal gas russo. Probabilmente lo ha detto, peccando di ottimismo, per tenere calme le acque. Ammesso e non concesso che sia possibile, al di la degli ostacoli che M. Lupicino ha ben illustrato nel suo articolo, ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando? Oltre due anni in queste condizioni significano la disintegrazione completa del nostro sistema produttivo e della nostra struttura sociale. Dopo anni si scelte sciagurate, in nome di un ambientalismo distorto e fuorviante, non abbiamo molto da fare: senza nucleare, senza petrolio, senza carbone, senza gas, senza rigassificatori, senza metanodotti, ci troviamo con le spalle al muro, chiusi in un angolo da cui non sappiamo come uscire. E c’è ancora chi si illude che la soluzione sia nelle rinnovabili, ignorando i principi della termodinamica. E’ successo ieri sera, in un talk show, trasmesso in televisione.
    .
    La cosa più drammatica di tutte è la certezza che anche se domani mattina la guerra avesse fine, ci vorranno decenni affinché si riescano a recuperare i rapporti distrutti in queste due settimane. E ci vorranno anni prima che il sistema si riequilibri. Riusciremo a resistere? Me lo auguro, ma ci credo poco.
    Ciao, Donato.

    • Brigante

      Nelle slide della Von Der Layen, presentate al summit di Versailles oggi, per la fine della dipendenza energetica dell’Ue dalla Russia (il ‘phase out’) si parla del 2027! Nel frattempo GNL per rigassificatori a go go e rinnovabili a tutta randa… e meno male che il periodo più freddo dell’anno (2022) è in gran parte alle spalle!

  3. Mario

    Mamma mia, ragazzi
    !!!!!!!

  4. rosa

    Fare i complimenti a Lupicino per ogni suo articolo sta diventando stucchevole, per quanto necessario: i suoi articoli sono sempre illuminanti! Li aspetto con ansia anche perché arrivano quando Lupicino ha realmente qualcosa da dire a commento di qualche nuova informazione e non con la semplice regolarità dell’editorialista. Va detto, ad onor del vero, che questo merito è dell’intero blog e di tutti gli altri autori e commentatori.
    Devo dire che il punto dell’articolo che più mi ha fatto riflettere è che uno dei veri obiettivi di chi ha spinto verso la situazione attuale, era proprio “Non sprecare la Crisi”. Nel paragrafo scritto da Lupicino c’è già tutto. L’intuizione che chi ha creato il sogno lo ha fatto per gli immensi profitti che ne avrebbe potuto trarre: il grande capitale trae vantaggio dal pianificare i futuri investimenti spingendo l’intero mondo, che altrimenti sarebbe conservativo, verso “l’innovazione”. L’intuizione dei diversi livelli decisionali (piramidali), corrispondenti a diversi gradi di consapevolezza, ma soprattutto che al livello più basso è stato concessa la consolazione di credere che il sogno sia sfumato per colpa del cattivone di turno. L’intuizione che questo è il vecchio trucco del vertice della piramide per ritirarsi senza “perdere credibilità” dopo la distruzione e poter tornare a riproporre “innovazione” in un prossimo futuro. Anche questa è termodinamica e ruota intorno all’energia|
    Suggerirei a chi può, in primis Lupicino, di scrivere un libro raccontando questa storia, paradigmatica ed universale di come si è costruito il sogno e come e perché è stato infranto, a beneficio dei giovani che volessero conoscerla, non avendola vissuta.

  5. Maurizio Rovati

    Forse la ricreazione è davvero finita con la crisi ucraina. Il catechismo dei buoni e cattivi imperversa sui media e la censura chiude ogni spazio oltre la dottrina di stato nella prospettiva del gran reset.
    Ma migliaia di testate nucleari riposano in cima ai vettori… Qualcuno sogna ancora di risvegliarsi?

  6. Davide

    Inversione di marcia, o semplicemente un’altra occasione sfruttata per raggiungere lo scopo, stavolta della “transizione energetica”, nel senso di crollo dei consumi di combustibili fossili, mentre mettono qualche pannicello caldo per salvare le apparenze?

  7. Guido Botteri

    Quando gli Elvezi decisero di lasciare la loro patria per una avventura nella vicina Gallia, per togliersi la tentazione di tornare, bruciarono tutto quello che non potevano portare con sé.
    Sconfitti da Cesare, dovettero tornare nel loro territorio, dove trovarono quello che loro stesso avevano bruciato per un sogno effimero e sbagliato.

  8. Marco

    Bellissimo articolo,finalmente qualcuno che dice le cose come sono. Complimenti!!

  9. Caro Massimo,
    bellissimo articolo, come sempre, e credo anche veritiero -purtroppo- sulla fine che ci attende nel prossimo futuro (e speriamo che non diventi anche peggiore).
    Temo che i sognatori verdi (di rabbia, per ora) comincino con i “sì, però …” perché
    1) Le loro idee sul mondo sono vere a prescindere dalle prove contrarie (e la termodinamica non esiste)
    2) Le loro idee su come risolvere i problemi sono altrettanto vere e indiscutibili, nonché
    “politicamente corrette” (a prescindere dai giudizi sulla guerra, in questi giorni sto assistendo ad un orrendo pensiero unico a reti unificate, in cui non solo un eventuale dissenso ma anche qualche labile dubbio sono banditi)
    3) Se paghiamo il gas da altri paesi molto più caro non importa, quello che conta è salvare il pianeta e soprattutto mantenere il consenso “alla Greta” (una specie di maggioranza Ursula) sulla necessità di distruggere l’economia in nome di una serie di notizie false e tendenziose spacciate per “verità vera”.
    Lo so che i vecchi si lamentano sempre dei bei tempi andati e auguro ai giovani di risolvere i problemi che si troveranno di fronte, in modo intelligente e, come si usa dire oggi, sostenibile (magari riuscendo anche a mangiare tutti i giorni e a scaldare la casa). Franco

    • Massimo Lupicino

      Caro Franco, grazie innanzitutto. Al solito concordo con tutti i tuoi punti. Ivi compresa l’informazione di questi giorni che e’ pura e semplice propaganda di guerra, e che si spiega solo col fatto che noi come Occidente abbiamo dato una grandissima mano a far si che la situazione precipitasse come ha fatto. Quindi tanto vale buttarla sulla mostrificazione e sulla caciara.

      Per il resto, per chi ha occhi per vedere, e qualche neurone che funziona nella scatola cranica, il finale e’ gia’ scritto. L’Europa, questa Europa imbelle, incapace, nichilista e utopista e’ attesa da un finale venezuelano. Ci sono tutti gli ingredienti per trasformarci in una seconda america latina. Avere una industria manifatturiera competitiva era possibile in quanto c’era il serbatoio naturale della Russia a due passi da casa, capace di rifornirci di materiali a costi competitivi, ed energia abbondante e relativamente economica. Senza questi presupposti la manifattura europea e’ destinata a tramontare, rapidamente, per l’impossibilita’ di competere.

      Ci siamo scavati la fossa da soli, gli eventi hanno accelerato un finale gia’ scritto di cui su questo blog parliamo da anni. E la reazione scomposta e autolesionista al conflitto ucraino e’ solo l’ultimo atto di un suicidio culturale ed economico che ha dell’incredibile.

    • andrea beretta

      Caro Franco
      Anch’io concordo…ho rinunciato a vedere la TV ma non tanto perché raccontano questo orrore come fosse una partita della nazionale ai mondiali (coi giornalisti in veste dei tifosi come su quelle TV locali), quanto perché non riescono a dare una notizia che informi: e così, se in 2 anni non si è capito come il covid si contagi (solo via aerea? Sulle superfici? Solo quelle piane?), da dove è arrivato realmente, quali siano le controindicazioni dei vaccini…nonostante 700 giorni h24 a reti unificate in cui si parlava solo di quello; allo stesso modo, da 2 settimane non dicono perché c’è sta guerra, chi la sta vincendo e quali sono gli schieramenti…
      E chiudo dicendo che questi verdi di invidia sono troppo esposti, troppo in malafede, per tornare indietro. Basta vedere sui vaccini: i primi sentori di studi sui reali effetti collaterali stanno ahinoi uscendo…e i profeti dello pfizer non ne parlano più. Semplice

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