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Tassonomia e non solo

Le transizioni energetiche sono lunghe e costose. Non lo dico io, così, per partito preso, ma lo sostiene chi per mestiere si occupa di queste cose: il professore emerito dell’Università di Manitoba e massimo esperto di problemi energetici a livello mondiale, Vaclav Smil lo disse nel lontano 2014 e io pubblicai, qui su CM, un articolo in cui commentavo una sua intervista, rilasciata a Scientific American e che suscitò le solite reazioni sdegnate di chi, sosteneva e sostiene, che la transizione energetica dalle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili è cosa buona, giusta e deve essere fatta subito, senza “se” e senza “ma”.

Il prof. Smil si limitava a fare delle analisi statistiche delle trasformazioni energetiche del passato e concludeva che una transizione energetica inizia quando una nuova fonte di energia riesce a soddisfare almeno il 5% del fabbisogno energetico globale e dura non meno di sessant’anni circa. Nel 2014 la percentuale delle energie rinnovabili nel mix energetico mondiale non raggiungeva neanche il 4% e non credo che la situazione sia cambiata nel corso degli ultimi otto anni. Ammesso, però, che quel 4% scarso sia diventato un 5% abbondante, saranno necessari almeno un’altra sessantina d’anni per completare la transizione energetica globale.

Nel frattempo bisogna ridurre fortemente le emissioni di CO2 e, quindi, bisogna spingere molto sulle rinnovabili, altrimenti addio sogni di gloria. L’Unione Europea ha fatto di questa battaglia uno dei suoi principali obiettivi e sta spingendo in modo deciso per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050, stabilendo obiettivi intermedi molto ambiziosi (troppo secondo me). A meno che non si cominci a barare e, credo, che così andrà a finire. La neutralità climatica si può raggiungere, infatti, in due modi: diminuire le emissioni oppure compensarle. E nella compensazione si annidano i problemi, come ben sanno coloro che seguono le Conferenze delle Parti e tutte le polemiche che caratterizzano le discussioni sul conteggio delle emissioni, il mercato del carbonio e via cantando.

Tutto ciò premesso, vediamo un po’ cosa centra la tassonomia con tutto questo. Se si prende un qualunque vocabolario, si legge che il termine “tassonomia” si utilizza in botanica e zoologia per indicare la classificazione delle specie. Si utilizza anche in linguistica ed in altre branche dello scibile, ma in modo più sfumato, sempre per indicare una classificazione. Ultimamente ho scoperto che il termine è utilizzato anche dall’UE per definire la classificazione degli investimenti che possono essere considerati sostenibili dal punto di vista ambientale. In quest’elenco figurano, ovviamente, anche quelli energetici, ma nelle oltre duecento pagine del documento che costituisce la lista, compaiono quasi tutte le attività umane. Nel seguito mi occuperò solo della sezione relativa all’energia.

Da un punto di vista pratico se una particolare fonte energetica non è inserita nella tassonomia europea, non solo non può accedere ai finanziamenti comunitari, ma vengono disincentivati anche i finanziamenti privati. La nuova tassonomia europea fu approvata nel 2020 e nella norma istitutiva fu prevista la stesura di diverse norme delegate che dovevano rendere concreto il quadro generale delineato dalla norma “madre”. Detto in altri termini, la norma istitutiva della tassonomia delinea il quadro generale, le norme delegate hanno lo scopo di definire il quadro da un punto di vista operativo.  Nell’aprile del 2021 la Commissione approvò una prima versione delle norme delegate e in tale documento compaiono solo le energie rinnovabili classiche: solare, eolico, geotermico, biogas, ecc..

La normativa non fu universalmente condivisa in quanto alcuni Paesi europei, in primo luogo la Francia, ma anche quelli dell’Europa orientale, avrebbero voluto che nella lista delle fonti energetiche “buone” comparisse anche il nucleare. In questo contesto si collocano anche le prese di posizione del ministro Cingolani che tanto scalpore suscitarono in Italia e quelle della Polonia che non vedeva come poter raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, visto che quasi tutta l’energia elettrica prodotta, deriva da fonte fossile. Il dibattito che ne seguì ebbe un risvolto anche in occasione dell’ultima COP e, in quella circostanza, la Francia fece sentire alta la sua voce a favore di una revisione della tassonomia europea.

Giungiamo, così, alla fine del 2021, allorché la Commissione Europea decise di modificare la tassonomia, proponendo di inserire tra le fonti “sostenibili” anche il metano ed il nucleare. Apriti cielo! Come era facilmente immaginabile tutte le associazioni ambientaliste, i gruppi di pressione socio-economici maggiormente politicizzati e tutto l’ambaradan propagandistico che ruota attorno a questo mondo, scesero sul piede di guerra, per impedire questa modifica. Anche negli ambienti politico-economici europei c’è stata una parvenza di dibattito che ha visto contrari alla modifica Paesi come la Spagna, la Germania e l’Austria. Nonostante ciò, agli inizi di febbraio di quest’anno, la Commissione ha approvato definitivamente la modifica ed ora gas naturale e nucleare sono stati inseriti nella lista delle attività che possono essere finanziate, in quanto “sostenibili”.

Si tratta, comunque, di un inserimento temporaneo. Il gas naturale potrà accedere ai finanziamenti solo fino alla fine del 2030 ed a condizione che l’impianto realizzato emetta meno di 270 grammi di CO2 equivalente per kWh. Il nucleare potrà accedere ai finanziamenti, invece, fino al 2045, a condizione che il progetto dell’impianto preveda un piano per la gestione delle scorie radioattive e per lo smantellamento dell’impianto alla fine della sua vita utile. Nonostante il fatto che la modifica della tassonomia sia temporanea e non definitiva (devono pronunciarsi il Parlamento europeo ed il Consiglio, ma, in quest’ultimo caso, servono maggioranze che ora come ora non si vedono) la cosa importante è che si è rotto il tetto di cristallo.

Alla base di questa modifica, secondo me epocale, del punto di vista della Commissione Europea credo che esistano motivazioni che vanno ben al di là delle richieste di Francia e Polonia. Secondo il Commissario europeo Paolo Gentiloni che ho ascoltato poche ore prima che iniziassi a scrivere questo articolo, intervistato da Lucia Annunziata durante la trasmissione televisiva “Mezz’ora in più” di domenica 6 febbraio 2022, la transizione energetica verso le rinnovabili sarà lunga, per cui è necessario utilizzare delle fonti energetiche che, pur non rappresentando le fonti di energia del futuro, consentano agli Stati che ne volessero usufruire, di disporre di fonti energetiche che possano sostituire il carbone. Molto interessante mi è parsa una considerazione del Commissario: bisogna uscire dal carbone, ma non lo si può fare costruendo centrali a lignite, come ha fatto la Germania.

Alla decisione non è stata estranea la forte impennata dei prezzi dell’energia ed il rigurgito di inflazione che sta cominciando a preoccupare l’intera Europa e non solo. Il dato globale dell’inflazione dell’area euro (5,1%) nasconde molte differenze: si va dal 6.6% della Spagna, al 2,8% del Portogallo, passando per il 5,7% della Germania, il 4,7% dell’Italia ed il 3,4% della Francia. La voce che maggiormente incide su questi dati, è il prezzo dell’energia, aumentato di circa il 28% in un anno. Non sono un economista, ma è un caso che la Francia che produce una parte consistente della sua energia elettrica da fonte nucleare, abbia un tasso di inflazione molto più basso  della media europea? O che l’Italia che si approvvigiona per il 30% del suo fabbisogno di gas dalla Russia a prezzi particolarmente vantaggiosi, come ha puntualizzato il Presidente Putin, abbia un tasso d’inflazione superiore a quello della Francia, ma inferiore a quello della Germania?

Sono anni che dalle pagine di questo blog, si cerca di spiegare che la transizione energetica verso le rinnovabili deve essere fatta con gradualità ed aspettando che le tecnologie maturino. E sono anni che subiamo gli improperi di quelli che ci accusano di essere al soldo delle multinazionali del fossile, di combattere una battaglia di retroguardia, di non avere a cuore gli interessi dei nostri nipoti, di essere dei vecchi bacucchi, ecc., ecc.. Oggi ci rendiamo conto che le nostre preoccupazioni sono condivise, almeno in parte, anche da altri che contano molto più di noi. Personalmente non ho nulla contro le fonti energetiche rinnovabili: sarei il primo a sostenerle se fossero convenienti economicamente, sicure e costanti. Purtroppo esse non sono nulla di tutto ciò e, soprattutto, non sono mature per sostituire le fonti energetiche tradizionali. Come sosteneva il prof. V. Smil nel 2014 e come è vero anche ora.

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Published inAmbienteAttualitàEnergia

15 Comments

  1. Brigante

    Grazie per aver accesso una luce sulla strada buia e impervia verso il futuro energetico dell’umanità. Mi permetto di aggiungere che la tassonomia, o scienza della classificazione, presuppone appunto una conoscenza scientifica dell’oggetto di cui si propone la categorizzazione; dettaglio che pare invece non appartenere ai nostri decisori (volutamente, nella direzione di chi finge di non sapere) e alla maggior parte della popolazione (volutamente, ma nella direzione opposta).
    Classificare non è un compromesso politico o economico, ma l’applicazione di criteri scientifici in modo sistematico. In esempi di classificazione scientifica come quella degli animali, appare quasi scontato alla maggior parte delle persone che il delfino è un parente più prossimo al maiale che allo squalo (ma non per tutti è così scontato!); meno evidente è il fatto che i coccodrilli siano parenti più prossimi ai piccioni che alle tartarughe; eppure si utilizzano gli stessi criteri.
    Fuor di metafora, appare scandaloso che il metano, bio o meno bio che sia, possa essere considerato parente più prossimo dell’eolico, rispetto alla lignite; ma ancor più scandaloso ritenere che il nucleare non sia sostenibile. A questo punto, o si cambiano i criteri tassonomici, oppure si entra nel dettaglio dei singoli gruppi sistematici, ovvero si scorporano per ogni fonte energetica, costi, rischi, impatti, benefici, approvigionamenti, smaltimenti, rapporti con la CO2 (se il problema è davvero questo), inquinanti, ecc. ecc.
    Altrimenti si rischia di buttare il bambino e tenersi l’acqua sporca!
    Esempi di quanto fuorviante può essere il criterio tassonomico e la sua applicazione è il seguente: molti abitanti di zone rurali potrebbero sfruttare i termo-camini a legna, ma l’approvigionamento è molto difficoltoso, scomodo e non economico. La “coltivazione” dei boschi non è più incentivata e intanto questi si inselvatichiscono sempre di più e numerosi alberi marciscono senza essere utilizzati. Viene invece sponsorizzato l’uso delle stufe a pellet, prodotto con alberi tagliati appositamente, addirittura provenienti dall’estero, e trattati con sostanze tossiche.
    Altro esempio di aberrazione tassonomica: La produzione di energia idroelettrica, ormai stabile di oltre 50 anni, che presto verrà surclassata da eolico e solare, che non appare associata all’altro bisogno primario di acqua dolce per agricoltura, allevamento, industria e usi civili. Per cui da un lato si bombarda la popolazione sull’allarme siccità, mentre latita la costruzione di nuovi invasi o riserve idriche, che non solo potrebbero attenuare il problema (ammesso che lo sia), ma sarebbero una fonte di energia rinnovabile e sostenibile, ma soprattutto stabile e accumulabile, a differenza di solare ed eolico.
    Poi i legislatori si riempiranno anche la bocca di paroloni, ma gli obiettivi appaiono evidenti, se si considera che il motore principale della spinta a questo genere di scelte è prettamente economico e/o politico (lobbies, interessi economici, dipendenza energetica, conservazione del controllo, leadership industriale, equilibri militari, ecc.) .

    • donato b.

      Ringrazio Brigante per le sue considerazioni che arricchiscono di significato il mio scritto e che condivido in larga parte.
      Particolarmente interessante l’ultimo periodo del commento che mi sento di sottoscrivere integralmente.
      Ciao, Donato.

    • Bontà loro Alberto, grazie.
      GG

    • donato b.

      Potrei replicare argomentando in modo dettagliato la considerazione che raramente ho visto un sito più prono alle posizioni “allarmiste”di quello citato, ma entreremmo in una polemica sterile ed inutile, per cui mi limito solo a questo.
      Ciao, Donato.

  2. Matteo

    Nel 2050 avremo raggiunto la neutralità delle emissioni di gregge !…. ehm , no il gregge è per il COVID , a volte ci si confonde . Comunque la transizione ecologica nella costituzione a me spaventa parecchio . Il principio per cui un attività privata non debba essere in contrasto con L utilità sociale e non deve arrecare danno alla sicurezza e alla dignità umana oltre a sembrarmi cosa ovvia mi sembra un arma micidiale per chi avrà il potere di usarla

    • donato b.

      Se viene applicato come l’altro articolo che vuole l’Italia Repubblica fondata sul lavoro, non c’è molto da preoccuparsi. Ciò non toglie, però, che come giustamente fai notare, se qualcuno decide di applicarlo alla lettera, potrei trovare le forze dell’ordine davanti casa mia, visto quello che scrivo. 🙂
      Ciao, Donato.

  3. Caro Donato,
    per me che non sono molto addentro ai problemi della transizione energetica il tuo articolo è stata una base importante e aggiornata per capire la situazione. Anche la rilettura di articoli su CM (sempre tuoi) del 2014 e 2015 mi ha aiutato ad inquadrare meglio il problema-

    Malgrado le parole e i fatti un po’ “talebani” che vengono da Bruxelles, quanto detto da Gentiloni mi fa pensare che chi deve sapere sappia bene la tempistica della transizione e nello stesso tempo sia forzato a gettare profumo di violette (io direi aria fritta) in faccia ai salvamondo di mestiere perché possano sì irritarsi (tanto lo fanno a prescindere) ma non troppo.
    Credo che i 60 anni tra una forma di energia e un’altra sia un numero sensato e che questa nuova transizione non farà eccezione, salvo per l’aumento di frequenza già visto nei passaggi energetici precedenti.

    Circa il tipo di energia e l’inflazione in Francia, Italia e Germania, ricordi il grafico rinnovabili-costo energia energia elettrica? Lo accludo. Ciao. Franco

    Immagine allegata

    • donato b.

      Caro Franco,
      grazie per aver postato il grafico: a volte un’immagine vale più di mille parole. Osservare la diretta proporzionalità tra l’aumento dei costi energetici e la potenza elettrica rinnovabile installata, è altamente istruttivo.
      .
      Personalmente non credo che sarà facile avere la meglio sull’ubriacatura di “energie rinnovabili”, “investimenti sostenibili” e simili amenità. Ormai la deriva è talmente ampia che sarà difficile tornare indietro.
      Un esempio possiamo cercarlo nella conversione all’elettrico del mercato dell’auto. Dieci anni fa S. Marchionne, decise di non puntare sul motore elettrico, come standard di mercato. Secondo me fece bene, ma oggi tale decisione è additata al pubblico ludibrio perché ha escluso l’industria che dirigeva dal mercato del futuro. Hai voglia a dire a chi sostiene questo che l’elettrico è inefficiente; che esso sposta il problema dell’inquinamento dalle città ai luoghi di produzione dell’energia elettrica; che le emissioni di CO2 non vengono affatto ridotte, ma solo spostate da un luogo all’altro; che bisogna tener conto di tutte le emissioni, dirette ed indirette, non solo di quelle dirette. E’ come parlare ai sordi.
      Purtroppo andrà sempre peggio, a meno che ….. 🙂 , ma qui entreremmo nel campo della fanta-economia, della fanta-politica, della fanta-sociologia, per cui preferisco fermarmi e restare a guardare lo sviluppo degli eventi.
      Ciao, Donato.

  4. GIANCARLO TETTAMANTI

    Molto interessante. Che qualcuno di quelli “intoccabili” di Bruxelles stia di fatto mentendo sapendo di mentire o stia semplicemente facendo gli interessi del proprio orticello, non è un peccato se poi uno lo pensa, perchè come diceva un esponente di spicco della prima Repubblica (Andreotti), a volte pensar male si fa peccato però spesso ci s’azzecca-
    Anche il Prof. Ing. Battaglia lo sostiene da tempo argomentando spesso con i numeri reali , esprimendo concetti chiari e oggettivi . Quì posto il link in un’intervista dell’agosto delo scorso anno : https://www.youtube.com/watch?v=6U2492-4MQs&ab_channel=Fuorigiri
    Insomma le forzature politiche si muovono a 360° oramai e tutte direi usano la scienza come volano di un motore che non potrà mai funzionare , ma che funziona benissimo per altri scopi che non sono certo quelli che vorrebbero farci credere.
    Dopotutto come in un aforisma di Arthur Schopenhauer , ” o si crede, o si pensa”

    • donato b.

      “…. usano la scienza come volano di un motore che non potrà mai funzionare”
      .
      Ormai il mantra “noi seguiamo la scienza” è onnipresente: in politica, nel giornalismo, ovunque ci sia da fornire propellente ad una posizione.
      Gente che non ha idea di cosa sia la scienza, utilizza la parola “scienza” come una specie di passe partout per accedere alle menti del lettore-spettatore-ascoltatore medio.
      Non ho mai sentito utilizzare questo termine più a sproposito come negli ultimi tempi: se uno vuole rivestirsi di un’aura di credibilità, basta che faccia un generico e, a volte, inopportuno riferimento alla scienza ed il gioco è fatto.
      Ciao, Donato.

  5. Claudio Giorgi

    Quando chi parla è a digiuno di tecnologia, dice solo fesserie. Poi magari prova a realizzarle e… non funzionano. Anni fa per un po’ si parlò di automobili… ad aria compressa! A parte il fatto che qualcuno quell’energia la doveva pur accumulare spendendone un’altra (cosa simile a molti altri veicoli oggi sbandierati, come quelli elettrici), l’aria compressa proprio non era una buona idea. Lo dico da ingegnere chimico, che ha imparato qualcosa sugli effetti termici della compressione e rarefazione di gas e avendo duvuto riprogettare i bocchelli di sfiato di un’autoclave industriale che un collega (ingegnere meccanico che non sapeva una virgola di efflusso supersonico) aveva clamorosamente toppato. Ma anche senza progettare autoclavi, chi proponeva l’auto ad aria compressa evidentemente non aveva mai gonfiato/sgonfiato un materassino: se lo gonfi a fiato fai una fatica blu, poi levi il tappo e lui, dopo un iniziale allegro FFFFF… comncia a fare fffff…. e po ff..ff..f.f…..f…..f e si sgonfia in due settimane; se non ti ci siedi sopra. Ma qualche eroe la macchina ad aria compressa la fece davvero, in Francia. Ho visto un filmato su youtube, anni fa: ha girato per 30 o 40 secondi, facendo forse 20 metri, e con un rumore da turbogetto. Poi fine. FINE. Studiare … studiare…

    • donato b.

      Grazie per averci resi partecipi di una vicenda che io ignoravo.
      A volte resto interdetto di fronte all’idiozia di certe prese di posizione che il Principe de Curtis non avrebbe esitato a definire “a prescindere”.
      Un esempio eclatante di queste prese di posizione a prescindere, riguarda un recentissimo evento. Nei giorni scorsi il Presidente Draghi ha visitato i cantieri del “Terzo Valico” della linea ferroviaria ad alta velocità Genova-Milano, finanziato con i fondi del PNRR. Si tratta di un’infrastruttura che dovrebbe collegare il centro portuale ligure con il cuore industriale del Paese. Ebbene, i soliti soloni del “benaltrismo” non hanno tardato a definire quest’opera inutile, antiquata, superata.
      Il parametro di valutazione utilizzato per emettere un giudizio così drastico? La riduzione delle emissioni di CO2 legate al progetto: troppo poca la riduzione che si ottiene dal passaggio dalla gomma al ferro.
      Detto in altre parole, non conta nulla la maggiore facilità dei collegamenti Genova-Milano (passeggeri e merci), non conta nulla lo sviluppo economico che l’opera potrà favorire, non conta nulla la modernizzazione del Paese, conta solo ed esclusivamente la maledetta riduzione delle emissioni di anidride carbonica che è diventato l’unico e solo termine di paragone, per poter giudicare ogni opera umana. Ma che vadano al diavolo!
      Ciao, Donato.

  6. Claudio

    Una bella mazzata per quell’ambientalismo militante che è il problema socio-politico di questo nostro tempo. Ed ecco che, proprio adesso, ne è arrivata un’altra di mazzate: il biodinamico non sarà finanziato dallo Stato!

    • donato b.

      “…. il biodinamico non sarà finanziato dallo Stato”
      .
      Meno male! Finanziare la magia sarebbe stata una iattura di proporzioni epocali ed una macchia indelebile sul nostro Parlamento. Sarebbe stato come fissare per legge il valore di pi-greco! 🙂
      Eppure, sembra impossibile, ma nel 19° secolo fu presentato un progetto di legge (progetto di legge № 246 del 1897 dell’Assemblea generale dell’Indiana) in cui si prevedeva che pi-greco avesse valore 3,2, fosse, cioè, razionale!
      Con il finanziamento al biodinamico, avremmo fatto peggio. Fortunatamente qualcuno ha evitato il misfatto. E una parte del merito va riconosciuta anche al prof. L. Mariani che, dalle pagine di questo blog, ha ripetutamente stigmatizzato le strane sinergie che si sono venute a creare tra i seguaci dei flussi astrali e certe parti dell’Accademia nostrana.
      Ciao, Donato.

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