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In breve sui Modelli Climatici

Capita spesso tra chi ha avuto la fortuna di trasformare la propria passione in una professione di passare anche il tempo libero a discutere e scambiarsi informazioni con i propri simili. Questo è esattamente quello che è successo un paio di giorni fa, quando ho ricevuto sulla mailing list ospitata dal CNR e gestita dall’amico Teodoro Georgiadis, del quale avete letto più di un intervento anche qui su CM, un messaggio di un altro amico mio e di questo blog, Luigi Mariani.

Si discuteva tanto per cambiare di modelli climatici e Luigi ci ha “consegnato” alcune brevi considerazioni che, usando le sue stesse parole possono essere considerate un bigino sull’argomento. Sono convinto che susciteranno interesse e desiderio di approfondimento, ma forniranno anche qualche punto fermo che magari potrebbe sin qui essere sfuggito. Quanto segue è esattamente il testo del messaggio di Luigi.

Dal mio angolo di visuale il punto a cui siamo oggi è il seguente:

esistono modelli matematici basati sulla meccanica newtoniana della continuità (sistemi di equazioni che esprimono la conservazione della massa, dell’energia, del momento, del vapore acqueo….) ed i cui primi prototipi risalgono agli anni ’40. Tali modelli, che in origine erano utilizzati per previsioni a breve e medio termine (da 1-2 giorni a 1-2 settimane), sono ora utilizzati per previsioni climatiche e sono indicati come GCM. Per fare ciò i GCM vengono calibrati con una attività detta di tuning, che li porta a riprodurre il comportamento del sistema climatico terrestre degli ultimi decenni. Una volta che i risultati del tuning sono ritenuti realistici i GCM sono lanciati verso il futuro (50-100 anni e oltre) per produrre previsioni climatiche.

I sostenitori dell’efficacia di tale approccio affermano in particolare che l’accuratezza con cui i GCM a seguito del tuning descrivono il passato è condizione sufficiente per farli ritenere abili a descrivere anche il futuro e che la responsabilità umana nel global warming si desume dal fatto che il tuning consente ai modelli di descrivere il passato solo quando è introdotto il “forcing radiativo” da CO2, che si giova di alcuni “amplificatori in termini di effetto serra” (grandi feed-back), i principali dei quali sono il vapore acqueo e le nubi. In sostanza aumentando la CO2 dovrebbe di pari passo aumentare il vapore acqueo in atmosfera e diminuire la quota di nubi basse che si ritiene producano un feed-back negativo e quindi raffreddante, ovvero aumentare quella di nubi alte, il cui feed-back è invece positivo.

I detrattori sostengono invece che:

  1. L’accurata descrizione del passato non è garanzia di analoga capacità per il futuro (in altri termini una validazione disgiunta dalla calibrazione è condizione necessaria per evitare di ricadere in logica circolare per cui i GCM rappresentano in modo accurato la realtà rispetto alla quale sono stati calibrati).
  2. Tale accurata descrizione del passato, vantata dai sostenitori dei GCM, presenta alcune vistose
    eccezioni, come ad esempio il potente riscaldamento alle alte latitudini del nostro emisfero registrato negli anni 30 del 900 che viene descritto in modo tutt’altro che accurato. In questo caso il refugium peccatorum
    starebbe nella “variabilità naturale” intrinseca al sistema.
  3. Il feed-back da vapore acqueo e nubi non ha riscontri osservativi e inoltre, il modo in cui i GCM modellano il
    ciclo dell’acqua ed in particolare le nubi è ancora largamente insoddisfacente.
  4. Un GCM che considerasse in modo adeguato l’attività solare imponendo adeguati feed-back (es: feed-back
    dei raggi cosmici sui corpi nuvolosi ipotizzato da Shaviv e Svensmark), potrebbe cavarsela in modo egregio nel descrivere il clima del 20° secolo. In altri termini teoria solare e teoria AGW1 hanno lo stesso problema: quello di avere feed-back adeguati.

Credo che i detrattori abbiamo oggi molte frecce al loro arco e che di tali elementi dovrebbero farsi carico gli stessi sostenitori dell’impiego dei GCM in sede previsionale climatica, ad esempio ponendosi in modo più stringente di quanto non facciano oggi il problema della validazione.

Questo in breve lo stato dell’arte, ovvero la sintesi di un dibattito scientifico che non può davvero considerarsi chiuso e che non ha sin qui fornito le informazioni necessarie al processo decisionale politico, perchè l’allarme sul clima è tutto nelle simulazioni climatiche, ovvero in quanto predetto dai GCM. Tuttavia le decisioni sono alle porte, pur in presenza di notevoli difficoltà negoziali innescate più dalla contingenza economica che da queste incertezze. In poche parole se il sistema economico globale non fosse alle prese con una crisi così pesante, i policy makers procederebbero spediti verso un nuovo accordo che regoli il dopo Kyoto, per certi aspetti ignorando che lo stesso Protocollo di Kyoto, anche qualora fosse stato implememtato completamente (cosa che non è accaduta), non avrebbe prodotto alcun risultato scientificamente tangibile, proprio in ragione delle lacune sulla conoscenza del sistema clima.

Ad oggi queste lacune non sono state colmate, nè con riferimento al concetto di detection, ossia capire dove e come il clima stia cambiando, nè sull’attribution, cioè quali siano le cause di questi eventuali cambiamenti. Ne consegue che poggiare la policy futura sulle stesse basi di quanto fatto (o tentato di fare) sin qui, sarebbe garanzia di insuccesso. Nel frattempo il clima proseguirebbe la sua naturale evoluzione, che per inciso con riferimento all’ultimo decennio i GCM hanno fallito di prevedere, e le problematiche di carattere ambientale molto più locali che globali resterebbero in gran parte irrisolte, con le poche risorse disponibili tutte impegnate nella mitigazione di un cambiamento non mitigabile in quanto enormemente più complesso di quanto descritto nelle simulazioni.

La strada per la conoscenza del sistema è ancora molto lunga, troppo perchè si possano ignorare i dubbi seppur sommariamente espressi da Luigi Mariani con il suo “bigino”.

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  1. Antropic Global Warming []
Published inAmbienteAttualitàClimatologia

25 Comments

  1. Ivan 72

    Penso che il punto chiave sia il 4 dove si parla dei detrattori, il mio pensiero è rivolto più che altro ai raggi cosmici, anche se ancora al vaglio degli studi ed ancora misteriosi su eventuali influenze climatiche.

  2. […] del sistema che lo amplifichino. Tra questi i più importanti, come ci ricordava su queste pagine Luigi Mariani appena qualche giorno fa, sono la concentrazione del vapore acqueo in atmosfera (di gran lunga il […]

  3. teodoro georgiadis

    @Luigi
    “PS: caro Teo, credo che con tutto quel che ho scritto qualcuno avrà già acceso la catasta. Puoi per favore digli che bruciando un essere umano si produce una valanga di CO2 ?”.
    Ah no caro Luigi, l’hai detto tu che siete voi Agro alla base della CO2, adesso ti fai i conti tu di quanta CO2 produci se ti danno fuoco!!
    Teo

    -rispetta l’ambiente. non dare fuoco a Mariani se non e’ strettamente necessario-

  4. Claudio Costa

    @ Steph

    “ma come mai durante i minimi solari protratti (senza oscillazione) di Maunder e Dalton i GCR continuavano la loro fluttuazione (Svalgaard 2008)?”

    il flusso dei GCR non dipende anche dallle fluttuazioni del campo geomagnetico terrestre?

    “E poi: l’attività solare non è cmq oggi la più alta da 400 anni in qua, recenti ricostruzioni basate su campionamenti proxy del C14 e del Be10 lo dimostrerebbero (Muscheler et al. 2007).”

    Ma la terra si sta scaldando dal 1650, sta accumulando calore, non è diversa la reazione della terra alla variazione della TSI a seconda della temperatura ( ad es degli oceani ) e dell’estensione dei ghiacci in cui la terra si trova?

  5. Claudio Costa

    @ Steph

    errata corrige

    Cioè li cambiamento di flusso dei raggi cosmici non è immediato al cambiamento delle macchie solari ssn, ma ha un ritardo di 3 mesi. L’ultima frase è ostica non so cosa sia NB ( forse la ionizzazione?)

  6. Claudio Costa

    @ Steph
    Torno su Sloan 2008
    http://www.iop.org/EJ/article/1748-9326/3/2/024001/erl8_2_024001.pdf?request-id=71468db0-b91e-44b9-bcd1-bb0394ac7dd9

    Dici: “la variazione dei GCR, su breve scala, sembra piuttosto essere preceduta da quella delle nubi basse e non – come logico attendersi – il contrario” (Sloan e Wolfendale 2008).
    Non lo trovo dove lo dicono? Purtroppo usano gli acronimi e spesso mi perdo
    Te li cito “Fig 3 The dashed line shows the expected delay if a correlation existed between the changes in CR and CC. The
    measured delay between the CR decrease and increase in SSN is 3 months in cycle 22. NB positive delay means CC precedes the increase in SSN.”

    Cioè li calo dei raggi cosmici non è immediato all’aumento delle macchie solari ssn, ma ha un ritardo di 3 mesi. L’ultima frase è ostica non so cosa sia NB ( forse la ionizzazione?)

    Comunque Sloan dice che c’è un correlazione tra nuvole e sole, nel ciclo 22, e la analizza per determinare il rapporto casuale.

    The change in LCC during the solar cycle, DLCC, can be decomposed into a part which is dependent on the
    change in the ionization rate DLCCI and a part due to other mechanisms correlated with solar activity but not directly dueto ionization, DLCCS, i.e. DLCC = DLCCI + DLCCS

    Divede il delta D della nuvolosità DLLC in una parte dovuta alla ionizzazione e una parte dovuta al sole e conclude che quella dovuta alla ionizzazione non può essere superirore al 23% (una enormità anche se molto meno rispetto all’ipotesi Swensmark) il resto è dovuta al sole (ma non si sa come) Un’altra enormità non considerata nei modelli.
    Mi sembra che Sloan 2008 sia un cavallo di troia, i serristi lo citano per dimostrare che Swnsmark ha torto, ma in realtà la conclusione dà ragione a chi critica i modelli che sottostimano le forzanti naturali.

  7. Luigi Mariani

    Leggo solo ora le considerazioni emerse dal dibattito.

    Sulla questione di chi abbia titolo o meno a parlare di modelli, cercando di proseguire nel filone ironico in cui è così abile l’amico Teo Georgiadis, permettetemi di osservare che da quando si è detto (e non sono stato certo io a farlo) che la CO2 è la principale variabile guida del clima del nostro pianeta, chi come me si occupa di agrometeorologia non sta più nella pelle in quanto ci siamo scoperti finalmente al centro del dibattito.

    Come non ricordare infatti che l’agricoltura in termini biochimici rappresenta il governo del ciclo del carbonio da parte dell’uomo (mi spiace tanto per i fisici ma concetti come quelli di evapotraspirazione da coltura di riferimento, piante C3, C4, CAM, Rubisco – tutti molto cari al professor Tonzig già citato da Geogiadis – sono di pretta marca biologica e su questo non ci posso fare niente). E giunto a questo punto vorrei spezzare una lancia in favore dell’interdisciplinarietà che in climatologia credo ancora essere un valore. E’ facile riandare a Koeppen che era botanico o a Lamb che veniva da studi biologici o ai tanti contributi alla materia venuti da geografi o da storici.

    Nel mio piccolo come operatore del settore dell’agroclimatologia (una delle diverse discipline normate dall’Organizzazione Meteorologia Mondiale) ho avuto l’opportunità di collaborare per anni con alcuni grandi della fisica dell’atmosfera italiana come Michele Conte, Ezio Rosini e Sergio Borghi, sempre con reciproco vantaggio e spero vivamente che questa tradizione possa proseguire anche in futuro.

    Circa poi la critica ai modelli credo che occorra sempre distinguere la calibrazione (o parametrizzazione) dalla validazione. La seconda si basa sul confronto dei modelli con dati indipendenti rispetto a quelli impiegati in sede di calibrazione, altrimenti si rischia di ricadere nel problema della circolarità (si veda in proposito ad esempio Refsgaard J.C., Henriksen H.J., 2004. Modelling guidelines––terminology and guiding principles, Advances in Water Resources 27 (2004) 71–82). Data la crucialità degli output dei GCM in termini di decisioni politiche conseguenti penso che l’aspetto della validazione su dati indipendenti dovrebbe essere tenuto in altissima considerazione.

    In proposito porto il seguente esempio: il 30 ottobre 2008 esce su Nature Geoscience l’articolo Attribution of polar warming to human influence di Nathan P. Gillett, A. Stone, Peter A. Stott, Toru Nozawa, Alexey Yu. Karpechko, Gabriele C. Hegerl, Michael F. Wehner, Philip D. Jones. In questo lavoro vengono posti a confronto gli output di 4 GCM (i CMIP3-coupled climate models
    UKMO-HadCM3, PCM, CCSM3 and MIROC3.2- medres) con i dati osservativi di stazione in artide per il periodo 1925-2007. i livelli di correlazione sono pietosi (r=0.25, non r2 ma proprio r!) ed in particolare i modelli ignorano totalmente il massiccio riscaldamento artico degli anni 30 e mostrano di essere in fase rispetto ai dati osservativi solo dal 1960 in avanti. Nonostante ciò gli output sono presentati sulla rivista come dimostrazione inoppugnabile dell’effetto umano in Artide.

    Su questo io nutro francamente dubbi enormi e penso che anche qualche fisico dell’atmosfera dovrebbe porsi qualche dubbio. In altri termini: se la variabilità naturale ha agito negli anni 30 ed i modelli non hanno saputo in alcun modo descriverla chi ci garantisce rispetto alla capacità dei modelli stessi di operare in futuro in modo sufficientemente accurato?

    In altri termini ancora (e qui parafraso Green J.S.A., 2002. Reflections on the Earth albedo: a collection of scattere thoughts, Weather, Vol. 57, december 2002, 431-439): “quando vi chiedo di mostrarmi delle validazioni voi mi dite che i vostri modelli sono tutti in perfetto agreement fra loro; ciò potrebbe essere un ottimo criterio di verità, a patto che non stiano tutti sbagliando)”.

    PS: caro Teo, credo che con tutto quel che ho scritto qualcuno avrà già acceso la catasta. Puoi per favore digli che bruciando un essere umano si produce una valanga di CO2 ?

  8. Claudio Costa

    @ Steph

    su punto 4

    Gli esperti del Danish National Space Center, F. Christiansen, J. Haigh, H. Lundstedt, hanno trovato evidenti ed inequivocabili correlazioni tra i cambiamenti climatici e le variazioni solari

    http://www.space.dtu.dk/upload/institutter/space/research/reports/scientific%20reports/isac_final_report.pdf

    Freddy Christiansen, Danish National Space Center Joanna D. Haigh, Imperial College Henrik Lundstedt, Swedish Institute of Space Physics “Influence of Solar Activity Cycles on Earth’s Climate Final Report Task 700 Summary Report” ESTEC Contract no. 18453/04/NL/AR Issue 1, September 4, 2007 Danish National Space Center Scientific Report 2/2007

    Arnold e altri hanno dimostrato però che i raggi cosmici favoriscono la formazione di condensa di aerosol formata da particelle ultrafini CN queste a loro volta influenzano la formazione dei nuclei di condensazione e quindi delle nubi

    http://www.springerlink.com/content/n57121r735134233/ Frank Arnold “Atmospheric Ions and Aerosol Formation” Space Science Reviews Volume 137, Numbers 1-4 / June, 2008 10.1007/s11214-008-9390-8

    http://hal.archives-ouvertes.fr/docs/00/31/75/93/PDF/angeo-23-675-2005.pdf
    A. Kasatkina and O. I. Shumilov:” Cosmic ray-induced stratospheric aerosols “30 March 2005 Annales Geophysicae, 23, 675–679, 2005: 1432-0576/ag/2005-23-675

  9. teodoro georgiadis

    Mi stavo dimenticando. Casomai servisse io sono quel Georgiadis laureato a Bologna in Fisica poi in Astronomia e iscritto a Scienze Naturali dove ho sostenuto con decoro alcuni esami, ma dovendomi poi arrendere tragicamente durante lo studio del “Tonzig” (botanica generale). Da quella sofferta esperienza parlo sempre con molto rispetto dei laureati in agraria e con i laureati in agraria.

    • giordano monti

      il rispetto è dovuto a tutti quelli che fanno il proprio lavoro con passione e onostà:
      in particolare a Lei, Georgiadis, che a quanto pare è l’unico dentro qui a non essere troppo permaloso e a possedere un po’ di senso dell’ironia! 🙂

  10. teodoro georgiadis

    Dai ormai mi prendo 5 minuti!
    Una un po’ piu’ cruda critica (che pero’ non mi piace piu’ di tanto) dove si parla di ex-post-facto tuning la si trova su “Prejudiced authors, prejudiced findings” di John McLean (i piu’ informati potranno arricciare il naso) scaricabile al http://www.scienceandpublicpolicy.org (e se qualcuno obietta che questa organizzazione qualche soldo lo prende dai petrolieri potrei NON offendermi).
    In aggiunta, Kerry Emanuel (e qui andiamo sul sicuro che non e’ ne’ scettico ne’ tantomeno negazionista) in The human hand in climate change dice: “How, then, can we go about tuning the parameters of a climate model in such a way as to make it a reasonable facsimile of reality?” e poi dovete necessariamente proseguire la lettura andando al sito http://bostonreview.net/BR32.1/emanuel.php
    Sempre a proposito di aggiustamenti (che poi mi sembra una traduzione abbastanza ragionevole di tuning) leggerei anche “On the central question of climate sensitivity” di Monckton of Brechley (che qui essendo lui un Lord mi dispiace ma non possiamo tollerare insinuazioni di alcun tipo 😉 ) perche’ leggendolo si sente il classico suono della corda pizzicata che piano piano va verso la giusta frequenza di un “La”.
    Galati voleva pero’ il mio parere personale? Io da giovane la chitarra la suonavo e accordarla mi risultava indispensabile: voglio dire solo sui dati paleoclimatici (dendrocronologici in particolare) c’e’ una tale varibilita’ che una aggiustatina (in senso corretto) troverei impossibile non applicare. Qui do ragione ai modellisti del clima: sviluppare un modello su questi parametri non e’ come lavorare in laboratorio (e per questo motivo do anche torto al Prof Zichichi quando dice che la climatologia non e’ scienza), pero’ un conto e’ valutare la capacita’ diagnostica del modello altro e’ affidarsi, sulla base delle capacita’ diagnostiche, a presunte capacita’ prognostiche (un po’ come il tacchino inferenziale di Russell-Popper)

  11. teodoro georgiadis

    @Galati
    eh lo so, lo dico ma poi non riesco a resistere. Non ho fatto la ricerca completa (altrimenti faccio una figuraccia domani quando dovro’ parlare e non avro’ preparato la presentazione) ma un interessante articolo (un po’ vecchio ma interessante) e’ all’indirizzo:

    http://arjournals.annualreviews.org/doi/pdf/10.1146/annurev.energy.23.1.83?cookieSet=1

    dove si utilizza il termine “tuning” nell’ambito di una analisi molto pacata e approfondita dei modelli climatici dal titolo
    “Science e nonscience concerning human-caused climate warming” di J.D. Mahlman

    per ora.
    teo

  12. teodoro georgiadis

    @Galati
    Certamente! vorrei rispondere come mio solito portando un po’ di documentazione a riguardo. Oggi devo terminare una presentazione (anzi sarebbero 2 🙂 ) e mi permetta un po’ di ritardo nella risposta cosi’ da sgomberare la scrivania dai paperi attuali per riempirla di altri paperi relativi alla sua domanda.
    Questo lo faccio anche perche’ mi sembra di ricordare proprio una interessante discussione su quanti di quegli studi indipendenti vengono utilizzati per xxxx i modelli nel passato e vorrei ritrovare il lavoro (xxxx l’ho usato per evitare parole compromettenti)

  13. Luca Galati

    Io invece sono rispettoso delle referenze altrui, ma aspetto risposte dagli interessati sui miei quesiti…

    • Ho scritto ad entrambi. A breve interverranno nella discussione.
      gg

  14. steph

    @Luca
    sì, concordo, ma però bisogna dire che i parametri immessi al fine di simulare gli effetti di quei processi importanti ma troppo piccoli per essere gestiti dai modelli (come le nubi cumuliformi e i relativi scambi di calore e acqua ad esse associati, per poter funzionare al meglio, devono essere giocoforza regolati e “sintinizzati”. Questo è il cosiddetto tuning.

    In ordine al post (e scusandomi per la lunghezza della mia risposta), nonostante lo trovi interessante, a mio modesto parere ci sono alcuni punti che mi trovano in disaccordo.

    In primis mi pare che non si possa chiedere ai modelli quel che non possono riprodurre, ad es. la variabilità interna del sistema climatico (Andronova e Schlesinger 2000, Santer et al. 2003, 2004). La variabilità di breve periodo è stocastica e non prevedibile: i modelli non devono essere comparati con ciò che non possono riprodurre a grande distanza temporale, pur se quelli di recentissima generazione tentano di farlo. Si può menzionare, a tal proposito, l’uso recente delle reti neurali per “catturare risposte” non lineari date dalle forzanti radiative e per stabilire i fattori principali che guidano il comportamento delle temperature (trend di fondo, fluttuazioni multidecadali e interannuali) su scala globale e regionale nel corso degli ultimi 140 anni (Pasini et al. 2006).

    Poi nessuno dice che debbano essere i modelli a determinare il fatto che GHG come la CO2 siano importantissimi driver del cambiamento climatico. Ce lo dice la basilare fisica-chimica dell’atmosfera (“hard science” dal XIX secolo, corroborata poi dai vari Clausius, Wien, Stefan e Boltzmann, Planck ecc.…).

    Nel merito di alcuni punti del bigino:

    [Punto 2] Il riscaldamento dell’Artico avvenuto fra la fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 40 del XX secolo fa parte proprio di questa variabilità interna (Bengtsson et al. 2004, Wang et al. 2007, Overland et al. 2008, 2009) e il fatto che i modelli climatici, nella loro “fingerprint analysis” (Hegerl et al. 1996, Santer et al., 2003, 2004), non riescano a simularlo non è completamente vero (Wang et al. 2007, Overland 2009) e – semmai – questa “mancanza” può benissimo essere interpretata come un’ulteriore prova indiretta. Insomma: un po’ i modelli riescono a simularlo, la differenza sta proprio nella variabilità interna.

    [Punto 3] Il feedback da vapore acqueo mi pare che abbia più di un riscontro osservativo e che va nella direzione prevista dai modelli e prima ancora dalla fisica (Philipona et al. 2004, 2005, Willett et al. 2007, Santer et al. 2007, Dessler et al. 2008, Trenberth e Fasullo 2009), mentre è vero che il modo in cui i GCM modellano le nubi (distribuzione, trasporto verticale, proprietà ottiche) è ancora abbastanza insoddisfacente ed è uno dei punti più difficili e meno efficaci, nonostante notevoli miglioramenti al riguardo (Manabe 1970, Lindzen 1990, 2001, Hartmann e Michelsen 2002, Spencer et al. 2007, Trenberth e Fasullo 2009).

    [Punto 4] Sui feedback dei raggi cosmici galattici (GCR) ci sono, ad oggi, molti più dubbi che certezze, non vedo quindi come si possa tener conto di questo ipotetico fattore nei modelli.

    -Per es. la produzione dei vitali nuclei di condensazione (CCN) dipende anche da molto altro (attività antropiche, eruzioni vulcaniche, trasporto di sabbia desertica…);

    -come mai durante i minimi solari protratti (senza oscillazione) di Maunder e Dalton i GCR continuavano la loro fluttuazione?

    -la stessa attività solare non è cmq oggi la più alta da 400 anni in qua, recenti ricostruzioni basate su campionamenti proxy del C14 e del Be10 lo dimostrerebbero (Muscheler et al. 2007).
    http://adsabs.harvard.edu/abs/2007QSRv…26…82M

    – cambiamenti dei CCN indotti dalla variabilità dei GCR associati ai cicli solari sono di 2 ordini di grandezza troppo piccoli per poter render conto dell’andamento osservato nella proprietà delle nubi basse (Pierce e Adams 2009)
    http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2009GL037946.shtml

    -la variazione dei GCR, su breve scala, sembra piuttosto essere preceduta da quella delle nubi basse e non – come logico attendersi – il contrario(Sloan e Wolfendale 2008).

    Poi, sull’efficacia dei GCM odierni, consiglierei ad es. la lettura di questi 2 lavori:
    http://www.agu.org/pubs/crossref/2008/2008GL034932.shtml
    http://www.climalteranti.it/?p=149

    Infine, sulla parte conclusiva del post di Guidi (“le problematiche di carattere ambientale molto più locali che globali resterebbero in gran parte irrisolte, con le poche risorse disponibili tutte impegnate nella mitigazione di un cambiamento non mitigabile “), credo che il problema sollevato sia riconducibile ad un aspetto (che mi sfugge) prettamente locale o regionale; in altre parti del mondo industrializzato, questo timore non esiste.
    E, direi, a ragione.

    • In molte altre occasioni ho avuto modo di dire che a mio parere la gran parte di quello che può essere definito effetto antropico sul GW ha caratteristiche locali, ovvero è direttamente riferibile agli effetti dell’urbanizzazione e della modifica dello stato del suolo. Su questa parte si può e si deve intervenire, soprattutto per migliorare la qualità della vita nei luoghi dove abbiamo scelto di vivere. Parimenti, con riferimento all’ambiente e non al clima (il primo facilmente modificabile dall’uomo il secondo molto meno) l’attenzione deve ancora una volta essere locale, perchè solo le politiche interne possono porre rimedio ai danni interni, non certo gli accordi internazionali di “ampio respiro”. La realtà ci dice che la coperta non è solo corta, è anche poco più di un velo, per cui si devono fare i conti con ciò che si può e ciò che non si può fare. Indurre una ulteriore compressione economica nel tentativo di mitigare ciò che non è mitigabile distoglierebbe risorse dalle problematiche locali che se invece fossero risolte, finirebbero nel complesso per avere respiro anche globale. I trasporti, i rifiuti le risorse idriche etc etc, tutte grandi fonti di emissioni certamente, ma anche e soprattutto causa di seri problemi ambientali. Le politiche locali in questo possono fare molto più di quelle globali, i cui insuccessi sono purtroppo evidenti. Firmare accordi virtuosi per poi eluderli in massa non risolve il problema e, almeno per quel che riguarda Kyoto, genera anche profitti che con il clima e l’ambiente non hanno nulla a che fare. Affrontare seriamente la questione in proprio e compatibilmente con le proprie possibilità economiche può dare risultati migliori. Non conosco la percezione di questo genere di problemi in altri paesi, ma non credo possa essere molto diversa dalla nostra. Certamente noi di problema ne abbiamo uno in più, ed è quello delle risorse energetiche, che se per il mondo prima o poi finiranno, per il nostro paese non ci sono mai state se non a caro, carissimo prezzo. Un prezzo che sommato a quanto ci costa Kyoto ed a quanto ci costerebbe un altro simile accordo, non possiamo permetterci. Questa è la realtà delle cose, piaccia o no e abbiamo il dovere di tenerne conto. Non farlo, ad esempio, replicherebbe il madornale errore della rinuncia al nucleare di 20 anni fa. Ora si sarebbe potuto scegliere di cambiare strada, come molti cercano di fare, ma nel frattempo avremmo avuto le risorse per farlo.
      Chiedo scusa se sono andato OT, ma sentivo la necessità di chiarire cosa intendo quando parlo di “locale” e “globale”.
      gg

  15. MeteoGeek

    Monti, ho fatto una ricerca su google e il suo 1% di fama è probabilmente legato alle sole sue risposte su questo sito. Porti un po’ più di rispetto per chi scrive e per chi legge.

    Un affezionato lettore di questo sito.

    MG

    • giordano monti

      meteo geek, io non faccio attacchi personali verso di te, per correttezza ti prego pertanto di fare lo stesso.

      La mia era solo una domanda, una curiosità, e il rispetto non c’entra proprio nulla. Prima di iscrivermi all’università ho valutato seriamente di studiarvi agraria. Ho il massimo rispetto per ogni professione, anche la più umile. Mi resta il sospetto, tuttavia, che il corso di laurea in agraria potrebbe non fornire il background culturale scientifico e tecnico sufficiente per esprimere valutazioni serie sulla modellizzazione dell’atmosfera.

    • @ Giordano
      Mettiamola così, per essere chiari: qualunque genere di attacco è, nei limiti della buona educazione, consentito solo nei confronti del sottoscritto che, come padrone di casa, può anche decidere di rispondere o buttarvi fuori. A tutti gli altri, lettori ed autori la seconda opzione non è concessa, per cui, onde evitare di essere buttati fuori, è meglio non fare attacchi di nessun genere. Nella fattispecie la risposta che mi attendo è quella che hai già dato a MG, della semplice domanda per curiosità. Non attacca, il sarcasmo nei confronti di un mio ospite non è consentito. Se hai dubbi specifici sull’argomento trattato proseguiamo la discussione, altrimenti lascia che continuino gli altri.
      Spero di aver chiarito una volta per tutte la questione su chi è leggittimato a parlare e di cosa. Buona giornata.
      gg

  16. giordano monti

    ho fatto una ricerca su google, non avendo mai sentito parlare di Mariani.E’ lo stesso Mariani laureatosi in agraria a Milano nel 1981, o parliamo di un omonimo, fisico dell’atmosfera e sviluppatore di modelli?

    che c’è da osservare nel feed back da vapore acqueo? che colpa ne ha il povero vapore acqueo, se segue le leggi della fisica e dunque assorbe ed emette radiazione a onda lunga?

  17. Luca Galati

    Quali sarebbero le operazioni di tuning sui GCM che hanno tutte equazioni ben definite?
    La sensitività climatica? Da noi in ambito universitario dicono una cosa un pò diversa da quella che dite voi ovvero che non c’è alcuna operazione di ‘tuning’ bensì solo un’immissione di parametri (ancora una volta la sensititività climatica) ottenuti da studi indipendenti e non variati a piacere per far tornare i conti e che con tali parametri si riesce a riprodurre correttemante il clima passato validando così il modello GCM: non è proprio la stessa cosa…
    Che dicono Georgiadis e Mariani a riguardo?

    Cordialmente
    LG

  18. Bellissimo intervento!
    che condivido appieno.
    Ciao,
    Giorgio

  19. Aldo Meschiari

    A mio parere il punto 4 dei detrattori è il più interessante.
    ciao

  20. Claudio Costa

    Bigino preziosissimo.
    E gli anni del raffreddamento globale 1945 1975 sono validati dai modelli? E’ accettabile che il raffreddamento di portata globale, sia stato indotto dai aerosol solfato presenti solo in una piccola porzione dell’emisfero nord, con i picchi delle concentrazioni in ritardo di 10 anni rispetto alle temperature?

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