Parafrasando il titolo di uno degli ultimi film di Nanni Loy, uscito negli anni novanta del secolo scorso, con queste parole potremmo definire gli esiti della COP 26, conclusasi nella tarda serata del 13 novembre, oltre ventiquattro ore dopo il termine programmato.
Questa Conferenza delle Parti, opportunamente sintetizzata (oltre duemila ore di negoziati non potrebbero rientrare in nessun film che si rispetti), potrebbe degnamente figurare in uno degli episodi del film di Nanni Loy, al fianco, per esempio, di quello in cui i protagonisti fanno imbarcare i passeggeri su di un traghetto, incassando i prezzi dei relativi biglietti, salvo poi scoprire che il traghetto era in manutenzione e, quindi, non sarebbe mai salpato.
Come si potrebbe definire diversamente, infatti, una COP alla fine della quale il Presidente, in lacrime, annuncia la risoluzione finale, chiedendo scusa, per non essere stato in grado di proporre un testo all’altezza delle aspettative e, subito dopo, sentire il primo ministro britannico che pomposamente annuncia la firma dello “storico Patto di Glasgow”?
Perché di questo si tratta, un gigantesco “greenwashing” spacciato per accordo storico. Un compromesso al ribasso cui i Paesi in via di sviluppo e quelli “ambiziosi” sono stati costretti per non perdere la faccia, dopo una campagna mediatica senza precedenti che ha preceduto ed accompagnato la COP 26. Intorno alla Conferenza, infatti, c’è stata un’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa che non si vedeva dalla COP 21 di Parigi.
Procediamo, però, in maniera ordinata, altrimenti non si capisce nulla.
Nel pomeriggio di sabato 13 viene pubblicata la terza bozza della risoluzione finale della COP 26. Ricalca, essenzialmente, le prime due versioni salvo piccoli aggiustamenti. Nel corso della plenaria informale, durante la quale essa viene presentata, molti delegati prendono la parola e chiedono aggiustamenti. La spuntano, alla fine, India e Cina che riescono ad ottenere un “annacquamento” della parte relativa all’uscita dall’era dell’utilizzo del carbone quale fonte energetica. Nelle versioni iniziali si parlava di “accelerare gli sforzi per l’eliminazione senza tregua del carbone”, ma la presa di posizione di Cina ed India ha fatto si che la frase diventasse: “accelerare gli sforzi per la diminuzione senza tregua del carbone”. E’ stata cambiata una sola parola (diminuzione al posto di eliminazione) che, però, ha modificato completamente il senso di tutto il discorso: significa che il carbone potrà essere utilizzato, ma si dovrà ridurne l’uso. Entro quando tempo? E come? Non si sa. Della portata della cosa si sono resi conto tutti. Se ne è reso conto il presidente Sharma che, in plenaria ha detto: “capisco la delusione, ma è vitale proteggere questo pacchetto”.
Così come se ne è reso conto il rappresentante dell’UE Timmermans che nel suo intervento durante la plenaria informale ha detto: “Per l’amor del cielo, vi imploro, adottate questo testo, fatelo per i nostri figli, non ci perdoneranno se falliamo oggi”
La frase sibillina pronunciata dal ministro Sharma, rappresenta l’architrave del “pacchetto” o, per dirla alla napoletana maniera, del pacco. Tradotto in termini più espliciti si spaccia per accordo epocale un documento che aggiunge poco o niente alla situazione attuale. Per comprendere il clima in cui è stata completata la definizione del “pacchetto”, sarebbe stato necessario seguire in diretta gli interventi dei vari delegati. Chi scrive ha avuto la pazienza di farlo, grazie al sito Earth Negotiations Bulletin che, in tempo reale, metteva in linea il sunto degli interventi dei delegati.
Avremmo visto il rappresentante degli USA J. Kerry, spalleggiato dal rappresentante dell’UE, al centro di capannelli di delegati dei Paesi in via di sviluppo che opponeva un netto rifiuto alle loro richieste di istituire un fondo apposito, per fronteggiare i danni e le perdite conseguenti ai provvedimenti da prendere per essere ambiziosi. Perché, al fondo della questione, c’è la richiesta dei Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, di rinunciare allo sviluppo, per ridurre le emissioni, ma non vogliono fornire i fondi per poter consentire anche a questi Paesi di poter vivere in maniera adeguata. Il “pacco”, in fin dei conti, è il seguente. I nostri scienziati ci dicono che bisogna azzerare le emissioni nette entro il 2050, per mantenere l’incremento delle temperature globali entro 1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Per farlo dobbiamo ridurre tutti le emissioni, ricchi e poveri. Mentre per i Paesi ricchi la cosa comporta sacrifici, ma non determinerà una riduzione drastica del tenore di vita, se i loro cittadini cambiano, però, stile di vita; per i Paesi poveri ridurre le emissioni, significa dire addio ai sogni di sviluppo e, quindi, continuare a vivere nella miseria. A meno che i Paesi ricchi non decidano di finanziarli con migliaia di miliardi di dollari all’anno.
E qui entra in gioco l’ipocrisia dei rappresentanti dei Paesi sviluppati, USA ed EU in testa. Non vogliono sentir parlare di allentare i cordoni della borsa e pretendono che tutti siano ambiziosi. I rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo hanno cercato, fino all’ultimo, di far decidere in merito al famigerato fondo, per far fronte agli altrettanto famigerati “loss and damage”, ma sono riusciti ad ottenere un generico ed assolutamente non vincolante “impegno” ad “aumentare” le cifre decise nelle precedenti COP (da cento a duecento miliardi di dollari all’anno, si dice) senza sapere, però, a partire da quando. E’ ovvio ed anche giusto, secondo me, che, a questo punto, Cina ed India si siano impuntate ed abbiano annacquato le limitazioni all’uso del carbone, rifilando ai Paesi sviluppati il “contropaccotto”: niente soldi, niente ambizione. In questo modo i governi dei Paesi sviluppati avranno l’onere di spiegare alle loro opinioni pubbliche che, nel frattempo, sono state aizzate ad arte a chiedere obiettivi “ambiziosi” dai gruppi di pressione socio-economici-ambientalisti, come faranno a raggiungere l’obiettivo di mantenere l’incremento di temperatura globale entro 1,5°C. Perché questa è l’altra parte dell’imbroglio: questo obiettivo è restato nel testo finale, ma alla luce degli impegni presi e, in mancanza di maggiore ambizione, è solo polvere negli occhi e nulla più. A proposito di impegni (i famosi NDC) nel documento si parla di ridurre le emissioni del 45% nel 2030 rispetto al 2010 e si invitano le parti a presentare impegni più ambiziosi nel 2022 per il 2030. Se ciò non dovesse accadere e nulla garantisce che accada, addio 1,5°C.
Un risultato bisogna riconoscere che è stato raggiunto: per la prima volta si parla esplicitamente di accelerare la fine dell’utilizzo del carbone come fonte energetica, ma non si specifica né come e né quando. Ciò è stato sufficiente per far gridare a tutti: svolta epocale, è finita l’era del carbone. Tutti dimenticano, però, che la transizione energetica dal carbone verso altre fonti energetiche è in atto da circa un secolo, tanto che esso è diventata una fonte energetica residuale per gran parte del mondo industrializzato occidentale. Altro aspetto che, però, pochi hanno notato è che nella risoluzione finale della COP 26 è scritto che è necessario aumentare “rapidamente la diffusione della generazione di energia pulita”. Si parla esplicitamente di energia pulita e non di energia rinnovabile. Secondo qualche osservatore ci potremmo trovare di fronte ad una prima timida apertura al nucleare. Vedremo.
Questo il succo delle cose, il resto sono solo chiacchiere o, se vi aggrada, parole, parole, soltanto parole. Il giorno successivo a quello in cui si è compiuto il misfatto, se ne sono resi conto un poco tutti: B. Johnson, il Papa, le ONG e via cantando. Ed i commenti euforici hanno ceduto il posto a riflessioni più pacate.
Tutto questo per restare alla risoluzione finale della COP 26. Chi volesse esaminare personalmente il documento, non deve fare altro che cliccare qui.
Oltre alla decisione finale della COP 26, i cosiddetti corpi separati hanno approvato altri documenti di tipo più tecnico. In particolare è stato concordato il regolamento per l’applicazione dell’art. 6 dell’Accordo di Parigi, ma anche persone più preparate di me nel dipanare le complesse trame dei testi ONU, si sono presi un po’ di tempo per decifrarli, tanto sono contorti ed incomprensibili. Basti dire che, finalmente, è stato definito un formato per comunicare i dati relativi alle emissioni, ma non sembra che sia stato risolto il problema del doppio conteggio delle emissioni. E’ stato definito, infine, un mercato globale del carbonio, ma restano da stabilire i dettagli e, in particolare, il costo globale delle emissioni. Questa è, però, una sfida ardua che non finisce a Glasgow.
Concludendo, quella di Glasgow è stata l’ennesima COP interlocutoria e tutto è rinviato al prossimo anno. Alla fine della fiera restano i commenti soliti: la gente non tollererà un’altra COP come questa. Sono anni che sento questa frase, ma sono anni che le COP si ripetono sempre uguali a se stesse: non sono mai un traguardo, ma sempre un punto di partenza. Arriveremo mai da qualche parte?
Stasera, prima di chiudere il computer, ho visitato un noto sito di sondaggi ed ho notato l’annuncio di un sondaggio SWG, condotto in Italia poco dopo la conclusione della COP 26: praticamente non se ne è fregato quasi nessuno!
Sembra, infatti, che solo il 30% circa degli italiani, abbia prestato un minimo di attenzione all’evento e, probabilmente, un numero enormemente inferiore sa di che cosa si sia parlato nella Conferenza.
Quello che viene considerato il problema dei problemi mondiali, dai cittadini non è considerato affatto un problema e lo dimostra il dato del sondaggio. Che poi, opportunamente sollecitati, i numeri di quelli che pensano che il problema anbientale sia importante, cambia, è un altro fatto, ma delle politiche climatiche, ci interessiamo in pochi. E meno male, altrimenti la “gente” scenderebbe in strada con i forconi, visto le penose performances dei conferenzieri.
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Questo sondaggio è la prova che esiste uno scollamento a dir poco pauroso tra i sostenitori del contrasto al cambiamento climatico e l’opinione pubblica. Questo i politici lo sanno e, quindi, nelle COP non assumono impegni, costringendo le vestali del clima che cambia e cambia male per colpa del perfido uomo a strapparsi le vesti ed a cospargersi il capo di cenere.
E questo nonostante le vagonate di propaganda che vengono quotidianamente ammannite al povero popolo che, in questo caso, tutto dimostra di essere, tranne che bue.
I dati potete trovarli qui:
https://www.termometropolitico.it/1598562_cop-26-swg-sondaggi.html
Ciao, Donato.
Esattemante 50 anni fa l’ingegnere Roberto Vacca pubblicava il suo libro “Il medioevo prossimo venturo – La degradazione dei grandi sistemi”. Un testo fondato e razionale sulle modalità di organizzazione del nostro mondo, non solo occidentale, ma sempre più globalizzato. Il focus principale è sulle scelte strategiche che l’umanità dovrebbe affrontare in questo periodo unico nella sua storia, dove la popolazione mondiale e lo sfruttameneto delle risorse del pianeta si incrociano in un pericolodo equilibrio di linee di tendenza. Oggi tutto è possibile, ma ogni scelta avrà delle conseguenze dirompenti. Benché anche io sia un estimatore di Vico, purtroppo la sua “legge” storica viene stravolta da una variabile finora quasi ininfluente, se non irrisoria, e cioè l’assetto demografico mondiale: I numeri non sono più gli stessi di un secolo fa, né tantomeno stabili, per cui i rischi e le conseguenze avranno un fattore moltiplicativo enorme da mettere in conto, sia in termini di perdite economiche, ma anche e soprattutto umane.
Tra le conseguenze ipotizzate da Vacca ci sono anche improvvisi e devastanti black-out, e senza scomodare il sole, è probabile che nei prossimi tempi non saranno poi così immaginari. I media di massa ci hanno già ficcato il naso: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/19/non-sono-un-indovino-ma-siamo-vicini-a-un-grande-blackout-ipotesi-assurda-per-nulla/6396634/
Due conti. Come già detto in un altro post, ho la fortuna di lavorare con persone fresche di laurea in Chimica (vabbè non è fisica dell’atmosfera ma due conti li sapranno fare ..o no?) che hanno completamente fatto propria la verità rivelata dell’aumento “garantito” della temperatura e del livello del mare (sul livello del mare magari Obama ci spiegherà perchè s’è comprato una casa a Martha’s Vineyard a zero m.s.l.m sapendo come andrà a finire..Sti americani …è proprio vero che non vogliono lasciare nulla ai figli). Tutti attenti agli esiti di questa COP 26 e a rivalutare quella bizzarra figura di Boris Jhonson. “Ma vedi quanto è bravo sto biondino !! E dire che mi sembrava un po’ destrogiro, e invece….”. E invece..Invece, non è che torna utile alla piazza finanziaria di Londra tutta quest’attenzione per il clima con i green bond ad incrementi esponenziali? Non è che alla fine gliene frega il giusto di quei +1.5 gradi? ; a lui che vive in una nazione che deve dire grazie ai GJ di calore, si quello schifoso calore dell’Atlantico-“caldo” , che rende così vivibile la sua settentrionalissima isola? Ma si, abbassiamola questa benedetta temperatura, si, dai -1.5, -2, -5 !!! Vi aspettiamo nel nostro caldo mare. Tornando ai conti, e al collega chimico: dopo un pò di dibattito e reso edotto di queste interessantissime discussioni del Villaggio, mi risponde: “Eh si, bisognerebbe fare due conti per verificare costi/benefici”. Eh !
Grazie a Donato Barone per le “cronache” della COP26 e per quest’ultima realistica e condivisibile sintesi.
Sul “fallimento climatico” non avevo dubbi, ma mi aspettavo che riuscissero a mascherarlo mediaticamente un pò meglio.
In parte l’hanno (quasi) fatto, come l’aver fatto sparire dopo un solo giorno quella che secondo me è forse la notizia più clamorosa (in quanto rivelatrice di ipocrisia e incoerenza, non perchè fosse inaspettata) dell’intera conferenza, ovveri il defilarsi ANCHE DEGLI USA (e dell’Australia) dall’accordo sulla riduzione dell’uso del carbone.
Ma c’era da dare la colpa a Cina ed India e l’ultima variazione terminologica da “eliminazione” a “diminuzione” è servita ancor meglio a questo scopo.
Variazione secondo me non poi così rilevante ed essenzialmente un “segnale di intenti” da parte di India e Cina (“Non pensate che noi vi seguiremo ciecamente nella favoletta “nera” che raccontate ai vostri cittadini”); in mancanza comunque di qualsiasi impegno temporale poteva rimanere anche “eliminazione” e a mio avviso non cambiava nulla (correggetemi se sbaglio).
Ma credo che alla fine il fallimento sia evidente a tutti.
Certamente il fallimento (almeno per ora) del “progetto climatico” (in realtà economico-sociale) dell’ONU, ovvero “terrorismo mediatico in Occidente –> mega-finanziamenti al Terzo Mondo”.
Evidentemente quando ci si scontra con la realtà, perfino l’economia occidentale a cui quel piano va bene deve comunque procedere con i piedi di piombo, per tempi e numeri.
Resta da vedere come proseguirà il “business Green”.
Io mi dico certo che continuerà, ma mi auguro non a tutto vapore, come qualcuno invece voleva (e per questo c’era stata una preparazione mediatica “spasmodica” per la COP26).
Ma il fatto di essere in una Europa finora a trazione tedesca e con una Presidente di Commissione UE tedesca e che già sogna di fare dell’Europa “il primo continente ad emissioni zero”, ovvero i primi della classe in tafazzismo, non mi fa stare troppo tranquillo per noi del “Vecchio Mondo”.
Comunque, su Amazon un gilet giallo costa pochi euro, nel caso servisse … 😉
Chiudo con una sola certezza: che dalla prossima COP (la 27) i delegati torneranno più sereni e rilassati.
Perchè invece di una fredda ed umida Glasgow novembrina, il prossimo anno la fanno a Sharm El Sheikh! 😀
Immagine allegata
è una vetrina di parole ipocrisie strinte di mani sporche ..sporche come lo sono questa categoria i politici da sempre complici in tutto cio che rende questo mondo piu merda di come potrebbe essere …era un flop certo come i precedenti 25 carnevali …ma quelli che piu mi danno la nausea di questa commedia bugiarda sono i giornalisti allineati tutti nel narrare la grande bufala
Caro Donato,
per l’ennesima volta grazie di aver usato il tuo tempo per aggiornarci sulla COP e sulle varie pietre tombali che si sono susseguite. Il resoconto puntuale che ci hai fatto, secondo me è venato anche da un po’ di tristezza per i risultati e penso che tu abbia fatto bene a farlo trasparire: io non credo minimamente che tutto questo movimento (finto climatista) serva a qualcosa ma se mai servisse, il modo in cui sono stati (non) affrontati i problemi ritenuti imprescindibili è da pazzi e la delusione deve far parte del risultato finale. Non la delusione dei fanatici ambientalisti che vorrebbero tutto e subito, ché di quella non mi importa nulla, ma la delusione per i metodi usati e per le rivalità di un mondo che si vorrebbe unito sotto l’egida dell’ONU. Dicono che la politica sia un’arte ma a Glasgow (e non solo lì) si è visto un gioco di faccendieri di basso livello, dediti a salvare piccoli (grandi?) interessi di bottega senza la visione generale degli statisti. Direi che la tristezza è d’obbligo, anche se queste evoluzioni forzose, fatte senza attendere gli sviluppi tecnici necessari, meritano di fallire o almeno di essere ritardate. Grazie ancora e ciao. Franco
Caro Franco,
non risponderò direttamente alle tue osservazioni che condivido, ovviamente, ma preferisco utilizzare questo spazio per condividere con te ed i lettori di CM un fatto secondo me interessante.
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Sono reduce da un evento drammatico e traumatico, da cui ancora non mi riprendo. La mia scuola ha aderito ad un progetto promosso dal quotidiano “Repubblica” nell’ambito del quale è prevista un’iniziativa che ha per tema il cambiamento climatico. Alla manifestazione sono intervenuti, tra gli altri, il ministro Cingolani, J. Kerry, il prof. G. Parisi, musicisti green, attivisti di vario genere, intellettuali radical chic riciclati da passate stagioni politiche e tanti altri. E’ iniziata alle 10 ed è ancora in corso. Per motivi di servizio non mi sono potuto esimere dal sorvegliare le classi che hanno voluto assistere all’evento.
Come potrai facilmente immaginare il mio fegato è ormai inesistente: spappolato, disintegrato, annichilito. Siccome si rigenera, spero che, a breve, tornerò in forma! 🙂
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In tutto questo una nota positiva: gli alunni nell’ascoltare le stron…. di cui hanno parlato i vari “relatori”, ad un certo punto, hanno cominciato a manifestare segni di insofferenza e, alla fine, l’obiettivo raggiunto è stato opposto a quello preventivato dagli organizzatori. Si sono resi conto dell’abisso che esiste tra le loro esigenze e quelle di questi signori. Parteciperanno ancora ai cortei di Greta, forse per evitare una giornata di lezione, ma se ne fregheranno ampiamente di tutto il resto.
Ciò ha lasciato intatto quel pezzetto di fegato che si rigenererà. Di seguito riporto le impressioni di alcuni studenti reduci dalla manifestazione:
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“Usano un tema serio [il cambiamento climatico] per propagandare le loro idee politiche”.
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” Ci hanno spacciato per una cosa che parla di cambiamenti climatici, un dibattito su altrecose, tentando di strumentalizzarci”.
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” Hanno parlato di cose insensate ed irrealizzabili”.
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” Hanno ribadito più volte che dovevano intervenire gli studenti, ma in effetti hanno parlato solo loro”.
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” Siamo restati estranei ad un discorso limitato a pochi”.
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Caro Franco, c’è ancora speranza! Non tutti i cervelli sono andati all’ammasso.
Ciao, Donato.
è stata una gran bella COP, finalmente è uscito fuori che del clima non se ne frega nessuno, è solo ed esclusivamente economia.
Sono i paesi ricchi a produrre gli articoli green salvamondo e sono gli stessi a dire al mondo di comprarli per salvare il pianeta.
Benissimo ha fatto l’India, costretta a scegliere se continuare a far morir di fame 1 miliardo di individui ora o farli morire di caldo tra 80 anni.
Ed i piagnucolosi ambientalisti continuano ad essere convinti che la pseudoscienza della climatologia, basata sulle emozioni preveda la realtà.
Chi rischia, non sono i paesi poveri che non possono permettersi paLLe eoliche o lo sviluppo “(in) sostenibile”, ma i paesi ricchi che non avranno tanti acquirenti.
I ricchi rischiano di diventare poveri, sopratutto gli europei che non hanno significative riserve energetiche.
Ben gli sta!
Frignoloni che da 20 anni ci stanno raccontando un sacco di fesserie sul futuro climatico terreste se ne son tornati a casa con le pile (si, pile, non pive) nel sacco.
Caro Rocco,
nelle tue considerazioni emerge il conflitto drammatico che affligge l’umanità.
Da una parte gente dalla pancia piena che vive in case riscaldate o raffrescate, che va in crociera e che ha risolto buona parte dei problemi della vita, per cui può dedicarsi alle speculazioni come quelle del contrasto ai cambiamenti climatici.
Dall’altra troviamo gente affamata, che vive in condizioni pietose, senza case, trasporti energia elettrica, acqua. A questi del cambiamento climatico non frega nulla, loro devono risolvere i problemi basilari del genere umano: hanno bisogno di soldi e basta e cercano chi può darglieli.
Se per ottenere fondi c’è bisogno di travestirsi da migranti climatici e lottare contro il cambiamento climatico, a loro va bene.
Ciao, Donato.
Occorre obiettivamente osservare che gli interessi economici, piccoli e grandi (ed in questo caso parliamo di quelli molto grandi) sovrastano per importanza qualsiasi buon intento, a trattare anche il tema della imminente catastrofe planetaria, che ci dovrebbe eliminare tutti, attraverso il vertiginoso aumento di temperatura, l’inaudito innalzamento del livello del mare e l’asfissiante incremento di CO2.
Ma se da una parte, fortunatamente, non avremo da aggiungere alcun capitolo all’ultimo libro della Bibbia, meglio noto come l’Apocalisse, dall’altra non possiamo far a meno di osservare, come scrivevo più sopra, che la pagnotta, vale più dei buoni intenti (e pure la pagnotta, ad essere cotta, emette CO2).
Non ho particolari simpatie per il regime cinese né per la politica indiana, ma un briciolo di ragione gli va riconosciuta. Del loro pensiero: finora voi in occidente avete fatto gli affari vostri, progredendo e spargendo “cacca” ovunque, adesso è il nostro turno, tanto più che voi dell’occidente non avete alcuna intenzione di sovvenzionare una nostra eventuale rinuncia al carbone; beh, gli si può dare tutti i torti?
Piuttosto mi preoccupa molto più quello che facciamo (e pure non facciamo) in questo nostro meraviglioso Paese: facciamo scempio dei terreni (anche coltivabili, provate a vedere nel Salento) ricoprendoli di pannelli PV, trucidiamo i paesaggi collinari del nostro Appennino con pale eoliche (ora si sta progettando che di “movimentare” l’orizzonte del mare) e d’altra parte, dopo esserci amputati dell’energia nucleare, col metodo più idiota, un referendum popolare dopo pochi mesi dall’incidente più serio della storia dell’energia dell’atomo, stiamo convincendoci che non solo il carbone è brutto sporco e cattivo, ma pure il gas naturale.
Ora, carissimi cittadini energivori che altro non siamo, dall’uso ininterrotto dello smartphone, fino al “sogno” dell’ultima Tesla elettrica, senza dimenticare che in questo nostro meraviglioso Paese di cui sopra, non possediamo quasi nessuna risorsa energetica autonoma, davvero vogliamo rinunciare anche a quel poco che abbiamo, per essere un minimo indipendenti energeticamente, o ci vogliamo far tenere per le p…. da Francia, Svizzera, Slovenia, Austria (tutto nucleare, chiaro?) ed a volte persino Grecia, continuando a pagare l’energia più cara di tutta l’UE?
Un Paese che si arrende alla produzione energetica di altri (fintanto che gli altri te la vorranno vendere, la loro energia) e rinuncia ad una propria autonomia, è un paese che si condanna a perire, su questo non ci sono dubbi.
Cina ed India rappresentano quasi il 25% delle emissioni globali e quasi la metà della popolazione mondiale, quindi, se dovessero decidere di uscire dagli accordi, andrebbe a finire tutto a carte quarantotto. Questi due Paesi rappresentano, pertanto, l’elefante nel negozio di porcellane: decidono loro, checché ne pensino gli altri. Se ci aggiungiamo gli Stati Uniti e l’UE superiamo la metà delle emissioni globali e, quindi, queste quattro entità potrebbero, da sole, decidere l’intero processo di riduzione delle emissioni. Dipende tutto da loro, perciò senza di essi non si può fare nulla. La COP potrebbe essere limitata a loro e, credo, che sarebbe più produttiva. In questo do ragione al ministro Cingolani.: con duecento Paesi al tavolo delle negoziazioni e la necessità dell’unanimità, per poter innalzare la bandiera dell’impegno globale sulle scelte delle conferenze, non si va da nessuna parte.
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Circa l’approvvigionamento di energia elettrica del nostro Paese, meglio stendere un velo pietoso. Noi siamo condannati ad essere presi per le p…., da tutti, e la cosa ci fa anche piacere. 🙂
Ciao, Donato.
Arriveremo mai da qualche parte?
no…
l’umanità gira su se stessa da quando ha messo piede sul pianeta. gli indiani chiamano questo ‘samsara’ ed è la nostra condanna.
cambiamo il tam tam con lo smartphone ma non ci muoviamo di un passo : sempre uguali a noi stessi, agitati e starnazzanti.
un buon meteorite assicurerà il ricambio di specie : speriamo che sia meglio…
Urca! Addirittura? Mamma mia 🙂
Un meteorite non basta, riuscirebbero a piegare pure quello alla loro propaganda, ci vuole il Giudizio Universale: https://it.wikipedia.org/wiki/Giudizio_universale
Durante le fasi depressive che, a volte, mi colpiscono, la penso allo stesso modo. Poi però mi riprendo e mi dico che non può finire così, che gli umani riusciranno ad uscire da questo tunnel ed a riprendere la marcia evolutiva che li caratterizza da milioni di anni. A guidare questa riscossa, probabilmente, non sarà il mondo occidentale che, secondo me, è destinato a declinare sempre di più, ma la marea umana che monta dal sud del mondo. Una marea di persone che vuole raggiungere condizioni di vita migliori. Successe la stessa cosa con l’Impero Romano e, poiché sono un estimatore di G. Vico, credo che la cosa si ripeterà.
Ciao, Donato.