Proseguono in quel di Glasgow i lavori della COP 26. Contrariamente a quanto succedeva negli anni scorsi, i riflettori dei media continuano ad essere accesi sulle vicende che caratterizzano la Conferenza delle Parti, anche se si focalizzano sugli eventi di colore che avvengono intorno alla COP, piuttosto che descrivere lo stato delle trattative.
Dopo i primi due giorni di riunioni a cui avevano partecipato in prima persona i Capi di Stato e di Governo, in questi due ultimi giorni i lavori proseguono in tono minore.
Vediamo di capire cosa è successo nei giorni scorsi.
Durante il periodo in cui i principali leader mondiali sono stati a Glasgow, è stato finalmente sottoscritto il documento relativo al blocco della deforestazione. Si tratta dell’unico documento che aveva registrato sensibili progressi nel corso delle precedenti Conferenze delle Parti e, onestamente, mi sarei aspettato che fosse sottoscritto già a Madrid. Probabilmente però aveva bisogno di ulteriori limature. Oddio, siamo ancora al livello di promesse, ma qualcosa di nero è stato messo sul bianco: le Parti si sono impegnate a bloccare la deforestazione entro i prossimi 8 anni. Stando a quanto emerge dal documento, le Parti si impegnano a “fermare ed invertire” la deforestazione entro il 2030. Se fosse vero, sarebbe veramente un ottimo risultato, in quanto finirebbe lo scempio delle foreste primigenie che sta privando il nostro Pianeta di riserve di biodiversità estremamente importanti. L’unico problema in tutto ciò è che mancano meccanismi di controllo e di repressione delle violazioni dell’accordo, per cui se nel 2030 qualche Paese non manterrà fede all’impegno assunto, non succederà assolutamente nulla. Al massimo gli inadempienti potranno essere esposti al “pubblico ludibrio”, ma niente di più.
Quasi contemporaneamente alla firma dell’impegno precedente, circa la metà dei Paesi partecipanti alla COP 26 ha firmato un documento, con il quale i sottoscrittori si impegnano a tagliare entro il 2030 le emissioni di gas metano del 30% rispetto ai livelli del 2020. Il metano è considerato un gas serra molto pericoloso e capace di assorbile la radiazione infrarossa emessa dalla Terra, in modo molto più efficace del diossido di carbonio. Considerando che le principali fonti di emissione sono costituite dalle reti di distribuzione, dai pozzi petroliferi, dalle discariche di rifiuti e dall’agricoltura (principalmente le aziende zootecniche), si può ragionevolmente prevedere che i singoli Stati dovranno dotarsi di legislazioni apposite, per ridurre questo tipo di emissioni. Anche questo risultato non può che essere accolto con favore, visti i prezzi raggiunti sul mercato dal metano. Si tratta, infatti, di una fonte di energia e, quindi, ben vengano tutte le iniziative che possono contribuire a ridurne lo spreco. Unico neo: l’accordo non è stato sottoscritto da Cina, Russia, India ed Iran che figurano tra i dieci maggiori emettitori di metano. Va da se che, non essendo neanche questo vincolante, rientra nel novero delle buone intenzioni e farà certamente arrabbiare ulteriormente coloro che criticano le vuote promesse dei decisori politici mondiali.
Stando a quanto riportano alcuni osservatori, se questa misura venisse effettivamente implementata, l’aumento delle temperature globali dovrebbe ridursi di circa tre decimi di grado e, quindi, per usare le parole del Presidente Biden “mantiene a portata di mano, l’obiettivo di contenere al di sotto di 1,5°C l’incremento delle temperature globali”.
A margine della Conferenza è stato annunciato che, da un’analisi dell’IEA, gli impegni assunti fino ad oggi dai delegati della COP 26 (riduzione delle emissioni di metano e blocco della deforestazione) potrebbero ridurre l’aumento delle temperature globali da 2,1°C ad 1,9°C, cioè al di sotto di 2°C, come previsto dall’Accordo di Parigi. Gli osservatori più attenti suggeriscono, però, di essere cauti perché c’è bisogno di ulteriori conferme. L’unico problema in tutta questa sarabanda di numeri, è il fatto, universalmente noto che gli impegni di Parigi non sono affatto sufficienti a mantenere l’incremento di temperatura a 2,1°C. Si stima, infatti, che l’incremento di temperatura possa essere addirittura doppio di quanto previsto a Parigi. Personalmente ho poca fiducia in queste stime, per cui sono dell’avviso di aspettare, prima di utilizzare toni così trionfalistici.
Altro aspetto degno di rilievo, riguarda l’impegno assunto da diversi Paesi ed Organizzazioni economiche (circa una quarantina) di bloccare ogni forma di finanziamento di progetti relativi allo sfruttamento di fonti energetiche fossili, al di fuori dei confini nazionali, dopo il 31/12/2022. L’impegno è stato sottoscritto, tra gli altri, dagli USA, dal Regno Unito ed anche dall’Italia. Considerato che le tecnologie di accumulo dell’energia rinnovabile sono ancora di la da venire, come dichiarato apertamente anche dal ministro Cingolani nel corso di una trasmissione radiofonica (Radio Anch’io del 04/11/2021), mi sa che la nostra bolletta energetica subirà un ulteriore aumento, ma dovendo salvare il pianeta ci sta anche questo! Mah!
Voci di corridoio parlano di un altro accordo imminente: eliminare dal mix energetico il carbone entro il 2040. Si parla di Paesi come il Vietnam, la Polonia, il Canada, ecc., ecc.. Si tratta, comunque, di voci non confermate. Secondo alcuni osservatori neanche questo impegno sarebbe sufficiente, però, a contenere l’incremento delle temperature al di sotto dei fatidici 1,5°C.
Come si vede i lavori proseguono alacremente, anche se i risultati appaiono piuttosto controversi.
Bisogna riconoscere, però, che qualcosa si sta muovendo e, paragonata a quella delle altre COP, la situazione sembra più dinamica. E’ ancora presto, però, per tracciare bilanci, la strada verso il successo è ancora lunga, molto lunga e lastricata di buone intenzioni.
Nel frattempo una piccola curiosità: la COP 26 è quella caratterizzata dal maggior numero di partecipanti nella storia delle conferenze. A Glasgow si sono presentate ben 40000 persone tra delegati, attivisti e via cantando, circa 10000 in più di quelli che presero parte alla Conferenza di Parigi del 2015.
A me sembra che le varie COP mostrino una liturgia crescente e una fede calante: i politici non danno segni di prendere sul serio la minaccia climatica prospettata – la vedono come un dogma ormai acquisito, pericoloso da contrastare ma facile da assecondare con un adeguato “facite ammuina” ma senza adottare interventi economicamente dolorosi per il loro elettorato.
Il giorno che ci credessero veramente, ad esempio grazie alla reale evidenza di un feedback climatico positivo, la musica cambierebbe di colpo e invece di congressi variopinti e di fumosi trattati per qualche decimo di grado in meno fra qualche decennio, avremmo un Consiglio di Sicurezza dell’ONU che fisserebbe una tabella di razionamento del consumo mondiale di calorie fossili in base alla evoluzione di un parametro semplice e indiscutibile, i ppm di CO2 nell’atmosfera – e le truppe ONU per farla rispettare.
Concordo. Parola per parola.
Ciao, Donato.
“e le truppe ONU per farla rispettare”
Quando mai le truppe ONU hanno fatto rispettare qualcosa?
è tutto carnevalesco se non dire grottesco ..hanno perfino fatto un operazione nel distrorcere il significato stesso ..una valpadana in estate descritta e paragonata alle grandi pianure nord americane dove le trombe d aria estremizzate strombazzate dai tg vengono assimilate a un tutt uno …fuori invece ce un popolino senza memoria ..ultra settantenni smemorati senza la memoria delle alluvioni vissute nella loro lunga vita da sempre ma stimolati dal giornalista inviato a correggere il tiro ..perche tutto cio che avviene è dovuto al riscaldamento globalle…se non vi si lievita la pizza ..la colpa è del GW dovuto a mio padre che con la ford fiesta ha inquinato questo povero mondo di pecoroni che credono da decenni al mare che arrivera a bologna …ai limoneti di helsinki e alle arance di bolzano ….ma l,uva pregiata di nuuk ? dove la mettete UBRIACATI DALLA SINDROME da CRISI CLIMATICA …schifooo
Per tirarci un po’ su
Immagine allegata
la lotta ai cambiamenti climatici produce mostri
Caro Donato, il solo fatto che esista un evento in cui si discute di interventi che farebbero diminuire le temperature della Terra dell’ordine del decimo di grado e’ indice del decadimento grottesco della nostra civilta’ e della cosiddetta “scienza”.
Non siamo in grado nemmeno di misurare in modo accurato le temperature terrestri, di depurarle di fenomeni locali come le isole di calore, di attribuirne le cause specificamente ad alcune tra le millemila forzanti in gioco.
Abbiamo modelli climatici che negli ultimi decenni non ne hanno azzeccata una, e incorporano assunzioni che tutti sanno essere destituite di qualsiasi fondamento quando non del tutto ridicole.
Ma discettiamo dottamente di come le nostre azioni saranno capaci di far salire o scendere le temperature di un decimo di grado o giu’ di li’. Una civilta’ che produce un evento del genere non ha piu’ niente da dare, ne’ da dire.
Aggiornamento
Oggi, sabato 6 novembre, finisce la prima settimana della COP 26. Era prevista per questa sera una plenaria, durante la quale l’Ufficio di Presidenza della Conferenza doveva fare il punto della situazione. La riunione è stata rinviata, però, a lunedì prossimo. Stando a quanto trapela da ambienti ben informati, lo stato in cui si trovano le trattative dovrebbe essere a dir poco penoso.
Si pensi che il documento riguardante l’art. 6 dell’Accordo di Parigi che nei suoi vari paragrafi riguarda il conteggio delle emissioni, la trasparenza, gli impegni dei vari Paesi e tanto altro, è poco diverso da quello licenziato dalla scorsa COP 25, quella di Madrid.
In particolare il disaccordo sul paragrafo 6.4 è tale che il documento non sarà più discusso dai delegati, ma inviato tal quale al tavolo politico: se ne occuperanno i ministri nella prossima settimana.
Per gli altri paragrafi va un po’ meglio, ma siamo ancora in alto mare.
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A questo punto ho la netta sensazione che i trionfalistici comunicati stampa del Governo inglese, dai quali sembrava che l’accordo era “a portata di mano”, non erano altro che vuota propaganda. La COP 26 è in alto mare e, credo, che si protrarrà ben oltre il 12 novembre.
Avevo intenzione di scrivere un nuovo post tra oggi e domani per commentare la plenaria prevista per questa sera, ma, a questo punto, tutto è rinviato a lunedì sera o martedì. Vedremo.
Per ora possiamo solo dire che la situazione è peggiore di quanto avevamo immaginato e, una volta tanto, devo concordare con G. Thunberg: la COP 26 è un fallimento.
Ciao, Donato.
…bolletta elevata?torniamo al nucleare!
Assolutamente si 🙂
A Glasgow si sono presentate ben 40000 persone …
Avevo sentito che erano presenti 25000 “congressisti” e prevedevo, con attivisti et similia, 30000 presenti. Il fatto che siano 40000 supera tutte le più rosee speranze di un sicuro salvataggio del nostro martoriato pianeta!
L’accordo sullo stop alla deforestazione è ridicolo senza l’impegno vincolante alla ricostruzione delle antiche (ma di quanto?) foreste di Europa e resto del mondo letteralmente spianate per fare posto all’agricoltura, cioè alla necessità di nutrirsi.
Adesso che sembriamo essere in grado di nutrirci senza bisogno di usare le risorse del territorio (secondo loro) possiamo senz’altro smettere di coltivare e vivere di proclami!
Caro Donato, grazie e continua così. Franco
Caro Franco,
io continuo…. a non capire! 🙂
Mi spiego meglio. Io, tu, la stragrande maggioranza delle persone che frequentano questo blog, siamo scettici circa le cause esclusivamente antropiche del cambiamento climatico. Questo scetticismo ci porta a cercare dati e conferme che, purtroppo, non riusciamo a trovare, per cui restiamo dubbiosi, circa le strategie suggerite da chi, invece, crede di aver risolto tutti i problemi e, per questo, ha la verità in tasca.
Questa ossessiva ricerca ci porta anche a subire gli strali di chi ironizza circa il fatto che, a forza di cercare la certezza (meglio sarebbe dire una convincente sicurezza che i dati confermino l’ipotesi che le temperature aumentano solo ed esclusivamente a causa della crescita della concentrazione atmosferica di CO2), probabilmente capiremo troppo tardi che abbaiamo torto e, quindi, il mondo andrà a scatafascio per colpa nostra.
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Noi siamo, però, pochi: un piccolo villaggio perso in un mare di credenti. Non siamo assolutamente in grado di modificare una qualsivoglia linea di tendenza. Quando cerchiamo di dire la nostra, non ne abbiamo neanche la possibilità (come ci diceva qualche giorno fa Uberto Crescenti). Se non fosse per questo blog non avremmo neanche la possibilità di rendere pubbliche le nostre idee. E quando guardiamo fuori dallo steccato del villaggio, notiamo che chi la pensa come noi è un’infima minoranza.
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La potenza di fuoco dei sostenitori della linea di pensiero principale è incomparabilmente superiore alla nostra: giornali, blog, televisioni, radio, università, partiti politici, movimenti, attivisti, organizzazioni economiche e via cantando sono tutti convinti che l’uomo sta cambiando il clima. A torto o a ragione è così.
Eppure questa formidabile macchina da guerra che supporta l’IPCC, l’UNFCCC e le Nazioni Unite, è assolutamente incapace di condizionare le trattative delle COP. E ciò accade da quasi trent’anni!
E’ dal 1992, infatti, che si cerca di tagliare le emissioni senza riuscirci. I politici si sono messi sempre di traverso e i politici li elegge la gente, non stanno lì per decreto divino.
A questo punto mi sembra di capire che la maggioranza del popolo la vede in modo diverso da G. Thunberg & C.
Probabilmente quella che una volta si definiva “maggioranza silenziosa” a parole segue Greta, ma poi vota per i politici che si ostinano a non seguire la linea dei salvamondo.
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La mia è solo un’ipotesi ed ha lo scopo di conciliare il mio cervello con la realtà. Perché c’é da diventar matti: sembra che il mondo stia per finire per la maggioranza degli scienziati, dei politici, dei banchieri, dei gestori dei fondi, dei giovani, dei cittadini dei Paesi del primo, secondo e terzo mondo, eppure alle COP non si riesce a tirare fuori un ragno dal buco.
Delle due l’una: o non capisco io, o non ha capito niente nessuno.
Giusto per avere un’idea di come la pensano dall’altra parte dello steccato, vorrei invitarti ad armarti di un po’ di masochismo e leggere questo articoletto:
https://www.rinnovabili.it/ambiente/cambiamenti-climatici/cop26-rischio-vigilia-disastro-annunciato/
Detto da me che la COP 26 rischia il fallimento, ci può anche stare, ma quando alla stessa conclusione arriva qualcun altro, partendo da posizioni diametralmente opposte, si resta un poco interdetti. Ed il non capire comincia a diventare imbarazzante. 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
grazie per i tuoi pensieri, ma non sei pazzo: lo sono quelli che, come il tizio che ha scritto l’articolo che hai citato (è vero, ci vuole masochismo per leggerlo) che contiene una quantità industriale di mancanza di conoscenza, illazioni gratuite, e, come al solito, ipotesi non dimostrate prese come verità assolute. Poi è chiaro: quello che per noi è (sarà) un arretramento del livello di vita e un aumento della povertà, anche alimentare, per le persone che vivranno questa “rivoluzione” sarà una situazione genericamente buona, semplicemente perché si saranno adattate e non avranno paragoni attendibili, e quindi potranno dire che la COPxx avrà contribuito significativamente al salvataggio del pianeta o che Hansen aveva proprio ragione (come ha scritto il tizio di cui sopra). Poi si faranno la barba a mezzogiorno quando il sole batte più forte e andrà bene così, contenti loro.
Noi abbiamo l’obbligo morale di esprimere i nostri dubbi e di affermare che una teoria è vera quando spiega le situazioni senza voli pindarici (continuo a pensare che ECS sia solo un fattore moltiplicativo che serve a far tornare le cose, tanto è vero che i suoi valori ricavati dalle osservazioni tendono ad 1) e che i modelli funzionano quando i loro risultati sono confermati dati sperimentali. In questo modo siamo i famosi soldati giapponesi? Per me va bene fare l’eremita in un atollo, però lo vorrei fare con la coscienza tranquilla …
E, per favore, continua il tuo eccellente lavoro di descrizione (e non solo) di queste kermesse di paese un po’ cresciute. Grazie e ciao. Franco