La notizia che non è arrivata sui giornaloni la scorsa settimana (e di cui quindi parliamo su questo Blog) è che in Svizzera c’è stata una consultazione referendaria. Che se ne sia parlato poco è assolutamente normale, e per due motivi.
Il primo è che per i giornaloni lo strumento referendario si qualifica già di per sè come oppressivo, prevaricatore, razzista e politicamente scorretto, in quanto espressione del parere di una maggioranza di elettori, e non (come invece preferirebbero) di una minoranza di “eletti”.
Il secondo, è che il referendum è andato male. Contrariamente ai soliti sondaggi. Al solito sbagliati.
CO2 Law
CO2 Law (legge per la CO2) era il titolo accattivante di uno dei quesiti referendari, che si proponeva di ridurre le emissioni di anidride carbonica andando a colpire l’utilizzo di autoveicoli, il traffico aereo, le emissioni industriali e tanto altro. In sostanza, con la solita foglia di fico del green, si chiedeva agli svizzeri di accettare un nuovo diluvio di tasse, e di rinunciare alla loro libertà di movimento.
I sondaggi della vigilia davano il sì al referendum al 60%: una scommessa sicura. Talmente sicura che praticamente tutti i partiti politici (con l’unica eccezione dei “sovranisti” di SVP) si erano uniti in un verdissimo abbraccio a sostegno del “SÌ” per mostrarsi agli elettori dalla parte giusta della storia e incastrare politicamente i rivali nella scomoda posizione di inquinatori e “servi delle oil companies”.
E l’imprevedibile accadde
Poi si è votato, e gli svizzeri hanno deciso di tenersi stretta la CO2, e di lasciare che i loro abeti continuassero a beneficiarne regalando in cambio ossigeno, zuccheri e amminoacidi. E ombra l’estate, e un panorama da cartolina l’inverno, giacché in barba ai modelli climatici la neve sulle Alpi cade ancora abbondante per la gioia di operatori turistici, sciatori e bambini.
Hanno anche deciso di pagare meno tasse, e di continuare a guidare la macchina e a prendere gli aerei, magari alla volta del caldo e del mare. Magari proprio sulle spiagge dei cugini italiani.
Subito si è levato il grido di dolore degli ambientalisti, dei politici e dei media al loro traino che hanno inveito, con solita la ragionata pacatezza che li contraddistingue, contro le “lobby petrolifere” che condizionano i mentecatti che ancora si ostinano a votare nei referendum.
Vero è che la Svizzera è sede di tante multinazionali: colossi dell’alimentare, del farmaceutico, industria di precisione, ma non è certo la patria dell’oil & gas. E infatti basterebbe un piccolo sforzo per capire che la verità sta altrove. Per esempio basterebbe guardare alla cartina elettorale (fonte: swissinfo.ch).
Ricchi e… meno ricchi
Nonostante la vittoria dei NO sia stata di misura, con il 51.6% di voti, la stragrande maggioranza dei cantoni svizzeri ha votato per il NO. Fortuna del comitato del SÌ che il quesito sulla CO2 non richiedesse la maggioranza cantonale, altrimenti sarebbe stata una debacle ancora più imbarazzante.
A votare SÌ sono stati i cantoni più ricchi, più cosmopoliti e più multietnici: Vaud, Neuchatel, Basilea, Zurigo: tanti giovani, tanti studenti, tanti accademici, tanti funzionari, ma anche tanti milionari, visto che la ricchezza svizzera è in grandissima parte concentrata proprio in queste aree. Per non dire di Ginevra, che da sola ospita le sedi di qualcosa come 36 organizzazioni internazionali e ben 700 ONG e dove prevedibilmente il SÌ ha prevalso con largo margine.
La cosa non deve sorprendere: si tratta della solita faglia politica che attraversa tutti i paesi occidentali del mondo, e che divide la popolazione tra ricchi e poveri, tra città e province, tra giovani e meno giovani, tra funzionari pubblici e liberi professionisti, tra colletti bianchi e colletti blu.
E siccome il tema della “crisi climatica” è pilastro dell’armamentario ideologico e politico di tutto quello che si trova dalla parte “giusta” della faglia, la distribuzione geografica del voto non deve sorprendere nessuno.
Ma le montagne?
La cosa semmai più interessante, è che in un referendum presentato come “salva-ghiacciai”, a votare per il NO siano stati proprio gli abitanti delle regioni montuose: dalle vallate alpine più isolate ai santuari più snob dello sci, ivi inclusi luoghi di villeggiatura esclusivi e car-free come Saas Fee, Wengen, Zermatt o Murren.
Rivelatrice è la carta allegata che mostra come la distribuzione dei NO sia perfettamente sovrapponibile all’altimetria: più ci si addentra nelle regioni montuose, più si sale di altitudine, più aumentano i NO (tonalità più scure del viola).
E se proprio di ghiacciai si vuole parlare,è proprio alle pendici del ghiacciaio dello Jungfrau (il più esteso delle Alpi), che i NO al referendum hanno raggiunto percentuali bulgare, vicine all’80% in santuari dell’alpinismo e dello sci come Lauterbrunnen o Adelboden.
Forse ancor più significativo il fatto che il risultato più umiliante per gli “ambientalisti” (sommersi da una valanga del 92% di NO) si sia avuto nel distretto di Zwischbergen, municipio alpino incastonato tra vette di 4000 metri, già oggetto dei pellegrinaggi del poeta inglese William Wordsworth, e rimasto ai margini dei circuiti più ricchi e blasonati del turismo invernale svizzero.
Heidi vs. Blackrock
Smacco tra gli smacchi, persino il cantone dei Grigioni ha votato NO al referendum: parliamo del cantone che ospita Davos: la capitale virtuale del globalismo mondiale che irradia i suoi meravigliosi progetti di “Great Reset” e “Transizione Energetica” in ogni angolo del mondo. E dove i SÌ hanno prevalso.
Grigioni che ospitano, però, anche il paesino di Heidi: Maienfeld, dove invece hanno prevalso i NO. Ecco, la sintesi di questo referendum potrebbe essere che i discendenti di Heidi in cabina elettorale hanno sconfitto i trilionari e i profeti del Great Reset: il “Vecchio dell’Alpe” ha schiaffeggiato Larry Fink e Klaus Schwab.
E al di là di certe immagini più o meno evocative, resta il fatto incontestabile che chi vive la montagna nella sua quotidianità ha votato per tenersi la CO2, e per non rinunciare al suo stile di vita attuale.
Forse perché la gente di montagna tocca ogni giorno con mano il fatto che il disastro climatico previsto dai modelli e strombazzato dai giornaloni da decenni, semplicemente non si è mai avverato: nevica come prima (talvolta di più), si scia come e più di prima, il turismo invernale regala profitti sempre più ricchi (la Svizzera ha mantenuto aperti gli impianti sciistici anche in piena epidemia di Covid) e i ghiacciai non sono mai stati immutabili come i giornaloni vorrebbero farci credere.
Gli altri quesiti referendari
Forse è anche il caso di ricordare che nella stessa tornata elettorale gli svizzeri hanno affossato altri due quesiti “ambientalisti” che si proponevano, tra l’altro, di:
- Togliere gli incentivi alle aziende agricole che usano pesticidi “artificiali”.
- Punire le aziende agricole che allevano più capi di bestiame di quanto l’auto-produzione di foraggio consenta.
In altre parole, si chiedeva agli svizzeri di ridurre la propria produzione agricola e i propri allevamenti, di perdere conseguentemente una quota della ricchezza generata dalle attività in questione, e infine di importare più beni agricoli e più carne dall’estero, verosimilmente di qualità peggiore. Per il “bene dell’ambiente”, ca va sans dire.
Anche in questo caso, gli svizzeri hanno risposto picche, stavolta con percentuali ancora più alte.
Una questione molto politica e poco scientifica
Nonostante il solito incontenibile impulso dei media a liquidare gli elettori che “votano male” come degli egoisti e degli imbecilli, resta il fatto che se nella ZTL di Zurigo i Sì al referendum “salva-ghiacciai” sono all’80%, e alle pendici degli stessi ghiacciai racimolano il 20%, allora è evidente che la questione “climatica”, ben lungi dall’essere reale e percepibile, è invece squisitamente politica.
E giacché di politica si parla, è ancora più evidente che i “grandi temi ambientali” fanno presa su settori ben precisi dell’elettorato occidentale, e in particolare su due pilastri:
- Quelli che si sentono economicamente al sicuro.
Vuoi perché sono straricchi e ritengono di poter addirittura speculare sui provvedimenti “verdi” ammazza-economia (gli Edoavdo e i Vodolfo su cui abbiamo ironizzato). Vuoi perché sono stipendiati più o meno direttamente dallo Stato, e quindi ritengono di essere a riparo dai danni economici causati dai deliri para-sovietici in salsa “green” (e qui troviamo tutti i dipendenti della “Megaditta”: dal Conte Cobram in giù fino a Fantozzi).
2. I “ggggiovani”
Ovvero coloro per questioni puramente anagrafiche nulla o quasi conoscono del mondo. E ancor meno di quel mondo del lavoro che si appresta a trasformarli in carne da cannone sotto-salariata e/o del tutto nullafacente, proprio grazie al pretesto ambientalista.
Soluzioni?
Visto che nei paesi occidentali in cabina elettorale continua a manifestarsi una maggioranza di lavoratori che si preoccupano delle implicazioni economiche dell’ambientalismo demenziale e suicida oggi dilagante, esistono solo due soluzioni alla portata dei fautori della “Transizione”, per evitare che i discendenti di Heidi continuino a mettersi di traverso:
- Incrementare percentualmente la fetta di elettori che non hanno attività economiche personali da difendere. Per esempio, aumentando a dismisura l’assistenzialismo di Stato, e nel contempo scoraggiando, criminalizzando e punendo in ogni modo l’iniziativa economica privata. Magari condendo il tutto con l’estensione del diritto di voto anche ai 12enni.
- Oppure, liberarsi semplicemente dell’inutile fardello della democrazia, che non si rivela funzionale alla trasformazione auspicata dalle menti più raffinate del Pianeta. E passare a forme di governo che rendano la “Transizione” più agevole. Per esempio una bella dittatura, ma rigorosamente “green”, come apertamente auspicato da certi accademici ambientalisti che praticano poco il politichese.
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PS: il mio primo contributo a CM è stato proprio in occasione di una tornata referendaria: quella sulle “trivelle”, affrontata in un trittico che prese il nome di Stupidario Referendario. Sono passati più di 5 anni da allora. E di referendum, da allora, in Italia non se ne sono tenuti più.
purtroppo la seconda delle 2 soluzioni proposte e’ gia in regime di rodaggio,
con buone possibilita di andare in regime permanente.
il vertice della piramide finanziaria , 300 famiglie, braccio operaivo della cuspide
fatta di 13 famiglie secolari, da lungo tempo dietro alle politiche di tutti gli stati
dell’occidente economico ha piu o meno velatamente lasciato intendere che non vremo piu’ una economia tradizionale “bottom up”
ma una nuova di tipo top down in cui ci sara posto solo per loro e i loro servi.
alla stessa maniera non avremo piu un clima ” normale” senza troppe interferenze e cieli sereni liberi da sfregi che ne alterano la bellezza ,
ma manifestazioni sempre piu bizzarre e temperature sempre piu indotte
per il ludibrio di una classe ormai che si rivela sempre piu aliena da noi
Gentile Sig. Lupicino,
sintetizzerei con la vecchia battuta:
<>.
Ma vorrei puntualizzare: se per caso uno Svizzero residente in quei cantoni dove il No ha volato la sentisse definire gli Italiani “cuggggini” dei rossocrociati, prenderebbe il fucile del servizio militare e si eserciterebbe su di Lei al tiro. Non pensi che con uno Zurighese o un Ginevrino Le andrebbe troppo meglio.
Io non credo ai sondaggi, quindi penso che l’esito del Referendum sia sorprendente; mi sarei aspettato almeno il 60% per il No, agli Svizzeri chiedere di alzare le imposte quando hanno un costo della vita assurdo!
La definizione di populista per l’UDC mi sembra alquanto riduttiva.
Mi si permetta una considerazione sugli altri quesiti: l’agricoltura Svizzera è assurdamente sussidiata, la concorrenza è nulla e le barriere doganali rendono i prodotti Svizzeri incredibilmente costosi. Il già citato UDC trova nei contadini un bacino tradizionale, quindi parlando d’agricoltura si scorda di essere un partito altrimenti liberista.
Secondo me il Referendum avrebbe potuto limitare la platea dei beneficiari dei sussidi.
Non ha invece accennato al fatto che la Svizzera è stato il primo paese al mondo a chiedere al Popolo se desiderasse cancellare la legge COVID-19, Il Popolo Bue ha risposto che è contento di tenersela. Quindi: non arrabiamoci se ci viene chiesto di andare in Centro in treno piuttosto che in auto, quando siamo tutti felici di vedere il Governo che decide di regolare l’uscita dal quartiere di residenza con passaporti elettronici o quant’altro.
Se siamo contenti di ciò, saremo felici d’accettare qualunque cosa ci venga chiesta tramite l’amato Governo.
Buona giornata.
La battuta è scomparsa, ma è:
Tutti vogliono tornare alla Natura ma vogliono andarci in Automobile.
Se riesce ad inserirla nel commento può cancellare questa nota.
Tanti saluti.
il 51,6% di contrari a fronte del 48,4% di favorevoli, bah, siamo pari, direi che si possono evitare i pistolotti da una parte e pure i pistolotti dall’altra. qui invece come spesso ultimamente si parte per la tangente come molta facilità, sarà il caldo… Sarà che così si casca nella stessa modalità dell’altra parte che invece si critica.
Caro Massimo, mi permetto 2 osservazioni:
1) gli esempi recenti di referendum sono stati: approvazione della costituzione Europea in Francia e Olanda (bocciata); referendum in Grecia per approvare le richieste tedesche di strozzinaggio (bocciato a maggioranza bulgara, più che greca); referendum brexit. Ci ritroviamo con una costituzione Europea in vigore così com’era stata bocciata, con la Grecia in ginocchio dopo le misure imposte dalla Merkel; e se la May non si dimetteva e la UK avesse targiversato fino allo scoppio del Covid, con una GB saldamente nella UE
2) è ovvio che i cittadini la vedono diversa dai paesani: a Milano dove hai quasi 5 linee metropolitane in un territorio di 200 km2 puoi permetterti di rinunciare all’auto. L’errore è criminalizzare il montanaro che per fare la spesa deve farsi 10 km in salita perché lui alla sua macchina non vuole…e non può… rinunciare. Compito dei politici sarebbe trovare la sintesi, non mettere l’uno contro l’altro…per giunta schierandosi apertamente a fianco di una categoria…la più privilegiata, guarda caso
Gentile Sig. Beretta,
concordo con quanto da Lei scritto ma credo che occorra fare alcune puntualizzazioni: il Referendum Brexit aveva come unico scopo staccare Londra dal continente per tenere unita la Bretagna, l’esito popolare coincise (guarda caso) con i desideri dell’élite (lo vogliamo chiamare Stato Profondo?) ma l’implementazione del Brexit ha richiesto il tempo necessario visti i problemi insiti e tutt’ora non completamenti risolti (blocco navale di Jersey ed arrivo di fregate della Royal Navy).
Concluderei osservando che il mondo tende all’urbanizzazione, quindi il montanaro si troverà sempre più solo e non necessariamente l’inurbato sarà un privilegiato.
Buona giornata
Gentile MB,
Sulla Brexit concorderà che una settimana sì e l’altra pure i giornaloni scrivevano di manifestazioni di indignati che disconoscevano il risultato e dei soliti sondaggi che davano, in caso di nuovo referendum, una vittoria del “remain”. Se la May si fosse dimessa anche solo 5 mesi dopo, i Labour avrebbero vinto le elezioni sfruttando l’effetto covid e la GB avrebbe fatto marcia indietro. E dire che vinse il “leave” perché era l’unico modo di tenere unito il paese, è oggettivamente falso…infatti la Scozia un giorno sì e l’altro pure chiede, oggi, di rimanere nell’U(e)rss. Scozia che, peraltro, è il primo produttore di petrolio del continente…così, giusto per sottolineare l’ipocrisia di certi.
Gentile Sig. Beretta,
mi scuso per rispondere solo ora.
Quanto al suo commento: concordo che i giornaloni facevano grancassa per pubblicizzare un presunto pentimento inglese. Presunto, in caso di replay il risultato sarebbe stato identico. Penso inoltre che un eventuale governo Labour non avrebbe fatto marcia indietro netta, in fondo parliamo d’UK, gente piuttosto seria, avrebbe magari tergiversato con le trattative ma il risultato sarebbe stato il medesimo. Magari con rischi minori di conflitti navali nel Canale della Manica.
Il Brexit ha come scopo principale evitare che Londra si isoli di fatto dall’Inghilterra e di conseguenza dal Regno Unito. Oggi la Scozia, se fosse indipendente, potrebbe chiedere l’adesione all’UE senza scontrarsi con il veto UK. Tuttavia il Regno Unito non resterebbe passivo vedendo la propria propaggine settentrionale, dove alloggia la flotta sottomarina nucleare, guadagnare l’indipendenza: non concederebbe facilmente un secondo Referendum per l’indipendenza e dubito d’infiltrazioni continentali atte a supportare i Braveheart contemporanei. Gli USA, in caso avvenga il fantapoliticamente impensabile, inviterebbero tutti alla calma.
Insomma, gli Scozzesi potrebbero illudersi che l’UE gl’annaffi di €uro come avviene per l’Ungheria o la Polonia, sperare che il petrolio voli a 150 $/barile, magari potrebbero capire che i Piani di Recupero generosamente donati dall’UE vanno ripagati due anni dopo, come gli scozzesi potrebbero accorgersi che la Scozia non fa parte della catena del valore tedesca (salmone e petrolio, eventualmente).
O semplicemente potrebbe accadere che Londra dica ad Edinburgo di tacere, in fondo il Regno Unito è una potenza atomica e la forza dei trattati e della diplomazia sono solo illusioni Bruxellesi.
Non sto negando che il Regno Unito affronti attriti interni, ma non certo provocati dalla Brexit, semmai latenti da decenni.
L’obbiettivo principale è risottomettere Londra e contrariamente ad una certa pubblicistica l’ala dura dei banchieri londinesi non ha mai visto male la Brexit, anzi l’assenza di vincoli esterni permetterebbe d’espandere il modello Isola dei Pirati nell’isola maggiore dopo decenni di collaudo nelle isole della Manica, anche a costo d’entrare in qualche lista grigia. In fondo basta non schiacciare piedi troppo grossi o tenere aperto ufficiosamente qualche canale transatlantico per evitare qualche imbarazzante fuga di dati (oggi si suol dire leak).
Concludo dicendo che il Make Britain Great Again Johnsoniano mi sembra un progetto troppo pesante per un Regno Unito che non può più nascondere faglie interne, ma una (ex) grande potenza deve pensare in grande.
Buona fortuna a chi ha grandi progetti e Buona Giornata.
E’ la riscossa della vecchia aristocrazia (una volta latifondista), uscita dall’epoca post WWII con le ossa rotte, che si è alleata con i parvenue della nuova finanza e della ricchezza del web e dell’industria immateriale, gli utili idioti del 21mo secolo: lo scopo è evidente.
Debellare la classe intermedia, tornare alla cesura tra nobiltà e volgo, senza avere di mezzo tutto quel settore sociale che ha il vizio di innovare, cambiare, pensare e agire in autonomia. Non va bene. Non si deve distribuire la ricchezza.
Il green, l’inquinamento, l’energia, il clima, Gaia e altra baggianate ecc ecc sono solo strumenti per la guerra.
La cosa più triste è che stanno letteralmente fregando il futuro ai giovani, che purtroppo sono i primi – massime per ignoranza del mondo ma anche per incapacità a pensare da soli, ormai diseducati a farlo – a supportare certe idee e certe visioni. L’idea della Natura come la Fattoria di nonna papera, ovviamente, la può avere solo chi non ha mai visto una fattoria..
Le visioni aristocratiche sulla società, peraltro, non sono nè originali nè nuove (basta pensare a gli scritti di Malthus, di Darwin, di Galton e parentame vario dell’ottocento) ma ideologia puramente al servizio del mantenimento di privilegi della propria casta sociale.
Vorrei fare un osservazione. Il voto delle aree di alta quota è dato sopratutto da contadini e agricoltori che sanno esattamente che la natura è bella ma la terra è bassa.
Temi rilevanti:
– democrazia: in altri luoghi rifarebbero il referendum (magari sotto altro nome)
– UE: sche sfiga che la svizzera non sia in UE e non possa godere del Recovery Fund e del Green Nwe Deal
– scollamento tra propaganda mainstream e realtà
– ambientalismo come lotta di classe
– politica travestita da tecnica
Gentile Sig. Luebete,
stia tranquillo, l’applicazione dell’esito del referendum sull’immigrazione del 2014 ha avuto un percorso accidentato e concretamente non è stato totalmente applicato.
Al Referendum del 2020 il Popolo ha risposto secondo i desiderata, alla faccia del partito di maggioranza, ovvero l’UDC.
Tutto il mondo è paese.
Buona Giornata