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Tutti i toni del verde

Il verde, si sa, è di gran moda. Non da oggi, ovviamente, avendo già donato le proprie caratteristiche alla materia più ambita del pianeta, i verdoni… Ma, recentemente, sta davvero colorando le nostre vite. Colora un gas come l’idrogeno, in questo caso in concorrenza con quello blu; colora il carburante, facendo più danno che guadagno; colora l’energia, su cui regna sovrana una mostruosa disinformazione in termini di capacità reali delle cosiddette fonti alternative; colora il nostro futuro e, dulcis in fundo, il nostro presente: è bastato assegnare il verde al pass dell’immunità da Covid per trasformarlo da controversa materia di diritto sociale a provvedimento salvifico per la ripartenza post pandemia.

Ma colora anche il mondo, solo che nessuno lo sa e, quei che pochi che invece lo sanno, fanno serenamente finta di niente. Il global greening è materia che su queste pagine avete già visto spesso. Piaccia o no, e non vedo perché non dovrebbe piacere, oggi il pianeta Terra è consistentemente più verde di ieri, intendendo con questo passato soltanto qualche decina di anni fa, in buona sostanza lo stesso periodo in cui ci siamo incamminati verso il global warming, cambiamento climatico, disfacimento climatico, disordine climatico.

Torniamo però a parlarne perché c’è un altro lavoro, che dopo quello che può ritenersi seminale di Zhu et al., del 2016, che ha messo in evidenza un trend positivo del Leaf Area Index (LAI) decisamente significativo, compie un ulteriore passo avanti:

Satellite Leaf Area Index: Global Scale Analysis of the Tendencies Per Vegetation Type Over the Last 17 Years – Munier et al., 2018.

Il LAI è un indice che esprime la quantità di superficie occupata da vegetazione, espresso in centesimi di metro su metro quadro, se assume il valore 1 significa che quanto rilevato dal satellite, se disposto su di un piano occuperebbe appunto un metro quadro. Ma, esistono, al di là di quanto detto in apertura, diversi tipologie di verde. Piante stagionali, sempreverdi, coltivazioni, tappeti erbosi e così via. Nel paper se ne individuano ben 6, distinguendo i trend per ognuno di questi. Il tutto riassunto nelle figure sotto.

Riprendendo le analisi di attribuzione di Zhu et al., in cui il 70% del trend positivo è assegnato alla fertilizzazione da CO2 e l’8% al climate change (qualunque cosa questo voglia dire), risulta che una parte importante delle (disastrose ?!?) tendenze climatiche attuali – identificabili in un aumento della temperatura media globale di 0,8 decimi di grado dal periodo pre-industriale – sta avendo l’effetto immediato di… rendere il pianeta più verde.

Una disdetta, davvero.

Enjoy.

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Published inAttualità

11 Comments

  1. Brigante

    Sto cercando di spiegare a mio figlio che Egizi, civiltà dell’Indo, Cinesi, ecc. hanno abbandonato la vita nomade di cacciatori-raccoglitori, grazie ad un progressivo raffreddamento climatico, che ha favorito l’espansione dei grandi deserti che li circondavano, costringendoli a vivere lungo i fiumi e in comunità sempre più grandi. Al warming corrispondente al nostro medioevo, non si sono invece adattati i popoli della mesoamerica, dell’indocina e del Sudafrica, tanto per fare qualche esempio, e così sono scomparsi. Al clima basta adattarsi, e si possono ottenere anche vantaggi, e il global greening è uno di questi. Non dimentichiamo che 1/3 delle terre emerse è poco o per nulla abitato perché troppo freddo anche per noi civiltà del XXI secolo.

  2. Virgilio Bardini

    In tutti questi anni la CO2 è stata rappresentata come una specie di Covid dell’atmosfera quando invece è un alimento per le piante!

    • ale69

      esatto 6H2O+6CO2 {+luce}=C6H12O6+6O2

      fotosintesi luminosa ( perchè c’è anche quella oscura)

      acqua+anidride carbonica= glucosio+ ossigeno

  3. Andrea Beretta

    Gentile Mauro, lei ha ragionissima: la pagina “green” del tg1 è un ulteriore balzello che dobbiamo pagare alla rai, dopo il canone e l’incensazione del primo ministro del momento (e altri misteri, tipo le fiction onnipresenti nei palinsesti, e recitate pietosamente). Tra l’altro, viene fatto un gigantesco calderone dove si mescolano CO2, inquinamento, mare sporco, cambiamento climatico, specie in via d’estinzione e chi più ne ha, più ne metta. Soldi nostri, spesi male per non voler dire spesi contro di noi. Ragion per cui, ho smesso di guardare il tg1. Non serve, ma aiuta, se posso consigliare…

    • Luebete

      Se ricorda anche il Sars-Cov2 viene messo nel caderone: CO2–>Cambiamento Climatico–>Pipistrelli che migrano–>Pandemia…

      Cito:
      le soluzioni caldeggiate con più insistenza per proteggersi dal contagio sono più o meno le stesse già imposte o proposte per affrontare altre emergenze del passato: la digitalizzazione di scuola, politica e lavoro, la sorveglianza di massa e la compressione delle libertà individuali, la limitazione dei consumi e dei movimenti, i pagamenti elettronici, la censura delle informazioni «false», l’estensione degli obblighi di vaccinazione, le cessioni di potere ai tecnici, l’accensione di nuovi debiti pubblici e privati, l’accelerazione dei processi di integrazione sovranazionale ecc. Il fatto che a emergenze diverse corrispondano soluzioni sempre uguali dovrebbe sollevare molti dubbi, se non sulla genuinità dell’allarme di volta in volta lanciato, almeno sulla sincerità dei «salvatori» e dei loro moventi.

      http://ilpedante.org/post/un-culto-di-morte

  4. MAURO

    sicuramente dietro al programma co2= zero non ci sono gli interessi del pianeta e delle persone, lo capisce anche chi non è un esperto dalla pressione sull’argomento che occupa una parte del tg1 rai, per esempio, da 3 anni a oggi ogni santo benedetto giorno

  5. Luca Maggiolini

    Ci sarà sicuramente qualcuno che invertirà i colori, sostenendo che si è trattato di un errore del computer nella creazione delle mappe…..
    Del resto, per capire il livello medio di comunicazione del mondo “ECO” (qualunque cosa voglia dire eco) basta vedere la patetica pubblicità di Greenpeace che gira ultimamente: quella sulle api, per intenderci. Nessuno sa perchè si riducano TRANNE Greenpeace, loro sanno già tutto.
    Prima le foreste, poi l’orso artico, quindi il pinguino, ora le api. Quale sarà il prossimo bersaglio di comunicazioni false e fuorvianti?

    • Valerio

      Che poi, sarà vero che le api stanno scomparendo? Nella mia piccola realtà di campagna, vedo che di anno in anno sono sempre più numerose. Forse vivo in un’isola green felice e non me ne sono ancora reso conto?

  6. fabio

    Grazie per l’articolo come grazie per tutto quello che pubblichi – mi permetto di usare il tu perché sono un collega in pensione – per contrastare, con la forza delle idee e della scienza vera, tutte le castronerie che vengono propinate al popolo credulone sul ben noto argomento dei cambiamenti climatici e della lotta ai (!!??). Anche in questo caso molti articoli “riescono” a dire la Verità anche se scomoda e non si sa il perché ed a beneficio di chi non viene detta, almeno quasi mai. Buon lavoro a te ed a tutto Climatemonitor,
    Fabio

    • Franco Caracciolo

      Un caro saluto da Franco Caracciolo di Pescara.
      Un piacere condividere questo luogo di libero scambio di idee alternative qui nel cuore del “villaggio di Asterix”…

  7. rocco

    Grazie per la condivisione.
    Non sono un botanico. Nel record geologico pollinico l’espansione delle erbe (grassland) si interpreta in genere come tendenza a climi più aridi (spesso anche più freddi). Dalle mappe mostrate si vede che un po’ tutti i tipi di vegetazione si espandono, ma non in maniera uniforme. In Asia sembra esserci una leggera restrizione delle piante arboree (che necessitano più umidità) rispetto ai grassland, più aridi. Sicuramente non si vede un trend catastrofico (apparentemente), ma un cambiamento si (la stabilità non è di questo mondo).
    Occhio ad interpretare in maniera troppo semplificata (per divulgare) una realtà naturale che è sempre complessa e difficile da raccontare.

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