Il bacino fluviale del Gange-Brahmaputra-Meghna, che comprende aree di India, Nepal, Butan, Tibet, Bangladesh, Assam, è il terzo al mondo per portata, dopo quelli del Rio delle Amazzoni e del Congo. Come si immagina facilmente, rappresenta una grande ricchezza per le popolazioni, sotto molti punti di vista, non ultime le alluvioni che trasportano limo fresco per un’agricoltura rigogliosa.
Sono però presenti anche esondazioni violente che causano morti e distruzione relativamente alle quali è importante studiare le portate fluviali e le loro variazioni. La narrativa AGW, fatta soprattutto tramite modelli climatici, prevede aumenti delle esondazioni catastrofiche (diminuzione delle emissioni di aerosol e conseguente rafforzamento del monsone asiatico; maggiore scioglimento dei ghiacci delle catene montuose dovuto al riscaldamento globale) dovute all’attività umana e vorrebbe proporre soluzioni.
La capacità di previsione e quindi di soluzioni è limitata dal fatto che mancano osservazioni di lunga durata del flusso del fiume: quelle disponibili sono poche e frammentarie. Una delle più lunghe e complete è una serie misurata alla stazione igrometrica di Bahadurabad, nella parte più vicina alla foce del bacino fluviale: copre a passo mensile il periodo dal 1956 al 2011, con molti mesi mancanti, soprattutto nella parte finale.
Per poter disporre di una serie estesa e omogenea, un gruppo di ricerca ha ricostruito la portata annuale del fiume, a partire dagli anelli di accrescimento degli alberi, tra il 1309 e il 2002. La crescita degli anelli è legata (anche) all’idrologia della regione e quindi alle precipitazioni monsoniche e al loro massimo che avviene nei mesi di luglio, agosto e settembre. Il modello, allora, ricostruisce la portata relativa a questi mesi.
Tutto questo viene descritto in un lavoro, Rao et al. (2020), in cui esperti dendrologi (io conosco Edward R. Cook, Benjamin J. Cook, Rossanne D’Arrigo, Maria Uriarte, ma credo che anche gli altri lo siano. E nessuno dei due Cook è il famigerato John Cook, psicologo australiano, del consenso al 97%) hanno modellato (ricostruito) la portata del Brahmaputra su quasi sette secoli e verificato che le osservazioni non sono sufficienti per definire la portata del fiume; anzi, secondo loro, sottostimano la realtà del 24-38%.
Forse è vero, e il lavoro sembra scrupoloso, ma da troppo tempo siamo abituati a vedere che le osservazioni che non si adattano ai modelli vengono considerate poco attendibili e che i modelli (tutti rigorosamente con RCP8.5) diventano qualcosa di più simile al vero rispetto alle osservazioni stesse, per cui, in queste situazioni, si accende un campanello di allarme e sale uno scetticismo preventivo su metodi e risultati.
Nella ricostruzione si può notare che la portata è stata mediamente costante fino a circa il 1840, quando ha iniziato a diminuire, raggiungendo un minimo circa nel 1980. Dopo questa data il flusso del fiume è salito velocemente (tra ampie oscillazioni) fino alla fine della serie. Non credo ci sia una relazione semplice tra anelli, precipitazioni e portata, da cui derivare che, ad esempio, diminuzione di flusso significa anelli più stretti e quindi minori precipitazioni; per questo non tenterò associazioni di questo tipo. Osservo solo che, dal grafico e dalla linea rossa dei dati filtrati, sono presenti tre andamenti simili, di una più lenta diminuzione del flusso e di un successivo veloce aumento, con minimo negli anni 1450, 1680, 1980 e con un ritmo di poco superiore ai 200 anni come viene messo in evidenza dal massimo spettrale di 232 anni.
Gli autori sono stati chiari: il flusso ricostruito è quello dei tre mesi di massima attività monsonica e quindi non è corretto confrontarlo con i dati di portata, osservati direttamente alla stazione igrometrica.
Pur essendo consapevole di questo aspetto, voglio però mostrare anche i dati osservati e il loro spettro in figura 2. Mi propongo di riprendere subito dopo il confronto tra elementi omogenei.
Intanto noto che la portata minima del fiume, nei 56 anni di osservazioni, non scende mai sotto i 3000 m3/s, ed è quasi costante, mentre la portata massima mostra notevoli fluttuazioni, senz’altro dovute alla quantità di precipitazione che il monsone porta con se e alle differenze tra i periodi monsonici e non; pur non volendo distinguere qui (lo farò successivamente) il periodo monsonico di luglio-settembre, osservo che il massimo assoluto di questa serie si ha tra gli anni 1996-2000 con almeno tre picchi di oltre 64000 m3/s, seguito da massimi tra il 1988 e il 1995 e, con portate inferiori, tra il 1974 e il 1977 e tra il 1966 e il 1968. C’è poi, alla fine della serie e quindi difficilmente classificabile in modo corretto, un massimo di oltre 60000 m3/s tra il 2010 e il 2012.
E’ difficile non associare le portate massime del fiume con le piogge indotte anche da El Nino, ovvero con l’interazione monsone-ENSO, (per un confronto, ad esempio, usare questa lista Nino-Nina). Vediamo che i periodi di portata massima sono concomitanti con gli El Nino, come mostra la tabella 1.
Portata max | El Nino | Classificazione, altri |
1996-2000 | 1997-98 | molto forte; 1994-95, moderato |
1988-1995 | 1987-88 | forte; 1991-92, moderato; 1994-95, debole |
1974-1977 | 1972-73 | forte; 1976-77 e 1977-78, deboli |
1966-1968 | 1965-66 | forte; 1968-69, debole |
2010-2012 | 2009-10 | moderato |
Per quanto, come detto, non sia opportuno, mostro anche il confronto tra lo spettro della serie ricostruita e quello della serie mensile osservata. Si osservano vaghe somiglianze, ma nei tratti essenziali i due spettri sono diversi.
Ora torno al confronto tra elementi omogenei e calcolo la portata media JAS (di luglio, agosto e settembre) mediando i valori dei tre mesi, disponibili per tutti gli anni della serie osservata tranne il 1971, che mostro nella figura successiva, confrontata con la serie ricostruita.
Come si vede facilmente, l’osservazione e la ricostruzione sono notevolmente simili, anche se gli spettri sono abbastanza diversi.
Non lo posso dire con certezza, ma credo che gli autori abbiano usato la concordanza di figura 4 per affermare la bontà della ricostruzione sull’intero periodo di sette secoli tanto è vero che, seguendo il titolo del lavoro: “… demonstrate underestimated high discharge …”, confrontano (nella loro figura 3a) la media di 56 anni con quella di 700 anni e dichiarano che i dati osservati sono “sotto” (inferiori a) quelli ricostruiti (evidentemente considerati veri su tutta l’estensione della serie) del 24-38%.
Questa affermazione mi sembra un po’ azzardata: pur venendo da dendrologi molto sicuri della loro capacità di ricostruzione, non credo che i dati degli anelli permettano una simile estensione temporale delle associazioni trovate su un breve periodo, anche guardando alle differenze tra gli spettri che sembrano descrivere due situazioni diverse anche se con qualche similitudine.
Ricordo un lavoro di due degli autori attuali (Rosanne D’Arrigo, Edward R. Cook, Rob J. Wilson, 2005) in cui si ricostruisce, prima sullo stesso periodo dei dati osservati (1859-1978) e poi su un’estensione temporale quasi quattro volte maggiore (1400-1858), la serie ENSO: nella loro figura 2 gli spettri delle tre serie mostrano gli stessi massimi e fanno capire come le ricostruzioni siano quanto meno accettabili. Qui purtroppo non è possibile mostrare la stessa omogeneità tra gli spettri, per cui credo che lo scopo dell’articolo (una più rigorosa misura della portata del Brahmaputra) non sia stato raggiunto; e la forzatura del confronto tra le due medie (una su 700 anni contro una su 56 anni) getta un’ombra anche sulla ricostruzione estesa della portata del fiume al di là del periodo osservato.
Bibliografia
- Mukund P. Rao, Edward R. Cook, Benjamin I. Cook, Rosanne D. D’Arrigo, Jonathan G. Palmer, Upmanu Lall, Connie A. Woodhouse, Brendan M. Buckley, Maria Uriarte, Daniel A. Bishop, Jun Jian & Peter J. Webster: Seven centuries of reconstructed Brahmaputra River discharge demonstrate underestimated high discharge and flood hazard frequency, Nature Commun., 11, 6017, 2020. https://doi.org/10.1038/s41467-020-19795-6
- Rosanne D’Arrigo, Edward R. Cook, Rob J. Wilson, On the variability of ENSO over the past six centuries, GRL , 32, L03711, 2005. http://dx.doi.org/10.1029/2004GL022055
Dati e grafici nel sito di supporto
Ho trovato due errori estetico-funzionali nel post:
1) La didascalia di figura 1 non è stata differenziata nel carattere come le altre: finisce a “spettro MEM della serie”.
2) Il link alla figura 3 di Rao et al. ha un errore di battitura: invece di … http://www.zafzaf.it si ha http://www.zafzaf-it (-it invece di .it). Franco
Tutto sistemato Franco. Grazie della segnalazione e scusa per l’errore di editing.
gg
i ghiacciai del Karakorum sono in crescita ( Slight mass gain of Karakoram glaciers in the early twenty-first century https://www.nature.com/articles/ngeo1450 ), anche se non prendono parte al bacino idrografico del Brahmaputra.
ma volevo citarvi alcuni passi dell’ l’inno 32 del primo mandala del Rg Veda:
“1. Dichiarerò le gesta virili di Indra, le prime che egli compì, l’incantatore di tuoni. Egli uccise il Drago, poi svelò le acque e aprì i canali dei torrenti della montagna.
2. Uccise il drago che giaceva sulla montagna: il suo fulmine celeste di tuono Tvastar lo modellò. Come una vacca muggente in rapida discesa, le acque scivolarono verso il basso fino all’oceano.
3. Impetuoso come un toro, scelse il Soma e in tre bicchieri sacri ne bevve i succhi. Maghavan afferrò il tuono come arma e colpì a morte questo primogenito dei draghi. 4. Quando, Indra, hai ucciso il primogenito del drago e hai vinto gli incantesimi degli incantatori, Allora, dando vita al sole, all’alba e al cielo, non trovasti un solo nemico che si opponesse a te.
5. Indra con il suo grande e mortale tuono fece a pezzi Vrtra, il peggiore dei Vrtra. Come i tronchi degli alberi, quando l’ascia li ha abbattuti, basso sulla terra, così giace il Drago prostrato….”
Secondo alcuni commentatori, Vrtra (il drago giacente sulla montagna che blocca le acque) altri non è che un ghiacciaio.
Evidentemente ci fu un periodo della storia del nord dell’India in cui fece molto freddo , tanto da ridurre il corso dei fiumi e poi vi fu un periodo migliore in cui i ghiacci si sciolsero consentendo l’irrigazione dei campi.
Caro Franco,
siamo alle solite: dai dati di un periodo temporale molto limitato, si vogliono dedurre conclusioni relativi a periodi temporali lunghissimi. Nella fattispecie il rapporto tra lunghezza del periodo di dati misurati e quello di dati ricostruiti è 5/70 circa. Un’estrapolazione che grida vendetta dinanzi a dio ed agli uomini. 🙂
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Passando dal generale al particolare, mi ha incuriosito la figura 4 del tuo articolo. La ricostruzione ed i dati coincidono fino al 2000, successivamente divergono. Nel primo riquadro della figura 1 noto che il trend di aumento della portata, prosegue anche dopo il 2000, dando luogo ad un lungo periodo di aumento delle portate che è “unprecedented” nella serie. Al netto della tua figura 4, la ricostruzione conferma una tendenza alla crescita delle portate del fiume nell’ultimo periodo (ultimo secolo, circa), ma ciò è frutto di una ricostruzione che sopravvaluta le effettive portate del fiume dopo il 2000. Un ulteriore, evidente esempio di come si possono “piegare” i numeri alle proprie convinzioni.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
purtroppo credo che avremo a che fare sempre più con tentativi di forzare i
dati verso una idea artificiale dei fenomeni. Abbiamo toccato con mano i
lavori di Bova et al., 2021 (http://www.climatemonitor.it/?p=54350) e di
Mann et al., 2021 (http://www.climatemonitor.it/?p=54586) e questo sembra
proprio inserirsi nello stesso filone. La cosa mi dispiace perché ho una
considerazione positiva degli autori, avendo seguito molte volte i loro
lavori e avendo avuto rapporti epistolari con Rob Wilson (lui e Rossane D’Arrigo
lavorano abitualmente insieme).
La struttura spettrale dei dati osservati e ricostruiti però non lascia
dubbi: malgrado l’apparente somiglianza, le due serie hanno struttura
diversa e qualunque informazione possiamo inferire o estrapolare dalla
ricostruzione ha poco significato, e l’RCP8.5 non aiuta ad avere fiducia.
Il fatto che in figura 4 le parti finali delle due serie siano tanto diverse
credo sia una conseguenza delle scelte fatte a monte, nella definizione del
modello. Ciao. Franco