Grande rilievo è stato dato dai media al recente annuncio di Volvo di produrre solo autoveicoli elettrici a partire dal 2030. Annuncio che segue a ruota, a mo’ di copia-e-incolla, quello fatto pochi giorni prima da Jaguar / Land Rover: anche loro tutte elettriche entro il 2030.
Condivisa la commovente notizia, vorrei aggiungere anche qualche riflessione. Consapevole di infrangere in questo modo l’ultima tavola della legge promulgata dal New York Times, che in un recentissimo editoriale emblematico dei tempi in cui viviamo, invita a “non usare il pensiero critico per come ci è stato insegnato” (letteralmente), altrimenti non saremo in grado di “combattere la disinformazione”.
Mi autodenuncio per “uso del pensiero critico” e vado avanti. Mi porterete le arance in un campo di rieducazione su Second Life.
Gosplan 2030
Per chi mastica un minimo di storia e/o ha qualche reminiscenza di un passato non troppo lontano, gli annunci come quelli delle case automobilistiche in questione hanno un sapore vagamente…sovietico. Erano i sovietici, infatti, a pretendere di pianificare lo sviluppo economico dei disgraziatissimi paesi dell’Unione sulla base di piani quinquennali: i famigerati Gosplan, attraverso i quali la tecnocrazia traduceva in azione (o fingeva di farlo) le richieste del Politburo, ovvero dell’élite del partito comunista sovietico. Richieste del tutto scollegate dalle logiche domanda-offerta, che appartenevano invece al pensiero sacrilego dominante dall’altra parte della cortina di ferro.
Gli annunci delle case automobilistiche, che a loro volta rispondono alle richieste draconiane imposte a livello europeo in fatto di emissioni, dimostrano che il Gosplan è ancora vivo e lotta insieme noi. Perché non c’è nessuna logica di mercato nell’imporre prodotti che il consumatore non vuole, ad un prezzo enormemente più alto rispetto a quelli attualmente disponibili.
E per giunta con vincoli temporali che non hanno nessun senso: né tecnologico (la rete di distribuzione elettrica e i sistemi di generazione non saranno mai pronti per allora). Né tantomeno economico, considerato lo stato di prostrazione della classe media, da sempre sbocco di riferimento per la vendita di autoveicoli, e ormai sempre più compressa verso modelli di precarietà e di neo-povertà difficilmente compatibili con l’acquisto di beni di lusso.
Stessi attori, nomi diversi
Chi partoriva i Gosplan 70 anni fa non era interessato al “mercato”, ma aveva sicuramente degli obbiettivi da perseguire. Ad esempio, mantenere occupata la classe operaia, magari in cose di dubbia utilità, ma che comunque dessero da lavorare a tutti. Alimentare l’industria bellica, proiettare un’immagine di forza e di produttività dall’altra parte della barricata, e tante altre cose che il Politburo riteneva fossero importanti. Ma oggi? A chi giova la deriva dirigista e iper-pianificatrice che piccona quotidianamente quel che resta del capitalismo occidentale?
Per rispondere a questa domanda bisogna prima identificare l’equivalente odierno del Politburo. Che si può riconoscere facilmente nell’apparato tecno-finanziario che ormai da tempo detta agende e piani di azione a istituzioni sovra-nazionali che a loro volta li impongono in cascata agli stati nazionali: con la carezza del salvamondismo, o con la minaccia di punire economicamente e politicamente chi non si allinea.
Per iper-semplificare e per brevità, il “Politburo 2.0” di oggi si può quindi identificare con “il Partito di Davos”, che come tutti i partiti ha la sua bella piattaforma politica accessibile a tutti online, e che in questo caso prende il nome, invero assai evocativo, di “Great Reset”.
Tutti a casa
La scelta di Jaguar/Land Rover e Volvo trova senz’altro una sua giustificazione nella volontà di focalizzarsi su un mercato sempre più di nicchia: ovvero con pochi clienti, ma disposti a spendere tanto. Il discorso si complica maledettamente, tuttavia, per le società automotive “convenzionali”: quelle, cioè, che producono volumi molto elevati di automobili facendo leva sulle economie di scala e sulla capacità di gestire margini di profitto unitario molto sottili.
Di fronte ad una stretta ulteriore dal punto di vista normativo, mediata soprattutto attraverso i “crediti verdi” che facilitano un trasferimento brutale di denaro a beneficio delle società automotive “green” da parte di quelle “convenzionali”, queste ultime sono destinate a morte certa. Morte che si intravede dal gap ormai abissale tra le quotazioni in borsa di una Tesla e quelle di una General Motors, a parità di indicatori economici.
Morte che si porterà dietro numerose implicazioni, prima di tutto in termini di scomparsa di milioni di posti di lavoro nella catena produttiva. In secondo luogo, nei termini di una perdita globale di mobilità. Perché una cosa è certa: se i posti di lavoro spariscono, i salari decrescono, e il costo del bene “automobile” e quello della bolletta energetica aumentano a causa dell’implementazione del Gosplan 2030, allora sempre meno gente sarà in grado di comprare una automobile, o di sostenere i costi necessari a farla viaggiare.
E quindi tutti a piedi. Tutti, tranne una élite di consumatori abbastanza benestanti da potersi permettere di sfrecciare con silenziosissimi veicoli elettrici, nello stupore sconsolato di una maggioranza di straccioni neo-appiedati.
Privati del diritto alla mobilità nel nome di una malintesa salvaguardia del “bene comune” o di una “catastrofe climatica” che mai si è materializzata, né tantomeno promette di farlo in futuro. Riportati indietro di un secolo alla condizione dei loro antenati che nel guardare i pochi fortunati alla guida di una automobile, avevano almeno il conforto della speranza di poterlo fare anche loro, un giorno.
Che lo scenario appena delineato non sia frutto di delirio complottista lo certifica il già citato Partito di Davos: sono loro ad annunciarci che (ovviamente nel fatidico 2030) non “possiederemo nulla”, ma “saremo felici”. Dove “nulla” significa anche l’automobile, ca va sans dire.
Un futuro già scritto?
Non possiederemo una automobile, ma a nessuno verrà negato un computer, un laptop, un telefonino e un profilo sui social (a meno che l’esercizio del “pensiero critico” aborrito dal New York Times non ci porti al ban dagli stessi social e alla morte sociale conseguente).
Perché una società in cui tutti stanno a casa, impossibilitati a muoversi, magari senza un lavoro e con un salario minimo garantito dallo Stato, è una società in cui tutti saranno sempre più dipendenti da uno stramaledettissimo schermo, dai suoi contenuti e dalle sue funzioni. A beneficio esclusivo di coloro che eserciteranno il diritto quasi-divino di riempirli di contenuti, quegli schermi, arricchendosi di conseguenza: i veri ispiratori delle delibere del Politburo 2.0.
Quanto alle auto: semplicemente non serviranno più: perché si farà la spesa online solo con Amazon. Perché a sciare ci andremo in soggiorno con la Nintendo, potenziata da esperienze 3D e realtà virtuale. Perché i nostri incontri li faremo esclusivamente su Facebook, Twitter o chi per loro, mica in carne ed ossa.
Le auto non serviranno, perché faremo tutti lo “stupid working” standocene a casa, producendo zero e surfando tra un porno e un acquisto su Amazon mentre qualche collega articola la mandibola da una finestrella ben nascosta in un angolo dello schermo.
Falliranno in tanti: case automobilistiche “non-green” con tutto il loro indotto, piccoli esercenti, operatori turistici, ristoratori, piccoli imprenditori, professionisti. Si arricchiranno spaventosamente in pochissimi: con in cima alla lista le mega-corporations high-tech che saranno arbitri unici delle nostre miserabili vite da reclusi nullatenenti. Appiedati, “ma felici”.
È il Great Reset, bellezza. Ed il peggio, deve ancora venire.
Condivido l’articolo e mi sorprendo di trovare ancora qualche tribu di indomiti Galli sognatori. A questa gente dei display e simili farei notare quanto numerose, ingombranti e inquinanti sono diventate le auto per colpa loro, mentre le città diventavano sempre più strette, sporche e affollate. Ora vediamo che piani ha il coronavirus. Grazie.
Quando la notte è più buia, l’alba è vicina. Lo disse Lelio Basso in tempi sicuramente più bui di questo e di “Reset” sanguinoso. Sarà anche consolatorio, ma credo che quando tutte queste “pianificazioni” sembrano sul punto di realizzarsi pienamente ed i pianificatori perdono la cautela necessaria per far credere che tutto avvenga per caso, quello è il momento in cui tutto può cambiare in una direzione del tutto imprevista e salutare.
Cara Rosa, bisogna capire quanto e’ buia questa notte, e quanto ancora piu’ buia puo’ diventare prima di rischiarare… Comunque le analogie con l’Unione Sovietica qualcosa dovrebbero insegnare: anche il potere apparentemente piu’ solido puo’ sgretolarsi quando meno uno se lo aspetta. Se e’ vero che le distopie segnalano l’insostenibilita’ dell’architettura (e in unione sovietica si sprecavano), allora forse anche noi ci siamo piu’ vicini di quanto sembra.
Bellissimo articolo, che rispecchia quasi interamente ciò che penso.
L’auto elettrica è una follia degna dello sterminio dei kulaki.
Abbiamo:
-La distruzione della libertà di movimento delle persone data dalla mobilità privata accessibile alla massa, una delle principali conquiste del XX secolo.
La guerra all’auto, che va avanti da decenni, trova la sua soluzione finale.
-Per la CO2 non serve a nulla: ormai è ampiamente dimostrato come l’auto elettrica, nel complesso, non porti alcun vantaggio in tal senso, a meno di non pensare che batterie ed energia vengano prodotte per magia.
-Inquinamento locale: effetti ormai del tutto trascurabili, dato che le auto normali inquinano pochissimo da almeno 10 anni, e siamo ormai in presenza di un accanimento ideologico del tutto scollegato dalla realtà.
-Ovviamente buttano miliardi (nostri) in questa tecnologia, e nulla nei carburanti sintetici, che potrebbero salvare capra e cavoli (pur non condividendo, ovviamente, la “loro” posizione sull’anidride carbonica).
Purtroppo si stanno avverando scenari descritti da Orwell, Huxley ed altri; si stanno ripetendo soprusi e follie collettivistiche ed autoritarie di un secolo fa.
Finchè la gente si fa lobotomizzare dalla tv e dalla propaganda di regime (ciò che chiamano “giornalismo professionale”) non vedo miglioramenti all’orizzonte.
Caro Guidi, lungi da me a sbandierare complotti (cosa significa “complotto”, poi, è tutto da definire), nè tantomeno vorrei che questo bel blog sia etichettato dai redattori del gosplan un nido di complottisti.
Ma, se nel 2008, veniva fatta una profezia, che pare essersi avverata (fin dai primi giorni della pandemia si sono ripetute le frasi “questa è una guerra” e “niente sarà più come prima”) e se anche un altro guru dell’informatica (Bill Gates nel 2015 annunciò il pericolo di una pandemia) e se i grandi ricchi (guarda caso i primi 5 sono tutti del settore informatico) sono tutti diciamo “ambientalisti” con in mente una nuova organizzazione mondiale…
Beh, 2 sono le conclusioni:
– o abbiamo a che fare con i migliori profeti dai tempi di Nostradamus;
– o abbiamo a che fare con una pianificazione.
Tra l’altro, molti di questi profeti informatici si definiscono transumanisti.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Per il momento mi sto comportando come Donato Barone, e lo farò fino a quando
non verranno imposte leggi in cui per vivere bisogna diventare un avatar virtuale, ossia nel 2050 secondo la profezia del fu Casaleggio e data in cui dovrà avverarsi il protocollo di Parigi.
Coincidenze?
Devo dissentire.
In primo luogo con questo nuovo format del blog: i caratteri con cui si scrivono i commenti sono eccessivamente minuscoli per i miei occhi ormai decotti, per cui vi prego di perdonare eventuali e probabili errori di ortografia. Non è che anche qui qualcuno vuole limitare l’espressione del pensiero critico? 🙂 🙂 🙂
In secondo luogo io non mi arrenderò mai all’idea che l’Uomo rinuncerà del tutto al pensiero critico. Arrivati ad un certo punto ne avremo (pardon ne avranno, perché per ragioni anagrafiche non credo che lo vedrò, fortunatamente) abbastanza del politicamente corretto e di tutte le altre stupidaggini simili e si ribelleranno. Allo stesso modo in cui l’Uomo si è sempre ribellato. A meno che non saranno talmente idioti da farsi installare qualche chip nel cervello per essere sempre connessi.
In questo deprecabile caso, cui, però, tendono diversi “maestri di pensiero” contemporanei, meriteranno di estinguersi, perché veramente hanno rinunciato al pensiero critico, hanno rinunciato alla loro umanità e, quindi, perché dovrebbero ancora sopravvivere?
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Questo che vedete è l’unico ambiente virtuale in cui interagisco con gli altri: non possiedo telefoni cellulari, non sto su facebook, neanche su wathsapp et similia. Sono orgogliosamente, testardamente legato ai contatti umani e li reputo enormemente più costruttivi delle stupide macchine con cui ormai la quasi totalità dell’umanità interagisce. Questo comporta la necessità di spostarmi, di utilizzare molto la macchina e lo faccio volentieri. Io ho bisogno del contatto umano. Stamattina ho percorso 70 km (più altri settanta per tornare) utilizzando una macchina diesel (abominio e dannazione!) per poter parlare con un essere umano e discutere con lui come impostare una pratica. Erano giorni che tentavo inutilmente di contattarlo telefonicamente o digitalmente.
Non sono affatto pentito della scelta: guardandoci negli occhi abbiamo concordato il percorso più indolore e più logico per arrivare alla conclusione dell’iter burocratico.
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Mi diranno che sono anziano, che non ho a cuore il futuro delle nuove generazioni che non sono un adoratore di Greta o di Gaia ed altre stron….te del genere. Francamente me ne frego. Fino a che avrò la fortuna di mettere i piedi nelle scarpe, continuerò a comportarmi in questo modo: voglio vivere, non vegetare, voglio discutere con altri esseri umani e non con un computer o un device. Alla faccia del politicamente corretto, di Greta, degli abitanti del pollaio e di tutto il resto dei menagramo che ci stanno rubando la vita.
Viva il villaggio di Asterix!
Ciao, Donato.
grande reset…
e quindi non era una invenzione di fantasia quella del fu Casaleggio quando nel filmato “Gaia” https://www.youtube.com/watch?v=rx46BpHQ2mo indicava il 2020 come data per una nuova guerra mondiale combattuta con armi biologiche.
Tutto pianificato, quindi appare, anche la lotta ai cambiamenti climatici e la flautolenza dell’AGW.
Rocco,
evitiamo riferimenti interni ai nostri confini e, soprattutto, evitiamo complottismi. Il mondo va così perché così siamo noi, come siamo sempre stati. Cambiano solo i ruoli e i mezzi.
ATTENZIONE PERCHE’ NEI FUTURI CAMPI DI RIEDUCAZIONE SARANNO CONFINATI SOLO DEGLI AVATAR VIRTUALI.
I VERI DISSIDENTI SARANNO ELIMINATI NEL PIU’ CLASSICO E SBRIGATIVO DEI MODI.
NIENTE ARANCE E NEMMENO CRISANTEMI…
Ho scritto esattamente le stesse cose circa un anno fa in un commento ad un post climatologico con forti sfumature (giustamente) politiche. E mi sono sentito rimbrottare dal padrone di casa che non avrebbe più tollerato commenti di carattere politico/ideologico su questo blog.
Magra consolazione vedere che anche qui, come in molti consessi che prima aborrivano i famigerati “complottisti”, ci siete arrivati. Avrei preferito, ve lo garantisco, essere sbugiardato malamente, restando tra i pochi sfigati che parlavano al vento di reset, Davos, e quant’altro. Ma tant’è: la realtà alla fine elimina anche le fette di salame oculari più tenaci.
Caro Alessandro, da che scrivo su CM in qualche modo finisco per toccare temi di geopolitica ed economia. L’impegno che ci siamo presi su CM è di evitare di parlare di politica “nostrana”. E continuiamo a mantenerlo perché altrimenti qualsiasi discussione finisce in caciara e in off-topic, togliendo valore a qualsiasi riflessione.
Per quanto mi riguarda, è un fatto del tutto naturale non parlare di italia, perché sono almeno 20 anni che la nostra politica è solo riflesso di situazioni extra-italiane. E di nostro non ci mettiamo più nulla, o quasi…
Riguardo alla moderazione, talvolta (molto raramente capita di farlo, chi ci segue da tempo lo sa bene) bisogna intervenire non tanto per l’argomento in sé, quanto per il fatto che non si riesce a tenere la discussione su binari… moderati, appunto. E qui parlo anche e soprattutto in prima persona, visto che troppe volte io stesso non sono stato in grado di sottrarmi alla rissa 😉
Caro Massimo,
come evidenziavo in una mia recente mail, la stessa cosa che tu segnali per le auto elettriche sta accadendo in Europa con il “Farm to fork”, che è parte del green new deal e nel quale si propone come soluzione per l’agricoltura il passaggio al biologico, del tutto insostenibile sul piano ambientale perché il bio produce il 30% – 70% rispetto al convenzionale, con aggravi enormi per il consumatore (il bio costa mediamente il doppio) e l’ambiente (se tutta l’agricoltura mondiale passassse al “biologico” occorrerebbe raddoppiare le terre coltivate – da 1,5 attuali a 3,2 miliari di ettari – il che significherebbe abbattere foreste e rimettere a coltura praterie.
Peraltro nell’immediato le terre nuove richieste dal farm to fark ci verranno dall’Amazzonia, per cui ci penserà Bolsonaro a produrre il cibo che noi non produrremo più…. -> capisci le contraddizioni? Anche qui dunque battaglie contro i mulini a vento in un clima da “gabbia di matti”.
La tua mail mi ha portato peraltro alla mente un’altra considerazione: riflettere sulla storia politica di Angela Merkel potrebbe forse darci qualche spunto interessante per interpretare il presente: da segretaria di una sezione universitaria del partito comunista della DDR a leader indiscusso e inossidabile di una grande democrazia occidentale… quale sarà mai il retaggio culturale con particolare riferimento alla propensione al mercato che portano con loro la Merkel e i suoi seguaci più illustri come l’attuale presidente della commissione europea? C’entra qualcosa con i Gostplan su cui stiamo riflettendo?
Ma anche questo è pensiero critico, per sbaragliare il quale ci penserà senza alcun dubbio il ministro dell’amore… come in 1984 di Orwell, il quale di queste cose se ne intendeva assai più di noi, avendole vissute sulla propria pelle durante la guerra di Spagna.
Insomma: con questa scritto mi candido anch’io a ricevere arance in un campo di rieducazione al politicamente corretto.
Luigi
Caro Luigi sfondi una porta aperta, che non affronto in un post dedicato solo per il rischio di finire troppo off-topic. È un fatto tacito che personaggi chiave della politica e della finanza affondino la loro cultura e la loro formazione nel socialismo di stampo sovietico. Alcuni di questi, del resto, sfiorano le 100 primavere, non a caso.
Ricordo ancora quando Giovanni Paolo II si sgolava chiedendo che l’Europa riconoscesse le proprie radici giudaico-cristiane. Rimase inascoltato. E giustamente, mi viene da concludere. Perché quelle radici non esistevano nel progetto di Europa in divenire. Le radici erano altrove, molto più ad est. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.