di Luigi Mariani e Alberto Guidorzi
UNA CHIESA ECOLOGISTA
Leggendo l’enciclica “Laudato Si” e guardando a chi trova udienza dal Papa (qui), ricaviamo che la gerarchia della Chiesa sta oggi dando sempre maggior credito ai militanti dell’ecologia politica radicale e dunque a coloro che hanno il duplice obiettivo politico di promuovere la decrescita e di colpevolizzare l’uomo, mantenendolo in un perenne stato di paura per l’avvenire anziché promuovere in lui la responsabilità e la virtù teologale della speranza.
Emblematico in tal senso è l’articolo apparso sul Corriere della sera del 20 dicembre e cofirmato dal Cardinale Peter Turkson (prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale) e da Nigel Topping (UK High Level Climate Action Champion – carica onorifica istituita con gli accordi di Parigi del 2015). Dell’articolo, in cui si decantano i grandi meriti dell’economia ad emissioni zero, in grado secondo gli estensori di generare centinaia di milioni di posti di lavoro, ci limitiamo a evidenziare questa frase: “Mentre la corsa verso un’economia a zero emissioni acquista via via slancio, aumentano anche gli effetti del cambiamento climatico, della deforestazione e dell’inquinamento. Dagli incendi in Australia, Siberia e Stati Uniti, al crescente rischio, mentre invadiamo la natura, di contrarre virus zoonotici come Covid-19, non si tratta più di una minacce future, ma di una crisi chiara e presente. Il grido della terra e dei poveri sollecita più che mai a interventi urgenti.”.
Nel caso di Covid19 tale affermazione ci pare oltremodo prematura alla luce degli elementi di incertezza che ancor oggi sussistono circa l’origine di tale coronavirus (Mallapaty, 2020). Più in generale da agronomi con un briciolo di senso della storia ci permettiamo di proporre al lettore la seguente riflessione: le malattie del bestiame trasmissibili all’uomo (carbonchio, tubercolosi bovina, brucellosi, ecc.) la fanno da padrone nelle agricolture arretrate mentre – grazie alla maggiore salubrità delle diete e dei ricoveri zootecnici ed ai enormi progressi della medicina veterinaria – sono letteralmente scomparse negli allevamenti bovini intensivi. In Italia negli anni 50/60 non vi era una stalla che non fosse minata dalla tubercolosi; eppure si trattava di stalle di piccole dimensioni conformi agli standard di quell’agricoltura di sussistenza, che gli italiani abbandonarono in massa alla metà del secolo scorso, stanchi di fame, freddo e malattie e che viene così idealizzata nella Laudato si: “vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale”. Come dimenticare allora che il contatto con animali selvatici e domestici e con le relative zoonosi è tutt’oggi di gran lunga più rilevante nei paesi in cui larghe fasce della popolazione sono impegnante nell’agricoltura di sussistenza o in economie di caccia e raccolta? Anche un bambino d’altronde arriverebbe a capire che il cittadino di una moderna metropoli è assai meno esposto alle zoonosi del Bambinello della Natività di Betlemme (circondato da cammelli, pecore, capre, buoi, asini, ecc. ecc.), dei cacciatori paleolitici raffigurati in figura 1 o degli agricoltori che convivevano con gli animali domestici (figura 2), fenomeno quest’ultimo che si è mantenuto dal neolitico fino ai nostri giorni nelle situazioni di maggiore arretratezza e marginalità (si pensi all’abitato di Matera fino agli anni 50’). Peraltro si ricorda che Jared Diamond nel suo famoso “Armi, acciaio e malattie” pone fra i fattori chiave per l’affermazione a livello globale degli europei fra XVI e XIX secolo la relativa tolleranza a zoonosi come il morbillo e il vaiolo, acquisita dopo migliaia di anni di convivenza con gli animali domestici portatori di tali malattie.
Le rozze affermazioni di Turkson e Topping sono d’altronde perfettamente in linea con il rozzo slogan di papa Francesco “Dio perdona, la natura mai”, espressione di una sfiducia radicale nella provvidenza divina e dell’adesione forte all’ideologia ambientalista più radicale, la stessa ideologia che diffonde a piene mani l’idea che procreare significhi oggi concorrere al cambiamento climatico ed essere pertanto dannosi per il pianeta. E qui da cattolici ci domandiamo se sia davvero da abbandonare il postulato giudaico-cristiano del dominio responsabile dell’uomo sulla natura. Al riguardo ricordiamo che nella cattolica Francia si sta pensando ad istituire il “delitto di ecocidio” con pene e sanzioni pesantissime, il che fa sorgere il sospetto che anche nel mondo cristiano il mettere al mondo figli diventerà presto un delitto, sull’esempio di quanto fatto in Cina, e che il “crescete e moltiplicatevi” biblico inteso come procreazione responsabile assumerà presto valenza di blasfemia. Stupefacente peraltro è che tale ideologia si sta diffondendo in società a rischio concreto di scomparsa per la denatalità e l’invecchiamento galoppante della popolazione.
MA L’UOMO E’ DAVVERO DISTRUTTORE? I TANTI SEGNALI POSITIVI COLPEVOLMENTE IGNORATI
Ma è proprio vero che l’uomo occidentale ha distrutto e continua a distruggere il creato, come ha di recente affermato in sede di omelia il parroco di uno dei due scriventi? Non si dovrebbe, invece, dare più credito agli svariati dati di fatto che alimentano la nostra speranza, evidenziando gli ambiti in cui l’azione umana ha costruito un mondo migliore? Vogliamo allora elencare una serie di fatti che sono frutto di bibliografia scientifica aggiornata o di report di organizzazioni internazionali e che dovrebbero trovare il dovuto spazio nei discorsi di Chiesa e di politici di primo piano e sui nostri mezzi di informazione, per restituire fiducia ai nostri concittadini e rendere merito agli enormi sforzi che in tutto il mondo si stanno compiendo per promuovere uno sviluppo realmente sostenibile.
- Calo nella percentuale della popolazione in condizioni di estrema povertà: a livello globale è passata dal 95% del 1820 al 76% del 1940 per crollare al 10% attuale (https://ourworldindata.org/extreme-poverty) mentre a livello continentale, dal 1990 al 2015 è scesa dal 60% all’8% in Asia orientale, dal 45 al 18% in Asia meridionale e dal 18% al 7% in America latina. Solo nell’Africa subsahariana la discesa è più lenta con un calo dal 57% al 41% (fonte Banca Mondiale).
- Diminuzione della popolazione al di sotto della soglia di sicurezza alimentare: A livello mondiale è passata dal 45% del 1950 al 35% del 1970 e al 13% del 2020. Nel mondo vi era un miliardo di persone che soffriva la fame nel 1991 ed oggi sono 800 milioni (fonte: Faostat e report FAO vari). Inoltre i ritardi di accrescimento dovuti alla denutrizione interessavano nel 1990 il 40% dei bambini al di sotto dei 5 anni mentre oggi siamo al 23%. Certo, nei paesi ricchi assistiamo a bambini obesi, che comunque nello stesso lasso di tempo sono rimasti pressoché stazionari in numero (Fonte UNICEF/OMS)
- Calo del lavoro infantile nel mondo: è passato dal 23% del 2000 al 16,7% del 2012 mentre la % dei bambini fra 10 e 14 anni che lavora è passata dal 27,6% del 1950 al 13% del 1995 (https://ourworldindata.org/grapher/global-incidence-of-child-labour-2)
- Calo dell’analfabetismo: nel mondo in due secoli è passato dal 90% al 10%, mentre, sempre nello stesso periodo, la scolarizzazione (numero di adulti che nel mondo hanno ricevuto un’educazione di base) è passata dal 20% all’80% (https://ourworldindata.org/global-education)
- Rapporto più equilibrato nella durata media degli studi di donne e uomini: tale rapporto, che da 70 anni rasenta l’1 nei paesi ricchi, si sta ora approssimando a 1 anche nell’Europa dell’Est e nell’America latina e caraibica e ha raggiunto lo 0,8 in territori come Africa sub-Sahariana, Asia, Pacifico, Medio Oriente e Africa del Nord.
- Calo nella mortalità infantile: un recentissimo studio condotto su 37 Paesi in via di sviluppo ha evidenziato che fra il 1961 e il 2000 la diffusione di varietà coltivate moderne, frutto del processo di innovazione tecnologica in agricoltura noto come “rivoluzione verde, ha ridotto la mortalità infantile del 2,4–5,3% su un dato di partenza del 18% (von der Goltz et al., 2020).
- Calo della mortalità causata da malattie: la mortalità da malaria era di 800 mila nel 2000 ed è scesa a 420 mila nel 2015 (https://ourworldindata.org/malaria) e si potrebbe fare molto di più se gli ambientalisti più ideologizzati non criminalizzassero la lotta con mezzi chimici e le modifiche genetiche nelle popolazioni degli insetti vettori. Nel 1980 morivano 450.000 persone di poliomielite e nel 2000 tale cifra era ridotta a zero mentre il vaiolo è stato sradicato nel 1980 (fonte: OMS).
- Aumento della speranza di vita: dal 1950 ad oggi è salita da 65 anni a 80 anni in Europa, da 35 anni a 60 in Africa e da 40 anni a 70 anni in Asia. La mortalità infantile è scesa dal 43% al solo 4% (https://ourworldindata.org/grapher/life-expectancy). Sempre questa fonte ci dice che la mortalità delle partorienti nel mondo si è dimezzata (da 4 a 2/1000 nascite) in 25 anni.
- Maggiore resilienza rispetto alle catastrofi naturali: i morti per catastrofi sono diminuiti del 90% da inizio secolo scorso; più in particolare dal 1900 al 1960 avevamo valori intorno ai 60/70 morti per 100 mila abitanti con picchi di 170 in annate particolarmente critiche mentre dopo il 1960 questi picchi sono scomparsi e i valori oscillano ora intorno ai 5/10 morti per 100 mila abitanti (fonte M.Roser & E. Ortiz-Ospina – 2018). Secondo poi il report CRED – Università di Lovanio in numero totale di catastrofi naturali manifesta un significativo calo dal 2000 ad oggi (CRED&UNDRR, 2020 – diagramma in figura 5)
- Aumento nell’indice di Sviluppo Umano: si tratta di un indice sintetico che rende ragione dei successi conseguiti nei diversi campi. Tale indice è in aumento ovunque con le uniche eccezioni di Siria e Sud-Sudan, segnati da conflitti di lunga durata (https://ourworldindata.org/human-development-index).
- Calo globale del numero e della superficie interessata da incendi boschivi: i dati satellitari indicano un calo del 24,3% nella superficie totale bruciata per il periodo 1998-2015 e un calo del 13% nel numero di incendi per il periodo 2003-2015, con un trend negativo più deciso nelle aree a savana (Andela et al., 2017). Alcune fonti sostengono che gli incedi si stiano concentrando intorno alle aree più densamente abitate, il che attesterebbe la necessità di intensificare il lavoro di prevenzione.
Notiamo anche la tendenza sempre più marcata ad additare ai nostri concittadini il riscaldamento climatico come grande minaccia per il nostro futuro, un sorta di orco o uomo nero delle favole, per esorcizzare il quale Stati e Comunità locali stanno oggi aprendo appositi “gabinetti di crisi”. A contrastare l’idea di crisi climatica vi sono svariate evidenze di cui per motivi di tempo ci limitiamo a ricordare il succitato trend delle catastrofi naturali, che vede le catastrofi di origine meteo-climatica stazionarie dal 2000 ad oggi (CRED & UNDRR, 2020), il trend calante degli incendi boschivi a livello globale e infine il trend positivo delle rese medie in tonnellate per ettaro delle grandi colture che nutrono il mondo (frumento, mais, riso, soia), in crescita del 3-4% l’anno dal 1961 (fonte: Faostat), incompatibile con la tesi di una crisi climatica globale. In tale incremento giocano peraltro un ruolo significativo i più elevati livelli di CO2 presenti in atmosfera, ai quali è attribuibile un aumento delle rese delle colture del 35% dall’inizio del XX secolo ad oggi (Campbell et al., 2017; Zeng et al 2014).
PERCHÉ ALLORA TANTO CATASTROFISMO?
A nostro avviso la minaccia dell’olocausto climatico serve oggi per far “marciare” la gente verso obiettivi predefiniti dall’alto, il che è a nostro avviso indegno di Paesi con lunga tradizione democratica e nei quali ci si attenderebbe che la collettività potesse affrontare un dibattito maturo e che ponga in luce i pro e i contro di diverse scelte strategiche fra loro alternative, ognuna delle quali caratterizzata da benefici ma anche da costi.
Un esempio emblematico in tal senso è dato dal tema dello spreco alimentare: perché colpevolizzare l’intera umanità e in primis quella dei paesi sviluppati per il fatto che sul pianeta viene sprecato il 25% delle derrate alimentari prodotte, quando ben sappiamo che gran parte di quel 25% è il risultato di perdite di trasformazione, raccolta e soprattutto conservazione dei prodotti? Non sarebbe invece più razionale trasferire le tecnologie di cui disponiamo (es. attrezzature per la raccolta e la conservazione dei prodotti, catena del freddo, ecc.) nei paesi in cui le perdite sono maggiori, organizzare meglio le reti commerciali e di distribuzione che legano aree deficitarie e aree eccedentarie e infine operare perché il cibo non diventi uno strumento di ricatto politico? Al riguardo si consideri invece che David Beasley, direttore del Programma Alimentazione Mondiale dell’Onu, reduce dall’aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2020, si è immediatamente sentito in dovere di paventare una carestia alle porte che minerà la pace, affermando che il 2021 potrebbe essere il peggior anno di crisi umanitaria da quando è stato fondato l’ONU, settantacinque anni fa. E qui sorge in noi il timore concreto che nessun personaggio pubblico di rilievo, a partire dai capi di Stato, sia oggi in grado di sfuggire alla logica del catastrofismo, pena la marginalizzazione sotto il peso di una fatwa per “negazionismo”.
LE RESPONSABILITÀ DELL’ECOLOGISMO RADICALE NELLA DERIVA IN ATTO
Se l’ecologismo dei primi tempi esprimeva solo l’aspirazione di gente inurbata a ritornare ad assaporare odori e profumi di campagne e boschi, oggi esso è divenuto un movimento politico basato su tre pilastri: proibire, tassare e far sentire in colpa le persone. Le tre regole, tutte punitive, sono infatti regolarmente applicate dove i partiti verdi prendono il potere o ricattano le maggioranze di cui fanno parte: niente concimi, niente difesa fitosanitaria delle colture, niente alberi di Natale, niente 5G, niente biotecnologie, abolire il Tour de France e Il Giro d’Italia, tassare per poter ampliare a dismisura le energie rinnovabili per loro natura intermittenti, diffondere sistematicamente messaggi ansiogeni. Oggi Stachánov impallidirebbe di fronte alla trovata degli amministratori di Strasburgo che stanno promuovendo il trasporto urbano del materiale edilizio utilizzato nel territorio della città per mezzo di carrettini trainati da biciclette (definiti “velocargo”) condotti da novelli “schiavi ecologici”. Ormai abbiamo imboccato la strada del controllo dall’alto di società terrorizzate dalla minaccia di fine del mondo ed il succitato delitto di ecocidio potrebbe esserne lo strumento.
ABBANDONARE L’ECOLOGIA DELL’INCANTESIMO PER PASSARE ALL’ECOLOGIA DELLA RAGIONE
Non siamo in grado di dire chi potrà oggi porre freno alle visioni millenaristiche e ripristinare una lettura realistica di ciò che sta accadendo nel mondo che ci circonda. Quasi certamente non la Chiesa, ormai irrimediabilmente compromessa con i responsabili di tale deriva ideologica come Greta Thumberg o Juliette Binoche, ricevute in udienza dal Papa. Ciò detto vogliamo affidare la chiusa di questo scritto a una nota massima di Antoine de Saint Exupéry: “non ereditiamo la terra dai nostri genitori, la prendiamo in prestito dai nostri figli”. Per adeguarci ad essa dovremmo a nostro avviso abbandonare l’ecologia dell’incantesimo per passare all’ecologia della ragione, un cambio di paradigma che è alla nostra portata se iniziamo a riflettere su chi potrà darci in prestito la terra in società come le nostre, ormai formate quasi unicamente da vecchi ed in cui i bambini sono sempre più una rarità.
Bibliografia citata nel testo
Andela N. et al., 2017. A human-driven decline in global burned area (6345), 1356-1362. 356 Science, DOI: 10.1126/science.aal4108
Campbell et al., 2017 Large historical growth in global terrestrial gross primary production, Nature, volume 544, issue 7,648, pages 84-87
CRED&UNDRR, 2020. Human cost of disasters – An overview of the last 20 years 2000-2019, CRED, 17 pp https://iddrr.undrr.org/news/drrday-un-report-charts-huge-rise-climate-disasters
Diamond J., Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi
Jan von der Goltz et al., 2020. Health Impacts of the Green Revolution: Evidence from 600,000 births across the Developing World, Journal of Health Economics.
Mallapaty S., 2020. Where did COVID come from? WHO investigation begins but faces challenges. Identifying the source will be tricky, and investigators will need to grapple with the sensitive political situation, nature, 11 novembre.
Zeng et al 2014. Agricultural Green Revolution as a driver of increasing atmospheric CO 2 seasonal amplitude, Nature, vol 5015, 20 nov. 2014.
Il problema posto in risalto dai giornaloni dell’ “eccesso di vecchi” che costano all’erario è causato proprio dalla scarsità di giovani, ovvero dalla bassa natalità. Non si sta pensando di tornare ad avere sette figli per coppia come un tempo, ma contrastare il calo demografico; che ha conseguenze pesanti anche sull’economia, come certi esperti fanno presente. Per esempio riporto una sintesi del pensiero di Ettore Gotti Tedeschi:
“Crollando le nascite, ci sono meno persone giovani che entrano nel mondo del lavoro produttivamente e ci sono molte più persone anziane che escono dal sistema produttivo e diventano un costo per la collettività. In pratica: se la popolazione non cresce, i costi fissi di questa struttura economica e sociale aumentano, quanto drammaticamente dipende da quanto è evidentemente squilibrata la struttura della popolazione e quant’è la sua ricchezza. I costi fissi però aumentano: aumentano i costi della sanità e aumentano i costi sociali. Non solo: non si possono più diminuire le tasse”.
“C’è poi un altro fenomeno che impatta grazie al non tasso di crescita delle popolazione nell’economia, ed è il crollo del risparmio – ha continuato l’economista –. I giovani che non hanno lavoro spostano il ciclo di accumulazione del risparmio di anni; le famiglie non si formano; molto spesso non si formano famiglie con un certo numero di impegni nei confronti dei figli, cosicché il risparmio si estingue”.
“A questo punto quando il crollo dello sviluppo del mondo occidentale è dovuto alla non natalità diventa un fatto preoccupante. Ci si inventa il tentativo di compensare questo crollo dello sviluppo attraverso attività finanziarie e quindi anzitutto con la delocalizzazione – si cerca di trasferire tutte quelle produzioni in Asia, per riportarle al nostro interno a costi minori; e con una maggior produttività, ma la maggior produttività ha dei limiti”.
Sono d’accordo su quasi tutto, ci sono dei passaggi che però mi lasciano molto perplesso.
“Stupefacente peraltro è che tale ideologia si sta diffondendo in società a rischio concreto di scomparsa per la denatalità e l’invecchiamento galoppante della popolazione”
“in società come le nostre, ormai formate quasi unicamente da vecchi ed in cui i bambini sono sempre più una rarità”.
Mi sembra che comunque il problema della “natalità” sia importante e che prima o poi, inevitabilmente (volenti o nolenti, come dice la canzone in voga in questi giorni) l’umanità dovrà affrontarlo.
In Italia ci sono poco più di 60 milioni di esseri umani più un certo numero di “non censiti”, clandestini o come dir si voglia. 199,7 umani per chilometro quadrato.
Siamo pochi? Non mi sembra.
Ma ci sono troppi vecchi e pochi giovani, si dice.
In natura, su questo pianeta, tra tutte le forme di vita, sono quelle più povere, deboli, indifese, che si riproducono in maniera massiccia per avere più probabilità di dare un futuro alla specie.
Come Voi mi insegnate, noi siamo passati da una società agricola (povera, dove si facevano molti figli, le famose “braccia per i campi”) ad una società industriale (ricca, dove si fanno pochi figli).
Le migliorate condizioni di vita hanno fatto fare anche un enorme balzo in avanti all’aspettativa di vita nei paesi industriali, ricchi.
Questo naturalmente ha creato uno squilibrio nel rapporto tra vecchi e giovani. In Italia siamo tra i più longevi, fortunatamente?
Ora le generazioni dei “poveri contadini” stanno arrivando alla fine; e lecito aspettarsi nel futuro un certo riequilibrio tra giovani ed anziani?
E se no, quale sarebbe la soluzione, per riequilibrare il rapporto tra giovani ed anziani. Mettere un termine alla durata della vita? 85? 80? 75? 70? e poi stop? Io quest’anno vado per i 73 :(.
Oppure fare più figli, che poi inevitabilmente invecchieranno, squilibrando ancora di più la situazione (sperando che l’aspettativa di vita, in barba al Covid, non faccia un’ulteriore balzo in avanti)?
In alternativa possiamo mettere al mondo un paio di generazioni di umani da “terminare” a maturità raggiunta?
Naturalmente scherzo, non è possibile, ma non mi pare che fare più figli sia una soluzione.
Tra l’altro, mi sembra che questo argomento, come i famosi “cambiamenti climatici” sia molto in voga nei “giornaloni” che un giorno si e uno no si lamentano dei troppi vecchi prendendo spunto di volta in volta dalle statistiche dell’ISTAT, della Confcommercio, della Confagricoltura, della CGA di Mestre e della Confchipiù nehapiùnemetta.
Piuttosto, infine, mi sembra più preoccupante che tra i “pochi” giovani che abbiamo, i più intraprendenti ed intelligenti decidano di andare all’estero alla ricerca di paesi dove il “merito” sia più premiato; lasciando questo paese sempre più desolatamente “vecchio”.
Credo che la maniera migliore per equilibrare la popolazione mondiale alle risorse messe a disposizione da questo pianeta sia portare il benessere a tutti gli umani della terra; perché il benessere porta ad una diminuzione della “natalità”, e che i bambini che vengono alla luce siano “voluti”e non frutto del caso e della miseria.
Invece di correre dietro ai mulini a vento, i “responsabili” di questo Nostro pianeta dovrebbero, credo, pensare a ingenti investimenti per la realizzazione della “Fusione Nucleare” e dell’innesco del ciclo virtuoso dell’idrogeno.
Energia a costi ragionevoli per tutti e drastico abbattimento delle emissioni di elementi inquinanti (non la povera CO2).
Scusate per la lunghezza, cordiali saluti a tutti :
Gentili intervenuti al dibattito,
vorremmo fare una rapida sintesi evidenziando gli aspetti fin ui emersi che ci paiono più rilevanti. Innanzitutto cogliamo da parte di molti intervenuti (Zavatti, Lupicino, Beretta, Santuari, Griggio, Crescenti, Gianni, Rovati, Franco, Rocco) una sostanziale adesione alle critiche da noi mosse e che sono corroborate con altri elementi frutto dell’esperienza che ognuno di noi ha della vita, del lavoro e della realtà socio-economica in cui si muove.
Con riferimento al commento di Renato Santuari, ci è bastato sentire una volta un discorso di Hugo Chavez di fronte ai presidenti dell’Argentina e di altri paesi del Sud America trasmesso da Telesur per renderci conto dell’arretratezza della cultura politica di quell’area del mondo, per cui concordiamo sul fatto che il populismo e la demagogia ad esso sottesa sono in grado di portare alla rovina interi Paesi. Al riguardo giova richiamare due elementi:
1. l’insegnamento di M.me De Stael (che conosceva bene i fatti essendo figlia di Necker, ministro delle finanze di Luigi XVI e deputato alla Convenzione), la quale si interrogò per tutta vita su come la demagogia avesse potuto trasformare in un orrendo bagno di sangue una rivoluzione che era ispirata da ideali di libertà, fraternità ed eguaglianza (un fatto questo che si è ripetuto più volte nel XX secolo e che dunque dovrebbe far riflettere tutti noi)
2. l’intervista al filosofo comunista Vattimo sul Corriere della sera dell’11 luglio 2018 – https://roma.corriere.it/notizie/politica/18_luglio_12/chiamata-papa-vattimo-cattocomunista-francesco-conversione-ffa2e594-8546-11e8-8ac0-fa79af7dc138.shtml) a valle di un colloquio telefonico avuto con papa Francesco. In essa il filoso afferma fra l’altro di non rinnegare il discorso del marzo 2015 tenuto al Teatro Cervantes, nel centro di Buenos Aires, al Foro Internacional por la Emancipación y la Igualdad: «Lì perorai la causa di una nuova Internazionale comunista e insieme “papista”, con Francesco come suo indiscusso leader, l’unico capace di guidare una rivoluzione politica, culturale e religiosa contro lo strapotere del denaro. Ma si trattava di una mia ipotesi e certo non ho trascinato, nella nostra telefonata, il Papa su questo terreno, chiaramente non ne abbiamo parlato. Quella di Buenos Aires era una provocazione. Poi eravamo in Sud America…». E cosa vuol dire, questo, Vattimo? «Penso che da quell’area geografica possano arrivare grandi novità per il futuro del mondo. Ritengo che papa Francesco rappresenti solo l’inizio di questo processo». E Vattimo è uno che ha fiuto….
A Uberto Crescenti segnaliamo che anche uno di noi (Alberto) ha scritto al Papa con riferimento alla Laudato si, segnalando alcuni grossolani errori in essa presenti per gli aspetti dell’industria sementiera nella quale ha lavorato per 40 anni ma non ottenendo risposta alcuna; lo stesso è accaduto ad un amico agronomo e docente universitario specializzato in tematiche zootecniche.
Circa poi l’ampio commento di Rocco, ci ha colpito un elemento su cui stiamo riflettendo da tempo e cioè il fatto che il cristianesimo nasce come religione di agricoltori (si pensi al Cireneo e alla simbologia del pane e del vino) e pastori (si pensi alle parabole). Il messaggio è oggi non più decodificabile per il cristiano e per gli stessi sacerdoti. Ad esempio il “chi il 30, chi il 60 e chi il 100 della” parabola del seminatore ha un significato agronomico ben preciso, su cui non staremo a tediarvi… Uno dei problemi delle nostra epoca è che la lontananza dell’opinione pubblica dal mondo rurale è “siderale” e che le città sono oggi piene di persone che si sentono in dovere di esprimente giudizi apodittici sull’agricoltura e sul sistema agricolo-alimentare senza saper distinguere “un ramo da una foglia”. Di questa “lontananza siderale” sono espressione non solo la Laudato ma anche Expo2015.
Circa poi le critiche, che per noi sono sempre le benvenute se motivate ed espresse in modo educato com’è accaduto in questo caso, ci pare di poterle riassumere in due filoni che sono in sostanza i seguenti:
– quello espresso da Paron, il quale evidenzia che nella “Laudato si” vi sono tante cose, molte non coerenti con le valutazioni da noi espresse. Su questo debbo dire che ai tempi in cui Laudato si fu promulgata esaminammo in modo sistematico l’enciclica e scrivemmo cose che poi non furono pubblicate, con la segreta speranza che quanto in essa espresso potesse nel tempo decantare facendo scomparire dall’immaginario collettivo i tratti più deteriori, il che non si è ahinoi verificato. Il nostro articolo è riferito soprattutto alla prassi adottata dalle gerarchie cattoliche a valle della Laudato si e ai tanti segnali negativi che cogliamo leggendo i grandi media.
– quella espressa da un paio di amici che ci hanno scritto in via riservata lamentando che le considerazioni espresse nel nostro intervento sono “a tratti un po’ troppo forti”. Su questo debbo dire che non è nostra intenzione porre in discussione il magistero del santo Padre su temi teologici e tantomeno usare toni troppo enfatici (ma qui ognuno ha il proprio stile, e noi viste le nostre origini mantovano-reggiane, risentiamo nel bene e nel male dello stile di Don Camillo…). Quello che ci preme moltissimo è che la scienza e la tecnologia non vengano deformate e ridotte a vuoti slogan. Per questo non riteniamo corretto che il Papa possa parlare di agronomia dicendo cose che sono agronomicamente risibili e che gli vengono ispirate da un vetero-marxista senza alcuna competenza in campo agronomico come Carlo Petrini, il quale si è vantato in pubblico di aver scritto lui la parte agricola dell’enciclica Laudato si, senza essere smentito da alcuno e per di più venendo chiamato dalle edizioni Paoline a scrivere l’introduzione all’Enciclica stessa. Come esempio del “contributo scientifico” di Petrini citiamo la seguente frase tratta dall’enciclica: “e la dipendenza si aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici” che esprime un concetto totalmente falso in quanto i semi della varietà OGM non sono sterili. A fronte di ciò, chi come noi è agronomo si mangia le dita, pensando che a Milano esiste un’Università Cattolica con una Facoltà di Agraria con sede a Piacenza e che è all’avanguardia in termini di ricerca e innovazione nel settore agricolo-alimentare. Perché allora affidarsi al grottesco “pensiero agronomico” di un Petrini, laureato in sociologia a Trento,sedicente gastronomo oltre che agnostico e edonista?
Ecco, queste sono le cose che ci disturbano e alle quali limitiamo la nostra critica, sperando di averla sufficientemente motivata e confermando la nostra costante preghiera per il Santo Padre.
Grazie per questo pezzo. Scrivo da cattolico praticante e tradizionalista: la cricca al potere in Santa Sede è perfettamente allineata ai potentati di questo mondo (la cosa è ormai talmente esplicita che non si nascondono neanche: vedasi “Consiglio per il Capitalismo Inclusivo con il Vaticano”). Che poi ci siano alleanze anche con movimenti post-marxisti non è affatto una contraddizione, visto che la convergenza tra il peggior capitalismo e il post-marxismo fu predetta in tempi non sospetti. Papa Francesco sta attuando una totale “inversione” della Chiesa (non solo su questo tema), come certuni coraggiosamente denunciano.
Tralasciando questioni dottrinali che qui non sono pertinenti, appare evidente che Ratzinger – con tutti i suoi limiti, che non sono pochi – sarebbe stato l’ultimo ostacolo a questo disegno; per questo motivo si è fatto in modo di sbarazzarsene.
Quanto a chi crede di trovare contenuti cattolici nella Laudato Sì, si illude. Senza far discorsi lunghi (che questo è solo un commento), fu accolta entusiasticamente da Fulco Pratesi che commentò che finalmente la Chiesa si era convertita all’ecologismo. Fu il momento in cui stracciai la tessera del WWF e LIPU (che avevo dal 1980) – già le sopportavo poco da molti anni, ma per inerzia non mi decidevo a troncare. In questo devo ringraziare Papa Francesco: mi ha fatto capire, suo malgrado, a che livello di pericolosità fossero arrivate queste ideologie.
Da cattolico praticante le ultime encicliche che ho letto, e rileggo molto volentrieri, sono quelle di Papa Ratzinger. Quando fu eletto Bergoglio, mi ero chiesto se l’elezione del Papa potesse essere influenzata dai poteri forti che vogliono il nuovo ordine mondiale; la maggiore sensibilità della gerarchia del Vaticano ai soldi e le frequenti uscite di Papa Francesco mi fanno propendere per il sì. Anni fa sostenevo che l’abiura dei valori cristiani nella società occidentale in nome di un becero laicismo e l’abbraccio mortale con l’islam avrebbe portato noi cristiani alle origini, a frequentare le moderne catacombe della fede. Riguardo al post, tutta la mia condivisione, i poteri forti con la sponda della Chiesa ci stanno preparando un futuro in cui l’uomo libero e credente, che ha costruito questa nostra società, che pur con tanti difetti ha reso il mondo migliore, sarà un nemico da ridurre ai margini.
I diseredati sono sempre serviti alle gerarchie cattoliche la decrescita è un occasione da non perdere.Da un gesuita non c era altro d aspettarsi come chiarisce Loris Zanatta nel recente: Ilpopulismo gesuita.Hanno fatto dell America Latina un continente disperato ora è la volta dell Occidente. Renato Santuari ( cattolico praticante
Temo di dover essere d’accordo con gli autori del post e in contrasto con i commentatori più devoti ma, purtroppo, pico lungimiranti. Ogni esternazione di Bergoglio, inizialmente un po’ sottotono ma di recente in modo assolutamente palese, non ha nulla di cattolico e può essere senza tema di smentita essere qualificata come “marxista” nel più bieco dei significati, trasudante di odio sociale e pauperismo sconfinato. Purtroppo, almeno dai primi anni ’70 il messaggio della Chiesa ha smesso di essere cattolico e ha confuso la carità cristiana con l’egualitarismo socialista col risultato che possiamo vedere nelle chiese svuotate.
A queste condizioni, come sottolinea un altro commentatore, meglio iscriversi a un sindacato o a qualche ONG che ascoltare la brutta copia dalle finestre di Piazza San Pietro.
Ottimo articolo, come sempre quando è impegnato Luigi Mariani. Nel 2015 scrissi una lettera a Papa Bergoglio confutando tutte le sue dichiarazioni in tema di clima espresse nella Enciclica Laudatio. Non ebbi mai nessuna risposta. Al contrario qualche tempo dopo vidi con meraviglia la mia lettera pubblicata su internet con le osservazioni di Sylvie Coyoud. Si può leggere il tutto cliccando :” Uberto Crescenti lettera a Papa Francesco”. La mia meraviglia derivava dal fatto che nella risposta della ideologa ambientalista veniva detto che io non avendo ricevuto risposta alcuna dal Papa, provvedeva lei a fornirmi le risposte. Come faceva a sapere che non avevo ricevuto risposte? Mi lamentai di questo con mons. Sànchez Serondo, Cancelliere della Pontificia Acccademia delle Scienze a cui avevo indirizzato la mia lettera, ma mi rispose che non ne sapeva nulla! Papa Bergoglio in fatto di clima è allineato allle idee di John Scnellnuber, fondatore del Posdam Institut, finanziato da Green Peace. Non ho parole per commentare questo appiattimento della Accademia Pontificia su posizione ideologiche ambientaliste. Forse noi cattolici dovremmo curare un documento da inviare al papa, magari coinvolgendo La Nuova Bussola Quotidiana, rivista cattolica, molto critica sulle posizioni di Papa Francesco, non solo in fatto di clima.
Caro Uberto,
trovo che la mortificante esperienza personale da te vissuta sia illuminante poiché configura una violazione della riservatezza della corrispondenza e palesa l’inutilità di cercare di creare ponti con le gerarchie vaticane su temi di grandissima rilevanza sociale. Alla luce di ciò credo che oggi non si possa fare molto di più che sviluppare un dibattito civile su questi temi, come quello che stiamo conducendo qui su CM e che speriamo possa proseguire anche grazie agli amici di agrarian sciences e NBQ. Debbo peraltro dire che in tutti gli interventi ho trovato spunti interessanti e ringrazio pertanto tutti coloro che stanno partecipando.
Un cordiale saluto.
Luigi
La mia sofferenza è grande nel vedere il Santro Padre, e con lui tutta la Chiesa, cadere cosi’ in basso.
Mi associo quindi all’appello di curare insieme una risposta al Papa. E’ doveroso da parte nostra (oltre che pregare per lui) informare correttamente il Santo Padre, cio’ che purtroppo la Pontificia Accademia delle Scienze sembra non fare.
Preciso tuttavia che, da lettore della Nuova Bussola Quotidiana, apprezzo molti articoli di questo prezioso organo di informazione, ma non sono in fase con il quotidiano nelle continue invettive contro il Papa e i pastori.
Oca Sapiens, Malleus Negazionarum, ovvero il Braccio Secolare di Bergoglio
Caro Umberto,
Provo a riepilogare, e banalizzando: una personalita’ accademica di rilievo scrive una lettera al Papa, accademicamente supportata, e si vede rispondere dall’ocasapiens di repubblica. Che suona un po’ come se un costituzionalista scrivesse una lettera al Presidente della Repubblica in materia di diritti costituzionali, per poi vedersi rispondere da selvaggia lucarelli o chiara ferragni.
Direi che questo ammazza nella culla qualsiasi aspettativa di un quasiasi tipo di dialogo con certi interlocutori. Ma al tempo stesso ammiro la perseveranza di chi non si rassegna, e continua ad esercitare la virtu’ teologale della fortezza in una delle sue accezioni piu’ alte. San Sebastiano non rispose a Diocleziano con una alzata di spalle, scuotendo la testa e bofonchiando qualche protesta tra i denti senza che nessuno sentisse. E San Francesco davanti al sultano Al-Kamil non getto’ la spugna rifugiandosi in qualche scemenza sincretista (come si fa oggi) per preparare una comoda ritirata.
Gentile Paron,
A differenza dell’ultima enciclica che di cattolico non ha ormai più niente, nella Laudato Si hanno nascosto in un contesto complessivamente cristiano alcuni pensieri chiaramente eterodossi, con schietti richiami al panteismo e all’immanentismo. E accanto ai passaggi da lei citati, coesistono riferimenti a pensatori lontani dalla tradizione cattolica come Teillhard de Chardin oppure l’islamico Ali Al Kawwas “che diceva: -gli iniziati arrivano a captare quello che dice il vento che soffia […]-“. Oppure continui richiami alla Dea-Terra (la Gea dei greci): “queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra”. Fino di fatto ad arrivare a istituire un undicesimo comandamento, il non inquinare.
Ripeto, Bergoglio è caduto nel grave errore dello scientismo, in cui rende religione la scienza (mi riferisco specialmenteal Global Warming più che all’inquinamento, dato che l’affermazione”inquinare non va bene” non è scienza, è etica credo condivisa da tutti). Per un positivista di fine Ottocento, questo sarebbe stato scontato, ma per un sommo pontefice, direi che è almeno criticabile
Non mi addentro in questini ecclesiastiche, alle quali non sono minimamente interessato, ma noto che come sempre le persone serie, Luigi e Alberto Guidorzi, forniscono spiegazioni, dati e fonti mentre i fanatici come i due firmatari dell’articolo sul Corriere sciorinano “sensazioni” mai documentate e palesemente false con il solo scopo di agire sulla diffusione di idee e su un comune sentire che possa favorire la direzione “politica” scelta a priori e, credo, basata su criteri diversi. Ottimo articolo. Franco
Condivido vari aspetti dell’articolo e in particolare la mancanza di presa d’atto dei molti “segnali positivi” che l’Uomo ha conseguito nel suo rapporto con se stesso, con l’ambiente e con la natura. Mi permetto parzialmente di dissentire sul discorso secondo cui “deriva ambientalista” e “percorso della Chiesa” convivono. Ricordo che la “Laudato Si” rimane completamente “contigua” al pensiero sociale (storico) della Chiesa. La “Laudato Si” evidenzia che non c’è solo “il problema della natura” ma piuttosto si deve parlare di corretto rapporto fra Uomo+Creato e Creatore (l’enciclica infatti è “sociale” e non “verde” o “ecologica”). Per gli ambientalisti il mondo sarebbe migliore senza la presenza dell’uomo mentre per la Chiesa il Creato è indivisibile includendo ambiente, vita, sessualità, famiglia, relazioni sociali, ecc…. L’enciclica scrive di “ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”. L’enciclica ricorda che “…la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale”. Si temi etici l’enciclica ricorda che “non c’è compatibilità fra difesa della natura e giustificazione dell’aborto…”. Per l’enciclica l’Uomo è “dignità infinita” e ciò impedisce di “equiparare tutti gli essere viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare” . E così via… Poi per carità, c’è il Cardinale che avvalla indirettamente impostazioni forse estreme, c’è l’incontro con la “ecologista” di grido, c’è il Papa non sempre “chiaro” sulle sue esternazioni, ecc… ma penso non si possa oggettivamente affermare che la Chiesa sia in “deriva ecologista”.
Caro Luigi e Alberto, grazie dell’articolo. Penso che date voce ai moltissimi cattolici che non trovano spazio sul mainstream, che esalta Bergoglio che “si tiene da solo l’ombrello” o “sale sull’aereo con una valigia nera”. Tacendo del fatto che un cardinale cinese quasi novantenne si fa 9000 km in piena pandemia per esternare al papa la sua contrarietà in merito all’accordo sino-vaticano, proprio nell’anno in cui la Cina sparge i suoi errori nel mondo (oltre a quelli ecologici, ora pure quelli virologici…). E a quel cardinale è stata fatta fare anticamera, senza essere ricevuto, quando magari una Greta qualunque viene ammessa con tutti gli onori.
Stupisce che la Chiesa che dovrebbe, sì, parlare di questo mondo…ma soprattutto dell’altro…non faccia altro che parlare di ambiente, migrazioni e ora vaccini. E per rispondere a Rocco, l’emorragia di fedeli c’è stata da quando la Chiesa ha smesso di occuparsi di trascendente. Se io da Bergoglio devo sentirmi dire le stesse cose che mi ripetono da anni i leader sindacali (la Laudato Sii a cui Luigi si richiama spesso ha ancora, latenti, dei contenuti cattolici…l’ultima enciclica invece di cattolico non ha più niente), smetto di andare a messa e mi iscrivo a un sindacato: tra l’originale e la copia, meglio sempre l’originale.
Il punto è che per parlare di trascendente nel trascendente occorre crederci: e la gerarchia ecclesiastica, come sottintende Luigi senza dirlo esplicitamente, non ci crede più.
Penso infine la Chiesa pagherà molto caro il fatto che Bergoglio oggi ha di fatto promosso a dogma il global warming: basterà qualche decennio per smentirlo, a differenza di tutti gli altri dogmi cattolici che sono non verificabili, e, quindi non smentibili. Il danno che Bergoglio sta facendo alla Chiesa è incalcolabile.
Complimenti agli estensori del post Dott.ri Mariani e Guidorzi. Scritto che fa riflettere molto sull’operato attuale della Chiesa Cattolica. Mi auguro che venga letto da molti.
Franco
Caro Luigi,
Grazie per questo bellissimo pezzo, e ringraziamenti estesi ovviamente anche ad Alberto Guidorzi.
E’ da tanto tempo che ero tentato di affrontare la materia, che da cattolico (alquanto imperfetto) inevitabilmente mi colpisce anche personalmente e non solo da blogger di questo Villaggio. Sono contento di non averlo fatto perche’ il risultato non sarebbe mai stato all’altezza di questo post, perfettamente argomentato e supportato.
La deriva generale e’ sotto gli occhi di chiunque abbia occhi per vedere, anche (o soprattutto) nel campo della fede cattolica. Che per sua natura avrebbe dovuto opporsi piu’ di qualsiasi altro potere ad una deriva evidentemente sincretista, disumana e nichilista che dai settori piu’ elitari dell’alta finanza si e’ allargata a quella che un tempo era la “societa’ civile”, prendendo la forma di una revisione di un marxismo fallimentare in salsa ambientalista e high-tech. Uno Stalinismo 2.0 in salsa verde che ha trovato un alleato formidabile incredibilmente in quello che avrebbe dovuto essere il suo nemico giurato: la Chiesa, appunto.
Come questo sia potuto accadere poco importa (anche se i Podesta’ Files, ultima “fatica”, e presumibilmente il vero peccato mortale di Assange, lo fanno intuire molto bene). Resta il fatto che il disorientamento nella Chiesa e’ totale, e l’ho percepito nel mio piccolissimo, persino nel confessionale.
Si potrebbe dire tanto, ma mi fermo volentieri qua, perche’ il tuo post contiene tutto quello che e’ necessario sottolineare, e per discussioni di altra natura ci sono altre platee piu’ indicate di questa.
Grazie ancora
Il cristianesimo, essendo una religione agricola (padre nostro che sei nei cieli, chiara allusione al Sole che fa maturare il grano per il pane quotidiano) mal si adatta ad una società industriale prima ( ed in effetti nei secoli scorsi sono sorte altre religioni “industriali” come il comunismo) e digitale poi.
Per sopravvivere ha l’urgente necessità di:
1) arginare la costante disaffezione;
2) riformulare ed adeguare la propria dottrina.
Con questo pontificato si è passati dal biblico dominerete sui pesci e gli uccelli e crescete e moltiplicatevi al più ambientale difendete il creato e non fate figli se non potete permettervelo (https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2015/01/19/papa-non-fate-figli-come-conigli-per-essere-buoni-cattolici-paternita-sia-responsabile_yseYBT9ECOHnj9elGccD4J.html ).
Pare ovvio che le gerarchie vaticane abbiano ritenuto l’ambientalismo l’unica modalità per arrestare l’emorragia di fedeli e contemporaneamente perpretare il potere costruito in millenni.
L’ambientalismo ha attinto a piene mani dal dogmatismo cattolico sopratutto per la modalità di acquisizione dei fedeli: la paura della morte e quel date a noi lo sterco del diavolo così salverete i vostri corpi.
L’ambientalismo è una religione a cui il Vaticano si è dovuto adeguare, ed è una prosecuzione del dogmatismo cattolico:
1) le specie non si possono estinguere;
2) i climi e gli habitat non possono cambiare;
3) l’uomo è cattivo;
4) c’è un uomo buono che salverà il mondo;
5) l’inquisizione per chi non rispetta il dogma (gli si da del negazionista e magari lo si emargina);
6) essere buoni significa essere sostenibili, ossia essere poveri;
ecc.
La profezia di Malachia diceva che il papa nero sarebbe stato l’ultimo papa della cristianità ed il papa nero è un gesuita, non uno con la pelle scura.
Vi è da aggiungere anche che nel pacchetto ambientalista vi è anche il globalismo, lo smembramento della famiglia classica, la costruzione di ponti, l’abrogazione dei confini, la moderna tratta degli schiavi, e tanto altro sorto dal compromesso storico.
Ci hai messo tanta roba Rocco. Nel mio piccolo direi che vedo solo traccia di dogmatismo, ma di cattolico in una ideologia profondamente misantropica non vedo assolutamente niente. Se vogliamo si tratta di dare un vestito religioso a ideologie che col cattolicesimo non solo non hanno niente da spartire, ma che anzi da sempre si collocano su posizioni antitetiche al cattolicesimo, come sottolineava gia’ Galli della Loggia (un insospettabile) nel 2017.
Quanto alla “Profezia dei Papi” attribuita a Malachia e S. Bernardo, non si parla di un papa nero, ma semplicemente si fa terminare la serie dei papi con Benedetto. Bergoglio non sarebbe papa ma “Pietro il Romano” e di fatto condurrebbe la Chiesa cattolica alla fine: “Civitas septicollis diruetur et iudex tremendus populum suum iudicabit (vado a memoria)”. Se questa profezia sia compiuta o meno lo lasciamo volentieri ai posteri. Sperando di non dovervi assistere di persona…