Vi riporto di seguito il lavoro pubblicato su sito web della Società Agraria di Lombardia da Gianluca Alimonti, Luigi Mariani e Sergio Pinna
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E’ un luogo comune da tempo consolidato quello secondo cui il regime delle precipitazioni è stato sconvolto dal cambiamento climatico e che piogge intense e periodi siccitosi stiano aumentando mettendo a repentaglio la stessa possibilità di fare agricoltura. Emblematico in tal senso è l’incipit della scheda descrittiva della giornata di studio sul tema “L’acqua da risorsa a calamità” organizzata per Martedì 15 dicembre 2020 dall’Accademia dei Georgofili:
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono tangibili. È documentato l’aumento con cui accadono eventi piovosi di forte intensità e, di conseguenza, i fenomeni erosivi. Piogge concentrate in un breve periodo aggrediscono la superficie del terreno e producono effetti talvolta eclatanti. Le anomalie del regime pluviometrico e la gestione non sempre corretta del territorio mettono a rischio il suolo e l’erosione, che rimane il principale aspetto della degradazione del suolo stesso, supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile). Il non corretto uso del suolo non è solo legato alle attività agricole, ma anche e soprattutto alle attività extra agricole. Pochissimi studi (Italiani, ma anche Europei) stimano il danno economico causato dalla perdita di una risorsa non rinnovabile come il suolo. A fronte di eventi catastrofici causati da eccessi idrici, aumentano anche frequenza e durata dei periodi di siccità, mettendo a rischio la salute degli eco-sistemi agricoli e forestali. È altrettanto evidente che i cambiamenti climatici e l’intensificazione della pressione antropica hanno ridotto la capacità dei suoli di trattenere l’acqua. “
Un po’ di teoria
Temperature più elevate comportano maggiore cessione all’atmosfera di vapore acqueo per evaporazione e traspirazione. Il vapore si accumula nello strato limite planetario da cui le nubi lo attingono. La teoria non fa una grinza ma in pratica, per valutare i trend reali delle precipitazioni estreme, occorre anche considerare la frequenza e l’intensità delle perturbazioni. Su tal tematica si confrontano due scuole di pensiero:
- quella secondo la quale l’intensità delle perturbazioni (che sono alimentate da aria fredda) è destinata a diminuire in virtù dell’aumento delle temperature globali che si manifesta in modo più rilevante in Artide, diminuendo lo squilibrio termico fra basse e alte latitudini del nostro emisfero.
- Quella secondo la quale per effetto del Global warming, le correnti a getto si ondulano maggiormente aumentando la frequenza dei blocchi, responsabili di grandi siccità e grandi alluvioni.
Al riguardo si noti che:
- per l’ipotesi 1 non siamo al momento in grado di citare bibliografia che attesti l’attenuarsi dell’intensità delle perturbazioni. Una conferma indiretta può tuttavia venire dalla climatologia storica che mostra che gli eventi pluviometrici estremi tendono ad diminuire nelle fasi climatiche calde (Pinna, 2020; Diodato et al., 2019; Glaser et al., 2010; Wirth et al., 2013)
- per l’ipotesi 2 i dati osservativi non consentono finora di porre in evidenza una maggiore propensione a ondularsi delle correnti a getto (Ghil e Lucarini, 2019).
Giova inoltre ricordare che nella genesi delle precipitazioni ha un ruolo chiave la fisica dei corpi nuvolosi, i cui livelli di conoscenza sono per molti aspetti insufficienti, tant’è vero che le nubi sono tutt’oggi il principale elemento di incertezza nella valutazione delle tendenze temporali del clima (Satoh et al., 2018).
Cosa dice la letteratura scientifica più recente
Occorre anzitutto segnalare il lavoro sistematico di analisi dei trend di intensità pluviometrica in Italia condotto da un gruppo di ricerca dell’Università di Torino (Libertino et al., 2019) riferito a oltre 5000 stazioni per il periodo 1915-2015 e a trend per intervalli da 1 a 24 ore. Dai risultati emerge che la grande maggioranza delle stazioni presenta trend non significativi. Più nello specifico, a seconda degli intervalli (1, 3, 6, 12 e 24 ore), l’86-91% delle stazioni non ha trend, il 4-7% ha trend significativo crescente e il 5-7% ha trend significativo decrescente. Il titolo del lavoro rende di per se stesso ragione dei risultati ottenuti: “Evidence for increasing rainfall extremes remains elusive at large spatial scales: the case of Italy”. I dati di Libertino et al. sono peraltro confermati da una serie di lavori qui di seguito elencati.
- Fatichi e Caporali (2009): lavorando sulle serie storiche di precipitazione di 785 stazioni della Toscana per il periodo 1916-2003, hanno posto in evidenza l’assenza di trend nel regime precipitativo medio e nell’intensità degli eventi estremi di 3,6 e 12 h in pressoché tutte le stazioni analizzate. Più nello specifico dall’analisi condotta emerge che il 92,6% delle serie storiche analizzate è stazionario, il 5,2% è decrescente e solo il 2,2% presenta trend positivi.
- Pinna (2014): per piogge estreme per area mediterranea e Toscana evidenzia l’assenza di trend rilevanti.
- Bassi et al. (2011): analizzano le piogge intense per il Piemonte sul periodo 1930-2004 e per durate di 1,3,6,12 e 24 ore (stazioni ex SIMN e ARPA). Risultati: la distribuzione spaziale non mostra significative variazioni con massimi principali nel settore alpino e prealpino settentrionale e massimi secondari nei rilievi montuosi meridionali. Circa i trend nelle intensità, le 47 stazioni ex SIMN con netta prevalenza di trend negativi per durate di 1 ora e lieve prevalenza di trend positivi per durate di 24 ore, mentre per durate di 3,6 e 12 ore i trend sono per il 50% circa negativi e per il resto positivi. Per le 45 stazioni ARPA trend negativi per oltre il 50% delle stazioni prevalgono in misura più netta per le durate di 12 e 24 ore. Non si evidenziano zone preferenziali in cui dominino trend positivi o negativi.
- Brunetti et al. (2010): lavorando sulle serie storiche di 129 stazioni della Calabria per il periodo 1920-2005 evidenziano un trend alla riduzione delle intensità delle precipitazioni, con diminuzione delle precipitazioni che ricadono nelle categorie di intensità più elevate e aumento di quelle nelle categorie più basse, specie nel periodo invernale. Inoltre i trend evidenziati dipendono fortemente dal sottoperiodo considerato, con trend negativi che prevalgono dopo il 1950.
- Coscarelli e Caloiero (2012), analizzando le serie storiche pluviometriche giornaliere della Calabria evidenziano la significativa tendenza alla riduzione della stagionalità nelle precipitazioni e cioè la tendenza ad una distribuzione più omogenea nel corso dell’anno, che è frutto dell’aumento delle precipitazioni in estate (specie in luglio e agosto) e della diminuzione in autunno e inverno (specie da novembre a gennaio).
- Con riferimento alla Sicilia, Bonaccorso et al. (2005) analizzano i trend dei massimi annuali di 1, 3, 6, 12 e 24 ore per il periodo dal 1920 al 2000 per 16 stazioni con almeno 50 anni di dati. Secondo i dati riportati in tabella 1, tutte le stazioni analizzate mostrano trend da negativi a nulli per 3, 6, 12 e 24 ore, mentre per quanto riguarda i trend a 1 ora, una sola stazione (Ragusa) manifesta trend positivi significativi; le altre 15 non presentano trend.
- Con riferimento alle Marche, Soldini e Darvini (2017) concludono che l’analisi statistica delle precipitazioni annue di 30′ e di 1, 3, 6, 12 e 24 ore mostra l’assenza di chiare evidenze in merito a trend positivi di tali eventi. Nello specifico, applicando il test di Mann Kendall gli autori evidenziano che il 91% delle serie storiche di precipitazioni orarie non manifestano alcun trend. Gli stessi autori evidenziano il netto prevalere di trend negativi o nulli negli indicatori di cambiamento climatico riferito alle precipitazioni indicati dall’ Expert Team on Climate Change Detection and Indices (ETCCDI).
E’ altresì importante elencare lavori riferiti ad aerali più ampi ed in particolare:
- Westra et al. (2013): analizzano le tendenze delle precipitazioni massime annue di un giorno a livello globale per il periodo 1900 – 2009. Il lavoro è riferito ad un totale di 8326 stazioni terrestri che i ricercatori hanno ritenuto di “alta qualità” e si conclude che il 2% delle stazioni mostra un decremento significativo nelle piogge estreme, l’8% un incremento e il 90% non presenta alcun trend significativo.
- Screen & Simmonds ( 2014): su un dataset di rianalisi relativo alle medie latitudini dell’emisfero Nord evidenziano la sostanziale stazionarietà degli eventi pluviometrici e termici estremi nel periodo 1979-2012.
- Mariani e Parisi (2013): analizzando un vasto dataset di dati pluviometrici giornalieri per stazioni dell’area euro-mediterranea per il periodo 1973-2010 ed utilizzando lo schema di analisi proposto da Alpert et al. (2002), hanno evidenziato l’infondatezza dell’aumento parossistico delle piogge estreme giornaliere affermato dagli stessi Alpert et al. in un lavoro del 2002.
I risultati sopra riportati sono peraltro corroborati da uno sguardo storicamente più ampio come quello proposto da Diodato et al. (2019), ove sono analizzati gli eventi idrologici dannosi in Italia risalendo sino ad oltre mille anni: questo studio mostra come ci siano stati pochi eventi durante il periodo caldo Medioevale, abbiano avuto la loro massima frequenza in coincidenza con periodi freddi come la piccola era glaciale, per poi entrare in una decrescita che dura tutt’oggi. Lo studio arriva a concludere “dalla metà del XIX secolo è evidente una diminuzione negli eventi idrologici eccezionali, soprattutto durante i decenni più recenti”.
Le fonti bibliografiche che indicano aumenti di intensità delle precipitazioni in Italia
Al riguardo possiamo segnalare il già citato lavoro di Alpert et al (2002) e il lavoro di Crisci et al (2002).
Per una disamina più ampia di tali lavori rimandiamo gli interessati all’analisi molto dettagliata che ne è stata fatta da Sergio Pinna nel suo libro “Cambiamento climatico, religione del XXI secolo“. In questa sede ci limitiamo a rammentare che:
- Alpert et al. fondano la loro idea di un “aumento parossistico delle precipitazioni sul Mediterraneo” su dati desunti da serie storiche italiane che lasciano perplessi in quanto mostrano nei soli anni ’80 del XX secolo un aumento di intensità molto sensibile e che non trova riscontro nelle serie osservative a nostra disposizione.
- Crisci et al., analizzando dati relativi alla Toscana, non evidenziano alcuna crescita lavorando sulle serie complete. A questo punto però riducono via via la lunghezza delle serie storiche, facendole dapprima iniziare nel 1951 e poi nel 1970. Solo in quest’ultimo caso riscontrano una modesta percentuale (il 14%) di serie con trend positivi.
La questione delle siccità: in aumento al Centro-Nord e in diminuzione al Sud
Circa le tendenze della siccità in Italia, possiamo portare un dato originale e cioè i giorni di stress per la vite (Vitis vinifera, L.) calcolati a partire dai dati di 198 stazioni meteorologiche della rete GSOD (figura 1) per mezzo di un modello di bilancio idrico a serbatoio unico e con passo giornaliero. Come si può vedere lo stress medio è in aumento sensibile al nord (+42% nella media del 2001-2020 rispetto alla media 1973-2000) e moderato al centro (+16%) mentre al sud si registra un lieve calo (-8% nella media del 2001-2020 rispetto alla media 1973-2000).
Si noti inoltre che l’indice utilizzato:
- manifesta un’estrema variabilità interannuale, il che si ricollega alla spiccata variabilità interannuale che presentano le precipitazioni;
- evidenzia la presenza di ciclicità pluriennali, il che a livello italiano si traduce in due fasi a stress ridotto (1973-80 e 1996-2006, rispettivamente con 38 e 34 giorni di stress medio annuo) e due a stress più elevato (1981-1995 e 2007-2020, rispettivamente con 47 e 49 giorni di stress medio annuo).
Conclusioni
Varie evidenze osservative non consentono di avvalorare il luogo comune secondo cui le piogge estreme sono sempre più intense, mentre per quanto riguarda la siccità possiamo costatare che il fenomeno è in aumento al centro nord e in diminuzione al Sud. Alla luce di ciò sarebbe quanto mai auspicabile che tali evidenze fossero fatte proprie da chi ragiona di precipitazioni in termini di variabili guida per i processi erosivi e per la produzione agricola.
- Alpert et al., 2002. The paradoxical increase of Mediterranean extreme daily rainfall in spite of decrease in total values, Geophysical Research Letters, vol. 29, n.11, pp 301-314
- Bassi M., Colombino G., Cremonini R., Masciocco L., 2011. Analisi delle piogge estreme in Piemonte, in Atti del convegno Le modificazioni climatiche ed i rischi naturali, 53-58.
- Bonaccorso B., Cancelliere A., Rossi G., 2005. Detecting trends of extreme rainfall series in Sicily, Advances in Geosciences (2005) 2: 7–11
- Brunetti M., Caloiero T., Coscarelli R., Gullà G., Nanni T., Simolo C., 2010. Precipitation variability and change in the Calabria region (Italy) from a high resolution daily dataset, Volume32, Issue 1, January 2012, Pages 57-73
- Crisci et al., 2002. Extreme rainfall in a changing climate: a regional analysis and hydrological implications for Tuscany, Hydrologival processes. vol. 16, pp. 1261-1274.
- Coscarelli R. and Caloiero T., 2012. Analysis of daily and monthly rainfall concentration in Southern Italy (Calabria region), Journal of Hydrology 416–417 (2012) 145–156
- Diodato et al., 2019. A millennium-long reconstruction of damaging hydrological events across Italy. Nature, Scientific reports 2019
- Fatichi S., Caporali E., 2009. A comprehensive analysis of changes in precipitation regime in Tuscany, International Journal of Climatology, Volume 29, Issue 13, 1883–1893.
- Ghil M., Lucarini V., 2019. The Physics of Climate Variability and Climate Change, Rev. Mod. Phys. 92, 035002.
- Libertino A., Ganora D., Claps P., 2019. Evidence for increasing rainfall extremes remains elusive at large spatial scales: the case of Italy, Geophysical Research Letters, 10.1029/2019GL083371
- Mariani L, Parisi S, 2013. Extreme rainfalls in the Mediterranean area, in Storminess and enironmental changes: climate forcing and responses in mediterranean region. Diodato and Bellocchi (Eds.), Springer.
- Pinna S., 2014. la falsa teoria del clima impazzito, Felici editore, 155 pp.
- Pinna S., 2019. Il cambiamento climatico – la religione del XXI secolo, 160 pp.
- Satoh M. et al., 2018. Toward reduction of the uncertainties in climate sensitivity due to cloud processes using a global non-hydrostatic atmospheric model, Progress in Earth and Planetary Science volume 5, Article number: 67
- Screen J.A.Simmonds I., 2014. Amplified mid-latitude planetary waves favour particular regional weather extremes, Nature Climate Change, 4, 704–709.
- Westra S., Alexander L.V., Zwiers F.W., 2013. Global Increasing Trends in Annual Maximum Daily Precipitation. J. Climate, 26, 3904–3918.
La forza dei numeri contro la realtà virtuale della fanfara mediatica e le previsioni sempre sbagliate dei modelli climatici. Grazie per il contributo!
gentilmente, mi potreste spiegare questo fenomeno?
Ho letto l’abstract di questo articolo “Diurnal CO2-cycles and temperature regimes in a natural CO2 gas lake” https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1750583615001048
dove dice :”During the morning hours thermal heating leads to a collapse and complete emptying of the gas lake within tens of minutes, leaving Bossoleto free of CO2 during the day.”
Questo studio è presente anche su https://www.researchgate.net/publication/274263909_Diurnal_CO2-cycles_and_temperature_regimes_in_a_natural_CO2_gas_lake dove nelle citazioni vi è scritto:” the toxic atmosphere forms in the evening hours, persists throughout the night and is reduced in the morning due to the absorption of the infrared portion of the sunlight”
ora, non ho capito bene l’assorbimento delle radiazione infrarossa fa decadere la concentrazione di CO2?
Essendo Bussoleto un “5 m deep depression with several active CO2 vents that continuously emit high amounts of dry CO2 gas” (sempre dall’abstract), ossia l’emissione di CO2 è costante tutta la notte, vuol dire forse che la radiazione solare distrugge le molecole di CO2?
Grazie anticipatamente per la spiegazione di questo fenomeno.
Articolo breve, succinto e compendioso!
Ho voluto citare una mia docente delle scuole medie che, quando si trovava di fronte ad un buon compito, poco prolisso e molto ricco di contenuti, lo definiva in questo modo.
Non ho altro da aggiungere a quanto scritto da L. Mariani, G. Alimonti e S. Pinna: i numeri parlano da soli e le chiacchiere stanno a zero, anzi no, stanno dall’altra parte, ovvero dalla parte di chi sostiene che i cambiamenti climatici in atto sono testimoniati dall’intensificarsi degli eventi estremi “fatto” (sic!) “sotto gli occhi di tutti”.
Domanda retorica finale: perché i vari “esperti” climatologi che vanno in televisione non danno uno sguardo ai numeri, prima di proferir parola?
Ciao, Donato.
”
È documentato l’aumento con cui accadono eventi piovosi di forte intensità e, di conseguenza, i fenomeni erosivi
”
Ma se lo sono inventato o poi citeranno le fonti?
Ottimo articolo, guido!… Ci voleva.
I dati sono i dati, ma la clique climacatastrofista se ne frega, e i mille TG e servizi TV continueranno ad intervistare “scienziati” climatici che diranno che tali eventi sono in aumento.
E’ un po’ la stessa cosa con l’argomento dei “migranti climatici”, che in realtà se migrano lo fanno o per motivi di sovrapopolazione o, più spesso, di guerre o attriti etnico/razziali.
Grazie Roberto, l’articolo è di Luigi Mariani, Gianluca Alimonti e Sergio Pinna però, e li ringrazio per averlo condiviso con noi.
gg