Sorpresa, oltre il dito c’è la Luna. Se qualcuno pensa ancora che esistano i presupposti scientifici per asserire che siamo di fronte ad un emergenza climatica, consiglierei la lettura di questo breve ma significativo articolo apparso su Quotidiano Energia e recuperato dalla rassegna stampa dell’ENEA.
Quattro i nodi da sciogliere a Copenhagen secondo il d.g. Ricerca ambientale e sviluppo del Ministero dell’ambiente, Corrado Clini. In breve: definizione di un carbon pricing che anticipi una carbon tax globale,  generazione di un mercato delle emissioni cui partecipino tutti, coperazione tecnologica e finanziaria a beneficio dei paesi in via di sviluppo, impegni condivisi da tutti i partecipanti.
Con riferimento ad una ipotetica carbon tax, se di strumento di “respiro” globale si deve trattare -il riferimento all’aria non è casuale-, sarebbe anche opportuno capire chi e come dovrebbe gestirne i proventi. Il rischio che si trasformi in uno strumento di gestione globale ad opera di organismi sovrannazionali non elettivi e piuttosto vulnerabili all’influenza ora di questa, ora di quall’altra lobby è piuttosto elevato.
Per quel che riguarda il mercato delle emissioni, tentare di realizzarlo scongiurando il pericolo che si trasformi in un business finaziario è impossibile, perchè questo è già successo .
La cooperazione tecnologica e finanziaria che aiuti i paesi in via di sviluppo a migrare verso tecnologie verdi è un’ottima idea, a prescindere dall’impegno sul clima. Le cose si complicano però quando beneficiarie di questi aiuti dovrebbero essere anche quelle economie che in realtà già guidano la classifica o si apprestano a farlo. Forti già lo sono, convincere le economie dal fiato corto come quelle occidentali che occorre pagarle perchè lo diventino ancora di più mi sembra un po’ difficile.
Quanto agli impegni infine, se, come leggiamo nello stesso articolo e come è ormai cosa nota, la nazioni più influenti si rifiutano di accettare accordi a carattere vincolante in termini quantitativi e temporali, di che impegni stiamo parlando?
[…] International Emissions Trading Association, criticano tutto il sistema dei crediti di carbonio, e della compravendita delle quote (CDM) che accusano di creare solo speculazione, senza nulla risolvere. Dubbi già espressi su climatemonitor2 […]
L’Africa è come la Val D’Agri in Basilicata, tanto ricca ma cosi povera.
Gli abitanti di quella valle non dormirono per 1 mese quando vennero a sapere che sotto ai loro piedi c’era uno dei piu grandi giacimenti europei di petrolio. Arrivarono le compagnie e tirarono su il petrolio.
La disoccupazione è arrivata alle stelle, i contadini continuano a coltivare sopra il petrolio, i giovani pascolano le pecore e le compagnie petrolifere fanno affari. In alcuni villaggi della Val D’Agri non c’e neanche la corrente elettrica.
Non mi sono inventato niente, abito non lontano da quella zona, la conosco.
L’ENI è pronta a tirare su un bel po di petrolio dall’Uganda, gli africani a differenza dei lucani per vari motivi non sanno cosa c’e sotto i loro piedi, forse è meglio cosi.
Link:
http://www.agi.it/economia/notizie/200911231741-eco-rt11173-eni_scaroni_da_uganda_dal_2016_produzione_50mila_barili_day