Lo evidenziano le serie storiche quarantennali e trentennali aggiornate al 2019 riportate nel report 2020 di EFFIS (European Forest Fire Information System del JRC)
Il JRC ha pubblicato l’edizione 2020 del report sugli incendi boschivi “Forest Fires in Europe, Middle East and North Africa 2019” sviluppato dal team di EFFIS e da esperti nazionali che hanno redatto i report per i singoli Paesi. Il nuovo report è disponibile qui, mentre i report pregressi sono disponibili a quest’altro link.
Il report EFFIS è quest’anno particolarmente importante perché chiude un altro decennio, consentendoci di produrre statistiche per il quarantennio 1980-2019 per cinque paesi mediterranei (Portugalo, Spagna, Francia. Italia e Grecia) e per il trentennio 1990-2019 per 26 altri paesi (tabelle 86 e 87), che per le mie analisi ho preferito ridurre a 13 (Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Lettonia, Lituania, Marocco, Polonia, Romania Slovacchia, Svizzera e Turchia) eliminando quelli che presentavano un numero eccessivo di anni mancanti a inizio serie. In sostanza per il commento successivo ho utilizzato solo i dati dei Paesi che nelle serie del numero di incendi mancano di un massimo di 5 anni a inizio serie. I dati degli anni mancanti sono stati sostituiti con la media dei primi 5 anni disponibili.
Il calo nel numero di incendi nelle serie annuali
Per i 5 paesi mediterranei il 2019 si colloca al 32° posto per numero di incendi sui 40 anni considerati. Inoltre, per gli ulteriori 13 paesi considerati il 2019 si colloca al 7° posto sui 30 anni considerati. Dai tre diagrammi colorati in rosso (figure 1, 3 e 5) si coglie il trend negativo che caratterizza il numero di incendi nel nuovo millennio per i 5 paesi mediterranei, per i 13 paesi euro-mediterranei e per l’Italia. Dalle tabelle 1 e 3 risulta inoltre che il decennio 2010-2019 è stato quello con il minor numero di incendi per i 5 e i 13 paesi considerati e per la stessa Italia.
Il calo nelle superfici percorse dal fuoco nelle serie annuali
Per i 5 paesi mediterranei il 2019 si colloca addirittura al 37° posto sui 40 anni considerati mentre per i 13 paesi con serie trentennali il 2019 si colloca al 18° posto sui 30 anni considerati. Dai tre diagrammi colorati in blu (figure 2, 4 e 6) si coglie il trend negativo che caratterizza il numero di incendi nel nuovo millennio per i 5 paesi mediterranei e per i 13 euro-mediterranei. Infine, dalle tabelle 2 e 3 risulta che il decennio 2010-2019 è stato quello con la minor superficie percorsa dal fuoco per i 5 e i 13 paesi considerati e per la stessa Italia.
Un comunicato stampa decisamente fuori luogo…
Dopo aver reso merito al gruppo EFFIS ed agli esperti nazionali per un lavoro che troviamo di grande rilevanza, non posso non esprimere stupore per il tono pessimistico del comunicato stampa di presentazione del report ad iniziare dal titolo “Press release – 30 October 2020 – Brussels Commission report: Europe’s nature under threat as world suffers worst year on record for forest fires”. Tale comunicato non rende infatti ragione dei tratti salienti di quanto sta accadendo a livello euro-mediterraneo. Saggezza vorrebbe invece che si prendesse atto di quanto di positivo emerge dalle serie storiche aggiornate al 2019, anche per rendere merito dei risultati ai cittadini e alle autorità impegnate nelle attività di prevenzione e gestione degli incendi e per stimolare tutti a far sempre meglio in futuro. Tali considerazioni si riallacciano purtroppo a quelle che con l’amico Gianluca Alimonti abbiamo fatto in merito al report ONU sui disastri naturali.
“World suffers worst year on record”?
Con riferimento poi a ciò che sta accadendo a livello globale sussiste a mio avviso la necessità di un approccio realistico ai fenomeni. Al riguardo segnalo anzitutto il diagramma in figura 7, l’unico che ho trovato in rete con dati 2019 e che non suffraga l’ipotesi avanzata nel comunicato stampa UE.
Invito poi a leggere l’intervista che il blog della Royal Society ha fatto a Cristina Santin and Stefan Doerr, che nel 2016 scrissero sulle Philosophical transactions, storica rivista della Royal Society fondata nel 1665, un apprezzato articolo in cui analizzavano i trend globali degli incendi boschivi e che ho citato in un mio passato intervento su Climate Monitor (Mariani, 2019).
Nello specifico alla domanda “In your 2016 paper you concluded that the global area burned has overall decreased in the last decades. Has this trend changed recently?” Gli intervistati rispondono significativamente che:
“Since we compiled the data for our study in 2015 there have indeed been many extreme fire events around the world: California in 2017, 2018 and, again, right now; Portugal in 2017; Greece in 2018; Australia 2019-20 – we could go on. So, there is no doubt that, as explained in our paper, fire activity is on the rise in some regions, such as the western side of North America. And very importantly, associated with these regional increases, we are already seeing a rise in fire impacts, for example in the number of fatalities. In the 20 years preceding our paper, an average of 71 deaths per year had been recorded in wildfire disasters. Since 2015, this has risen to 122. That noted, when considering the total area burned at the global level, we are still not seeing an overall increase, but rather a decline over the last decades. This has been confirmed in a series of subsequent studies, using data up to 2017 or 2018. This may sound counter-intuitive. The global decrease is mostly driven by less fire in savannahs and grasslands, mainly in Africa, but also in South America and Australia. In quantitative terms, fire in those grassy ecosystems account for around 70% of the total global area burnt, so the reduction in fire activity here outweighs the increase in burned area that we are seeing in other parts of the world.”
E circa il ruolo del cambiamento climatico osservano inoltre che:
“There is strong evidence that the increase in fire activity we are seeing in many forested regions is indeed linked to climate change. Even the decrease in fire in tropical savannas that we just mentioned does not mean that climate change is not having an impact there too; actually, quite the opposite. This reduction has been in part attributed to conversion of savanna to agricultural land but, also, to shifting rainfall patterns that reduce the overall flammability of grasslands.”.
Insomma, questi ricercatori ci stanno dicendo che il cambiamento climatico non ha sempre e solo effetti negativi ma il suo ruolo dev’essere viceversa letto e interpretato caso per caso, oltre il luogo comune.
Un’ultima osservazione, marginale fin che volete ma che ci tengo non resti nella penna: fino allo scorso anno sui report EFFIS in formato PDF si poteva operare con il “taglia-incolla”, cosa che da quest’anno è impossibile essendo il documento protetto da copia, il che rende penoso trasferire dati e brani. La “mania” di proteggere i documenti PDF dalla copia affligge da anni una significativa fetta della pubblica amministrazione italiana, costringendo non di rado chi per motivi professionali accede a documenti pubblici ad avvilenti sessioni di dattilografia. Non vorrei che il contagio si stesse diffondendo anche a livello europeo!
Ringraziamenti
Ringrazio l’amico agronomo Gabriele Fontana per avermi segnalato l’uscita del report EFFIS e per aver redatto un primo sommario commento allo stesso.
Riferimenti citati nel testo
- Cristina Santin and Stefan Doerr, 2020. GLOBAL TRENDS IN WILDFIRE AND ITS IMPACTS – ‘society needs to understand that we live on a flammable planet …’ – https://royalsociety.org/blog/2020/10/global-trends-wildfire/
- Report EFFIS
- Doerr S.H., Santin C., 2016. Global trends in wildfire and its impacts: perceptions versus realities in a changing world. Phil. Trans. R. Soc. B 371: 20150345. http://dx.doi.org/10.1098/rstb.2015.0345
- Mariani L., 2017. Il Declino Globale delle Aree Soggette a Incendio: Alcune Riflessioni in Chiave Storica, Etnografica ed Ecologica, su Climate Monitor , http://www.climatemonitor.it/?p=44979
- Mariani L., 2019. “Il Declino Globale di Incendi di Boschi e Praterie” su Climate Monitor, http://www.climatemonitor.it/?p=51351
Forse sono un pò ingenuo, ma laddove si invoca il cambio climatico come causa di un fenomeno, quale, ad esempio, l’aumento della “fire activity” citato nell’articolo, non si potrebbe semplicemente chiedere a quale specifico “cambio del clima” viene attribuito tale fenomeno?
Caro Luigi,
ottimo e dettagliato articolo…come sempre! Grazie.
…ma fammi fare la parte “del diavolo”: a cosa si riferiscono gli autori quando rispondono “There is strong evidence that the increase in fire activity we are seeing in many forested regions is indeed linked to climate change.” Immagino non ai recenti incendi nell’Ovest degli USA https://wattsupwiththat.com/2020/09/22/did-global-warming-play-a-significant-role-in-the-recent-northwest-wildfires/?fbclid=IwAR3hMn5LiY-fJnVkEz2k8oo79oFFNOnbSa3UBk_47f5BaLvm18wJIoLsocA
Hai idea quali siano queste “forti evidenze”?
Grazie,
Gianluca
Caro Gianluca,
i due ricercatori affermano queste cose in un’intervista senza fornire ulteriore documentazione bibliografica. In ogni caso per necessità di lavoro ho dovuto di recente ragionare di eventi estremi ed effetto antropico e mi sono accorto che esiste una letteratura scientifica vastissima e sempre crescente che ricorrendo di solito a modelli circolatori globali attribuisce qualunque cosa accada fra cielo e terra (incendi, piogge estreme, ondate di caldo e di freddi, siccità, alluvioni, ecc.) al cambiamento climatico e all’azione antropica. E’ a tale corpus sempre più vasto che si saranno immagino richiamati i due autori.
La protezione delle pagine PDF (chissà come mai in aumento?) non fa comunque perdere molto tempo al recupero e rielaborazione di testi e numeri; basta avere un banale programmino (es. JOCR) da applicare alle schermate per il riconoscimento di testi e numeri.
Ma si sa, per molte persone l’ “idea” che il proprio prodotto intellettuale sia più blindato è molto più importante del fatto che ciò possa effettivamente avvenire.
Gentile Paron,
ringrazio per il suggerimento.
In realtà non ho avuto necessità di applicare un SW OCR in quanto fino al report precedente a quello odierno si poteva intervenire con il copia-incolla, per cui ho semplicamente aggiunto i dati del 2019 al mio file excel che conteneva l’intera serie storica fino al 2018.
Tuttavia è il principio della protezione che non capisco, a meno che vi sia quanche motivo cogente che mi sfugge…