Nel corso degli anni mi sono occupato diverse volte del processo della comunicazione scientifica e delle aberrazioni che esso determina.
In questo articolo voglio analizzare una catena causale che, purtroppo, caratterizza buona parte della comunicazione scientifica in ambito climatologico. In genere si parte da un fenomeno che possa essere influenzato da fattori climatici (temperatura, livello del mare, precipitazioni, ecc.) e lo si analizza, determinando la variazione dei fattori climatici in gioco, mediante modelli matematici fatti girare, ipotizzando che il cambiamento climatico avvenga secondo lo scenario di emissione RCP 8.5. I risultati dello studio vengono pubblicati e dati in pasto ai media più o meno generalisti mediante opportuni comunicati stampa. I media svolgono il ruolo di cassa di risonanza della notizia, drammatizzando ulteriormente le conclusioni dello studio e contribuendo, in tal modo, al consolidamento della linea di pensiero principale. Su queste basi vengono innestate, infine, le campagne dei gruppi di pressione e sensibilizzazione sociali, politici, economici e via cantando che portano avanti le istanze di riforma delle politiche nazionali e sovranazionali, basate sulla sostenibilità del sistema economico, la redistribuzione del reddito nei Paesi e tra i Paesi, la transizione energetica mediante decarbonizzazione del sistema produttivo mondiale.
In questi giorni ho avuto la ventura di imbattermi in un caso veramente esemplare della catena causale che ho appena finito di illustrare.
– il fatto
Il fenomeno da cui si parte è costituito dall’erosione della linea di costa, in particolare delle spiagge. Il fenomeno è reale ed ha molte cause. In primo luogo il mare tende per sua natura a erodere le coste: sin dalla scuola elementare (oltre mezzo secolo fa, purtroppo) mi hanno insegnato che gli agenti che modellano la crosta terrestre sono molteplici e, tra i principali, possiamo annoverare il vento, le acque, il gelo ed il disgelo, il moto ondoso ed i ghiacciai. A quei tempi l’uomo non era considerato in grado di competere con l’azione di questi agenti, ma oggi l’azione umana è considerata addirittura superiore alle forze naturali che hanno modificato e modificano la faccia della terra. Non per niente alcuni parlano di era dell’uomo o antropocene (io non sono tra questi, ma ciò conta poco ai fini del nostro ragionamento).
La linea di costa è uno degli ambienti più mutevoli che esistono, in quanto esposta alla furia degli elementi (vento, acqua, onde marine), per cui è normale che essa venga erosa e cambi nel corso del tempo. Qualche settimana fa mi sono occupato del processo dinamico che determina la stabilità degli atolli corallini. In quella sede esaminai il sottile equilibrio che consente a queste strutture di sopravvivere nel corso dei millenni. Per le coste vale lo stesso discorso: esse sono il frutto di un sottile equilibrio tra quantità di materiale asportato e quantità di materiale apportato dagli elementi naturali. Nel caso delle spiagge sabbiose il moto ondoso, le tempeste e le correnti marine tendono a muovere la sabbia spostandola da un luogo all’altro. Se il processo di asportazione prevale su quello di apporto, si ha l’erosione della linea di costa, in caso contrario la linea di costa cresce. Questo processo già abbastanza complicato, diventa ancora più complesso se si prende in considerazione l’innalzamento del livello del mare, i movimenti della crosta terrestre, l’attività antropica e via cantando. Nel caso delle spiagge l’uomo gioca un ruolo estremamente importante: modificando il regime delle acque interne e lo stato del suolo, modifica la quantità dei sedimenti che i fiumi convogliano verso il mare e che, ridistribuiti dalle correnti marine e dalle onde, vanno a formare le spiagge. Modificando, inoltre, l’immediato entroterra della linea di costa, altera il naturale processo di variazione della profondità della spiaggia: una strada o ferrovia litoranee, l’edificazione a ridosso della spiaggia e via cantando, rendono impossibile il naturale “respiro” della spiaggia che, in caso di erosione, dopo un po’ di tempo sparirà. Non sarà possibile, infatti, che essa venga ricostituita a spese del suolo retrostante a causa degli insediamenti umani che impediscono, almeno temporaneamente, l’espansione della spiaggia.
Ho semplificato molto la questione, ma sul processo di erosione delle coste e delle spiagge in modo particolare, potremmo scrivere centinaia di pagine. Gli esperti della questione potrebbero sollevare miriadi di obiezioni a quanto ho scritto, ma la necessità di sintesi è tiranna, per cui mi scuso sin da adesso, per il modo sbrigativo in cui ho trattato una questione molto complessa: si tenga presente che lo scopo di questo articolo è un altro.
– lo studio scientifico
Sulla base di quanto ho scritto, appare ovvio che gli agenti climatici sono fondamentali nella salvaguardia della linea di costa. L’innalzamento del livello del mare favorisce l’arretramento della linea di costa; la variazione della frequenza ed intensità delle tempeste può alterare l’equilibrio dinamico che caratterizza la spiaggia; la variazione delle precipitazioni può alterare il processo di apporto di sedimenti al mare. Come si vede, stiamo discutendo di un fenomeno che dipende anche da fattori climatici. Abbiamo individuato, pertanto, il primo elemento della catena fattuale. Chi per professione si occupa di conservazione della linea di costa, non può fare a meno di cercare di capire come evolverà la situazione in futuro, visto che il clima cambia e lo fa per definizione.
E proprio questo hanno fatto alcuni ricercatori: hanno cercato di capire come evolveranno nel futuro le linee di costa in funzione delle variabili climatiche.
Lo scorso mese di marzo è stata pubblicata su Nature Climate Change una lettera
Sandy coastlines under threat of erosion
a firma di M. I. Vousdoukas, R. Ranasinghe, L. Mentaschi, T. A. Plomaritis, P. Athanasiou, A. Luijendijk e L. Feyen (da ora Vousdoukas et al., 2020), in cui si analizza l’evoluzione del processo di erosione delle coste nel corso dei prossimi decenni (tra oggi ed il 2050 e, infine, tra oggi ed il 2100). Potrebbe sembrare una pignoleria, ma la presenza della parola “threat” nel titolo, la dice lunga sull’esito dello studio.
Vousdoukas et al., 2020 è uno studio molto simile a tanti altri che ho letto e commentato. Il punto di partenza è sensato: l’erosione delle coste, in particolare delle spiagge sabbiose, è dovuto a fattori ambientali (antropici e geologici, principalmente) e climatici. Gli stessi che ho indicato in premessa. I ricercatori hanno quantificato i fattori ambientali che determinano il cambiamento della linea di costa sulla base dell’evoluzione “storica” delle spiagge: hanno estrapolato di diversi decenni i dati accumulati nel corso degli anni trascorsi. Personalmente non so da quanto tempo le spiagge sono tenute sotto stretta osservazione per seguirne l’evoluzione, ma non credo che avvenga da molti anni. Sulla base di qualche ricerca speditiva che ho compiuto, credo che qualche spiaggia sia stata osservata per diversi decenni, ma non credo che il periodo di osservazione arrivi al secolo se non in qualche caso eccezionale. Eppure gli autori dello studio estrapolano i dati a disposizione da un minimo di trent’anni ad ottanta anni. Personalmente reputo molto rischioso il processo di estrapolazione e me ne astengo volentieri, ma non tutti la pensano come me. Per quel che riguarda i fattori climatici, Vousdoukas et al., 2020 individua nel moto ondoso conseguente alle tempeste e nella variazione del livello del mare, le due principali cause dell’erosione costiera di matrice climatica. L’assunto di base non è sbagliato: se il livello del mare sale e le tempeste diventano più violente, il processo di erosione delle spiagge aumenta di intensità. Il problema sta nel quantificare l’incremento del livello del mare di qui al 2050 o al 2100 e di quanto varierà la forza delle tempeste. Altro problema riguarda l’incidenza di questi fenomeni climatici sulle dinamiche di regressione delle spiagge e come esso sia stato modellato per ottenere risultati quantitativi.
Le prime due questioni sono state risolte ricorrendo alle previsioni dell’andamento del livello del mare e delle intensità delle tempeste, delineate dall’IPCC sulla base degli scenari di emissione RCP 8.5 e RCP 4.5. Per non appesantire la trattazione, mi limito a ricordare che si tratta di due scenari che quantificano l’incremento del forzante radiativo dovuto ai gas serra nel l 2100 rispetto al 1850. Lo scenario RCP 8.5 è quello erroneamente definito “business and usual” ovvero quello che si verificherebbe qualora non si prendesse alcun provvedimento per ridurre le emissioni. Lo scenario RCP 4.5 è relativo all’ipotesi in cui si realizzi una moderata azione di mitigazione climatica (riduzione delle emissioni).
E’ ormai accertato che lo scenario RCP 8.5 è del tutto irrealistico: presuppone che la popolazione mondiale al 2100 raggiunga i 12 miliardi di individui (al massimo 10 miliardi, ma forse anche meno), che l’incidenza dell’uso del carbone nel mix energetico aumenti in modo più che lineare (ciò non è vero in quanto sia la produzione che il consumo di carbone negli ultimi anni e, presumibilmente anche per il futuro, sono attesi addirittura in lieve diminuzione) e che non vi sia aumento dell’efficienza energetica (cosa non vera, come dimostra questo grafico). Come ha argutamente argomentato qualche scettico, questo scenario ha l’unico scopo di delineare un “mondo da incubo” che praticamente non esiste e non esisterà mai. Eppure esso viene utilizzato, dai ricercatori per simulare ciò che accadrà nel 2100. Vousdoukas et al., 2020 non fa eccezione e, difatti, quantifica l’incremento del livello del mare al 2100 in circa 80 centimetri, in linea con le previsioni più fosche dell’IPCC AR5. Per dimostrare l’efficacia delle azioni di mitigazione climatica, lo studio esamina l’evoluzione dell’erosione delle spiagge sabbiose anche nell’ipotesi si verifichino le proiezioni dello scenario RCP 4.5 (incremento del livello del mare di circa 40 centimetri).
Supposto, comunque, che tutte le ipotesi anzidette siano vere, Vousdoukas et al., 2020 hanno applicato dei modelli matematici che simulano il comportamento delle spiagge sabbiose in dipendenza della variazione del livello del mare, dell’intensità del moto ondoso e dei fattori ambientali, in ognuna delle 26 zone, in cui IPCC ha suddiviso il globo terracqueo (SREX). Supposto che il modello matematico utilizzato per valutare l’impatto dei fattori climatici sull’evoluzione delle coste sabbiose, sia efficace, lo studio ha consentito di calcolare l’arretramento medio delle spiagge sabbiose nelle varie sub-regioni planetarie e quello globale.
I risultati ottenuti possono essere così sintetizzati:
– l’arretramento delle spiagge sabbiose è guidato essenzialmente dalla variazione del livello del mare. A livello globale e nell’ipotesi di validità dello scenario RCP 8.5, l’82% dell’arretramento delle spiagge è imputabile all’aumento del livello del mare ed il 18% a fattori ambientali (proiezione al 2100). Peraltro sembra che il moto ondoso influisca poco sull’erosione costiera a lungo termine, in quanto la lunghezza degli intervalli temporali tra un evento estremo e l’altro, consentirebbero alle spiagge di recuperare la deprivazione di sabbia prodotta da violente mareggiate.
– in termini assoluti l’arretramento medio a livello globale delle spiagge sabbiose nel 2100 può essere quantificato in circa 86,4 metri (fascia di incertezza 14,8-164,2 metri) sotto lo scenario di emissioni RCP 4.5 ed in circa 128,1 metri (fascia di incertezza 35,3-240,0 metri) sotto lo scenario di emissioni RCP 8.5.
– la riduzione delle emissioni determina una diminuzione dell’erosione delle spiagge compresa tra il 30% ed il 40% (gli autori parlano del 40%, ma io propendo per il 30%).
Lo studio mi lascia piuttosto perplesso in quanto i risultati presentano margini di incertezza piuttosto ampi. Detto in altri termini ogni valore compreso tra gli estremi dell’intervallo di incertezza può essere plausibile. Esso non tiene conto, inoltre, della presenza di ostacoli naturali e/o artificiali che possano ridurre o accentuare l’erosione delle spiagge, né delle modifiche dei regimi di afflusso dei sedimenti trasportati dai fiumi e veicolati dalle correnti marine. Come esplicitamente affermano i ricercatori, infine, la mancanza di un archivio dati aggiornato e sufficientemente esteso di tutte le spiagge sabbiose prese in esame, aumenta in modo considerevole il margine di incertezza dei risultati per molte aree del globo. Tutto ciò senza tener conto dell’aleatorietà insita nelle modellazioni matematiche dell’azione dei fattori climatici sulle spiagge e quelle altrettanto importanti connesse agli scenari di emissione.
Considerando che le spiagge sono elementi importanti nell’economia globale, a causa dell’attrazione che esse esercitano su moltissime attività umane, Vousdoukas et al., 2020 si conclude con l’auspicio che i suoi risultati possano costituire una guida per i decisori politici e per i portatori di interesse che li aiuti a porre in essere le necessarie politiche di adattamento e mitigazione, in grado di limitare i danni alle spiagge sabbiose.
– la cassa di risonanza mediatica
Una volta pubblicato l’articolo, iniziano a circolare i comunicati stampa e cominciano ad essere pubblicati articoli divulgativi che commentano l’articolo scientifico. Nel caso in specie il “lavoro sporco” è stato svolto da testate giornalistiche “indipendenti” che “producono e promuovono la copertura di notizie a partire da dati relativi ad argomenti europei“, come si legge nel manifesto di una di esse.
In un articolo dal titolo inequivocabile: “L’erosione delle spiagge mette a rischio le vacanze al mare degli europei“, pubblicato da European Data Journalism Network (EDJN), si parte dai risultati di Vousdoukas et al., 2020 e, senza far minimamente cenno alle fasce di incertezza che li caratterizzano e si calcola l’arretramento teorico nel 2100 di ben 2876 spiagge europee. Gli esiti di questa operazione di cui non sono indicati i metodi utilizzati, i margini di errore e le criticità, si decreta la morte di ben 854 di esse. Delle restanti, circa 1600 si troveranno in una situazione di criticità e solo 400 spiagge europee delle 2876 prese in considerazione, si possono considerare al sicuro, ma solo perché si prevedono forti interventi antropici di “ripascimento” degli arenili.
In Vousdoukas et al., 2020 non è scritto niente di tutto ciò. Pur con i limiti che ho indicato, esso è un normale lavoro scientifico in cui gli autori illustrano metodi di analisi dei dati e margini di incertezza, con tanto di referenze. In alcune tavole sono indicate alcune spiagge e per ognuna di esse è indicato un colore che fa riferimento ad una scala cromatica che quantifica le variazioni di estensione dell’arenile con i suoi bravi margini di incertezza. Probabilmente gli autori dell’articolo di EDJN avranno avuto accesso a dati più dettagliati che, però, non sono riportati in Vousdoukas et al., 2020. Diciamo che l’articolo “divulgativo” dice cose diverse dall’articolo scientifico e, ammesso e non concesso che i dati siano corretti, li presenta in modo tale da rendere la situazione ancora più drammatica di quanto sia. In ogni caso è del tutto sparita l’incertezza del dato scientifico che pure era ben presente in Vousdoukas et al., 2020 ed i risultati vengono presentati con cifre significative al livello del metro: neanche in farmacia si riesce ad essere così precisi!
– l’intervento dei gruppi di pressione sociali, economici e politici
A questo punto entrano in gioco i gruppi di pressione sociali, economici e politici. L’articolo “divulgativo” viene ripreso da un blog in apparenza innocuo che, però, è pieno zeppo di collegamenti a siti squisitamente politici. Facendo leva sulla drammaticità della situazione emergente da dati privi di senso scientifico, si chiamano a raccolta gli uomini e le donne di buona volontà e li si invita ad imbarcarsi nell’ennesima crociata “salvamondo”. Nella fattispecie si rimanda ad una raccolta di firme per sottoporre al Parlamento Europeo una proposta di legge tesa a introdurre una tassazione aggiuntiva delle emissioni di carbonio che dovrebbe gravare in testa a tutti i cittadini europei, in aggiunta a tutti i balzelli che già ci rendono la vita impossibile e ci costringono a lavorare per quasi la metà dell’anno per poterne coprire il costo. Mi viene da chiedere, visto che dovremo comunque morire arrostiti, di permetterci almeno di farlo in pace, ma temo che questo suoni un po’ troppo “negazionista”.
– il cortocircuito politico-scientifico-economico-mediatico
Credo che il lettore che ha avuto la pazienza di arrivare a questo punto dell’articolo, abbia individuato chiaramente il cortocircuito che ho voluto esemplificare con questo scritto. Vousdoukas et al., 2020 è stato promosso e, quindi, finanziato dal Joint Research Centre della Commissione Europea, divulgato da strutture mediatiche che fanno chiaramente riferimento all’Europa ed utilizzato per promuovere una raccolta di firme, il cui scopo è quello di premere sulle strutture politiche e decisionali europee, per inasprire le politiche a favore della lotta ai cambiamenti climatici: il cane che si morde la coda. e per finire la ciliegina sulla torta: l’idea di far pagare tutti per le emissioni di diossido di carbonio è di 27 premi Nobel non meglio identificati. Come si vede, la scienza non è neutra.
Sono troppo mal pensante? Forse. Qualcuno ha affermato, comunque, che a pensar male si fa peccato, però….
donato grazie per la garbata attenzione, e comprendo perfettamente il tuo dissenso che parte indubbiamente da una solida conoscenza che traspare dalla argomentazione, ciononostante il fenomeno resta invariato con tutto il suo carico di perlessita irrisolte.
sfortunatamente per argomentare in maniera piu concisa si dovra necessariamente entrare nel merito, dunque il terreno si fà scivoloso.
fatte salve le tue considerazioni generali sulla portata delle forze naturali in campo, di qualche ordine di magnitudo rispetto alle tecnologie, purtroppo questa considerazione sacrosanta quanto generica non basta ad escludere quanto è possibile fare per alterare, non il clima ma alcuni suoi aspetti e fenomeni contingenti.
ora non voglio dilungarmi, tantomeno aprire un dibatito sterile sul fatto che le scie di condensa che avvengono, di solito in condizioni antagoniste rarissime (umidità relativa elevata e temperatura molto bassa 70/80% contro -40/-45gradi c.) che si trovano verosimilmente a quote prossime agli 8/10000 mt , quello che non torna,
ma evidentemente tanti altri particolari non tornano, come le quote dei velivoli che sono indiscutibilmente molto piu basse e nello specifico anche molto variabili,ma tutte abbondantemente sotto la soglia della impercettibilita
visiva di un velivolo che vola a 10000mt,
dunque velivoli che in piena estate incrociano quote
prossime ai 3/4000mt, a volte anche piu basse, dove la percercezione scorge anche i dettagli cromatici della livrea, alle quali (quote)spesso non si raggiunge neanche lo zero termico, è difficile poter immaginare che quelle vistose scie possano essere il residuo acquoso di una combustione oggi resa molto piu efficiente dai moderni
sistemi delle turbine, ad una quota dove le temperature sono ancora sopra lo zero, tanto piu che non avrebbero neanche motivo di espandersi a meno di volerle immaginare come il prodotto di una lunga serie di additivi chimici incombusti, che tracciano l’aria in maniera oltraggiosa sotto il naso di tutte le rigidissime normative antiinquinamento imposte a noi in terra e tutta la sua industria.
per quanto alle vecchie ma sempre verdi teorie secondo cui le tecniche di inseminazione delle nuvole per indurre/aumentare le precipitazioni sarebbero risultate inefficaci o parziali, concordo perfettamente, ma sono le tecnologie che puntano alla distruzione delle precipitazioni che si sono affinate e divenute enormemente piu efficienti, e per questo basta l’osservazione attenta del cielo in presenza di corpi nuvolosi o celle temporalesche che , in assenza di pregiudizi, morali o scientifici non importa, che si puo in breve tempo capire la portata del fenomeno e della sua efficienza.
del resto tutta la scenza che oggi, nonostate la strumentalizzazione che oggi la sta portando al di fuori del suo alveo naturale (covid docet)
è sostanzialmente basata sulla osservazione empirica
per costruire le sue teorie e poi convalidarle con l’aiuto di strumenti e tecnologie che gli permettono di fare degli enunciati stabili.
mi scuso per la lunghezza, e declino ulteriori considerazioni che potrebbero essere fatte solo in base ai dati raccoltie ed eventualmente in privata sede od in uno spazio dedicato, pertanto resto a disposizione per
parlare degli innumerevoli aspetti che non possono essere dismessi con semplici considerazioni generali o con parziali spigazioni scientifiche, cui solo i fatti e i riscontri sistematici possono aiutare a capire.
buona sera, mi scuso sin da ora per l’eventuale fuori tema, e la sua estensione, il mio intento è quello di
fare un ultimo tentativo per pregare chi ha voce, come in questo caso l’informazione ufficiale di meteorologia,
di prestarla a chi non ne ha, per portare all’attenzione un fenomeno che riguarda la sicurezza e il diritto di
tutti, di godere dei benefici della distribuzione delle acque piovane, senza interferenze da parte di opache organizzazioni
che ne alterano e modificano il ciclo naturale della sua distribuzione.
parlo di quel fenomeno che individua la presenza in cielo di continue e persistenti strisce bianche, che spesso espandendosi
creano una copertura artificiosa che a volte si estende per l’intera volta visibile.
facendo astrazione da tutta la narrativa complottista e la sua controparte negazionista, pertanto senza entrare nel mondo
olografico cui danno vita e forma le “scie chimiche” , tantomeno in quello opaco, che narra di progetti fantasiosi della geoingegneria, tentero’ di entrare nel merito della vicenda, in maniera asciutta ed empirica, per spiegare
In poche parole la vicenda, che per la sua natura sfuggente, a causa di una, diciamo cosi, ritrosia a d essere trattata, assume i connotati di un affaire di tipo militare perfettamente blindato.
entrando nel merito della vicenda direttamente, con l’aiuto di una ventennale personale osservazione e innumerevoli appunti
relativi alla intera fenomenologia in questione, una evidenza emerge in maniera incontrovertibile:
queste strisce prodotte dai velivoli che le rilasciano, producono una distruzione delle nuvole, che siano celle temporalesche in formazione, piuttosto che fronti nuvolosi estesi di provenienza atlantica, il risultato è invariabile, una distruzione della perturbazione in atto. (eliminazione/riduzione della precipitazione)
l’arrivo di queste perturbazioni autunnali, piuttosto che la formazione di temporali estivi o prodotti dalla variabilita primaverile
attira un numero estremamente alto di velivoli che ingaggiano una vera e propria azione distruttiva nei loro confronti, sistematicamente da circa 20 anni,
riuscendo regolarmente a dissipare il fronte nuvoloso in poche ore, o inibire un temporale.
purtroppo questa realta descritta e un fatto autoevidente, un dato empirico, in qualche modo costituisce una verità apodittica, un po’ come constatare che mettendo una mano sul fuoco ci si ustiona.
brevemente, sulle implicazioni di questa realtà, che in qualche misura puo’ accrescere (determinare?) il fenomeno delle siccità sempre piu diffusa, e degli aumenti delle temperature massime, alcune osservazioni elementari, senza nulla togliere alla scienza meteo e i suoi studi, papers, modelli, e teorie, sembrano legittimi
la continua distruzione dei fenomeni temporaleschi estivi, quale importante meccanismo di riequilibrio termico, e la sua graduale e costante diminuzione durante la stagione estiva negli anni, certamente avra ‘ un peso nell’aumento costante delle temperature massime estive, tanto piu se unita al fenomeno, ormai quasi quotidiano, di coperture artificiali, che creano quel fenomeno moderno sotto l’eponimo di “innoque velature”, le quali certamente possono a pieno titolo costituire una copertura ad effetto serra che spesso viene attribuita alla tanto deplorata co2, intrappolando il calore nei primi 700/800mt dal suolo.
ora continuando a fare una serie di astrazioni, in ordine al tipo di velivoli, alle sue rotte e le sue anomalie,
ancor piu’ in relazione alle possibili congetture, chi e perché, in tal proposito faccio una eccezione, concedendo solo una riflessione
sulla importanza strategica dell’acqua, e le implicazioni di una sua eventuale distribuzione esclusiva privata, cui una innumerevole serie di fatti lascia ipotizzare, unita alle manovre di smantellamento della distribuzione pubblica attraverso normative sovranazionali,
invito chiunque abbia a cuore il proprio futuro e quello dei propri cari semplicemente a prendere in considerazione la possibilità di verificare quanto esposto sopra, attraverso la disposizione di tutto il materiale raccolto personalmente e le informazioni esclusivamente pertinenti e necessarie a scoprire e spiegare empiricamente il fenomeno.
confido nella possibilità di guadagnare attenzione e voce da parte di una informazione ormai “unica”
attraverso l’esercizio della onesta intellettuale e della coscienza, per riconoscere un fenomeno che stà causando enormi
problemi a tutti, ed a tutte le creature, che se non troverà voce e coscienza rischia di diventare un disastro le cui proporzioni potrebbero essere proprio quelle descritte nelle sacre scritture.
Saro contento di rispondere nel merito ed in maniera dettagliata a chiunque, mentre non daro’ seguito a
Provocazioni, dileggio e disprezzo, incluse le tradizionali domande cariche di sarcasmo per la gratuita distrazione,
metto in conto anche un probabilissimo silenzio, peraltro molto piu significativo di qualsiasi replica fuori dal merito
un cordiale saluto, unito ad un apprezzamento della vostra passione e del vostro lavoro.
Angelo,
non sono d’accordo su diversi aspetti del tuo commento.
In primo luogo non credo che l’uomo disponga di tecnologie in grado di modificare il tempo o il clima, ammesso e non concesso che essi siano modificabili dall’attività umana. Le grandi potenze mondiali hanno cercato di creare “armi meteorologiche”, ma non mi risulta che siano riusciti nello scopo. Si pensava di poter inseminare le nubi per poter provocare la pioggia, ma non ho evidenze che qualcuno ci sia riuscito.
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Dal commento sembrerebbe che le scie di condensazioni degli aerei, possano alterare le dinamiche atmosferiche. Anche questo mi risulta nuovo e, personalmente, non credo sia possibile. Gli aerei volano ad altezze comprese tra gli 8000 ed i 10000 metri di quota ed a quell’altezza le uniche nubi che si formano, in genere, non determinano precipitazioni significative. Sono le nubi più basse che generano pioggia, ma si trovano a migliaia di metri di distanza dalle scie di condensazione.
Gli aerei producono CO2, vapore acqueo, altri prodotti della combustione, ma in quantità tale da non essere in grado di alterare i fenomeni meteorologici. Si cerca di ridurre le emissioni degli aeromobili, ma in ottica climatica, ovvero di riduzione delle emissioni di gas serra.
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Le scie di condensazione altro non sono che nubi che si formano quando l’umidità dell’aria in cui vengono immesse, è vicina alla soglia di condensazione, per cui si tratta di nubi che si aggiungono ad altre nubi, quindi, non possono elidere nubi in formazione od ostacolarle.
In ogni caso le forze in gioco che determinano la formazione delle nubi, sono incomparabilmente più grandi di quelle che generano le scie di condensazione, per cui mi sembra impossibile che le seconde influenzino le prime.
Ciao, Donato.
per quanto riguarda l’erosione delle coste bisogna anche considerare che ogni singlo fiume, torrente, rivolo, fosso… è stato o sarà condannato ad essere sbarrato per fornire una di quelle famose energie alternative che dovrebbero tutelare e salvare l’ambiente (quale?) ed evitarci il temuto cambiamento climatico di origine antropica.
Sbarrando i corsi d’acqua con dighe ed altri manufatti simili, non vi è più quell’apporto di sedimenti dovuti alla disgregazione delle montagne per cui gli invasi si riempiono di sedimenti e le spiagge mostrano carenza di sabbia.
Un caso tipico è la costa del Metapontino (Basilicata, South Italy, sede di una rinomata scuola pitagorica), dove la spiaggia si è erosa non tanto a causa del mare, ma sopratutto a causa del mancato apporto di nuova sabbia dai fiumi lucani tutti interessati da sbarramenti.
“La parte alta del corso del fiume Basento rientra nello schema di adduzione Basento-Bradano, destinato all’approvvigionamento idrico dell’invaso di San Giuliano, controllatodal consorzio di Bonifica Bradano-Metaponto.All’altezza di Trivigno, il fiume viene captato da una traversa in grado di derivare 10 mc/s e destinata a essere collegata con l’invaso di Camastra, attivo dal 1968, avente una capacità di accumulo di 32 Mmcsu 350 kmq di bacino. La traversa dovrà mettere in comunicazione l’invaso di Camastra con quelli di Acerenza e di Genzano, oggi già collegate con San Giuliano… ” da Impianto idroelettrico del Fiume Basento Progetto Definitivo http://valutazioneambientale.regione.basilicata.it/valutazioneambie/files/docs/10/50/56/DOCUMENT_FILE_105056.pdf
è lapalissiano che… nessun fiume arriva più liberamente al mare apportando nuova spiaggia!!!
E l’erosione costiera sarebbe causa del riscaldamento globBale?
Dicamo piuttosto che le soluzioni al riscaldamento gloBbale stanno amplificando il problema!!!
Grazie mille Donato Barone,
avevo gia pensato alle persiane, ma poi dovrei stare all buio a casa e mi piace quando vedo la pioggia cadere e da anni sto cercando di immortalare un fulmine senza riuscirci.
Sono fenomeni cos’ casulai che non si può individuare una zona particolare su cui puntare la macchina fotografica. Così come è difficile fare previsioni su cosa accadrà al clima tra 50 o 100 anni.
ma c’è chi afferma che è in grado di prospettare scenari plausibili ai politici e che se non scegliamo la mobilità sostenibile del pattino elettrico moriremo di surriscaldamento gloBbale.
Li vorrei vedere andare in pattino elettrico quando piove a catinelle 🙂
Gianluca, Luigi Mariani e Massimo Lupicino hanno sollevato una serie di questioni che non possono essere lasciate senza riscontro. Cercherò di condensare in un unico commento il mio pensiero in proposito.
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Qualche giorno fa F. Zavatti ci ha proposto l’ennesimo esempio di dissonanza tra il contenuto degli articoli scientifici e la narrazione che ne fanno i media più o meno generalisti. Nei commenti a questo post tale dissonanza è ulteriormente analizzata e tutti gli intervenuti hanno fornito, qualora ce ne fosse bisogno, ulteriori esempi del cortocircuito politico-sociale-economico-scientifico in corso.
Negli ultimi tre commenti si mette in luce un altro aspetto che, secondo me, comincia ad essere preoccupante: l’allineamento tra politica, economia e divulgazione, supportato dai lavori scientifici.
Questo allineamento è pericolosissimo, in quanto è propedeutico al pensiero unico.
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Il pensiero unico è tipico dei totalitarismi e delle società intolleranti: chi non si allinea viene prima emarginato per fargli capire che non conviene mettersi contro il potere costituito nei suoi aspetti politici, economici, sociali e propagandistici, successivamente viene epurato e, nei casi estremi soppresso.
E’ successo, succede e succederà.
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Qualche anno fa il politicamente “scorretto” era guardato di traverso, ma sopportato. Oggi chi non segue la linea tracciata dai guru del pensiero dominante viene additato come disinformatore e destabilizzatore: diffusore di fake news che rendono la “gggente” refrattaria alle indicazioni dei saggi reggitori del potere nelle sue varie forme precedentemente declinate.
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Il passo successivo sembra già delinearsi all’orizzonte: lo scettico, il bastian contrario, colui che vuole vederci chiaro, chi non si allinea, il diverso, insomma, viene definito sempre più spesso NEGAZIONISTA. In campo climatico e non solo, purtroppo.
Chi osa manifestare la sua contrarietà alla linea di pensiero dominante, non è più un dissidente, uno spirito critico è un negazionista.
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Io questa parola l’ho sentita spesso in passato, anche se aveva un suono diverso: eretico, infedele, nemico del popolo o della nazione, traditore.
E, purtroppo, queste persone hanno sempre fatto una brutta fine: condannate dalla giustizia asservita al potere e, quando gli andava male, ci hanno rimesso l’osso del collo.
In questi ultimi tempi questo è quanto accade nella nostra società e, secondo me, rappresenta una grave involuzione sociale e politica giustificata con il fatto che il popolo, la gente o come volete chiamarla voi, deve essere tenuta al sicuro, protetta, difesa.
Da cosa? Dal cambiamento climatico, dai pesticidi, dagli OGM, dalle radiazioni prodotte dalle centrali nucleari, dalle strade, dal PM 10, ecc., ecc., in nome del principio di precauzione, ovviamente. Se massima precauzione, ancora meglio. 🙂
Mala tempora currunt, sed pejora parantur.
Ciao, Donato.
ho un problema da porvi, un po’ fuori tema:
una goccia d’acqua che cade da un’altezza di 20 metri, sottoposta ad un vento di 5m/s, di quanto si sposterà dalla verticale? Con quale angolo rispetto alla verticale con vertice la grondaia?
Devo costruire una tettoia sul balcone all’ultimo piano e non vorrei bagnarmi i piedi 🙂
vi allego un disegno del problema.
Ora, quando piove con il vento frontale, ho l’infisso bagnato.
Se gentilmente mi indicate anche il procedimento.
Grazie
Immagine allegata
Rocco,
la traiettoria della goccia d’acqua che cade, quando su di essa agisce il vento, è una parabola con vertice nel punto di distacco della goccia dalla grondaia ed asse verticale.
Immaginiamo per semplicità che la goccia si stacchi dalla grondaia: in questo caso possiamo considerare nulla la velocità iniziale della goccia e semplificare il problema.
Il suo moto deriva dalla composizione di due moti: uno verticale e l’altro orizzontale. A questo punto introduciamo un’altra approssimazione: trascuriamo l’attrito goccia-aria.
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Il vento è aria in movimento e la sua velocità coincide con quella dell’aria che si sposta. La goccia d’acqua nel flusso d’aria che noi chiamiamo vento, si comporta come un corpo galleggiante che viene trascinato dalla corrente dell’acqua in cui è immerso: il corpo ha la stessa velocità dell’acqua. Nel nostro caso la goccia avrà la stessa velocità orizzontale del vento (supposto che il vento sia orizzontale).
Il moto della goccia sarà, pertanto, il moto risultante dalla composizione di due moti: uno verticale rettilineo ed uniformemente accelerato e l’altro orizzontale rettilineo ed uniforme (la velocità orizzontale della goccia si pone uguale a quella del vento, supposta costante).
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Se assumiamo un sistema di assi cartesiani con origine nel punto di distacco della goccia, l’asse delle ordinate verticale e quello delle ascisse orizzontale, si possono scrivere due equazioni:
x=v*t
y=1/2*g*t^2
dove g è l’accelerazione di gravità.
Dalla prima equazione si ricava t in funzione di x e si sostituisce il valore trovato nella seconda equazione. Si otterrà un’equazione di secondo grado in due variabili:
y=1/2*g*(x^2)/(v^2)
che è l’equazione di una parabola con il vertice nell’origine degli assi e l’asse coincidente con l’asse delle ordinate.
Posto y uguale alla distanza verticale percorsa dalla goccia (nel caso del tuo disegno 4 metri), si ottiene un’equazione di secondo grado nell’incognita x:
x^2=(2h*v^2)/g
La soluzione dell’equazione rappresenta la distanza orizzontale, misurata dal punto di distacco della goccia, a cui cade la goccia stessa.
Nel caso del tuo disegno, l’angolo alfa è di circa 48°: devi costruire una bella tettoia, se non vuoi bagnarti i piedi!
p.s. 1: non ho tenuto conto dei segni per non complicare ulteriormente il discorso, ma avrei dovuto farlo ,
p.s. 2 : la trattazione matematica è stata semplice perché abbiamo semplificato molto il problema, ma eliminando le semplificazioni il problema diventa molto più complesso. Pensa che una goccia d’acqua che cade da un rubinetto chiuso male, costituisce un sistema dinamico caotico. Pensa a quello che succede alle gocce di acqua piovana che cadono durante un temporale o una normale pioggia autunnale e che hanno condizioni di partenza completamente diverse le une dalle altre.
p.s. 3: se vuoi un consiglio, monta una bella persiana e chiudila quando piove. Spenderai mooolto di meno. 🙂 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
questo tuo scritto mi ha fatto venire in mente una dichiarazione stampa sul sito dell’ENEA (ahime’….) ove si evidenzia una certa dicotomia tra le conclusioni onestamente presentate nel lavoro dai ricercatori e la dichiarazione stampa. In quest’ultima si legge:”Sempre più probabile il verificarsi di trombe marine e tornado intensi nei mari italiani a causa dell’innalzamento della temperatura superficiale dell’acqua dovuta al riscaldamento globale. È quanto emerge da…”. Incuriosito, sono andato a recuperare il lavoro, tra le cui conclusioni si legge:”However, this does not necessarily imply that the frequency of these events should increase in future climate scenarios”. Che gridare al catastrofismo fosse diventato uno sport nazionale (e non solo, purtroppo…) si era capito da tempo, ma che la cosa avvenga dall’ufficio stampa di un Ente Pubblico di Ricerca in contrasto con quanto sostenuto dai propri ricercatori, forse non si era mai visto prima!….o no?….
Una cosa e’ certa Gianluca, ovvero che questi corto-circuiti comunicativi sicuramente non c’entrano nulla con il fatto che l’ente in questione riceva finanziamenti dall’Unione Europea per fare ricerca in campo climatico: https://impatti.sostenibilita.enea.it/projects/impact2c
Grazie a Donato e a tutti gli intervenuti per l’ottimo livello dell’analisi e della discussione. Preme anche a me sottolineare che il problema è anzitutto politico: le forze politiche dominanti in Europa trovano comodo ai fini della conservazione del potere far “marciare” i nostri concittadini utilizzando la spada di Damocle delle catastrofe climatica e ecologica. E basta avere la forza d’animo di seguire un’edizione serale del TG5 dall’inizio alla fine per rendersi conto che un simile atteggiamento culturale non è da tempo monopolio delle sole sinistre.
Certo, mi si potrà dire che nei regimi del socialismo reale le marce erano “stimolate” con ben altri mezzi ma sempre di marce si tratta.
In chiave puramente utopica segnalo che a mio avviso occorrerebbe che il rapporto fra classe politica e cittadini fosse normato da una sorta di giuramento di Ippocrate in cui chi fa politica si
Impegni fra l’altro a non forzare i risultati di lavori scientifici per corroborare tesi precostituite.
In assenza di ciò la disaffezione dei cittadini non potrà che essere sempre più rilevante e ciò in quanto le persone razionali sono sempre meno disposte a prestar fede agli “al lupo al lupo” continuamente reiterati e a catastrofi che poi non si verificano. Un esempio concreto di quanto scrivo lo trovate in un articolo di Repubblica del 1988: “Dieci anni per salvare la terra” (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/02/11/dieci-anni-per-salvare-la-terra.html).
Caro Donato, grazie per questo resoconto che e’ una vera cartina al tornasole del modo di fare “europeo”. Come dici, un cane che si morde la coda. Ma di questi cani la UE e’ piena, si muovono letteralmente in branchi, e sono famelici.
Ogni tanto vengono fuori notizie sul budget mostruoso che la UE destina alle ONG (questo solo l’ultimo in ordine di tempo). Ma di fatto, si tratta di una forma di auto-finanziamento dei partiti che piu’ sostengono l’idea di “Europa Unita”: la UE finanzia ONG e gruppi di pressione, i quali a loro volta fanno il lavoro “sul campo”, ovvero organizzano manifestazioni, ispirano articoli di giornale, raccolgono firme, protestano, bigiano la scuola etc. Cosi’ facendo, di fatto agiscono come formidabili strumenti di propaganda politica per i partiti “verdi” e “salvamondo”, una propaganda gratuita, anzi, peggio: una propaganda pagata con i soldi di tutti i contribuenti europei, compresa la parte che quei partiti non li vota.
Un giochetto semplice semplice, una partita di giro che sortisce lo stesso effetto di un finanziamento puro e semplice ad un partito unico dell’Unione: il partito salvamondista e politically correct, in questo caso.
Alla fin fine, e anche da questo punto di vista, le somiglianze con l’Unione Sovietica si sprecano. Ma la salsa del politically correct permette di camuffare un auto-finanziamento ai partiti che detengono la maggioranza nel Parlamento UE, in una azione salvifica e meritoria. Lo era anche il comunismo, del resto, salvifico e meritorio. Poi qualcosa ando’ storto…
Caro Donato,
descrivi molto bene l situazione fisica delle linee di costra ma anche i processi politici-scientifici-decisionali-propagandistici-divulgativi, variamente intrecciati; questa concatenazione , da sola, dovrebbe far sorgere alcuni dubbi ai salva-pianeta per il tempo che sprecano, invece di documentarsi un po’ (non dico studiare, sarebbe troppo).
Ricordo l’articolo di Nerem et al., (2018) che con 25 anni di dati sul livello marino globale, estrapola fino al 2100 (per circa 80 anni) l’accelerazione, facendo gridare alla tragedia i gruppi di pressione politico-ambientali.
Hai fatto bene a sottolineare gli aspetti meno scientifici (l’articolo è discutibile ma, appunto, si può discutere, mentre i proclami sono la Verità vera) e concordo con te.
Volevo anche confermare con ricordi personali quanto scrive (benissimo) Uberto Crescenti sulla modifica delle linee della costa adriatica causata dalla costruzione di un porto: avevo circa 8 anni (metà anni ’50) e abitavo (tra la vendita della vecchia casa e la fine costruzione della nuova) davanti a quella che ora è la spiaggia nord di Civitanova Marche (MC), m prima della costruzione del porto che avrebbe definito il nord e il sud delle spiagge. La foce del fiume Chienti è a 2-3 km a sud del porto.
La spiaggia, molto ampia, era completamente di grossa ghiaia e ricordo bene i numerosi argani per tirare in secco le barche da pesca (le “lancette”).
Dopo la costruzione del porto la spiaggia nord è diventata sabbiosa e si è ristretta (come si vede nella foto aerea di circa 25 anni fa) tanto che due file di scogli di protezione riescono a malapena a mantenerla. L’ampiezza della spiaggia sud è aumentata, anche per l’apporto del Chienti.
I fattori di modifica e controllo delle linee di costa sono molti e in questo caso l’influenza umana si sente pesantemente. Ciao. Franco
“… l’articolo è discutibile ma, appunto, si può discutere, mentre i proclami sono la Verità vera …”
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Caro Franco,
hai colto perfettamente lo spirito del mio scritto. L’articolo lo accetto e lo discuto. Mi sta bene anche se non ne condivido qualche conclusione e qualche aspetto. Mi infastidisce, però, l’uso che di esso hanno fatto giornalisti e politici.
Ciao, Donato.
Il risultato dei modelli, come emerge dalla nota, dipende soprattutto dalle variazioni che assumerà nei prossimi decenni il livello medio dei mari. Negli ultimi decenni le variazioni nei livelli dei mare non sono mai arrivate a valori di 5 mm per anno. E’ vero che a livello globale si è passati da 1 mm/anno di molti decenni fa ai 2-3 mm/anno degli anni attuali ma è anche vero che nell’arco di “lustri” di osservazione sono sempre presenti (e sono sempre stati evidenziati) diversi brevi periodi di “qualche anno” nei quali il livello marino sembra non aumentare. Ipotizzare che in 80 anni si arrivi (e si superi di necessità e di “molto”….) i 5 mm/anno mi sembra assai ardito e presuppone una accelerazione nell’innalzamento del resto incongrua con l’origine “prevalente” degli incrementi di acqua destinata a far rialzare il mare (scioglimento soprattutto del ghaccio che galleggia ai poli). Ammesso queste “risultanze” siano realistiche non mi pare ci siano le condizioni perchè il valore di 5 mm/anni e più venga rapidamente acquisito e superato in così breve tempo. Mi sembra uno “studio” destinato soprattutto ad ottenere gratuita visibilità… come del resto è ineluttabilmente successo. Senza poi considerare la “grossolanità” delle ulteriori ipotesi semplificative introdotte per analizzare migliaia di situazioni costiere.
Concordo con Paron circa la mancanza di indizi circa l’accelerazione della tendenza a crescere del livello medio del mare: nonostante gli studi e le ricerche effettuate ed in corso, non si è ancora dimostrato che il livello del mare aumenti con velocità maggiore rispetto al passato.
Considerando, inoltre, i contributi di massa connessi allo scioglimento delle calotte glaciali terrestri (Antartide e Groenlandia, principalmente) ed alla variazione del ciclo delle acque terrestri e quelli volumetrici connessi all’aumento del contenuto di calore degli oceani , non si nota quell’aumento vertiginoso della velocità di variazione del livello del mare che dovrebbe portare, di qui al 2100, agli 80 centimetri di aumento del livello del mare.
Circa lo scioglimento dei ghiacci marini galleggianti, il contributo all’aumento del livello del mare è nullo, per cui ammesso e non concesso che entro il 2100 si sciogliessero tanto i ghiacci marini artici che quelli antartici, nulla cambierebbe per il livello del mare.
Ciao, Donato.
se non ricordo male Niels Bohr, il famoso “teologo” (lasciatemi passare il termine che non vuole essere offensivo, nè denigratorio per l’immenso scienziato qual’era) della meccanica quantistica, in difficoltà nel descrivere gli strani e controintuitivi fenomeni quantistici, asseriva che il linguaggio comune mal si addice alla divulgazione scientifica e la scienza ha difficoltà ad usare il linguaggio comune per descrivere i risultati dei suoi esperimenti.
Il linguaggio della scienza è un linguaggio matematico, fatto di numeri e formule, non certo di parole che per la loro stessa conformazione sono interpretabili ed assumono significati diversi a seconda del contesto, oltre ad essere ambigue (tipo la parola ambiente).
Ma su questo si gioca a livello psicologico per indurre il lettore medio, assolutamente analfabeta scientificamente, a fargli credere ciò che i divulgatori gli vogliono far credere.
Richard Feynman, altro grande fisico, asseriva che il compito dello scienziato è quello di descrivere i fenomeni così come sono e non è suo compito dare giudizi etici, morali o di gusto.
“La scienza – diceva in ‘Il senso delle cose, p26’ – può aiutarmi a fare previsioni, ma non a prendere decisioni”. continua a p29 dicendo “Le parole possono anche non voler dir nulla…alle volte sia impossibile definire i termini con assoluta precisione…”
Su questi aspetti del linguaggio comune la cosidetta “informazione” punta sopratutto per creare il cosidetto “effetto emozione”: non si tratta di raccontare un fatto così com’è, ma la narrazione deve suscitare un’emozione, paura, ansia, disperazione, indignazione e così via.
E sull’effetto emozione è più facile indurre l’emozionato a fargli fare cose che lui non farebbe se non fosse in quello stato psicologico indotto, tipo l’acquisto di palLe eoliche o peggio ancora di pannelli fotovoltaici.
Ma sono gli scienziati stessi che nei loro articoli spesso e volentieri concludono con affermazioni di merito su aspetti emozionali, del tipo: se continuiamo così ci sarà questo disastro e dovremmo fare colà per evitarlo”.
Ormai molta scienza è la serva stupida di politica ed economia, che per ottenere un finanziamento ( e quindi per sopravvivere) si fa dettare le conclusioni dalla politica e dall’economia piuttosto di raccontare i fatti così come sono, tipo la storiella dell’AGW.
Rocco,
la complessità del linguaggio scientifico è sempre stata la foglia di fico usata per giustificare la scarsa propensione a diffondere i risultati della ricerca scientifica. In qualche occasione ho visto scritto su giornali divulgativi come “Le Scienze” che è inutile cercare di discutere con gli scettici del cambiamento climatico, perché sono sempre capaci di trovare un cavillo o un errore, un dettaglio secondario, insomma, che gli consente di inficiare le conclusioni dello studio. Qualcun altro ha scritto che la gente non è in grado di comprendere l’incertezza della scienza, per cui bisogna andare giù con l’accetta e come va, va.
Secondo gli esperti di comunicazione per convincere la pubblica opinione a fare delle scelte politicamente corrette, bisogna dimostrargli che gli conviene.
Esempio fresco, fresco. Da qualche mese a questa parte c’è la corsa al cappotto termico. Fino a quando non hanno introdotto il famigerato 110% e la possibilità di cedere alle banche il credito d’imposta maturato, a nessuno fregava niente del cappotto. Dopo sono diventati tutti ambientalisti e difensori del pianeta. Non è vero niente: il cappotto termico al fabbricato lo fanno non perché amano l’ambiente, ma perché è quasi gratis e, in più, si rifanno la facciata e gli infissi (quasi gratis). Homo oeconomicus più che sapiens. 🙂
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Diverse volte mi hanno detto che io non ho la patente per poter parlare di fisica dell’atmosfera perché non sono un ricercatore della materia. Possono però parlarne attori, ballerini, annunciatori, calciatori, sportivi vari e chi più ne ha più ne metta, a condizione che declamino il verbo rivelato. Ormai siamo quasi al punto che con la scusa dell’avversione delle persone comuni per la scienza e la matematica, bisogna fare ciò che dicono i politici, perché a loro lo hanno detto gli scienziati di fare così. Se gli vai a dire che lo scienziato Tizio non è d’accordo con Caio e Sempronio, ti rispondono dicendo che hanno ragione Caio e Sempronio perché sono di più.
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Nella fattispecie non mi ha dato fastidio l’articolo scientifico, in quanto posso entrare nel merito ed esprimere un’opinione. Ciò che mi ha dato fastidio è, come dici tu, la narrazione che si fa dei risultati dell’articolo. Fosse stato per l’articolo, forse non avrei neanche scritto il post.
Ciao, Donato.
Condivido le considerazioni di Donato Barone sul tema proposto. Aggiungo che le linee di costa sabbiose sono state da sempre in equilibrio precario a causa di fattori naturali e anche antropici. Nella seconda metà del secolo scorso il fenomeno era così preoccupante in quanto erano stati registrati arretramemti di centinaia di metri in pochi anni, ad esempio su litorali della costa emiliano-romagnola. La comunità scientifica, soprattutto esperti di geologia ( imn particolare dii sedimentologia) ed idraulica marina, studiarono il fenomeno, arrivando a conclusioni importanti. Lungo le linee di costa avviene una costante migrazione dei granelli di sabbia, che come un esercito si spostano in relazione ad equilibri idrodinamici caratteristici della zona considerata. Così ad esempio, lungo la maggior parte delle coste adriatiche italiane, esiste una corrente litoranea che trasporta i granelli di sabbia da sud verso nord. Ne deriva che se la quantità erosa e trasportata è rimpiazzata da un eguale apporto di materiale sabbioso la linea di costa è in equilibrio. Al contrario va in erosione. Così ad esempio se lungo costa si realizza un porto, la corrente litoranea rallenta e deposita i granelli di sabbia, mentre oltre l’ostacolo la corrente alleggerita per avere depositato i granelli, risulta più veloce ed esercita una azione erosiva sulla spiaggia. E’ per questo fenomeno che, ad esempio, i tratti di costa a sud dei porti sono in avanzamento mentre vanno in erosione immediatamente a nord. Le ricerche del secolo scorso misero in evidenza anche altre cause della erosione dei litorali sabbiosi. Ricordo ad esempio la coltivazione dei materiali ghiaiosi lungo le aste fluviali che deteminavano una mancanza di materiale utile per il ripascimento delle spiagge. Come pure la urbanizzazione delle aree dunali che impedivano al mare di riappropiarsi di materiale depositato durante le fasi di maggiore apporto dello stesso. Le dune sono in effetti una riserva, un magazzino utilizzato dal mare nelle fasi di erosione per mantenere in equilibrio il tratto costiero. Oggi, qualsiasi fenomeno è attribuito al riscaldamento globale causato ovviamente dall’uomo.
Approfitto della occasione per ricordare che proprio i n questi giorni i mass media (es. La Repubblica del 16 scorso) hanno riferito sul documento catastrofista del centro studi di Venezia, che riferisce su dati previsionali ritenuti certi per il controllo delle conseguenze del riscaldamento globale. Auguri.
Uberto Crescenti
Ringrazio Uberto Crescenti per il suo contributo che integra, rafforza ed arricchisce il mio scritto. Io non sono un geologo, né un esperto di opere marittime (poche reminiscenze risalenti agli anni dell’università, corso di costruzioni idrauliche e corso di geotecnica), per cui il contributo di Uberto mi conforta.
Ciao, Donato.
Non condivido che la scienza faccia quello che può, studi come quello dell’articolo mi fanno nascere dubbi sull’onestà intellettuale di certi scienziati, anzi proprio sul loro essere scienziati. Uno studio in cui si afferma che una spiaggia fra 80 anni potrà essere arretrata fra 15 metri e 240 metri è assolutamente inutile, perché non prevede nulla e non spiega nulla! L’unica utilità è dello scienziato, che ha dimostrato di esistere e ha giustificato il suo stipendio, e del politico, che ha trovato una giustificazione per imporre nuove tasse e nuove agende. A mio avviso uno studio simile è giustificabile solo come tesi di un laureando, che non è tenuto a dimostrare nulla, se non di conoscere la sua materia di studio. Peraltro, in presenza di erosione, le spiagge possono essere mantenute aggiungendo altra sabbia, tramite i cosiddetti ripascimenti, ma questi sono problemi che si affrontano e si risolvono a livello locale. Sia per la scienza, sia per la politica, sarebbe il caso di occuparsi di problemi reali, attuali e su cui si può agire concretamente, non di problemi ipotetici e insolubili.
Concordo circa l’ampiezza eccessiva delle fasce di incertezza e sulla difficoltà di discernere il contributo ambientale da quello climatico alla variazione della linea di costa sabbiosa.
A parziale giustificazione degli autori dello studio vorrei solo far presente che margini di errore di quest’ordine di grandezza sono tipici degli studi di climatologia. Io li reputo eccessivi, ma in diverse occasioni mi hanno fatto notare che in quest’ambito disciplinare le cose vanno così: non capisco, ma mi adeguo. 🙂
Circa il livello scientifico degli autori non condivido il giudizio di Paolo: sono ricercatori che hanno elaborato il loro studio nell’ambito dei canoni della scienza del clima. L’errore non è tanto loro, ma di chi utilizza in modo scriteriato il loro lavoro.
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Loro hanno fatto il lavoro per cui sono stati finanziati ed hanno raggiunto delle conclusioni in cui dichiarano chiaramente che i loro risultati vogliono essere un contributo alla difesa delle linee di costa in pericolo. Essi dicono semplicemente che se si verifica lo scenario RCP 8.5, succederanno certe cose, punto.
E’ l’utilizzo distorto che di tali risultati fanno i finanziatori ed i gruppi di pressione che deve essere stigmatizzato. Il lavoro degli scienziati io lo discuto nel merito e condanno il suo uso inappropriato.
Ciao, Donato.