Rischiosissimo giocare a carte scoperte. Questo ha fatto l’Europa nella marcia di avvicinamento a Copenhagen. Ed ora, con l’asse delle decisioni definitivamente spostatosi sull’altro oceano, Usa e Cina l’hanno definitivamente estromessa dal giro che conta. E non è un problema di clima, ambiente o affini. Si tratta di moneta sonante.
Non so, ma con le carte che i giocatori hanno in mano, è evidente che le realtà trainanti del vecchio continente speravano proprio di aver trovato chi li avrebbe aiutati ad arginare lo strapotere che i mercati asiatici stanno già esercitando. Un bel freno para-climatico era proprio quello che ci voleva. Peccato che il traino abbia preferito agganciarsi ad altra locomotiva. Impossibilità a fare altro? Contingenza economica? Realismo? Tutte e tre le cose probabilmente. Con l’aggiunta della consapevolezza che recessione e diminuzione delle emissioni vanno a braccetto, come dimostrano chiaramente i dati degli ultimi dodici mesi e come scrive saggiamente qui Carlo Stagnaro.
Sta di fatto che quella di Copenhagen sarà una visita di gruppo o poco più. Una proposta. Annullare tutto e passare direttamente alla fase due, da svolgersi per telefono o se proprio si deve per teleconferenza. Tanto ci sarà solo una cosa da decidere: ci vediamo alla fase tre.
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