È tempo di vacanze, almeno così dice il calendario, e quindi mi concedo a cuor leggero il lusso di abbassare il livello di questo Blog per un intervento dai toni più personali del solito. Prendendo spunto da un recente post di Guido, che ha appena sfiorato con la consueta rassegnata eleganza un tema che mi permetto di espandere con alcune riflessioni personali: il tema della fatica.
Sono stati mesi difficili per tutti. Ognuno di noi ha vissuto sulla sua pelle questo lunghissimo periodo di incertezza, di paura per sè e per i propri cari. Di difficoltà nella gestione delle cose più elementari, anche di quelle fino a ieri più naturali e scontate. Ci siamo dovuti confrontare personalmente con temi che sono scomparsi da tempo dalla narrativa quotidiana, complice anche l’eclissi generale della fede religiosa, ma che non hanno mai cessato di esistere in quanto tali, perché connaturati alla nostra stessa condizione di esseri umani.
Abbiamo temuto per il nostro lavoro, ci siamo scoperti fragili. Siamo stati sommersi da una quantità immensa di informazioni, nella gran parte dei casi contraddittorie. Nel migliore dei casi, inutili. Sommersi di proclami, di sentenze, di accuse, di minacce, di promesse. Sommersi di immondizia mediatica, mentre la vita andava avanti, kafkiana: da carcerati in attesa di giudizio con un capo di imputazione sconosciuto.
Personalmente, mi è rimasto addosso un senso di grande stanchezza, e di fatica. Mentale, prima di tutto. E che si acuisce quando provo a scrivere di clima, anche solo a pensare di clima. Perché tutto mi appare ormai così evidente e scontato. Su questo Blog si è cominciato a esplorare il “secondo livello” della narrativa climatista quando altrove ancora ci si baloccava con sofisticati esercizi di apologia del massacro dei data-set climatici del passato, a colpi di secchiate di acqua di mare, e di hockey-stick che proprio non volevano saperne di storcersi come da design.
Nel corso degli anni, in tanti hanno mangiato la foglia, mentre la schiera di chi contestava alla radice la narrativa scassata del clima che (non) va a rotoli si arricchiva di scienziati titolati, di ambientalisti pentiti (1, 2), di registi fulminati sulla via di Damasco (o di Parigi, meglio), trovando persino spazio su alcuni media non propriamente di nicchia. Personalmente ho vissuto e continuo a vivere questo processo di lenta ma inarrestabile presa di coscienza collettiva con un senso di liberazione: andare controcorrente è faticoso, e ancor più faticoso quando la corrente è forte, e l’acqua è torbida. Sentire di aver microscopicamente contribuito a dare le prime picconate al Moloch climatista rimarrà sempre motivo di grande orgoglio, e di altrettanto grande gratitudine a chi mi ha concesso (con grande pazienza) spazio su queste pagine.
Ma ora? Che si fa? Il rischio è quello di continuare a ripetersi all’infinito. Criticare gli articoli della stampa allineata sul climallarmismo rischia di essere stucchevole: l’informazione mainstream in fatto di “scienza del clima” fa semplicemente schifo: è un menù pre-cotto di cialtronerie grossolane e ridicole, confezionate a beneficio esclusivo di un pugno ristrettissimo di persone che detengono la proprietà della stragrande maggioranza dei media globali, e che quei media li usano come puri e semplici strumenti di marketing e propaganda. Ha ancora senso commentare il climallarmismo di chi con la “transizione energetica” intende fare profitti a 12 zeri? Non è già abbastanza chiaro il gioco? Chi voleva e poteva capire, ha già avuto in dotazione tutti gli strumenti per farlo.
È proprio la sensazione di ripetersi e di rimestare sempre lo stesso brodo di porcherie pseudo-scientifiche ad alimentare questo senso di fatica. Tanto più che adesso il tema del business climacatastrofista ha fatto breccia anche fuori dal villaggio di Asterix, ed il re è nudo in tutta la sua goffaggine. Ma forse qualcosa si può ancora fare, per superare la paura di ripetersi e mettersi alle spalle questo senso di fatica.
Si potrebbe provare ad alzare ulteriormente il livello dell’analisi strategica su chi muove i fili di questa narrativa, e il discorso si farebbe inevitabilmente geopolitico: si potrebbe parlare del ruolo che alcune grandi potenze stanno probabilmente avendo, nell’alimentare una narrativa che fa i loro interessi a dispetto dei nostri, e di quelli dell’Europa tutta.
Si potrebbe parlare della grande novità del momento: la nuova pietra filosofale dell’idrogeno “verde”, una sfida a qualche secolo di studi di termodinamica che sta offrendo spunti giornalistici di assoluta comicità per chi padroneggia realmente la materia.
Si potrebbe fare qualche excursus storico alla luce dei parallelismi evidentissimi tra la situazione attuale e quanto già sperimentato in un passato che si riteneva irripetibile.
Si potrebbe tradurre qualche articolo pubblicato sulla stampa straniera non-mainstream, rendendo così un pubblico servizio ai tanti che non masticano le lingue straniere e che si auto-condannano al magma mefitico dell’infotainment mainstream italiano.
C’è tanta fatica, ma c’è ancora tanto di cui parlare, senza sentirsi assillati dall’obbligo di scrivere qualcosa solo per riempire delle pagine: una sensazione che nessuno sicuramente ha mai provato su questo Blog, perché qui si scrive solo per il piacere di condividere. Mi scuso ancora per aver sequestrato questa pagina trasformandola in una seduta di auto-analisi condita da una dichiarazione finale di intenti. E ne approfitto per ringraziare qualche “grande firma” di questo Blog con cui ho avuto il piacere di condividere qualcosa di ancora più personale in questi mesi così difficili.
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“Basta poco per consolarci, perché basta poco per affliggerci.“ — Blaise Pascal, Pensieri
A maria heibel
Veramente da brividi e grazie per i link
Negli anni settanta pensavo che una propaganda basata sull’esagerazione avrebbe dovuto alla lunga fallire; mi dicevo che il tempo lavora a nostro favore.
Un po’ è vero, ma non lo è quanto speravo, perché non tenevo in conto che la gente dimentica, e che i giovani spesso non sanno.
Io credo che si dovrebbe fare una martellante azione di ricordo.
Tipo spiattellare in faccia a questa gente le tante volte in cui avevamo ancora dieci anni per salvare il pianeta.
Poi, seduto sul sofà, sento una nota pubblicità che da anni ripete che l’offerta finisce domenica, o domani, e insomma avete solo oggi o domani per recarvi di corsa a comprare il loro prodotto. Peccato che lo dicano da anni ed anni.
Allo stesso modo, vale l’offerta di salvare il pianeta, che sta sempre per scadere, e subito dopo la scadenza rieccola là.
E hanno dato il Nobel ad All Gore per spaventarci con una temperatura che stava crescendo ripidissima… la vogliamo confrontare con quello che invece è successo?
Vi diranno che la realtà è peggio di quello che temevano, perché ad usare le parole son bravi, ma non pèotranno mostrare una realtà peggiore di quella che ci prospettavano, e che non si è realizzata.
Fate presto, l’offerta finisce domani, e avete solo dieci anni per salvare il pianeta.
Ma avevamo solo l’indomani anche anni fa, e avevamo ancora solo dieci anni anche decine di anni fa…
Ecco la necessità del ricordo
sulla cancellazione del passato possono raccontarci qualsiasi cosa, ma noi dobbiamo tirare fuori non tanto quello c he dicevamo noi decine di anni fa (anche quello) ma soprattutto gli allarmi con cui ci hanno bombardato per anni.
Al lupo al lupo
sì, ma io credo di più al Lupicino
Quando tento di fare questi tuoi ragionamenti (che condivido in toto) , spesso vedo nel mio interlocutore un senso di noia, lo sguardo che comincia a vagare qua e la, e mi sembra di leggere nel suo pensiero: “Ma cosa mi sta raccontando questo? cose successe 10 anni fa? Dati? confronto fra le previsioni e i dati reali? Ma le uniche notizie che mi interessano sono quelle che OGGI girano sui social, di quelle di ieri non mi può importare di meno. Se non sta succedendo ORA sui social, non è mai successo”. Quando ho fatto notare ad un mio nipote di 12 anni che stava studiando l’ “Optimum medioevale” ( non lo hanno ancora tolto dai libri di scuola) in cui il loro stesso libro vantava gli innumerevoli vantaggi di quel periodo, mio nipote mi guarda e dice: ” Nonno, ma allora tu sei un negazionista?”
Sui giovani stanno facendo danni enormi. Ma e’ sempre stato cosi’. Ricordiamoci di cosa succedeva quando andavamo noi a scuola, chi aveva il monopolio degli scioperi e delle manifestazioni, e quanto ridicoli fossero quegli argomenti, visti con gli occhi di oggi. Del resto a chi lava il cervello dei ragazzini interessa solo che questi una volta maggiorenni votino “bene”. Poi avranno tutto il tempo per sentirsi dei bischeri e per rendersi conto di essere stati gabbati, ma nel frattempo altri “ggggiovani” si affacceranno al voto, e cosi’ via. Ogni dittatura si e’ servita dei giovani come carne da cannone. I giovani d’oggi non faranno eccezione, e come e’ successo per noi, avranno tempo per ricredersi e per pensare con la loro testa.
In fin dei conti sono fortunati: fino a qualche decennio fa, dopo avergli lavato il cervello li mandavano al fronte a farsi sparare addosso. Oggi li usano solo come tessere elettorali, e in cambio gli regalano intrattenimento su internet, app per incontri, porno gratis e accessibile fin dall’infanzia, e tante, tante altre belle cose. In attesa di regalargli disoccupazione, precarieta’ e miseria. Ma questo verra’ dopo. Dopo che avranno votato quelle 2-3 volte previste dai loro…”modelli”… 🙂
Massimo Lupicino, Il modello cinese ai ‘green player’ piace. E hanno le idee piuttosto chiare . Sono articolate in questa mappa interattiva https://intelligence.weforum.org/topics/a1G0X000006OLciUAG?tab=publications
Grazie Maria, materiale per un post…
Capisco bene il senso della fatica.
E capisco il domandarsi cosa fare.
MI sento come in un grande videogioco in questa fase, dove i Masters of the World hanno inaugurato una fase nuova.
PUSH TO RESET THE WORLD
https://www.weforum.org/agenda/2020/06/now-is-the-time-for-a-great-reset/
Visit the Great Reset microsite here. https://www.weforum.org/great-reset/about
Grazie Maria per il link…da brividi.
Era dai tempi dell’Unione Sovietica che i padroni del vapore non ricorrevano ad un uso cosi’ spregiudicato e rivoltante di temi solo in apparenza filantropici per perseguire scopi chiaramente utilitaristici. Per non dire dell’uso piu’ che spregiudicato dei cosiddetti “giovani” (Morozov non e’ mai passato di moda, da quelle parti). E’ a tutti gli efetti una Unione Sovietica 2.0 in cui (probabilmente non a caso) la Cina e’ sovrarappresentata.
Del resto, mettiamola cosi’: un virus scappa da un laboratorio cinese in cui da anni si lavora (alla luce del sole) su coronavirus di origine animale, con tanto di pubblicazioni in materia. Il mondo ne esce a pezzi, e la propaganda post-virus qual e’? Eccola: il modello occidentale e’ sbagliato e fallimentare: il Covid e’ causato dal Global Warming e dall’ingiustizia sociale, quindi de-industralizzate, de-strutturate, fate un reset totale del vostro retroterra storico e culturale. Buttate tutto nel cesso, rendete il vostro sistema produttivo insostenibile e limitatevi a comprare prodotti cinesi e a facilitarne l’arrivo in Europa. Tutto torna vero?…
Capisco il senso dell’articolo, perché condivido il sentimento che l’ha generato, ma non solo sul tema clima, bensì in generale su tutti gli ambiti sociali e culturali. Oggi in teoria si esalta la libertà, ma in pratica si deve pensarla solo a un certo modo se non si vogliono avere problemi. In passato certamente noi uomini non eravamo più buoni o più saggi, ma almeno il potere era meno pervasivo, perché aveva meno strumenti di controllo, e per quanto questi tempi siano cattivi, quelli futuri saranno sicuramente peggiori in fatto di libertà, perchè ancora maggiori saranno gli strumenti di controllo. Da qui il mio sentimento di noia, nausea, stanchezza, insieme però a una serenità di fondo, perché tutto l’agire umano è limitato e provvisorio e tutta la vita umana in sostanza è un prologo alla vera vita, quella eterna, dove ci sarà Qualcuno che metterà a posto le cose e chiarirà una volta per tutte cosa era vero e cosa era falso, cosa era giusto e cosa era ingiusto. E da questa consapevolezza mi viene voglia, nonostante la mia pigrizia, di fare bene quello che dipende da me e di chiamare “bianco” il bianco, anche se tutti per conformismo lo chiamano “nero”…
Caro Paolo, viaggiamo sulle stesse frequenze, non aggiungo altro per non finire troppo off-topic. Grazie.