Scott Mensing, in collaborazione con almeno due gruppi di ricerca italiani (Università Tor Vergata, Roma e della Tuscia, Viterbo, ma anche INGV, Roma), da circa 5 anni (a mia conoscenza) pubblica lavori che derivano da carotaggi dei sedimenti del lago Lungo (Rieti), uno dei resti attuali di un’ampia pianura alluvionale del fiume Velino (lat: 42.4762; lon: 12.8470).
Questa zona è stata abitata, con oscillazioni a volte molto ampie, fin dalla prima età del ferro (~3100 anni fa o 1100 BCE) ed è stata quindi soggetta a forti interazioni con l’uomo, particolarmente interessato al recupero di terre coltivabili tramite drenaggio delle zone umide e paludose del fondo valle e ai pascoli collinari. Gli autori della serie di lavori (Mensing et al., 2015; 2016; 2018; 2019) hanno quindi correttamente inquadrato i loro risultati in un contesto storico-economico-climatico che fornisce una visione della zona specifica (ma che può anche essere estesa ad un’ampia parte dell’Italia Centrale).
Non conoscendo i metodi usati nei carotaggi, mi sono limitato a scaricare le loro serie di elementi chimici (da PANGAEA) e la serie di suscettibilità magnetica (χ, sempre da PANGAEA, ad un link diverso) e ad analizzare una parte di questi dati (8 elementi chimici e χ), cercando di capire il loro comportamento rispetto ai periodi climatici presenti nei 2700 anni coperti dalle serie (-700, +2000 CE), di definire la presenza di massimi spettrali comuni e la loro eventuale associazione con cause note.
Per ognuna delle 9 serie analizzate sono disponibili nel sito di supporto,
- il grafico e lo spettro Lomb, come in figura 2 per il Titanio
- Il grafico della serie detrended che mostra le oscillazioni senza la struttura complessiva sottostante, come in figura 3
- e il grafico relativo al periodo 600-2000 CE, in una forma simile (ma ruotata di 90°) a quella usata in Mensing et al., 2018, figura 4, ancora per il Titanio.
Dai singoli elementi non è agevole dedurre differenze e similitudini tra le serie e i relativi spettri: per questo ho raccolto tutte le serie e gli spettri in due figure di sommario, purtroppo troppo dense, che permettano un confronto diretto. A mio parere le versioni pdf delle due figure sono più facilmente leggibili e perciò i loro link sono disponibili nelle didascalie.
Dalla figura si osservano similitudini e differenze, variabilità connessa ai periodi climatici e quasi totale indifferenza rispetto ad essi; insomma, un’ampia varietà di situazioni dalle quali è forse possibile dedurre quali elementi chimici possono essere considerati indicativi di situazioni climatiche (proxy). Ad esempio, il Titanio sembra (dalla figura 4 di Mensing et al., 2018) ben correlato alla temperatura delle Alpi e un po’ meno bene all’indice di siccità (PDSI, Marocco) e a NAO (misurata in Scozia); molto ben correlato allo sviluppo di praterie anticorrelata (come ci si attende) alla presenza di specie arboree boschive.
Il confronto con gli altri elementi chimici può portare a relazioni più strette con alcune caratteristiche legate all’ambiente e alla storia.
Anche gli spettri mostrano molte similitudini e in particolare sono presenti massimi tra 1000 e 1500 anni (6 casi), 250 e 300 anni (7 casi), 100 e 150 anni (16 casi), 60 e 70 anni (5 casi): il primo gruppo può essere legato al ciclo solare di Eddy (1000 anni) e alla frequenza degli eventi di Bond (1470±500 anni), mentre non conosco eventi associabili al secondo gruppo. Il terzo gruppo può contenere un ciclo solare a 104 anni (senza nome) e il ciclo di Jose (~150 anni) e il quarto è riferibile a frequenze proprie del pianeta, cioè oceaniche e atmosferiche. I periodi associabili a El Nino (2-9 anni) sono presenti in piccole quantità e potenza molto bassa nell’insieme degli spettri, ma in realtà sono quasi tutti dovuti allo spettro del Cobalto, l’unico in cui sono privilegiati i massimi di breve periodo e che si differenzia dall’aspetto generale degli altri spettri.
Anche se certamente questo richiederà controlli più accurati e ulteriori confronti, forse si può attribuire al Cobalto una maggiore sensibilità all’influenza de El Nino per usarlo come un suo dato di prossimità.
Commenti conclusivi
Utilizzare i soli elementi chimici derivabili dai sedimenti del lago Lungo permette di avanzare alcune ipotesi (qualche influenza solare, di El Nino o oceanica, sensibilità o meno alle variazioni climatiche su grande scala) ma per analizzare le interazioni sociali, storiche e climatiche del territorio è necessario confrontarsi con altri elementi, come hanno fatto gli autori nei lavori del 2018 e del 2019, usando, ad esempio, la complessa relazione tra recupero di terra coltivabile, alternanza prateria-boschi, operazioni militari, organizzazione sociale del territorio. Sono anche interessanti queste relazioni in un territorio di confine che, almeno nell’alto medioevo, era tutt’altro che tranquillo (anche sotto il controllo dell’abbazia di Farfa) e sede di importanti trasformazioni, anche culturali.
Una piccola nota di disappunto: gli autori usano il termine “Antropocene” che non esiste dal punto di vista geologico e che deve essere considerato solo un prodotto “politico”, usato per avvalorare un generale concetto negativo nei confronti dell’uomo, concetto che a mio parere non ha motivo di esistere, almeno non nei termini nei quali viene oggi diffuso.
Bibliografia
- Edward M. Schoolman, Scott Mensing, Gianluca Piovesan: Land Use and the Human Impact on the Environment in Medieval Italy , Journal of Interdisciplinary History, XLIX:3, 419-444, 2019. https://doi.org/10.1162/jinh_a_01303
- Mensing Scott, Schoolman Edward M, Tunno Irene, Noble Paula, Sagnotti Leonardo Florindo Fabio: Historical ecology reveals landscape transformation coincident with cultural development in central Italy since the Roman Period.,Scientific Reports, 8, 2138, 2018 https://doi.org/10.1038/s41598-018-20286-4
- Mensing Scott, Tunno Irene, Cifani Gabriele, Passigli Susanna, Noble Paula, Archer Claire, Piovesan Gianluca: Human and climatically induced environmental change in the Mediterranean during the Medieval Climate Anomaly and Little Ice Age: A case from central Italy., Anthropocene, 15, 49-59, 2016. https://doi.org/10.1016/j.ancene.2016.01.003
- Mensing Scott, Tunno Irene, Sagnotti Leonardo, Florindo Fabio, Noble Paula, Archer Claire, Zimmerman Susan, Pavon-Carrasco Francisco Javier, Cifani Gabriele, Passigli Susanna, Piovesan Gianluca: 2700 years of Mediterranean environmental change in central Italy: a synthesis of sedimentary and cultural records to interpret past impacts of climate on society. Quaternary Science Reviews, 116, 72-94, 2015. https://doi.org/10.1016/j.quascirev.2015.03.022
Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto |
se non sbaglio solo Titanio e Cobalto non partecipano all’attività biologica, che come sappiamo può spostare quantità di atomi da un posto all’altro tramite la vita.
Origine meteorica?
In fin dei conti ogni istante siamo bombardati da piccole particelle di polvere stellare.
” E’ stato calcolato che sulla Terra cade qualcosa come 30.000 tonnellate di polvere meteorica all’ anno” da questo vecchio articolo di Repubblica https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/08/09/polvere-di-stelle-la-magia-svelata.html .
potrebbe anche darsi che l’abbondanza periodica di alcuni elementi sia dovuta proprio alle polveri meteoriche.
La Terra non è un sistema isolato, anche una lontana supernovae può influire sui fatti terrestri.
Nella piccola era glaciale ci furono tre eventi di supernovae, dei quali due osservati direttamente all’epoca, in soli 100 anni e se è vero che “Una maggiore ionizzazione supporta la crescita di aerosol nei nuclei di condensazione delle nuvole” da https://www.nature.com/articles/s41467-017-02082-2 , il periodo più freddo (il 1600) fu dovuto alla combinata azione di una diminuzione del vento solare ed ad una maggior esposizione ai raggi cosmici ionizzanti.
E’ tutto vero, o almeno si ipotizza che sia vero. Ma, conoscendo poco delle tecniche usate dagli autori, mi sono chiesto perché il Titanio è l’unico elemento che Mensing et al., 2018 confrontano (nella loro figura 1) con
tutte le serie biologiche di cui dispongono, pur avendo a disposizione molti altri elementi chimici tra cui Calcio, Potassio, Silicio che sicuramente partecipano all’attività biologica. E non ho trovato alcuna spiegazione del perché sia stato fatto questo confronto e non altri; magari è semplice correlazione (cioè senza legami di tipo fisico) ma qualche vincolo, almeno con il Titanio deve esserci.
Sarei cauto nell’immaginare periodi di crescita dell’abbondanza degli elementi legati alle polveri meteoritiche perché credo che i dati disponibili non permettano una risoluzione spettrale annuale o anche di
qualche anno: non identifico massimi spettrali inferiori a 30 anni e anche questi, che mi ostino a registrare, non sarebbero considerati reali nel comune uso degli spettri. Franco
Ottimo lavoro come sempre Zavatti ci ha abituato. Concordo con la sua considerazione sull’Antropocene.
Grazie per i complimenti.
Sì, devo riconoscere che il termine Antropocene mi “pettina contropelo” più di cambiamento climatico nell’accezione di crisi climatica e nella conseguente equivalenza tra cambiamento e crisi quando è quasi sempre il contrario: cambiamento equivale ad evoluzione positiva.
Questa può essere considerata, almeno in alcuni casi, una pacifica e crassa ignoranza, mentre quello dell’Antropocene è un consapevole e voluto prodotto culturale (si fa per dire) e quindi peggiore. Saluti. Franco