L’atmosfera, gli oceani e la biosfera contengono grandi quantità di carbonio scambiabile: il 14C (o radiocarbonio, tempo di dimezzamento pari a 5570 anni) è solo un attore minore nello scenario dello scambio di carbonio tra questi depositi. Infatti il rapporto tra 14C e 12C vale circa 10-12, ma la sua caratteristica è quella di essere facilmente misurabile ed è usato per la datazione del legno e di altri materiali organici. Il radiocarbonio viene calcolato come Δ14C (‰) che deriva dalla deviazione di 14C misurato, rispetto all’attività standard dell’acido ossalico.
È possibile connettere il 14C in atmosfera alle variazioni del flusso dei raggi cosmici galattici, legate a loro volta alla variazione del vento solare e quindi, in definitiva, all’attività solare.
Il radiocarbonio può essere misurato nella biosfera dagli anelli di accrescimento degli alberi (che forniscono la successione temporale) e dal legno, preparato opportunamente. Negli oceani, la sua presenza si misura da carotaggi di coralli.
In questo post prendo spunto da un articolo di Stuiver e Braziunas (1993) in cui viene pubblicata una serie annuale di d14C derivata da alberi del nord-ovest degli USA per il periodo 1510-1954. Mi propongo di verificare la relazione con il d14C da coralli e con l’attività solare (raggi cosmici e numero di macchie solari).
Il primo passo è stato quello di estrarre i valori che Stuiver e Braziunas pubblicano all’interno dell’articolo (altri tempi!): non ho potuto estrarre con un copia-incolla i 445 dati e li ho dovuti riscrivere a mano. In questo modo ho potuto verificare la mancanza di 19 valori, che attribuisco ad errori nella compilazione della lista, dato che gli autori scrivono “Missing or duplicate rings are usually absent in trees grown in this environment …“, riferendosi agli abeti del nord-ovest americano da cui hanno derivato la serie. Ho quindi sostituto arbitrariamente i 19 dati mancanti con valori interpolati.
Dal quadro in alto si può notare che la serie disponibile è in gran parte contenuta nella Piccola Era Glaciale (PEG), periodo che è caratterizzato da importanti fluttuazioni di temperatura pur in un quadro generalmente freddo.
Due periodi particolarmente freddi si sono avuti tra il 1580 e il 1610 e tra il 1810 e il 1870, correlati in modo diverso al Δ14C: durante il primo la serie mostra un preciso minimo relativo, mentre nel secondo la diminuzione è meno evidente ed è seguita da un brusco calo per il quale non sono in grado di identificare una causa, forse anche per la fine della serie. Osservo, però, che anche misure più recenti di Δ14C (Goodkin et al., 2019) derivate da coralli lungo la costa del Vietnam, mostrate nella figura 4, si interrompono nel 1950, forse per le varie contaminazioni seguite alle esplosioni nucleari degli anni ’50-’60.
I quadri successivi di figura 1 mostrano lo spettro del Δ14C su tre intervalli di periodi; in particolare il riquadro giallo evidenzia i periodi caratteristici di ENSO (2-9 anni) mentre negli altri due sono presenti periodi di tipo solare (162 anni, ~ il ciclo di Jose di 150 anni; 89 anni, il ciclo di Gleissberg; 11 anni, ciclo di Schwabe), oceanico (61 anni, AMO; 42 anni, PDO); atmosferico (20-40 anni, NAO). Nello spettro di Δ14C vediamo quindi numerosi segnali di eventi naturali.
In figura 2 mostro il modello di raggi cosmici, costruito da Usoskin e collaboratori nel 2002.
Lo spettro mostra alcuni massimi (53.6, 30, 21 anni) presenti in forma di bassa potenza anche in Δ14C e, in basso, la struttura del massimo a 10-11 anni già messa in evidenza da Scafetta (2012). Il confronto tra Δ14C e modello di raggi cosmici viene fatto in figura 3 dove si nota un’evidente somiglianza tra le due strutture.
Credo che la spiegazione che i raggi cosmici influenzino la produzione di Δ14C e quindi anche la piccola frazione di anidride carbonica costruita con il 14C -cioè il 14CO2- sia troppo semplicistica, anche perché dalla figura si vede che tra il 1700 e il 1830 i raggi cosmici precedono, di circa 5-20 anni, il Δ14C ma che, dopo quest’ultima data, l’anticipo quasi si annulla per poi diventare un ritardo. In pratica, la sensazione che quella di figura 3 possa essere una vera relazione causa-effetto tra raggi cosmici e carbonio 14 deve essere guardata con attenzione, in mancanza di una spiegazione fisica convincente.
È importante anche verificare la consistenza tra il Δ14C da alberi e da ambiente marino, allo scopo di valutare l’uniformità o meno della distribuzione spaziale di questo isotopo. Per questo in figura 4 presento l’equivalente di figura 1 per i carotaggi sulla costa del Vietnam (Gookinet al., 2019).
La serie è quasi esattamente sovrapponibile a quella di figura 1 e anche gli spettri, pur con qualche differenza di potenza e di periodi, mostrano la stessa struttura. Anche la serie delle macchie solari (SSN) mostra nello spettro analogie con quello del Δ14C, come si vede in figura 5.
La constatazione rafforza l’idea che il Δ14C non dipenda (o dipenda in minima parte) da fattori locali o legati a particolari materiali e che possa generarsi da cause generali in grado di rendere più uniforme la sua distribuzione spaziale.
Bibliografia
- Clette F., Svalgaard L., Vaquero J.M., Cliver E.W: Revisiting the Sunspot Number. Space Sci Rev, 186, 35-103, 2014. https://doi.org/10.1007/s11214-014-0074-2, arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1407/1407.3231.pdf
- Goodkin, N.F., Bolton, A., Hughen, K.A., Karnauskas, K.B., Griffin, S., Phan, K.H., Vo, S.T., Ong, M.R., and Druffel, E.R.M. East Asian Monsoon Variability Since the Sixteenth Century, Geophysical Research Letters, 40, 4790-4798, 2019. https://doi.org/10.1029/2019GL081939
- Scafetta N.: Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter–Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle, J. Atm. & Sol-Terr. Phys., 80, 296-311, 2012 https://doi.org/10.1016/j.jastp.2012.02.016
- Minze Stuiver and Thomas F. Braziunas: Sun, ocean, climate and atmospheric 14CO2:
an evaluation of casual and spectral relationships, The Holocene, 3, no.4, 289-305, 1993.doi:10.1177/095968369300300401. - Usoskin, I.G., K. Mursula, S.K. Solanki, M. Schuessler and G.A. Kovaltsov. A physical reconstruction of cosmic ray intensity since 1610., J. Geophys. Res., 107(A11), 1374, 2002. https://doi.org/10.1029/2002JA009343
Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto |
Per quanto riguarda le fasi di anticipo ritardo potrebbero dipendere da condizioni climatiche L’assorbimento del CO2 da parte delle piante dipende dalla sintesi clorofilliana e quindi da acqua e luce. Un periodo particolarmente secco e freddo può ridurre l’assorbimento generale di CO2 e di conseguenza la percentuale di 14C. Se non ricordo male le serie dendocronologiche includono i dati di piovosità e temperatura , ricavati dallo spessore degli anelli. I coralli di solito hanno sistemi simbiotici con alghe verd quindi dipendono anche loro dalla quantità di energia solare che ricevono i ma non conosco affatto l’argomento.
Scusi se apro un nuovo commento ma non riesco a inserire una replica
Ancora grazie per le nuove informazioni e per un’altra spiegazione del ritardo-anticipo. E’ vero che le serie dendrocronologiche includono sempre piovosità e temperatura, ma raramente si possono trovare i valori numerici utili alle spiegazioni di tipo meteorologico (ammesso che io le sappia fare) e ancora più raramente vengono pubblicati grafici che sia possibile digitalizzare (pratica che uso frequentemente quando è possibile, e con risultati efficaci). Comunque credo che i suoi commenti siano utili per inquadrare meglio “l’ambiente” del post e per questo la ringrazio. Franco
PS: quello del reply è un problema di vecchia data a cui qualcuno tempo fa ha dato soluzione. La ripeto: cliccare su “Reply” con il tasto destro del mouse e scegliere “apri in una nuova finestra”. Si apre la finestra di risposta da cui si procede come al solito.
Buongiorno. Il 14C in rapporto al C12 nel carbone fossile va 10^-14 a 10^16 a seconda della profondità da cui viene scavato. Il 14C naturale decade quasi completamente col tempo ma fenomeni radioattivi naturali dovuti alla presenza Radio e conseguentemente di Radon ne innalzano nuovamente la percentuale. Avevo letto un articolo sul fatto che la radioattività intorno alle centrali a carbone in alcuni casi superava quella delle centrali nucleari ( era su carta e non saprei come recuperarlo).
Credo che in idrocarburi più profondi com il petrolio e il gas naturale sia un poco più alto.
Grazie per le informazioni ulteriori sul C14. Questo secondo me complica un po’ non tanto il concetto quanto i numeri connessi con l’ipotesi di Donato: da 2 a 4 ordini di grandezza in meno nella composizione dei combustibili fossili, rispetto al rapporto isotopico presente in atmosfera, biosfera, oceani, forse (e dico forse perché non so se i processi sono lineari) non permettono variazioni come quelle di anticipo-ritardo, evidenziate in figura 3. Franco
Concordo completamente con le conclusioni di F. Zavatti circa la dipendenza del rapporto tra isotopo 14 ed isotopo 12 del carbonio da cause generali che ne rendono costante la distribuzione spaziale e della sua scarsa dipendenza da cause locali.
Detto questo non posso fare a meno di notare il tasso negativo del suo valore nel corso degli anni. Ho riflettuto molto su questo fatto ed alla fine mi sono ricordato di una discussione vecchia di qualche anno e di cui non sono riuscito a ritrovare traccia. In quella circostanza veniva messo in evidenza un nesso tra l’aumento della concentrazione atmosferica di diossido di carbonio originato dalla combustione di carbone, petrolio e gas e variazione del rapporto isotopico C14/C12. Sulla base di tali reminiscenze ho provato ad abbozzare un’ipotesi per spiegare il comportamento del rapporto isotopico indagato da F. Zavatti.
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Il rapporto tra le concentrazioni di carbonio 14 e carbonio 12 può cambiare per diversi motivi: variazione del numeratore e costanza del denominatore, costanza del numeratore e variazione del denominatore, variazione di entrambi. E’ logico aspettarsi che la terza possibilità sia quella più probabile, in quanto ci troviamo di fronte ad un fenomeno naturale, per cui la costanza di variabili è piuttosto improbabile. Chi si occupa di datazione al radiocarbonio è ben conscio di queste “complicazioni”, per cui da decenni sono stati individuati dei diagrammi di variazione del rapporto isotopico di riferimento ed è in base ad essi che viene fatta la misurazione.
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Ciò premesso, la brusca caduta dei valori del rapporto isotopico del carbonio, sembra che inizi dopo il 1700, quasi in coincidenza con gli inizi della prima rivoluzione industriale. In tale periodo cominciò ad essere usato in modo massiccio il carbone, ovvero carbonio molto vecchio in cui l’isotopo 14 non esisteva o era presente in concentrazioni trascurabili, per cui la nostra atmosfera si è arricchita di carbonio 12, diluendo il carbonio 14 e, quindi, rendendo il rapporto isotopico via via più basso, man mano che aumentava la produzione di carbonio di origine fossile.
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L’oscillazione avvenuta agli inizi del 19° secolo potrebbe essere stata determinata dall’aumento della concentrazione di C14 a causa dei raggi cosmici (il denominatore cresce in modo costante, mentre il numeratore tende ad aumentare con maggiore velocità).
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Lo stesso sottile gioco tra il tasso di variazione dell’isotopo 12 e dell’isotopo 14, potrebbe spiegare l’anticipo successivo agli inizi del secolo scorso che si è accentuato nel corso del tempo.
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E’ un’ipotesi, ovviamente, ma non mi sembra tanto campata per aria. Sono curioso di leggere qualcosa a conferma o a confutazione di quanto ho scritto: il confronto è la base della crescita delle conoscenze.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
come al solito, i tuoi commenti sono puntuali e spingono a pensare.
Non conosco abbastanza “l’arte” della datazione al radiocarbonio e i meccanismi di produzione dell’uno o dell’altro isotopo per esprimere un giudizio su quanto scrivi ma le tue ipotesi mi sembrano sensate, almeno come meccanismo generale.
E anche quanto scrivi sull’anticipo che si trasforma in
un ritardo (dei raggi cosmici rispetto al Delta 14C) mi sembra sostenibile: raggi cosmici e carbonio andrebbero (in qualche modo) a braccetto ma la forte variazione del C14 dovuta al bruciamento di combustibile fossile ha modificato la relazione tra i due isotopi e quindi la loro relazione con i raggi cosmici (RC).
La mia unica perplessità riguarda i valori in gioco, non perché non sia d’accordo ma perché non conosco i numeri e mi chiedo se una quantità, il
C14, pari a 10**-12 volte l’altra (il C12), può produrre uno scostamento, ad
esempio dai RC, come quello osservato, per quanto possa variare. E non so se il C14 era l’unico carbonio (o quasi) esistente ai tempi della produzione dei combustibili fossili (milioni di anni).
E qual’è il ruolo nel tempo del C13 il cui delta rispetto al C12 è la firma della produzione (della quantità di vegetazione)?
La domanda nasce dal fatto che di questo rapporto (delta C13) mi sto occupando in questi giorni e quello che vedo è una crescita quasi costante da 8400 a 3300 anni fa (per caso, a quest’ultima data corrisponde l’epoca della fine dell’età del Bronzo e l’inizio dell’età del Ferro, ma vorrei essere sicuro della casualità) per poi appiattirsi fino ad oggi (anno 2013), almeno in Portogallo ma è quasi la
stessa cosa in Grecia. In fondo riporto un grafico del delta C13 portoghese in cui le stelle indicano (da sinistra a destra) la LIA e gli eventi a 4.2 (arido, forse caldo) e 8.2 (freddo) Ka (migliaia di anni fa). Ciao. Franco
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