David Middleton in questo post su WUWT inizia con la frase:
“One of the things I love about writing for Watts Up With That, is the fact that reader comments often inspire me to research and write subsequent posts.”
Faccio senz’altro mia questa frase, in generale per i molti esempi che potrei portare di commenti dei lettori di Climatemonitor che mi hanno spinto, convinto e a volte anche “costretto”, in senso positivo, ad affrontare un argomento nuovo e ad impegnarmi per capirlo un po’ di più. In particolare, per questo post, ringrazio Gianni per i suoi commenti al post sugli indici oceanici. Tra le altre cose, Gianni scrive:
“Il ciclo nodale della luna di circa di 18 anni e mezzo puo’ essere un candidato per spiegare le variazioni quasi bi-decadali osservate in certe regioni del globo. Il lavoro di Agosta del 2013 (https://rmets.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/joc.3787) suggerisce questa oscillazione per spiegare le variazioni delle temperature oceaniche che determinano l’indice SWSA (da lei evocato nel suo post), a loro volta riflesse nella variabilità delle piogge estive nella catena delle Ande.
Comprendo che il cammino è ancora lungo per trovare una connessione con l’ENSO.”.
Gianni cita anche l’articolo di Serykh e Sonechkin (2016) il cui abstract è reperibile qui e da cui estrapolo la frase:
“It is found that the El Niño – Southern Oscillation (ENSO) is driven not only by the seasonal heating, but also by three more external periodicities (incommensurate to the annual period) associated with the ~18.6-year lunar- solar nutation of the Earth rotation axis, ~11-year sunspot activity cycle and the ~14-month Chandler wobble in the Earth’s pole motion. Because of the incommensurability of their periods all four forces affect the system in inappropriate time moments. As a result, the ENSO time series look to be very complex (strange in mathematical terms) but nonchaotic.”
Quindi, secondo questi autori, ci si deve attendere che ENSO manifesti nel suo spettro massimi anche (oltre ai suoi caratteristici tra 2 e 7 anni) a circa 18-20, 11 e 1.17 anni, regolati dai movimenti della Luna, dal ciclo di attività delle macchie solari e dal moto del polo terrestre. In figura 1 uso la serie di ONI (Oceanic ENSO Index) dal 1950 al 2019, prodotta da NOAA, per verificare la presenza dei suddetti massimi spettrali: a parte forse (11 anni rispetto a 11.7) il ciclo delle macchie solari, degli altri due non c’è traccia.
Con un piccolo aiuto da parte della fantasia, possiamo immaginare che un picco a 2.3 anni (1.17×2, seconda armonica) sia rappresentato dai due picchi a ~2.2 e 2.4 anni e che il picco a 3.6 anni sia indentificativo di 1.17×3=3.51 anni (terza armonica). Dai valori numerici dello spettro, attorno a 38-39 anni (~18.5×2), non si deduce alcun massimo e lo stesso risultato si ottiene per 11×2 e 11×3 anni: dallo spettro non si estrae nessuno dei massimi elencati da Serykh e Sonechkin (2016) e tra i multipli solo quelli (possibili ma non so quanto reali) dell’oscillazione di Chandler. Per i sottomultipli, c’è un 5.6 anni (11:2) e un debole 8.75 anni (18.5:2).
In definitiva, da ONI non sono in grado di derivare con certezza (e quindi di legare ad ENSO) le influenze lunari sottolineate da più di un autore. Un altro motivo di perplessità è stata l’osservazione che nella figura 2 di Agosta (2014) (liberamente disponibile), il massimo spettrale a 18.6 anni (derivato con MMT, il metodo multitaper, Ghil et al., 2002) si vede solo nella serie troncata 1901-1977 e non in quella completa 1901-2011, il che fa pensare ad un evento transitorio o a qualcosa legato alle dimensioni della serie.
Ma i ricercatori non dichiarano perfino nel titolo del loro lavoro un massimo che non c’è o è dubbio, per cui ho deciso di scrivere al dr. Agosta per chiedere la serie numerica dell’indice SRI (Summer Rain Index) che lui ha usato come indice della piovosità delle pianure sub-andine argentine (localizzate nella sua figura 1) e come file di input per l’analisi spettrale.
Nel giro di un paio di giorni il dr. Agosta mi ha inviato i dati annuali dell’indice SRI (scusandosi perché ora vive in Spagna e non ha accesso al backup dei suoi dati argentini, per cui mi ha mandato una serie che aveva ancora nel computer) dal 1901 al 2012, specificando che:
“It corresponds to detrended values of the SRI index, for the period 1901-2012 if I am not wrong. Note that it corresponds to precipitation variability accumulated during the rainy season in Central West Argentina, that is from October to March, so the year corresponds to the end of the season (1900/01 and 2011/12).”
Da questi dati ho calcolato gli spettri MEM, che mostro in figura 2 e in figura 3 per la serie 1901-2012 e per quella 1901-1977, rispettivamente, come utilizzata in Agosta (2014).
Nello spettro di questa serie completa si osservano tutti i massimi elencati in Serykh e Sonechkin (2016), direttamente o tramite le loro armoniche, e quelli tipici di ENSO.
Ora è necessario ripetere i risultati mostrati da Agosta nella sua figura 2, ripetendo lo spettro della serie SRI troncata al 1977.
Anche in questo caso, come avevo già dimostrato in un post del 2015, troncare un file non pregiudica lo spettro nel suo complesso: infatti si notano quasi tutti i massimi della serie completa, tranne quello di 74 anni (ma la serie copre un arco di tempo pari a 77 anni, cioè uguale al periodo cercato, con effetti al bordo significativi).
Gli spettri wavelet di figura 4 e 5 mostrano la stessa similitudine riguardo alla evoluzione temporale dei massimi spettrali.
Una conferma del massimo a 18.6 anni come caratteristica globale, viene anche dagli spettri della precipitazione in 15 bacini fluviali inglesi dove periodi nell’intervallo 18-20 anni sono comuni a tutte le serie (http://www.climatemonitor.it/?p=52659) e dallo spettro wavelet dell’indice annuale di tempestosità del bacino del fiume Po (Diodato et al., 2020).
Conclusioni
Quanto trovato da Agosta (2014) viene confermato da tre serie (due riferite alla Gran Bretagna e una all’Italia) indipendenti, su entrambi gli emisferi; due serie sulla via delle westerlies, una ben all’interno del Mediterraneo. Ricordo che l’indice di Agosta fa riferimento alle pianure centro-occidentali argentine, ai piedi del versante orientale delle Ande.
In tutte queste serie sono presenti i massimi spettrali tipici di ENSO e il massimo che identifica il ciclo nodale della Luna che quindi difficilmente può essere confuso con una causa locale.
Bibliografia
- Eduardo Andres Agosta: The 18.6-year nodal tidal cycle and the bi-decadal precipitation oscillation over the plains to the east of subtropical Andes, South America, Int. J. Climatol., 34, 1606-1614, 2014. https://doi.org/10.1002/joc.3787
- Nazzareno Diodato, Fredrik Charpentier Ljungqvist, Gianni Bellocchi: Monthly storminess over the Po River Basin during the past millennium (800–2018 CE), Environ. Res. Commun, 2, 2020. https://doi.org/10.1088/2515-7620/ab7ee9
- Ghil M, Allen MR, Dettinger MD, Ide K, Kondrashov D, Mann ME, Robertson AW, Saunders A, Tian Y, Varadi F, Yiou P.: Advanced spectral methods for climatic time series, Reviews of Geophysics, 40(1), 1– 41, 2002. 10.1029/2000RG000092 full text
- Ilya Serykh and Dmitry Sonechkin: Dynamics and spatial structure of ENSO from re-analyses versus CMIP5 models. Geophysical Research Abstracts, Vol. 18, EGU2016-8-1, 2016. EGU General Assembly 2016, Vienna.
Tutti i dati e i grafici sono disponibili nel sito di supporto |
Caro Franco,
sono restato molto sorpreso leggendo il tuo scritto. Fino ad oggi ero convinto che ENSO fosse un fenomeno non dico di tipo stocastico (sarebbe troppo), ma estremamente imprevedibile a causa della mancanza di regolarità nei suoi accadimenti.
.
Alla luce di quanto scrivi e dimostri sulla base dei dati, posto che le piogge nelle pianure argentine non credo possano essere indipendenti da ENSO, esisterebbe la possibilità di individuare una regolarità nella successione di ENSO. Sarebbe un colpo bello grosso!
.
Tutto questo mio entusiasmo si raffredda molto, però, se considero la serie ORI: la presenza del solo periodo solare mi porta a dubitare della dipendenza di ENSO dagli altri eventi astronomici di cui parla una delle fonti da te citate.
.
Alla fine dei conti ENSO resta un mistero inviluppato in un enigma! 🙂
.
Caro Franco, è sempre un piacere leggere i tuoi stimolanti post.
E per chiudere ti auguro una Buona Pasqua e tanta buona salute.
.
Buona Pasqua e buona salute a tutti i lettori di CM.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
ho analizzato i dati ENSO in varie forme e non ricordavo di aver mai visto in quei dati il periodo di 18.6 anni (e dintorni). Per questo il suggerimento di Gianni e il lavoro di Serykh e Sonechkin (sempre dovuto a Gianni) mi hanno preso alla sprovvista, tanto da voler verificare ancora il comportamento di ENSO. Continuo a non trovare nel Pacifico tropicale due dei tre massimi
spettrali indicati, ma in compenso trovare 18.6 anni oltre che nelle piogge argentine anche in quelle di fiumi inglesi e nel bacino del Po mi ha molto meravigliato e, come scrivo, fatto immaginare un’influenza totale la cui
esistenza va però dimostrata, almeno con campioni di maggiori dimensioni.
E’ di queste ore l’analisi visuale delle piogge tratte da HISTALP (stazioni nella regione alpina, con sconfinamenti nelle pianure ai due lati della catena) i cui spettri (che avevo calcolato nel 2012) non mostrano quel
picco; in compenso, la copertura nuvolosa media delle stesse stazioni histalp LOW e ALPIN (le pianure e i monti, separatamente) ha negli spettri un picco tra
17.8 e 19.2 anni. Come vedi, l’argomento racchiude più di una variabilità.
Intanto, mi fa piacere sentirti “in forma”, segno che la didattica a distanza non ha lasciato cicatrici visibili 🙂 e ti ringrazio per gli auguri di Pasqua che ricambio e, anche io, trasmetto ai lettori di CM. Franco
ONI e non ORI, errore di battitura 🙁
Ciao, Donato.