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CO2: prevedere è difficile, soprattutto il futuro.

Sorpresa, esce un report dell’IEA, l’International Energy Agency, in cui si dà conto di uno stop alla crescita delle emissioni, con il 2019 che ha avuto gli stessi livelli del 2018 nonostante ci sia stato ancora un incremento dell’economia globale del 2,9%. Con le attività produttive ancora largamente dipendenti dal ricorso alle fonti fossili, è chiaro che questa notizia che nello stesso report è definita come inattesa, rappresenta una buona notizia nel cammino verso una riduzione del ricorso alle fonti fossili.

E, in effetti, leggendo il report più approfonditamente, si capisce che la riduzione del ricorso al carbone nelle economie già sviluppate sostanzialmente per sostituzione con il gas naturale, insieme ad una rinnovata crescita del nucleare e ad un ulteriore incremento delle risorse rinnovabili, hanno pareggiato l’aumento dell’uso di risorse fossili nelle economie in via di sviluppo. In tutto questo, pare abbiano avuto un ruolo anche condizioni climatiche più miti. Il risultato è che i livello di emissione, per la prima volta dalla crisi economica globale del 2008, non sono cresciute.

Quelli che hanno fatto meglio di tutti pare siano gli Stati Uniti, per lo più grazie all’utilizzo del gas naturale, seguiti dall’Unione Europea (Regno Unito compreso), che ha ridotto le emissioni di CO2 del 5%, soprattutto grazie al contributo proprio del settore energia. Notevole anche la performance del Giappone, che si sta giovando – piaccia o no – della riaccensione di parecchi reattori nucleari, fermati dopo il disastro di Fukushima.

Ancora in Europa, le emissioni derivanti dal settore energia sono tornate ai livelli del 1980, quando però la domanda di energia era un terzo dell’attuale.

Questi risultati, se non proprio nei numeri almeno per linee generali, erano comunque attesi da qualche mese, quando proprio da fonti IEA era iniziato a trapelare un certo ottimismo sull’argomento per effetto di proiezioni che, sulla base di quanto accaduto in termini di policy nel 2019 e di quanto progettato per gli anni a venire, prospettavano il raggiungimento di una fase di plateau delle emissioni per gli anni a venire.

L’aspetto interessante della conferma del fatto che queste proiezioni potrebbero essere sulla strada giusta, è che i livelli del ricorso al carbone – quindi anche delle emissioni da esso derivanti – degli scenari utilizzati, sono inferiori a quelli di ben 3 dei 4 scenari utilizzati dall’IPCC per le proiezioni climatiche, anche per quelli che saranno la base del prossimo report del Panel, che rischia così di nascere già vecchio, ovvero di continuare sulla strada dei precedenti prospettando un mondo molto diverso da quello reale, che in ultima analisi non potrà che avere anche un clima diverso da quello reale. Non proprio lo strumento ideale per suggerire delle policy di intervento si direbbe.

Se volete approfondire l’argomento, qui trovate il Report IEA e qui, invece, un articolo di Roger Pielke Jr uscito su Forbes qualche mese fa.

Enjoy

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Published inAttualità

6 Comments

  1. A. de Orleans-B.

    Se le emissioni sono stabili, perché la concentrazione annuale media della CO2 misurata nell’atmosfera è passata da 408 ppm nel 2018 a 411 ppm nel 2019, crescendo con lo stesso rateo degli anni precedenti?

    • Gianni

      Come è noto, la solubilità in acqua della CO2 decresce con l’aumento delle temperature. Gli oceani assorbono grandi quantità di CO2 nei periodi freddi che rilasciano nei periodi caldi.
      Le emissioni antropiche contribuendo per il 5-6% ai livelli atmospferici della CO2, il resto puo’ essere determinato integrando eventi termici del passato. La sostanziale tendenza al rialzo delle temperature globali spiega i ratei di crescita della CO2 atmosferica. Se la hiatus dovesse persistere o il trend invertirsi dovremmo attenderci una frenata anche nelle concentrazioni atmosferiche di CO2.

  2. rocco

    Tutto questo focus sull’energia fa dimenticare che gli idrocarburi servono per i materiali con i quali è stata costruita la nostra società: senza plastica sarebbe impossibile produrre una infinità di prodotti, per cui è impossibile fermare le estrazioni.
    Il tema energia, fuorviante per il discorso meteorologico (uso meteorologico in quanto, : il clima è ciò che ci si aspetta, il meteo è ciò che si trova” e quindi parlare di clima è come dire parlare di aspettative, di sogni, di speranze… di emozioni), ma è funzionale per cercare di conservare più a lungo possibile gli idrocarburi e per far funzionare questa strano mondo del digitale interconnesso smaterializzato e truffaldino: la rete è molto energivora, quella manciata di fuffa bitcoin, ad esempio, usata prevalentemente per affari loschi nel dark web e più in generale la tecnologia inutile della blockchain consuma quanto nazioni intere.
    per quanto riguarda la CO2 leggo con piacere di questo studio che mostra variazioni naturali indipendenti da fattori… terrestri https://www.pnas.org/content/early/2020/02/04/1912094117

  3. rocco

    sono solo stime, nessun dato preciso, come dire dare i numeri a banco lotto.
    Hanno conteggiato la CO2 degli incendi ai depositi di monnezza riciclata, o quella prodotta dai digestori anaerobici o quella della combustione volontaria di biomasse?
    Tutte fregnacce i conti sulla CO2.
    L’unica cosa certaè che la CO2 ha prodotto un sensibile aumento della biomassa planetaria, incremento vanificato dal continuo disboscamento per costruire pale eoliche o per impiantare campi di mais per produrre bugiarde plastiche biodegradabili

  4. Giacomo

    Non vedo perchè l’IPCC non debba tenere conto del plateau delle emissioni nei suoi prossimi report…

    • Perché il l’AR6 è già molto avanti e il CMIP6, ovvero la suite di modelli impiegati per le proiezioni usano comunque gli RCP già esistenti.

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