All’inizio di gennaio 2020 è apparso sul sito Watts Up With That (WUWT) un interessante articolo di Renee Hannon che riconsidera l’attendibilità delle serie (purtroppo frammentarie) della CO2 nelle carote groenlandesi (GRIP, GISP, GISP2, NEEM) a lungo ritenute “contaminate” perché non confermate dalle equivalenti serie antartiche e più in particolar mostrano ampie fluttuazioni di concentrazione, non presenti nelle serie del sud e anche valori mediamente più elevati. Queste oservazioni hanno portato all’idea che reazioni chimiche in-situ, dopo la formazione delle bolle d’aria, possano aver modificato (in entrambi i sensi: aumentato e diminuito) la concentrazione e la variabilità della CO2.
Alcune carote groenlandesi:
|
da Smith et al.,1997: “The in-situ reactions which contribute to the modification of the concentrations of paleoatmospheric CO2 may include both CO2 uptake as well as CO2 production. … One possible explanation for unusually low CO2 concentrations, first suggested by Neftel et al. (1982), is that CO2 is absorbed in the ice by reacting with carbonate occurring according to the equation CO2+CO32-+H2O –> 2HCO3– |
Ciò ha reso di fatto inutilizzabili i risultati sperimentali, inibendo la disponibilità di altre serie di CO2 da carote groenlandesi (anche se non ho trovato serie di CO2 diverse da quella descritta qui, questa affermazione potrebbe non essere vera: vedere le molte carote groenlandesi nell’elenco, non tutte verificate).
La teoria delle reazioni in-situ a me sembra debole, sia perché l’andamento generale dei (pochi) dati disponibili non si discosta in modo vistoso dalle serie antartiche di CO2, ad esempio dalla serie composita di figura 3, sia perché le osservazioni dirette (moderne) di figura 1 e del suo ingrandimento (figura 2) mostrano le stesse caratteristiche osservate nelle carote groenlandesi. La recente disponibilità di filmati relativi alla distribuzione globale di CO2 evidenzia le differenze nord-sud, ad esempio in questo video. E’ vero che nel filmato le differenze massime sono di circa 20 ppm (gli estremi della scala cambiano) e che probabilmente queste non sono sufficienti ad intaccare il concetto di gas “ben distribuito spazialmente” nell’atmosfera del pianeta, ma è anche vero che ci sono differenze sistematiche tra nord e sud e che proprio oscillazioni di ±10 ppm distinguono la serie antartica da quella groenlandese in figura 2.
In figura 3 viene mostrato il confronto diretto tra due serie della concentrazione di CO2, da GISP2 (Groenlandia) e una composizione da Vostok ed EPICA (sia di Talos Dome che di Maud Land, in Antartide).
Per un confronto più completo è importante includere anche le serie di temperatura (tramite il dato di prossimità δ18O o d180) come ho fatto in figura 4, consapevole della difficoltà di lettura di un grafico che quasi sicuramente contiene troppe informazioni. Per questo invito ad usare anche la versione semplificata con solo i dati filtrati.
Un aspetto evidente delle figure 3 e 4 è che non sono disponibili abbastanza dati per la CO2 della calotta glaciale groenlandese, forse per i dubbi espressi all’inizio su questa grandezza, il che non contribuisce ad una maggiore comprensione dell’evoluzione climatica dell’emisfero nord e, in definitiva, dell’intero globo. L’uso comune di paleo-serie antartiche di CO2 anche per le regioni artiche contribuisce ulteriormente all’incertezza complessiva. Il concetto di “CO2 ben distribuita” cui si è accennato per il filmato, deve essere integrato, al minimo, con “a meno di 20-30 ppm” e quelle 20-30 ppm sono proprio la discriminante che permette di escludere o accettare la CO2 groenlandese. Anklin et al., 1995 scrivono nel riassunto: “The deviations between Antarctic and Greenland CO2 records raises up to 20 ppmv during the last millennium. We observe short term CO2 variations in the range 10-20 ppmv which cannot represent atmospheric CO2 variations.
Una conferma, almeno parziale, della bontà dei dati di CO2 di GISP2 viene dalla figura 5 nella quale sono mostrati alcuni degli eventi di Bond (rapide fluttuazioni di temperatura) sia come valore centrale che come intervallo di incertezza, estratti dalla Tabella 1 di Bond et al., 1997. Le bande gialle, in alcuni casi, sono troppo ampie per essere utili ma in ogni caso identificano eventi durante i quali la concentrazione di CO2 varia rapidamente. I valori centrali definiscono l’età degli eventi e, in almeno un paio di casi (14.8 e 16.9 Ka), per la CO2 non lo fanno: nel complesso, però, anche considerando la bassa definizione della curva di calibrazione usata, il confronto con gli eventi di Bond sembra positivo.
In conclusione, se differenze di 10-20 ppm tra Nord e Sud nella concentrazione di CO2 sono considerate significative, è difficile parlare di distribuzione uniforme di questo gas serra e quindi è necessario avere a disposizione serie distinte di CO2.
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto |
Bibliografia
- Anklin M., Barnola J-M, Schwander J., Stauffer B. and Raynaud D.: Processes affecting the CO2 concentrations measured in Greenland ice , Tellus, 47B, 461-470, 1995. link
- Gerard Bond, William Showers, Maziet Cheseby, Rusty Lo Peter Almasi, Peter deMenocal, Paul Priore, Heidi Cullen, Irka Hajdas, Georges Bonani: A Pervasive Millennial-Scale Cycle in North Atlantic Holocene and Glacial Climates , Science, 278, 1257-1266, 1997. link
- Neftel, A., H. Oeschger, J. Schwander, B. Stauffer and R. Zumbmnn: Ice core sample measurements give atmospheric CO2 content during the past 40,000 yr, Nature, 295, 220-223, 1982.
- H.J. Smith, M. Wahlen, D. Mastroianni, K.C. Taylor: The CO2 concentration of air trapped in GISP2 ice from the Last Glacial Maximum-Holocene transition, Geophysical Research Letters, 24/1, 1-4, 1997. http://dx.doi.org/10.1029/96GL03700
Sii il primo a commentare