Non si è ancora spenta l’eco dei festeggiamenti della metà del mese di novembre per l’abbondante innevamento giunto precocemente a coprire gran parte dell’Arco Alpino e a garantire un’apertura in grande stile della stagione sciistica nonché riserve da poter mantenere in caso di bisogno. Del resto la neve era arrivata copiosa (anche troppo) e c’era urgente bisogno di rassicurare tutti circa il regolare svolgimento della stagione. Eppure, ora che le prenotazioni sono tutte a buon fine e, in barba appunto ad una stagione iniziata sotto i migliori auspici, è assolutamente necessario riprendere la litania del disastro climatico e dei suoi derivati, nella fattispecie e per restare in tema, gli impianti sciistici abbandonati tra Alpi ed Appennino (notoriamente glaciale quest’ultimo nevvero?) perché non nevica più come una volta.
Snow will be a thing of the past recitava appunto l’anatema dell’esperto di turno qualche anno fa, quindi ecco il Guardian, copiat… ehm, seguito a ruota da corriere.it che spara una bella rassegna di tristissime storie e foto di skilift, cabinovie e rifugi abbandonati e circondati da prati anziché dalla materia prima di frozen…
Capito però che questo genere di cose suscitino curiosità che non si sapeva di avere e facciano scoprire cose che non si sapeva esistessero, come un bel sito web dove sono disponibili le serie storiche dell’innevamento di tantissimi resort sciistici in giro per il mondo, naturalmente Europa e Alpi comprese. Qui sotto, grazie ad un tweet di Willis Eschenbach, i dati per Europa e USA.
Venti anni non sono molti, ma non sono neanche pochi, specie se trascorsi con il cambiamento climatico che ruggisce. Vi sembra di notare disastri o trend che possano giustificarne di imminenti?
Sì, lo so, chissà dove avranno preso i dati, è un sito che fa pubblicità alle stazioni bla bla bla…. Allora andiamo a vedere i dati ufficiali, quelli raccolti dal Global Snow Lab della Rutgers University. Altro bel sito web, che permette di vedere i trend per emisfero, per continente, per stagione e per mese. Dal momento che a sciare ci si va d’inverno, qui sotto il grafico dell’innevamento invernale sull’Eurasia.
Per inciso è in aumento anche l’innevamento autunnale, mentre è chiaramente in diminuzione quello primaverile.
Comunque, tanto per avere un’idea, la seconda foto proposta da corriere.it a documento di questa presunta tragedia, mostra l’ex rifugio del Ghiacciaio Scerscen Inferiore a Entova, dove c’è sì un ghiacciaio che si sta ritirando, ma è a 3.000 mt di quota!!! Per fare quella foto ci saranno andati ad agosto, perché ora a quella quota sono seppelliti dalla neve… (qui il passo Bernina, circa 700mt più a valle).
Domanda: da qualche parte sarà pure diminuita la neve, certamente più sull’Appennino che sulle Alpi, ma quanta ce n’era prima? Quanti di questi impianti non avevano alcuna ragione di essere costruiti se non per entusiasmo cementizio perché non garantivano un innevamento e conseguente business stabili?
Altra domanda: perché questi cialtroni continuano a diffondere notizie false, leggi la foto estiva di un rifugio abbandonato a 3000 mt per parlare di mancato innevamento invernale?
Enjoy, si fa per dire 🙁
E Buon Natale!
😀 😀 😀
Quello che preoccupa è che ancora queste notizie trovano credito nella massa. Certe notizie sparirebbero nel caso la maggioranza le ignorassero. I giornali senza queste notizie non sopravviverebbero per il fatto che questo tipo di notizie devono essere pubblicate perchè finanziate.
Il fatto che certe testate giornalistiche ancora esistano nè è la conferma visto le vendite da decenni in costante calo.
io contesto la climatologia perchè riduce il “globale” ad una media, media che è formata da numerosi punti “particolari”.
Cognitivamente la “media” fa apparire uguali i “particolari” in modo che se la “media” sale di un punto, siamo ritenuti a credere che anche tutti i “particolari”incrementino di un punto.
Lasciamo perdere il fatto che le immagini sono usate in maniera scientifica per esaltare il contenuto del titolo o per suscitare emozioni utili a scopi politici, ma utilizzare lo stesso argomento della media per confutare una dichiarazione “puntuale” non dimostra niente.
Difatti si riporta il grafico dell’innevamento “medio” dell’emisfero nord (io preferisco questo https://www.star.nesdis.noaa.gov/smcd/emb/snow/HTML/snow_extent_plots.html , purroppo non è interattivo e non si può vedere il progresso annuale ).
Di certo l’aumento medio non ha interessato contemporaneamente tutti i “particolari” impianti sciistici, ci sarà di sicuro qualcuno con accumulo maggiore e qualcuno con accumulo migliore.
L’innevamento è come una goccia d’olio in movimento che a parità di volume cambia la sua impronta superficiale, in questi movimenti qualche punto sarà sempre entro la proiezione della macchia, qualche altro no.
Gli impianti sciisciti dell’appennino meridionale lavorano solo poche settimane all’anno, rispetto ai mesi interi degli anni ’80, ad esempio ricordo che al posto delle manifestazioni per la pace si andava a sciare, da dicembre a fine febbraio.
Il grafico, riporta l’estensione, ma non il volume e questo è importante: a parità di volume, un’estensione maggiore significa spessore più basso, che può significare impossibilità a sciare.
Il primo grafico è sempre una media sul totale degli impianti, sarebbe interessante vedere i “particolari” per stabilire se effettivamnete ci sono impianti chiusi ed altri aperti più tempo.
La fallacia dell’argomentazione “globale” è valida tanto per sostenere la teoria AGW che per demolirla: Trilussa aveva visto bene: la media distorce la percezione della realtà, sempre e comunque.
Comunque, impianti chiusi può voler dire anche mancanza di clienti o fallimento del gestore.
Buone Feste nella speranza di vedere almeno un po’ di “pulvino” per Capodanno.
cose che non si sapeva esistessero, come un bel sito web dove sono disponibili le serie storiche
Dati, dati, dati… sempre questi maledetti dati…
Chi ha dati, ha dati
chi ha avuto (neve), ha avuto
scurdammece ‘o past
simme ‘e Napule, paisà
(ma forse sarebbe meglio ricordare bene il passato)