In un recente post apparso su CM ho parlato dell’ondata di caldo in atto sull’Australia nel dicembre 2019, individuandone la causa sinottica in una grande cupola anticiclonica che insiste sul continente australiano da inizio mese. In genere nei grandi anticicloni dinamici la massa d’aria è animata da un moto discendente (catabatico) che ne determina il riscaldamento per compressione. Questo si associa al rilevante soleggiamento e all’avvezione di masse d’aria torride dall’area subtropicale, dando luogo a temperature sensibilmente superiori alla norma. Nello stesso post abbiamo visto che vi sono segnali di aumento dell’intensità e frequenza delle ondate di caldo sul’Australia, il che ci spinge a indagare le cause circolatorie di tale trend.
Al riguardo è utile segnalare un articolo scientifico di Pezza et al. (2007) uscito sull’International Journal of Climatology il quale evidenzia che la robustezza degli anticicloni nell’emisfero meridionale presenta un andamento ciclico legato alla Pacific Decadal Oscillation (PDO), indice teleconnettivo entrato in fase positiva nel 1977 (figura 1), il che si traduce secondo gli autori in anticicloni sull’emisfero meridionale in minor numero ma più robusti e dunque in grado di garantire temperature al suolo più elevate. Dalla figura 1 si nota anche che le ciclicità di PDO sono associate alle ciclicità presenti in ENSO. Tale legame è di tipo energetico, nel senso che ENSO è fra i fenomeni climatici ciclici più potenti perché cede enormi quantità di energia all’atmosfera in forma di vapore. Tale energia viene fatta salire a quote molto elevate dai cumulonembi tipici della zona a superficie oceanica più calda (pacifico equatoriale orientale) e di qui sfruttando la Cella di Hadley si propaga verso nord e verso Sud raggiungendo poi le latitudini medio-alte.
Da rilevare anche il cambiamento di fase del Southern Annular Mode (SAM), analogo della North Atlantic Oscillation (NAO), che a sua volta descrive l’intensità delle westerlies nell’emisfero meridionale (figura 2). SAM è passato in fase positiva dai primi anni 90, il che indica una maggiore disponibilità di energia per gli anticicloni.
Una conferma di tali considerazioni ci viene da un recentissimo articolo di Acacia Pepler et al. (2019) uscito sulla rivista Climate dynamics, che pone in evidenza i legami con ENSO e SAM, evidenziando che i dati di rianalisi per gli anticicloni a livello globale indicano trend positivi più rilevanti per gli anticicloni dell’emisfero australe, con aumenti della frequenza molto forti (+ 65% nell’estate australe, +50% nell’inverno australe) a latitudini comprese fra 30 e 40° Sud e diminuzioni per le latitudini adiacenti in ambedue i semestri considerati (figura 3), in parte attribuibili all’intensificazione di SAM nel periodo novembre-aprile. Per inciso si noti che l’emisfero Nord e le rimanenti latitudini dell’emisfero Sud manifestano variazioni assai più contenute.
Ma cosa c’entra in tutto ciò l’AGW? Al riguardo mi sento di dire due cose:
- PDO, SAM e ENSO sono fenomeni naturali soggetti a una caratteristica ciclicità e pertanto sono destinati prima o poi a passare in fase negativa, al che dovrebbe conseguire un nuovo indebolimento degli anticicloni.
- Non si può escludere che il brusco cambiamento di fase di PDO (1977) e SAM (1994) sia stato forzato dal forcing antropico anche se l’esatto meccanismo ancora ci sfugge tant’è vero che i GCM (Modelli di Circolazione Globale) non sono a tutt’oggi in grado di descrivere tali ciclicità.
Bibliografia
- Pepler A. et al., 2019. A global climatology of surface anticyclones – their variability – associated drivers and long-term trends, Climate dynamics, 52:5397–5412.
- Pezza et al 2007 Southern Hemisphere cyclones and anticyclones – Recent trends and links with decadal variability in the Pacific Ocean, International Journal of Climatology, 27: 1403–1419
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