Alcune riflessioni sulla Figura 11.25 di IPCC AR5, di Luigi Mariani e Franco Zavatti
La figura 11.25a del report IPCC AR5 (WG1) riportata sotto come figura 1, è davvero di una pregnanza unica. Il report non indica chi ne sia l’autore, ma leggendo negli Acknowledgements in fondo al capitolo si trova una frase che restringe l’indagine a due persone: “The authors thank Ed Hawkins (U.Reading, UK) for his work on key sinthesis figures and Jan Sedlacek (ETH, Switzerland) for his outstanding work on the production of numerous figures“.
Più nello specifico, la figura 11.25 mostra l’andamento delle temperature globali dal 1986 al 2050, espresse come anomalia, rispetto alla media delle temperature globali misurate, per il periodo 1986-2005 (dati tratti da 4 dataset osservativi globali fra cui HadCrut4) per i seguenti casi:
- 41 run “storiche” e cioè riferite al periodo 1986-2005 (linee grigie).
- 137 run previsionali con modelli AOGCM riportate con colori diversi a seconda dello scenario emissivo considerato, da quello con meno CO2 (RCP 2.6) a quello con più CO2 (RCP 8.5).
- Andamenti termici globali dei 4 dataset osservativi per il periodo 1986-2012 (linea spessa nera) e cioè HadCrut4 (Hadley Center/Climate Research Unit gridded surface temperature data set, Morice et al., 2012); la Interim reanalysis delle temperature globali dell’aria in superfice (ERA-Interim) dello European Centre for Medium Range Weather Forescast (ECMWF), Simmons et al, 2010; il dataset GISTEMP (goddard Institute of Space Studies Surface Temperature Analysis), Hansen et al., 2010 e infine l’analisi dalla NOAA, Smith et al., 2008.
Non siamo gli unici ad aver riflettuto su questa figura, come potete vedere nell’articolo “Comparing CMIP5 & observations” pubblicato su Climate-lab e dove si aggiungono alla figura gli andamenti termici osservati per il periodo 2013-2019. Nella discussione che segue il post interviene anche il succitato Ed Hawkins offrendo alcune utili precisazioni e fornendo altresì per il periodo 2005-2050 i valori delle linee del 5 e 95% riferite alle run dei 137 modelli. Anche in base a questi dati abbiamo prodotto l’immagine di figura 2 che riporta i tratti essenziali della figura 11.25a., gli inviluppi superiore e inferiore degli oltre 100 modelli riportati, e lo abbiamo confrontato, in figura 2, con la temperatura globale HadCrut4 (d’ora in poi HC4).
Da questa figura appare che
- l’inviluppo superiore rappresenta con difficoltà i dati reali (e vediamo in figura 1 come essi vengano rappresentati dalle singole run dei modelli) e che questi si collocano costantemente nello spazio compreso fra linea di inviluppo inferiore (linea rossa più bassa) e mediana (linea grigia centrale)
- la linea di inviluppo inferiore descrive in modo efficace la pausa tra il 2001 e il 2013, il periodo di mancata crescita delle temperature globali i cui limiti temporali sono definiti dai due forti El Nino del 1997-98 e del 2015-16 (eventi che come noto i modelli GCM non sono in grado di descrivere per mancanza di basi teoriche). Questa ci sembra un’informazione nuova: i modelli non sono in grado di descrivere la pausa tra il 2001 e il 2013 ma il loro inviluppo inferiore sì. Come mai?
Se proviamo a scalare verso il basso HC4 di 0.2°C otteniano la figura 3 che mostra in maggiore dettaglio come l’inviluppo inferiore ricostruisca la pausa.
Fatta questa constatazione, è necessario capire se gli inviluppi hanno un senso e se la loro esistenza può essere associata a qualcosa di fisico, di reale. Gli inviluppi sono i valori estremi, massimo e minimo, della figura 1 indipendentemente dal modello che ha generato gli estremi.
Il valore minimo di ogni modello dipende dall’RCP, dal modo di trattare aspetti specifici e meno noti della macchina climatica e dal set di parametri iniziali (da ricordare un esperimento condotto da NCAR/UCAR e descritto in https://judithcurry.com/2016/10/05/lorenz-validated/, dove 30 modifiche inferiori ad un trilionesimo di grado nella temperatura atmosferica globale hannno prodotto, nei modelli, 30 risultati molto diversi tra loro).
Per tentare un confronto tra le osservazioni e i singoli modelli, proponiamo i modelli, ottenibili da KNMI, BNU-ESM e CSSM4 per gli RCP 8.5 e 2.6, confrontati con HC4, …
…oppure il modello ACCESS 1.3 con RCP 4.5, confrontato sempre con HC4 solo nel periodo delle osservazioni.
Come si vede chiaramente, il confronto con le osservazioni non fa certo ben sperare per la qualità delle previsioni. Anche il modello di figura 5, che complessivamente sembra compatibile con i dati iniziali, mostra importanti differenze e, dal 2000, l’inizio della divergenza già evidente in altri modelli, e l’abituale mancanza della pausa.
Al contrario, l’inviluppo inferiore (figura 3) rappresenta bene i dati osservati; ma l’insieme dei parametri, della gestione delle situazioni specifiche, degli RCP come può gestire e giustificare l’inviluppo? Intanto notiamo che se è vero che i minimi di ogni modello dipendono da vari fattori, difficilmente questi valori derivano dagli RCP più elevati (questa situazione è teoricamente possibile, ma in un numero molto piccolo di casi, tale da non modificare sostanzialmente l’aspetto dell’inviluppo). Allora, la migliore ricostruzione dei dati osservati si ha con i valori più bassi di RCP, e quindi con previsioni al 2100 per nulla catastrofiche (in figura 3 abbiamo i dati fino al 2050, ma nulla lascia pensare ad un improvviso rialzo nei restanti 50 anni).
Per verificare il comportamento dei modelli su tutta l’estensione di HC4 abbiamo calcolato il minimo dei 4 modelli scaricati da KNMI (ACCESS1.3, BNU-ESM, CSSM4 e INMCM4) e lo abbiamo confrontato con gli inviluppi di figura 1 e con HC4 (ove necessario, le serie sono spostate arbitrariamente per ottenere la migliore sovrapposizione). Il risultato è mostrato in figura 6, dove si vede che ancora l’insieme dei valori più bassi dei modelli e l’inviluppo inferiore descrivono i dati in modo ragionevole.
Conclusioni
I modelli sembrano rappresentare al meglio i dati osservati dal 1986 al 2018 quando si utilizza il loro inviluppo inferiore, anche se non è chiaro il significato di tale inviluppo.
L’inviluppo inferiore, esempio unico tra tutti i casi che abbiamo potuto verificare, ricostruisce anche la pausa, cioè la stasi della temperatura globale tra il 2001-02 e il 2013 (prima che El Nino 2015-16 potesse prendere il sopravvento).
Non siamo in grado di fornire una spiegazione del perché l’inviluppo inferiore fornisca la migliore rappresentazione delle osservazioni. Offriamo questo aspetto dell’analisi del clima come contributo ad eventuali, ulteriori discussioni.
I dati di questo post sono disponibili nel sito di supporto. |
manco a farlo apposta, su notsickszone un articolo dello stesso argomento, relativo alla conferenza climatica di Monaco https://hintermbusch.wordpress.com/2019/12/01/climate-conference-munich-2019/
E’ assodato che nessun modello potrà mai prevedere alla sesta cifra decimale che tempo ( o clima) farà in futuro per causa del caos deterministico.
I modelli, come l’AGW, possono solo rispondere alla domanda: qual’è la probabilità che si verifichi questo scenario?
Uno dei 100 e più scenari ha una probabilità più alta, ciò era quanto intendevo dire nel commento precedente. Già che (più o meno) la previsione rispetta l’andamento reale (anche se i valori non corrispondono), per i modellisti è già un ottimo risultato per un fenomeno caotico.
Noi, contestiamo l’AGW, ma vi è un modello alternativo? Pare di no, o almeno non cos’ strutturati ed organizzati come per l’AGW.
Nell’articolo citato, metto in risalto questa immagine, in cui risulta il confronto tra AGW e altro modello (Scafetta).
neanche il modello di Scafetta (credo che sia molto focalizzato sul Sole) rispecchia la realtà.
Si dice che la verità sia nel mezzo, ed in effetti le ossrevazioni stanno a cavallo dei due modelli.
Pare che all’AGW manchi un po’ di forzante solare ed a Scafetta un po’ di variante ‘carbonica’ (non sarà il 95% come affermano all’IPCC, ma anche un 10% fa la differenza).
Questo clima tribale creato ad arte della religione ambientalista ha fatto in modo che ognuno rimanesse arroccato sulle sue posizioni di sostegno all’una o all’altra teoria, a tutto discapito della scienza.
Le previsioni esatte sono fuori dalla portata umana, possiamo solo descrivere il clima sommariamente attraverso dei modelli probabilistici.
La domanda a cui risponde la climatologia dovrebbe essere: visto che esistono da sempre i cambiamenti climatici, cosa conviene fare: puntare sulla stabilizzazione o attrezzarsi per adattarsi?
Immagine allegata
Non ho potuto leggere l’articolo segnalato da Diego nel suo commento in quanto a pagamento. Ho potuto guardare, però, una figura tratta dall’articolo e riportata in un commento su Realclimate a firma di G. Schmidt (coautore dell’articolo segnalato da Diego).
http://www.realclimate.org/index.php/archives/2019/12/how-good-have-climate-models-been-at-truly-predicting-the-future/
.
Non nascondo qualche perplessità.
La prima riguarda le grandezze confrontate. Nel caso delle temperature superficiali medie globali (GMST) sembrerebbe che il confronto sia stato effettuato tra la tendenza decennale osservata e quella prevista. Le temperature non sono aumentate, però, in modo lineare, per cui il confronto nulla ci dice circa le oscillazioni delle temperature a livello decennale.
Qualcuno mi obietterà che il dato importante è quello finale, ma a me piacerebbe vedere come se la sono cavata i modelli nel simulare le variazioni su periodi più corti.
.
L’altro aspetto che mi incuriosisce è quello dei dati osservati. Essendo dati osservati, dovrebbero essere tutti uguali. Nella figura invece i dati osservati cambiano a seconda del modello che si prende in considerazione. La differenza non è eccezionale: circa 5 centesimi di grado per decennio tra il valore massimo e quello minimo, ma perché le temperature “osservate” non sono le stesse per tutti i modelli presi in considerazione?
.
Un’altra perplessità riguarda una considerazione di Schmidt: i risultati dei modelli sono stati corretti relativamente a piccoli errori legati alle forzature. L’ultima volta che egli parlò di piccoli errori, con riferimento ai risultati di un articolo scientifico, quell’articolo fu ritirato. Si trattava dell’articolo sul contenuto di calore degli oceani, di cui abbiamo parlato più volte su CM.
.
Non avendo letto l’articolo integralmente, posso prendere delle cantonate, ma mi è parso di capire che i modelli non sono stati fatti girare con le attuali concentrazioni di CO2, ma con quelle prevedibili qualche decennio fa. Cosa sarebbe successo se essi fossero stati fatti girare con le effettive concentrazioni di diossido di carbonio?
.
Il commento di Schmidt si chiude con una considerazione bifronte: mentre non siamo in grado di stabilire con certezza le temperature future, a causa delle incertezze sulla sensibilità climatica, possiamo essere certi che i modelli del passato hanno predetto bene le temperature superficiali attuali.
Non avendo studiato l’articolo non posso esprimere un giudizio definitivo sulla seconda parte della considerazione, ma alla luce di quanto mi è parso di capire, ho qualche dubbio.
Ciao, Donato.
Segnalo questo articolo, uscito pochi giorni fa sulle Geophysical Research Letter
https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1029/2019GL085378
Sintesi: “We found that 14 of 17 the climate projections released between 1970 and 2001 effectively matched observations after they were published”
Grazie per il link. L’articolo è a pagamento ma cercherò di procurarmi il testo completo.
Sottolineo però che nessuno dei modelli che ho visto ricostruisce la pausa 2001-2013, anche dopo che le temperature globali sono state pubblicate, mentre l’inviluppo inferiore lo fa (e quello superiore no). Franco
Ma se la media osservata continuasse a rimanere all’interno del range mostrato, vorrà dire che uno di quelle centinaia di scenari immaginati dai ricercatori sarà quello che più si avvicina alla realtà.
La linea delle temperature reali potrebbe seguire una di quelle linee rosso-arancio corrispondenti a RPC 6 e 8.5 (non si riescono a distinguere bene)
Se fossi un “modellista” (non colui che fa gli abiti ), inizierei ad eliminare tutti quegli scenari che si sono discostati parecchio e restringerei lo studio su quelli che si sono avvicinati.
L’incipit del capitolo sulle previsioni e sulla prevedibilità dell’IPCC da cui è tratta quella figura è:”The nonlinear and chaotic nature of the climate system imposes natu-ral limits on the extent to which skilful predictions of climate statistics may be made. ” (cap 11, p 955 https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/02/WG1AR5_all_final.pdf )
In buona sostanza, gli scienziati veri sanno che la previsione non sarà mai precisa e cercano di trovare un modello che simuli la realtà.
Può essere che aggiungano altre righe al programma considerando anche altri parametri da nuove ricerche (come le nuvole).
Il problema, sono quei quattro cialtroni che hanno in mano il quinto potere: la comunicazione. Politica ed economia (da sempre a braccetto) fanno il resto giocando a chi riesce a gestire l’informazione.
Sono questi personaggi a incutere quel terrore catastrofista e tra costoro vi sono anche alcuni scienziati che inquinano la scienza con il veleno della religione ambientalista.
Questi fasulli green new deal non è la scienza e richiederli (anzi, molti già sostengono che le politiche verdi non potranno essere adeguate e anzi, a volte, peggiorative), ma la religione ambientalista intrisa di sensi di colpa e buone azioni.
Ma se la media osservata continuasse a rimanere all’interno del range mostrato, vorrà dire che uno di quelle centinaia di scenari immaginati dai ricercatori sarà quello che più si avvicina alla realtà.
Credo che l’aspetto importante non sia tanto quello della più o meno buona ricostruzione generica, quanto il fatto che SOLO l’inviluppo inferiore ricostruisce la pausa e il chiedersi perché lo possa fare.
La ricostruzione “quadratica media” deve essere immaginata, visto il tuning dei parametri: se non funzionasse neanche quella, e magari aggiungendo uno shift, saremmo proprio messi molto male.
Concordo pienamente sul fatto che il problema non sono gli scienziati: i modelli sono quanto di più complesso la scienza climatica è in grado di produrre oggi ed è difficile non commettere errori, errori che possono essere analizzati e anche superati con una discussione aperta.
Il problema sono i politici e le loro “truppe d’assalto”, totalmente impermeabili alla discussione. Franco
Ne emerge un fatto chiaro: le osservazioni sono sbagliate…..:)
Esatto, perché se non “osservano” quello che vuoi non possono essere altro che sbagliate!
Si chiama serietà scientifica -:)
Franco
In queste poche righe c’e’ tutta la differenza tra il catastrofismo da baraccone e un approccio scientifico alla materia. Tra l’allarmismo con cui tanti sbarcano il lunario e il piacere di studiare per comprendere un sistema terribilmente complesso come il clima del pianeta che abitiamo. Tra la ricerca spasmodica di pretesti per “cambiare il mondo” (e farci ricchi profitti) e la Ricerca in quanto tale. Tra un gretino e uno studioso.
Caro Massimo,
grazie per i complimenti. Ma non nominare i gretini: sia perché gli scienziati avranno sempre la peggio contro di loro (la logica funziona male contro il fanatismo disinformato), sia perché un qualche bipede dell’aia potrebbe accusarti di volgare attacco sessista contro qualcuno (qualcuna) e questa sarebbe una macchia sul tuo curriculum dalla quale potresti non risollevarti mai più. \sarc. Franco
Splendido articolo. Da leggere tutto d’un fiato!
Ancora una volta si dimostra che i modelli sopravvalutano il riscaldamento globale e la sua evoluzione futura.
Per quel che riguarda la questione dell’inviluppo inferiore io azzardo una spiegazione. Esso è molto vicino agli output dei modelli che sono caratterizzati da una minore sensibilità alla CO2. Questo potrebbe significare che la sensibilità climatica all’equilibrio e quella transitoria sono un po’ più basse di quanto ci vogliano far credere.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
quella di una minore sensibilità alla CO2 oppure con un contenuto inferiore di CO2, è un concetto che ho chiaro in testa, ma non si può dire, perché le possibili concause sono molte e affermazioni mirate su una singola causa possono facilmente essere contestate. Secondo me l’importanza di questo articolo è quella di aver notato che l’inviluppo inferiore ricostruisce i dati osservati come nessun modello e nessuna run è in grado di fare (escluso ENSO naturalmente) e di essersi chiesto il perché, anche senza avere una risposta.
Mi scuso per il ritardo nella risposta ma, anche se ormai dovrei saperlo, con due autori i commenti non arrivano a nessuno dei due e io continuo a dimenticarlo. Ciao. Franco