Questa rubrica è a cura di Andrea Beretta
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A rischio di essere accusati di favoritismi, attingiamo nuovamente al Fatto Quotidiano, ed alla sua sempre prolifica rubrica “Ambiente e Veleni”. Avevamo già evidenziato come dalle parti del Fatto le Olimpiadi proprio non le hanno digerite. Secondo loro sarebbe addirittura meglio rinunciare da subito perché nel febbraio 2026 di neve, stante il trend degli ultimi anni, non ce ne sarà. Non dobbiamo tuttavia illuderci che le copiose nevicate di questo novembre, che permetteranno a numerose località sciistiche di aprire in anticipo, facciano cambiare la linea editoriale.
Anzi. Leggendo questo pezzo, si intuisce invece come la neve scesa in questi giorni sia addirittura “dispettosa” forse perché contraddice la narrativa. Si passa, infatti, da una malcelata stizza per le condizioni attuali che vedono imbiancato tutto l’arco alpino dai 1200 m in su, ad un masochistico compiacimento per le impennate di temperature previste dai soliti “infallibili” modelli che impedirà lo sci al di sotto dei 2100 m entro il 2030 (praticamente domani). Ma in fondo, per i profeti della decrescita (in)felice, la cosa più inaccettabile è che qualcuno faccia profitto con la neve “ […] gli scenari sono chiacchiere rispetto agli affari. E perciò dappertutto sull’arco alpino impazzano grandi lavori per ampliare la rete degli impianti di risalita”.
Eh già, pare proprio strano per il Fatto Quotidiano che un imprenditore pretenda di investire e fare per giunta profitti. O forse, vale solo l’equazione imprenditore = evasore (= manette). Eppure la domanda nasce spontanea: ma se un imprenditore, il cui scopo è quello di generare profitto per definizione semantica del termine, credesse in questi scenari climatici apocalittici, davvero investirebbe tanto in imprese così temerarie? Non sarà invece che gli imprenditori per primi hanno capito che le profezie di liquefazione delle Alpi sono solo frescacce buone a riempire i soliti giornali e nient’altro?
Venusiani supersonici
Ma cambiamo argomento e saliamo, se possibile, di livello, pur restando in casa della solita testata: questa volta, per accedere all’articolo intitolato “Venere era simile alla Terra. Il clima di un pianeta cambia: per questo dobbiamo attrezzarci”, dobbiamo entrare nientemeno che nella sezione “ Scienza”.
Le prima frase del pezzo riesce a incuriosire: “ci sono notizie che, per quanto interessanti, è opportuno lasciare decantare per evitare che qualsiasi cosa si dica venga fraintesa, perché il tempo è sbagliato”. Toni da Oracolo di Delfi, o da Mago Otelma, se si preferisce. Le righe successive svelano l’arcano, ovvero che”Venere in un tempo passato, lontano ma reale, possa avere avuto atmosfera, clima e meteorologia molto simile a quella della Terra di oggi”.
Interessante, è interessante…Passato, reale e ipotetico si abbracciano in una frase che vuol dire tutto e niente. Fatto sta, ci si chiede perché sia così necessario far “decantare” uno scoop del genere. Forse ad aver bisogno di un decanter è la seguente successiva rivelazione, ovvero che su Venere soffierebbero zefiri supersonici: “anidride carbonica e nuvole di acido solforico spinte da venti che le fanno viaggiare alla velocità media di 3760 chilometri all’ora”. Per fortuna basta una piccola ricerca su internet per capire che il giornale si è fatto scappare uno zero di troppo. Poco importa. Del resto, si sa, i numeri quando non tornano, si interpretano. Un po’ come le previsioni sgangherate dei modelli dell’IPCC. E uno zero, non conta niente, se si deve salvare il Mondo.
Ovviamente il pezzo attribuisce con certezza assoluta alla CO2 la colpa della trasformazione di Venere da Paradiso Terrestre dove scorrevano fiumi di latte e miele, all’inferno spazzato da venti supersonici (!) che è oggi. Di più: il motivo per cui questa scoperta, come detto nell’introduzione, doveva essere fatta decantare è presto detto: “Perché non parlarne prima? Perché pochi avrebbero ascoltato e molti avrebbero usato l’informazione a proprio vantaggio. Erano i giorni di Greta Thunberg che parla alle Nazioni Unite, di Donald Trump che twitteggia, garrulo, pallido e assorto, le sue sciocchezze; dello scontro senza dialogo fra negazionisti e fondamentalisti del cambiamento climatico. Chissà se 750 milioni di anni fa è accaduto lo stesso su Venere”
In sostanza, ora che c’è Greta il suo esercito di sciopera(n)ti, siamo finalmente pronti, dopo 100 mila anni di negazionismo, ad accettare la rivelazione finemondista: la Terra diventerà come Venere, punto. Perché a nulla vale, al cospetto del gretinismo imperante, l’esistenza di una vasta letteratura scientifica che sminuisce il ruolo della CO2 attribuendo la causa principale del riscaldamento di Venere alla pressione: ovvero la “teoria adiabatica” dell’effetto serra.
Polvere di balle
Accettato tuttavia il postulato del clima che cambia “perché adesso abbiamo Greta e quindi siamo pronti”, cambiamo con esso anche testata. Nei giorni immediatamente successivi all’eccezionale alta marea di Venezia, Repubblica s’è scatenata e ha titolato, il 19 novembre: ”Clima, così le catastrofi sono diventate normali. Le polveri sottili ‘rubano’ sei mesi di vita ai nostri nipoti”. Cosa c’entrino le polveri sottili col cambiamento climatico, è presto detto: “non è il riscaldamento globale a generarle, ma il cambiamento climatico le rende più letali, perché i loro effetti sull’organismo sono più frequenti e più incisivi quando l’aria è secca, calda, ferma, come accade quando l’atmosfera si riscalda”
Cosa colleghi il tenore di umidità con la temperatura dell’aria e l’assenza di vento, lo sanno solo nella redazione di Repubblica. Sommessamente ricordo solo che le difese immunitarie dell’organismo si abbassano in corrispondenza di cicli freddi: basti pensare alle influenze, raffreddori e perfino alle pestilenze medievali. L’articolo in sé riprende un leit motiv tipico del Mainstream, il pessimismo apocalittico dei tanti San Giovanni laici di oggi, che ci ricordano come, per causa nostra, tutto vada sempre peggio, e la fine sia vicina (se non compriamo la Tesla).
Eppure, basterebbe solo cambiare paradigma e guardare al bicchiere mezzo pieno: quanti anni di vita abbiamo regalato ai nostri nipoti in Europa grazie alla drastica diminuzione delle polveri sottili degli ultimi 30 anni? Grazie al progresso scientifico, e allo sviluppo di tecnologie sempre più efficienti per i motori a combustione interna? Domande che resteranno ovviamente inevase, giacché approfondire certe questioni non giova alla narrativa, e agli interessi economici che la sostengono.
L’appuntamento è alla prossima puntata di questa rubrica. Con la certezza che i soliti giornali non ci deluderanno.
@ Donato: in effetti, mi sembra che ci stia. Del resto la rubrica si chiama “il meglio del peggio”. Credo che l’incipit appartenga alla categoria “meglio”.
@ Giovanni: purtroppo il “fatto” mi sta mettendo in seria difficoltà sul lavoro…per star dietro ai suoi articoli mi servirebbero 12 h al giorno, e visto che di giorno lavoro, non ho tutto quel tempo. Oltretutto per par condicio devo “premiare” anche gli sforzi degli altri, non vorrei si offendessero, dopo tutti gli sforzi che fanno.
@ Andrea. Il mio intento era solo quello di ofrire un complemento di informazione visto che sono cosciente delle difficoltà nel seguire una panoplia di giornali che ogni giorno ne sfornano a iosa su lla catastrofe climatica. … una vera imprsa titanica.
COmunque una domanda retorica e generica cosi tanto per…
visto che ormai la schiera di catastrofisti annunciatori della fine del mondo ce li ha frullati senza interruzione da tempo immemore dicendo che siamo sempre piu vicini al baratro, che bisogna agire adesso omai piu, che é la nostra ultima occasione……. ma allora quan’é che finalmente sarà TROPPO TARDI per fare qualsiasi cosa e non ci resta che accettare rassegnai il nostro destino climatico? Lo dico perché saranno 20 anni che é troppo tardi, quando lo sarà veramente?
un piccolo aggiornamento su quello che si puo’ trovare oggi 4 dicembre sul fatto quotidiano, la cornucopia italiana della disinformazione climatica.
Vista la quantità di articoli catastrofisti si potrebbe chiamare il misfatto climatico quotidiano
Elisabetta Ambrosi
La stampa mostra la sua faccia peggiore sul clima. Ma nessuno gliene chiede conto
Ugo Bardi
La Groenlandia non è mai stata una terra verde. E i Vichinghi non viaggiavano in Suv
Andrea Lupi e Pierluigi Morena
Al via la Conferenza di Madrid. Ma sul clima anche la Spagna è in difficoltà
Clima, Italia 6° posto per numero di vittime per eventi meteo. A rischio obiettivi Ue del 2030. Ecco come possiamo fare a meno del carbone
COP25 – il Papa ai partecipanti: “Intervento sul cambiamento climatico troppo debole. Serve volontà politica”
COP25 – Al via Conferenza mondiale di Madrid. Obiettivo: implementare i piani sulle emissioni (che sono già insufficienti)
Antonio Lumicisi
Clima, l’Italia ha scelto di puntare sul gas. Con buona pace di tutti
“Venere in un tempo passato, lontano ma reale, possa avere avuto atmosfera, clima e meteorologia molto simile a quella della Terra di oggi.”
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Caro Andrea, sembra l’incipit di “Star Wars”, o mi sbaglio?
Ciao, Donato.
Caro Mauro
lei ha esattamente centrato il punto. Oggi la cosa più importante sembra sia eliminare la CO2, considerata appestante molto di più, che so, dei furani.
Solo un commento per quanto riguarda le polveri sottili: non si capisce proprio dove volesse andare a parare la tesi di Repubblica, mentre è indiscutibile la riduzione dei fattori di emissione del PM2.5 sottolineata da Andrea Beretta soprattutto per quanto riguarda i motori a combustione interna.
Resta forse da sottolineare come invece lo spauracchio del cambiamento climatico sia proprio l’arma più convincente per invocare da più parti il ritorno a tecnologie molto inquinanti ma cosiddette “CO2 neutrali”, come la combustione di biomasse e in particolare di legna (cui va aggiunto l’appeal di essere fonti rinnovabili).
Ammesso e non concesso il minor impatto negativo delle emissioni da combustione di biomasse sul cambiamento climatico (messo comunque in discussione in diversi studi che evidenziano altri effetti associati come quello del black carbon sul riscaldamento atmosferico), resta invece molto ben dimostrato il loro effetto negativo diretto in termini di danni alla salute (ad esempio: https://erj.ersjournals.com/content/46/6/1577?ctkey=ERJtw186514 )
Qui significativamente si conclude: “Air pollution arising from wood burning has been recognised as a problem for some time in Scandinavian and Alpine countries, especially during the winter period. Across Europe, the Renewable Energy Directive has set a goal to produce 20% of energy from renewable sources by 2020, increasing wood/biomass combustion for power generation. As mentioned in the Introduction, biomass combustion is expected to become the major source of primary PM emissions over the next 5–15 years. This will compromise efforts to reduce ambient PM concentrations to below the current WHO Air Quality Guidelines. This, in turn, will probably result in large numbers of avoidable, premature deaths across Europe over that time period.”
Stiamo quindi già assistendo a un rimarchevole aumento del contributo della combustione di biomasse alle emissioni di polveri fini (vedi figura 2 dello studio linkato sopra) contributo che viene incentivato dietro l’aspetto rassicurante del ricorso a fonti rinnovabili.
Già oggi il problema del particolato sottile non è più appannaggio del sistema dei trasporti ma è di gran lunga il risultato soprattutto della scelta delle fonti di riscaldamento, cosa che si sente dire molto poco in giro.
Avendo personalmente la ventura di risiedere in un fondovalle alpino largamente caratterizzato dal ricorso alla legna quasi come unica fonte di riscaldamento invernale, ho provato a valutare la qualità dell’aria nell’area dove risiedo attraverso un progetto di automonitoraggio come descritto qui: https://rd-isaac.blogspot.com
Gli effetti stagionali sono piuttosto evidenti, con un peggioramento della qualità dell’aria nei mesi invernali tanto preoccupante quanto poco il problema è percepito dalla popolazione spesso convinta di fare del bene all’ambiente risparmiando.
Concordo.
Il problema è che se vuoi essere in linea con le attuali normative italiane ed europee, l’unico modo per poter far “quadrare” un fabbricato di nuova costruzione, è far ricorso a queste maledette biomasse. L’alternativa sarebbero costosi impianti geotermici a bassa entalpia, pannelli solari un po’ ovunque e via cantando. Il tutto con impiego di spessori di isolanti termici a dir poco mostruosi. E senza agevolazioni fiscali, perché quelle riguardano solo l’esistente, non il nuovo.
Ciò nell’ottica di scoraggiare ogni nuovo intervento edilizio, considerato pestilenziale alla stregua delle emissioni di CO2.
Poi ci si lamenta della crisi, del fatto che non cresciamo, dei cervelli (e dei giovani, aggiungo io) in fuga, della desertificazione demografica delle aree interne, soprattutto al meridione dell’Italia e di altre amenità del genere.
E’ il pedaggio da pagare alle strampalate politiche “anticlimalteranti” dell’EU. E’, però, solo l’inizio. Ne vedremo delle belle nel prossimo futuro, in proposito: se il buon giorno si vede dal mattino….. (buon giorno, si fa per dire, ovviamente 🙂 )!
Ciao, Donato.
Servizio di oggi al TG4:
Un’ostetrica inglese, impegnata in una manifestazione di piazza assicura, che gli effetti dei Cambiamenti climatici sono già evidenti nei neonati! Non ha precisato però di che cosa si tratti esattamente…
Venere in un tempo passato, lontano ma reale, possa avere avuto atmosfera, clima e meteorologia molto simile a quella della Terra di oggi.
Infatti pare che pullulassero anche i cazzari, in modo molto simile alla Terra di oggi.