Il nostro sole è la cosa più visibile e familiare a tutti gli abitanti del nostro pianeta, ma al di la della sua grande visibilità cela a noi gran parte dei meccanismi che ne regolano la sua propria attività . Una prova ne è la grande incertezza riguardante la previsione riguardante il ciclo solare 24, la prima delle quali è pubblicata il 20 aprile del 2007, e che lascia presagire un ennesimo ciclo caratterizzato da una spiccata attività della nostra stella.
Nella figura è rappresentato la media mensile di macchie solari osservate fino al marzo 2007; la linea nera evidenzia il conteggio medio mensile, la linea blu è la media mobile per rendere il trend più evidente. Le linee rosse evidenziano la previsione sempre con riferimento alla media mobile.
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Dico un ennesimo ciclo, perché a partire dal ciclo 19, l’attività geomagnetica, il numero di macchie solari, il numero e la tipologia dei brillamenti (solar flare) e delle eruzioni solari (CME, Coronal Mass Ejection) hanno evidenziato un’attività solare più che vivace, in modo particolare se la cosa è paragonata ai secoli antecedenti al nostro. E qui cominciano i nostri problemi. Le osservazioni precedenti al 1900 non sono così standardizzate e se torniamo indietro fino al XV secolo la loro completa affidabilità è quanto meno da verificare, cosa possibile solo in maniera indiretta. Tre sono comunque i punti fermi: tra 1645 e il 1715 e dal 1790 e il 1830 abbiamo attraversato una fase con poche macchie solari e una netta diminuzione della frequenza delle aurore boreali e dalla metà del secolo scorso fino agli anni 2000, abbiamo vissuto un’attività solare decisamente intensa.
Non starò qui a fare la storia dei minimi di Dalton & C., la rete ne è piena e inoltre ho prima accennato a problemi riguardanti i paragoni tra epoche che sfruttavano tecnologie diverse quali sono le nostre rispetto al 1600. Infatti, i nostri metodi osservativi sono molto più standardizzati e possiamo contare su misurazioni nemmeno pensabili fino a cento anni fa, come ad esempio, la misura della velocità pressione e deviazione magnetica del vento solare oppure la valutazione del flusso solare sulla lunghezza d’onda dei 10,7 cm o ancora il flusso in banda X che ogni minuto viene oggi puntualmente registrato.
In questo mio primo articolo vorrei soffermarmi sugli ultimi 50 anni di attività solare e su alcuni indici che possiamo ricavare dalle osservazioni ad esempio delle macchie solari. A questo scopo vi invito a prendere visione di questo testo. Si tratta del rapporto settimanale della NOAA sull’attività solare, a pagina 12 troverete il confronto dei brillamenti dal ciclo 20 al ciclo 23. Da questi grafici si può desumere che nella seconda metà del secolo scorso l’attività solare è stata molto intensa se paragonata all’attività dei primi anni del 2000, quando il numero dei brillamenti osservati è stato notevolmente inferiore rispetto agli anni precedenti. Il trend è ben visibile anche senza grandi elaborazioni statistiche.
Certo si potrebbe obiettare che i brillamenti non rappresentano di per se un indice dell’attività solare ma sappiamo bene che i brillamenti ottici originano dalle macchie solari che sono un buon indice dell’attività della nostra stella. La diminuzione dell’attività solare appare evidente. Come mai allora una previsione del ciclo 24 come quella riportata in fig. 1? Forse alla NASA e alla NOAA nessuno si è insospettito nel vedere un così evidente calo del numero dei brillamenti? La risposta alla domanda temo finirà in polemica; certo è che un sole che si comporta in maniera prevedibile, ordinata e costante è una variabile in meno per i modelli climatici, un sole senza cicli pluridecadali che emette un vento solare costante e la cui radiazione è stabile al decimo di watt è senza dubbio quel che ci vuole per eliminare una forzante che potrebbe far diventare poca cosa vulcani aerosol e CO2.
Ma il sole per fortuna non si piega alle necessità della politica e nei fatti sovverte la previsione di aprile 2007.
Ecco quello che è accaduto nella realtà . Questo è lo stato dell’arte a fine settembre 2009 quando si è avuto ciò che appare essere il vero inizio del ciclo 24 con la prima macchia solare degna di nota seguita da una macchia ancor più vasta e attiva negli ultimi giorni del mese di ottobre ’09. Bisogna pero fare alcune precisazioni: il vento solare si mantiene sempre a livelli di pressione e velocità ridotti ai minimi termini; per quanto riguarda la pressione dinamica spesso è inferiore alla sensibilità dello strumento deputato a misurarla; una sola metà del disco solare sembra essere relativamente attiva, o meglio, la quasi totalità delle macchie solari si è presentata sulla stessa faccia del sole ed al magnetogramma si possono notare le aree dove si sono presentate le macchie precedenti molto vicine a dove oggi sorgono le macchie con maggiore attività , mentre l’altra metà dell’astro permane in quiete assoluta.
Infine,  ma cosa non meno importante, le uniche due macchie degne di nota, che sono anche le ultime apparse, si sono manifestate ad una latitudine relativamente bassa per la fase del ciclo in cui ci troviamo, infatti, le macchie solari solitamente iniziano a formarsi ad alte latitudini e più il ciclo si avvicina al proprio termine più le macchie si spostano verso l’equatore solare. Questo tipico comportamento così come l’intensità del ciclo solare sembrano essere fortemente legati all’attività del cosiddetto “grande nastro trasportatoreâ€, un’imponente corrente di plasma all’interno del sole che impiega circa 40 anni per compiere l’intero percorso.
La velocità del nastro trasportatore influenza l’attività solare. A un’alta velocità del nastro trasportatore corrisponde un’attività solare più intensa, ad una bassa velocità un’attività più debole. I cicli di velocità del nastro trasportatore sono pluridecadali e dai dati in nostro possesso possiamo individuare un ciclo composto di circa 30 anni di alta velocità e circa 50 anni di bassa velocità . Misurando lo spostamento dalle alte latitudini all’equatore delle macchie solari misuriamo indirettamente la velocità del nastro trasportatore.
La velocità attuale è di circa 0.75 m/s nell’emisfero nord e 0.35 nell’emisfero sud contro ad una velocità normale di circa 1 m/s. Tutti questi fattori lasciano presagire un ciclo solare di intensità più debole rispetto a quella degli ultimi 40 anni, con una riduzione del numero dei brillamenti e delle eruzioni solari, una minore densità e velocità del vento solare e conseguente aumento dei raggi cosmici in tutta l’eliosfera, quindi anche quelli diretti sul nostro pianeta e la sua atmosfera.
Per quanto riguarda la latitudine delle ultime macchie solari, cè da dire che una oscillazione latitudinale tra le varie macchie è cosa normale anche nelle prime fasi del ciclo solare. Se ci saranno nuovi gruppi a basse latitudini, allora la cosa si farà via via più interessante!;-)
Vero, una certa variabilità di latitudine è normale anche ad inizio di un nuovo ciclo, ma vero è anche che le macchie principali e cioè la 1028 e la 1029 si sono presentate a latitudine abbastanza bassa.
Poco dopo aver redatto l’articolo è comparsa una nuova macchia sul disco solare la 1030 che si è presentata nell’emisfero nord ed ad alta latitudine…peccato che avesse polarità invertita rispetto ad una macchia attesa in questo momento nell’emisfero settentrionale. Una macchia non fa p.e.g. per carità però di episodi non usuali ne stiamo vivendo da quasi 2 anni.
Temo che le conclusioni le trarremo solo tra alcuni mesi, per ora, per fortuna, ne possiamo discutere
[…] […]
http://public.web.cern.ch/public/en/Spotlight/SpotlightCloud-en.html
Appunto Fabio, minimo solare, minima schermatura, massimi raggi cosmici. Vedremo.
gg
I primi risultati, come anche tu hai potuto vedere, sono attesi per la fine del prossimo anno, ci vorrà un pò di pazienza, intanto vediamo se procede l’esperimento su scala globale messo su dalla nostra stella 🙂
Stiamo vivendo tempi molto interessanti.
Sarebbe interessante una reanalisi sulla copertura nuvolosa, ma haimè
-credo- non esista e non dovrebbe essere neanche facilissimo annotarla in percentuale.Però sarebbe davvero molto utile per studiare la correlazione con i raggi cosmici.
Penso che qualche software che analizzi la copertura nuvolosa globale esista già ….che ci dicono i nostri meteorologi?
Per caso mi sono imbattuto in questo articolo di Leggo
http://www.leggonline.it/articolo.php?id=32222
Quella dell’interazione dei raggi cosmici con il clima terrestre è una teoria piuttosto controversa. Il bombardamento di particelle cariche elettricamente provenienti dal cosmo ha la proprietà di ionizzare l’atmosfera, favorendo il processo di nucleazione, ovvero di formazione delle nubi, con particolare riferimento a quelle basse, il cui feedback è negativo, cioè raffreddante. La correlazione tra CR e temperature è stata oggetto di molti studi, alcuni pro, alcuni contro. Al riguardo forse molti aspetti di questa teoria potranno essere chiariti con l’esperimento CLOUD, che dovrebbe tenersi presso il CERN di Ginevra nel corso dei prossimi mesi (http://arxiv.org/abs/0804.1938). Al momento, non è possibile andare molto al di là delle semplici congetture o dell’analisi di fattori di correlazione piuttosto elevati che comunque non sono tramutabili tout court in un rapporto di causa effetto.
gg
Che cosa comporta un aumento dei raggi cosmici?