Lo sappiamo tutti ormai: l’emergenza climatica incombe, l’estinzione di massa è una realtà, l’ambiente si sta disfacendo sotto i nostri occhi. Il disastro è ormai imminente e non c’è tempo da perdere. Concetti ripetuti millemila volte al giorno dai (tele)giornaloni di tutto il mondo, ché “lo dicono gli scienziati”, e quindi dobbiamo crederci per forza.
Oppure no: possiamo scegliere di non berci la minestra propinata dai media e fare di testa nostra, andando a verificare dati alla mano la consistenza reale dei catastrofismi declamati in mondovisione. Lo faremo riferendoci all’Europa, che del catastrofismo ambientalistoide è vittima privilegiata, giacché è proprio sul Vecchio Continente che la furia verde concentra il suo massimo sforzo, trascurando inspiegabilmente proprio le aree del mondo in cui si produce e si inquina di più, e in cui i vincoli ambientali e la tutela dei diritti dei lavoratori sono pressoché inesistenti.
Bando alle ciance, e spazio alle freddezza dei dati (fonte Eurostat / Agenzia Europea dell’Ambiente).
Trasporti e inquinamento
Cominciamo con gli inquinanti emessi da mezzi di trasporto. Le emissioni di Ossidi di Azoto, responsabili di patologie respiratorie, sono crollate dal 1990 ad oggi del 60% (EEA, 1). Quelle degli NMOC, ovvero dei composti organici volatili metano escluso (leggi benzene e derivati, notoriamente cancerogeni) sono precipitati nello stesso periodo del 90%, praticamente azzerandosi (EEA, 2) E le emissioni di particolato, l’ormai familiare PM10? Praticamente dimezzate (EEA, 3). Niente male, se si considera l’attuale campagna furibonda e insensata contro le motorizzazioni diesel il cui progresso tecnologico ha contribuito in modo determinante al raggiungimento dei risultati citati: con l’abbattimento di NOx grazie alle marmitte catalitiche, quello del particolato grazie ai filtri, e la concorrenza alle benzine: prime responsabili delle emissioni di NMOC e delle leucemie che questi portano gentilmente in dote.
Gas serra
D’accordo, l’aria nelle nostre città sarà pure più pulita, ma la mortifera CO2 dove la mettiamo? Cominciamo col dire che opportunamente l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) non la mette tra gli “inquinanti”, bensì nella categoria dei “gas serra”. Ma tornando ai numeri… la EEA ci informa che le emissioni di gas serra nel complesso sono diminuite a livello europeo dal 1990 ad oggi di circa il 23% (EEA, 4). Interessante vero? Segno di una maggiore efficienza dei processi di combustione, dell’utilizzo crescente del gas naturale rispetto a idrocarburi liquidi e solidi, e (ahinoi) della maturità del sistema industriale europeo, che delocalizzando una buona parte delle attività produttive, ha trasferito insieme alle emissioni anche tanti preziosi posti di lavoro. Ne parlavamo già quasi tre anni fa, degli effetti “ambientalisticamente virtuosi” dell’infelice decrescita economica italiana.
Rifiuti & Foreste
E allora i rifiuti che ci stanno seppellendo? La plastica che ci assedia e ci soffoca? Bah, anche in questo caso l’EEA non conferma la narrativa: la produzione di rifiuti è addirittura diminuita rispetto ai primi anni del 2000 (EEA, 5). In compenso, la percentuale di rifiuti riciclati è raddoppiata, portandosi a quasi il 50% di quelli prodotti (EEA, 6). Niente male vero?
Ma allora… Di cosa ci dobbiamo lamentare? Ah si, il disboscamento, le aree verdi che scompaiono impedendoci di combattere l’effetto serra!? Fake news anche questa: la superficie boschiva in Europa è aumentata dal 1990 di quasi 100,000 kmq: all’incirca la superficie dell’intero Portogallo. Con un sentito ringraziamento alla CO2, che le specie vegetali fa notoriamente prosperare.
E allora le estinzioni di massa? La biodiversità? Diciamo che la questione andrebbe per lo meno contestualizzata, visto che con riferimento alle specie avicole (uniche considerate da EEA per il settore in questione), non si riesce a ravvisare un trend negli ultimi 20 anni per quelle boschive, semmai un aumento negli ultimi 10 anni (EEA, 7). E la diminuzione complessiva, seppur lieve, è limitata alle specie che vivono in aree coltivate, a causa della minore diversificazione delle colture.
Fenomeni meteorologici “estremi”
Sarà… Ma resta il fatto che i (tele)giornaloni ci raccontano che l’aumento delle temperature sta comunque facendo disastri e bisogna agire, subito. Anche con provvedimenti dolorosi, ma verdi (leggi: altre tasse). Qualcuno osa dire che si tratta anche in questo caso di una Fake News?
Ebbene si: Fake News anche questa, e bella grossa per giunta. L’Eurostat ci informa infatti della sostanziale assenza di trend nell’andamento delle perdite economiche causate da eventi climatici dal 1980 ad oggi. Anzi, se si considera che l’andamento in questione è calcolato a valori correnti, e quindi neutralizza l’effetto dell’inflazione, l’unica conclusione possibile è che il trend è negativo: ovvero si perdono meno soldi per eventi climatici “estremi” rispetto al passato (EEA, 8).
Quanto alle tasse verdi, non si tratta certo di una invenzione recente, visto che le imposte sull’energia sono aumentate inesorabilmente negli ultimi 20 anni, e sempre con pretesti verdissimi (EEA, 9). Un aumento di gettito mostruoso, pari a quasi il 100%, e al quale beffardamente non ha corrisposto un analogo aumento della spesa pubblica a favore dell’ambiente, rimasta praticamente al palo e addirittura diminuita nel corso degli ultimi anni della serie esaminata (EEA, 10).
Proviamo a riassumere
Aria migliore nelle nostre città, e meno CO2 emessa, a fronte di una esplosione della copertura boschiva. Minore produzione di rifiuti associata ad uno smaltimento più virtuoso degli stessi. Meno catastrofi climatiche, con conseguente risparmio di soldi pubblici. Soldi che tuttavia continuano ad essere drenati in grande quantità sotto la forma di “tasse verdi”, ma che a dispetto degli intenti dichiarati, non vengono spesi per la difesa dell’ambiente.
Altro che catastrofe climatica e ambientale: i dati ci raccontano una storia completamente diversa, ovvero che in Europa non siamo mai stati meglio di oggi. Almeno, limitatamente alle tematiche ambientali (su quelle sociali ed economiche, meglio soprassedere).
Alla luce di questi numeri appare del tutto evidente che le ragioni che sottendono all’isteria climatica e ambientale di questi tempi, nulla hanno a che vedere con la realtà dei fatti. Nulla hanno a che fare con l’ambiente e la qualità dell’aria che respiriamo. Nulla hanno da spartire con l’aumento di “eventi climatici estremi” che si trova solo nelle favole raccontate da modelli climatici ridicoli e bugiardi.
Le vere ragioni di questo martellamento pseudo-ambientalista vanno quindi ricercate altrove.
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PS
Questo piccolo sforzo senza particolari pretese è dedicato a tutti gli studenti italiani ed europei di ogni ordine e grado. Studiare, ragionare con la propria testa, cercare dati e informazioni affidabili, provare ad analizzarli con spirito critico per sfidare la narrativa imperante, è ricetta per la libertà. Una libertà che costa fatica e impegno, e che non sempre ripaga in termini di qualità della vita. Anzi.
Accontentarsi di narrative pre-cotte, inflitte alle masse attraverso il martellamento mediatico, e rimbalzate in aula da insegnanti pigri, impreparati e schierati ideologicamente, equivale a farsi gregge informe, manipolabile e funzionale a ben altre, inconfessabili cause. È ricetta per la schiavitù.
#SaturdayForKnowledge
Ottimo articolo, di quelli che uso per provocare con un po’ di letture domenicali i miei amici e colleghi climacatastrofisti (praticamente tutti…). Un unico appunto sul valore dei danni da eventi estremi: le valutazioni a prezzi correnti NON scontano i valori per l’inflazione. Il trend a prezzi costanti (valori reali) dovrebbe essere calcolato deflazionando i valori correnti con indici opportuni. In ogni caso il deflazionamento non potrebbe portare ad un trend crescente, semmai decrescente.
grazie !
Una sera come tante altre. Davanti a me, un pianoforte. Quindi, uno spartito. Un paio di orette di “studio”e capii di non aver torto, benchè sapessi che la conseguente consapevolezza, non sarebbe servita a nulla. Una soddisfazione personale, tutto qua. Dalla quale ne sarebbe derivata un’eterna tranquillità sensoriale. Eh si, perchè dovete sapere che qualche sera prima, in una sala prove, mi ritrovai solo contro tutto il resto della band, un una diatriba senza fine che doveva decidere se quelle note fossero corrette nella loro esecuzione! La mia preparazione musicale suggerì una soluzione ovvia; la loro indicava una strada completamente fuori tema pur tuttavia spiccia. Per la patria (del gruppo) dovetti cedere alla decisione plebiscitaria dei convenuti, nonchè, miei compagni musicisti. Devo premettere che si trattò di individuare la melodia e l’armonia di un brano (soul) in modo orecchiabile, tramite ascolto. Non fu facile poichè il brano stesso è molto articolato. Tuttavia, una volta a casa, tanta fu la delusione personale di non essere stato preso in cosiderazione per i miei suggerimenti, e tanta era la voglia di dar voce alla mia preparazione (costata tempo, denaro e fatica) che decisi di rintracciare lo spartito originale. Ebbi così modo, tempo più avanti, di far sentire loro l’esecuzione “da spartito” del brano oggetto della precedente diatriba. ..non una parola (orgoglio), non una scusa ( la dignità professionale potrebbe anche non c’entrare). Mi bastò il loro silenzio, davanti a tanto lavoro di ricerca e dedizione, nonchè una testimonianza pura e vergine, per avere, seppur a rate nel tempo, la più umile considerazione (perchè essere umili non vuol dire negare le proprie capacità, sarebbe pura auto-ipocrisia) da parte di coloro che agli inizi non vollero neppure valutare i miei suggerimenti. La morale? Solo con un’accurata ricerca, col presupposto di un’ottima preparazione (che non ha bisogno di alibi), la curiosità (cibo per l’intelletto), e tanta pazienza infinita, direi…. si può ricavare qualche piccola soddisfazione!…piccola ma determinante, nei secoli dei secoli…. Bellissimo articolo Massimo, mi sono emozionato nel leggerlo. E io direi anche, bellissimi tutti i commenti, anche perchè quest’ultimi non appartengono al mondo della casualità. Ale. (-:
Caro Massimo, questo bellissimo articolo completa l’altrettanto bel libro di Hans Rosling “Dieci Ragioni per cui non capiamo il mondo”. Secondo il professore svedese, nell’800 l’aspettativa di vita mondiale era di 30 anni, oggi di 70 (e punte nel Mondo Occidentale di 85), il tasso di povertà è passato dall’80% a meno del 10%, il numero di morti dovuti a calamità naturali (in percentuale) decimato…solo che la popolazione è triplicata…e in Africa molti paesi crescono con tassi di crescita superiori al 5%. Potrei continuare, non lo faccio per questioni di spazio…ma la narrativa che deve favorire tasse, immigrazioni, globalismo e l’ecotalebanismo del tuo articolo è esattamente la stessa. Poi sono gli stessi che taccia(va)no di pessimismo quelli per cui “si stava meglio quando si stava peggio”, e li accusava di guardare a un passato buio e che non ritornerà…evidentemente, e come sempre, il pessimismo va bene solo se sono loro a predicarlo. un po’ come la democrazia, che cessa di essere tale, per loro, nel momento in cui osa dissentire
La ventata di ottimismo che emerge da questo post dell’amico M. Lupicino ha vita breve! 🙂
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Da un articolo pubblicato sulla rivista BioScience,
https://academic.oup.com/bioscience/advance-article/doi/10.1093/biosci/biz088/5610806
apprendiamo, infatti, che stiamo peggio di quanto osassimo immaginare. Stiamo camminando sull’orlo del baratro e non ce ne rendiamo conto: parola di 11000 (undicimila) scienziati provenienti da ogni parte del mondo. L’allarme riguarda il clima, ma gli autori dell’articolo NON sono climatologi. Non me ne frega niente, neanche io lo sono, ma se scrivo cose che contrastano con la narrativa dominante, mi dicono che il mio parere non conta nulla perché non ho la “patente”, se lo fanno altri e dicono cose consone alla linea di pensiero principale, nessuno gli chiede la “patente”! Ingiustizie della vita, evidentemente. 🙂
🙂
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L’articolo non è niente di eccezionale. Si limita ad elencare una serie di fattori che testimonierebbero la catastrofe incombente in stile panegirico e rende tutto un po’ “più scientifico” con una spruzzata di grafici. Si tratta di grafici che rappresentano le linee di tendenza di alcuni “indicatori climatici” di cui molti sono identici a quelli citati da M. Lupicino.
La cosa buffa è che mentre quelli citati da Massimo sono positivi (indicano un miglioramento delle condizioni ambientali), quelli citati nell’articolo su BioScience, sono del tutto negativi (indicano un peggioramento delle condizioni ambientali). Probabilmente la discrasia deriva dal fatto che quelli di M. Lupicino sono riferiti all’Europa, gli altri sono riferiti al mondo intero.
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E con questo siamo arrivati al punto dolente del problema: i sacrifici noi europei li abbiamo fatti ed abbiamo migliorato le condizioni ambientali, ora sarebbe il turno degli altri. E qui gli autori calano l’asso: devono farli, ma i costi dei sacrifici dobbiamo sostenerli noi europei. Cornuti e mazziati, si dice a Napoli e dintorni.
Ciao, Donato.
Caro Donato, fa piacere vedere il mio nome associato alla parola ottimismo, non capita tutti i giorni 😀 Ma alla fin fine il problema e’ proprio quello che evidenzi tu, e che e’ appena accennato all’inizio del pezzo. I responsabili dell’inquinamento, e delle emissioni di CO2 sono altri paesi, non certo l’Europa. Ma la campagna gretinista aggredisce quasi esclusivamente il nostro continente.
Un aspetto fondamentale che spiega molte cose e’ il Terzomondismo imperante: ovvero la concezione che tutti i mali del mondo debbano essere imputati al mondo occidentale, mentre i paesi sottosviluppati sono condensato assoluto di virtu’ e vittime dell’arroganza e della cupidigia occidentale. Una riedizione del mito del “buon selvaggio” che vede nell’ONU il suo alfiere principale. Peccato che il mito in questione faccia molto piu’ male che bene ai paesi in via di sviluppo, deresponsabilizzandoli e giustificando tutti i loro mali (a partire dalla corruzione endemica e spaventosa delle loro classi dirigenti). Ma tant’e’, questi si sentono Robin Hood, e usano l’ambientalismo come un maglio per impoverire le economie sviluppate e favorire il trasferimento di produzione industriale (e posti di lavoro, ed opportunita’ economiche) altrove. Ne riparleremo mi sa… 😉
Vedete, il problema a mio avviso non sta solo nell’usare indicatori europei come ha fatto Masimo (che ringrazio per il suo bell’articolo) in luogo di quelli globali.
Infatti innumerevoli indicatori globali sono estremamente positivi da decenni (es: persone in povertà estrema, persone sotto la soglia di sicurezza alimentare, mortalità neonatale, vita media globale, produzione globale procapite di cibo, rese delle grandi colture, mortalità da disastri naturali, incendi boschivi, global greening, ecc. ecc.).
Secondo me i signori dell’articolo segnalato da Donato (che ancora non ho letto, lo farò quando avrò tempo -> per ora ho visto la lista degli indicatori) hanno fatto una operazione di cherry picking per cui rispetto a un sistema che mostra segnali chiaroscurali hanno scelto di evidenziare solo quelli negativi.
Per completezza e correttezza ritengo sia necessario mostrare anche l’altra faccia della medaglia ed è quello che su CM si cerca di fare!
Contro ordine compagni:
11.000 scienziati da tutto il mondo dichiarano “chiaramente e inequivocabilmente che la Terra è di fronte a una emergenza climatica”.
Ovviamente su Repubblica (e chi sennò?)
https://www.repubblica.it/ambiente/2019/11/05/news/allarme_di_11000_scienziati_da_tutto_il_mondo_non_c_e_dubbio_e_un_emergenza_climatica_-240303228/?ref=RHPPLF-BH-I240306749-C8-P7-S1.8-T1
grazie del lavoro che fate, da parte mia nelle discussioni che ormai quasi giornalmente faccio con le persone do l’indirizzo del vostro sito sperando che qualcun altro apra gli occhi (e il cervello). Sono onorato di far parte di questo piccolo villaggio
Grazie Mauro per la tua testimonianza…di impegno civile quotidiano 🙂 🙂 io a fare certe opere di convincimento ho rinunciato da tempo: a ciascuno il suo 😀
Non credo sia tutto merito delle politiche verdi europee. Dalla crisi del 2008 ad oggi il consumo di energia in Europa è passato dalle 1800 Mtep a circa 1650 Mtep quasi un 10% in meno, Stiamo utilizzando la stessa quantità di energia del 1990 . La riduzione di CO2, inquinanti e quant’ altro è dato dalla somma di delocalizzazione industriale, riduzione del potere di acquisto e e per una piccola parte dalle politiche ecologiche dell’ EU
Vero Luca, i fattori in gioco sono tanti. Anche i consumi dei motori a combustione sono molto più bassi che in passato, per esempio…o l’efficienza stessa della generazione elettrica con l’introduzione del ciclo combinato…
Articolo da INCORNICIARE!
Grazie Massimo, ottimo articolo, ottime ragioni ed ottima visione di una realtà che purtroppo, vede pessimi ascoltatori / recettori. La catastrofe c’è ed è imminente: lo dicono i tg (e magari fossero solo quelli) i vari contenitori pomeridiani, gli approfondimenti serali, i blogger le barbare d’urso, e le veline. Ma questo è il meno: la cosa grave è che ci crede (o ci fa?) anche un’ampia parte della politica, con implicazioni importanti sulle scelte industriali e produttive di questa nostra nazione (questa più di tutte le altre in Europa, chissà perché sempre noi…) che non perde occasione per “tafazzarsi” perdendo di vista, ad esempio, il declino industriale conseguente a scelte “per un mondo più pulito”. Noi chiudiamo le centrale termoelettriche, ora rischiamo di chiudere l’acciaieria tra le più grandi d’Europa, mentre Polonia, Germania e Francia continuano a farsi gli affari loro, ma vuoi mettere?
Renato ,”l’ampia parte della politica” risponde ai recettori della massa.
L’offerta industriale produttiva/commerciale risponde alla domanda dei consumatori: il gregge. Io se fossi nel cittadino farei autocritica e nel caso nostro inizierei ad essere consapevole di far parte della minoranza dei cittadini che non se la beve….
Chiudiamo le nostre acciaierie per comprare l’acciaio tedesco. Facciamo moratorie sulle perforazioni in mare per farci estrarre il gas sotto il naso da greci e croati. Chiudiamo centrali nucleari nuove di pacca per comprare l’energia elettrica prodotta da centrali francesi e slovene. Tassiamo le nostre fabbriche di plastica per importare prodotti più scadenti fabbricati altrove. Sperperiamo montagne di miliardi per sostenere campioni nazionali che corrono a vendersi al peggiore offerente straniero quando viene il momento giusto.
Certe narrative ridicole e suicide come quelle ambientalistoidi di questo periodo sono costruite perché qualche pistola senza speranza finisce per crederci per davvero, e corre a impiccarsi mentre gli altri aspettano solo di infilargli le mani nelle tasche, che ancora sta penzolando.
Caro Massimo,
ottimo lavoro che dovrebbe far aprire gli occhi a un mucchio di persone ma, purtroppo, forse a causa dell’interruzione di qualche collegamento, l’apertura potrà aversi solo per via chirurgica. In ogni caso credo che si debba insistere, insistere, insistere.
Intanto posso confermare quanto scrivi perché, dopo la pubblicazione del post
http://www.climatemonitor.it/?p=50571
mio e di Luigi Mariani, abbiamo pubblicato nei commenti altri esempi di situazioni “buone” a fronte dei continui gridi di dolore dei credenti e abbiamo usato i dati di Eurostat sulla mortalità infantile (e anche sulle tasse ecologiche rispetto al Prodotto Nazionale Lordo) e, neanche a dirlo, mentre la mortalità infantile è sempre migliorata (in qualche più recente acquisizione in Europa la cosa è meno chiara) la quantità di tasse non cala mai e spesso cresce, anche se la situazione ambientale migliora sempre.
Ma di te, maledetto negazionista, non ci possiamo fidare quando dici che la situazione è migliore (lo dice Eurostat ma non importa…) per cui aggiungiamo una tassa sulla plastica (non biodegradabile). Va bene, ma perché non abbiamo tolto una tassa di pari importo dal mucchio delle tasse? Per fare educazione ambientale o forse cassa? Ciao e ancora complimenti. Franco
Caro Franco, grazie per i complimenti, siamo in sintonia come al solito, e come con tutti gli altri abitanti di questo prezioso Villaggio. Quanto all’insistenza, non si puo’ far certo breccia tra le masse, perche’ il gregge…non a caso e’ gregge. Il senso della postilla e’ che basta aprire la mente di una mosca bianca, di un giovane che “non se la beve”, anche solo di uno su mille, perche’ questo tipo di sforzi possa avere senso. Quanto alla tassa sulla plastica, guarda preferisco non commentare. Altrimenti altro che off-topic…