Siamo in ottobre, il mese che sia alcuni professionisti del settore meteo un po’ visionari, sia moltissimi appassionati alla materia considerano la spia dell’evoluzione della prossima stagione invernale boreale, cercando di capire se ci saranno o meno delle possibilità che arrivino eventi di freddo importante di cui potrebbe essere responsabile il Vortice Polare Stratosferico o, meglio, un episodio di Sudden Warming. Nel frattempo, si è concluso con un Sudden Warming epocale l’inverno australe, regalando cronache di freddo di fine stagione che molti weather addicted delle nostra parti avrebbero scambiato con gli affetti più cari ;-).
Ma, soprattutto, l’SSW arrivato sullla verticale del Polo Sud, ha offerto l’occasione per riflettere su quanto un evento di riscaldamento ad alta quota a carattere assolutamente naturale e regionale possa poi avere delle conseguenze a scala ben più ampia, quella emisferica, e di segno diametralmente opposto alla stessa quota. Ce lo spiega in un post molto interessante Roy Spencer, che insieme a John Christy gestisce i dateset delle temperature atmosferiche rilevate dalle sonde satellitari. Quel che sembrava a tutti gli effetti essere un errore strumentale – un consistente raffreddamento alle latitudini tropicali alla quota della tropopausa – , si è rivelato invece essere una conseguenza diretta dell’SSW, il cui aumento di temperatura si è propagato fino allo strato inferiore dell’atmosfera, attivando la circolazione meridiana nota come Brewer Dobson Circulation. Il tutto, si è poi riverberato sul computo delle anomalie mensili calcolate sempre sulla base dei dati satellitari.
Il post è questo: Record Antarctic Stratospheric Warming Causes Sept. 2019 Global Temperature Update Confusion
Da segnalare che, come anticipato anche dai dati del satellite Copernicus e dalle rilevazioni della NASA, la particolare dinamica di fine stagione del Vortice Polare Australe, ha avuto effetti importanti anche sul depauperamento dello strato di ozono, portandolo ad una estensione che risulterà alla fine tra le più basse degli ultimi decenni e ad una posizione molto spostata verso sud rispetto alla norma.
Il sistema è uno, è grande e complesso e, una volta di più la Natura dimostra che nessun approccio riduzionistico ha possibilità di successo. Per cui eccovi la seconda lettura, un discreto “mattone” che affronta tanto la fisica di base delle dinamiche del clima, quanto i concetti, sempre di base, dell’approccio alla loro valutazione compiuto nel mondo dell’informazione ai fini di policy, quella dell’IPCC. Come ha detto Judith Curry, da cui arriva la segnalazione a questo paper, si tratta di una lettura lunga ma che vale decisamente lo sforzo.
The Physics of Climate Variability and Climate Change
E, se di approccio olistico si deve parlare, certamente non si può lasciar fuori l’elemento primario, unica fonte di energia di tutto il sistema (con buona pace della CO2): la forzante solare e la ricerca per la comprensione della sua variabilità nel lungo periodo. Una significativa riduzione dell’incertezza, accompagnata da un ridimensionamento del limite superiore della stessa. Articolo complesso direi.
Revised historical solar irradiance forcing
Del resto, ci piacerebbe tanto che si potesse ridurre tutta la faccenda del clima al semplice ruolo di un gas presente in tracce che possa fungere da manopola termostatica, ma pare proprio che non sia così.
Buona lettura e buona serata.
Prima frase dell’abstract dell’articolo di Gil et al, sulle basi fisiche della variabilità naturale…
“The climate system is a forced, dissipative, nonlinear, complex and heterogeneous system
that is out of thermodynamic equilibrium.”
… come possano pensare, degli scienziati, di poter prevedere lo stato futuro, persino a 100 e più anni di distanza, di un sistema fisico così’ definito e’ fuori da ogni possibilità di comprensione.
Grazie, Guido, per aver segnalato le tre pubblicazioni di grande interesse.
Sopratutto il secondo, “La fisica della variabilità climatica…” dopo una prima lettura molto superficiale mi sembra un notevole vademecum per poter apprezzare, anche per un ignorante come me, dove ci troviamo attualmente nella scienza del clima e con quali strumenti ci siamo arrivati.
@franco zavatti
“una sensibilità climatica di 0.24 (da confrontare con 1.5-4.5 dell’IPCC)”
… la forchetta 1.5-4.5 K/2xCO2 è quella ottenuta con la generazione 5 dei modelli, CMIP5,… la nuova “piu’precisa” CMIP6 sta dando i primi risultati, e per l’ECS la forchetta si è spostata verso l’alto di 1 grado circa…
Quindi c’è una divergenza fra realtà e modelli che diventa sempre più accentuata, ed il bello è che gli “scienziati” climatologi continuano a difendere a spada tratta i loro modelli.
Pazzia pura.
“pazzia pura” o magari normale dialettica scientifica (anche dura), se del clima non si fosse impossessata la politica che rende tutti partigiani di una fede o dell’altra.
Oggi su La7 ho sentito, finalmente, Franco Prodi dire cose pacate e sensate mentre Pecoraro Scanio (Pecoraro Scanio!) che voleva essere gentile, si riempiva la faccia di sorrisi di disapprovazione.
Ma almeno abbiamo sentito anche l’altra campana, cosa che ultimamente non si sente spesso.
Franco
Articolo denso di informazioni e contenuti. Non mi azzardo a parlare di vortice polare e warming improvvisi perché non ne so nulla, ma è interessante capire da dove viene il raffreddamento improvviso osservato nei dati UAH.
L’articolo sulla variabilità climatica (Ghil e Lucarini, 2019) è davvero importante (per me, in particolare la prima parte) e fa capire molti aspetti del clima. Ghil è un autore dai multiformi interessi (per la cronaca è lui che ha costruito il sistema di analisi spettrale detto MTM o Multitaper) sempre ad alto livello. Anche io, come Guido, confermo che questo articolo andrebbe letto, magari con attenzione e impegno variabili.
Il terzo articolo, quello sul forcing solare, ha tra gli autori Usoskin, senz’altro una garanzia in questo campo. Leggerlo (e capirlo) è piuttosto complicato e non so se ne vale la pena. Noto con un po’ di dispiacere che, avendo gli autori costruito una nuova serie temporale TSI (irraggiamento solare totale), non è stata messa a disposizione la serie numerica (solo grafici piccoli). Forse la serie è disponibile e io non ho visto l’indicazione di dove trovarla (ma ho cercato per due o tre volte). Viene resa disponibile, su richiesta, la serie di SSI (irraggiamento solare spettrale) che però è l’irraggiamento per bande di frequenza, credo meno utile almeno per quanto riguarda me.
Approfitto dell’occasione per promuovere un articolo breve e interessante sull’influenza del vapor d’acqua sulle le temperature globali, molto più potente della CO2. https://arxiv.org/pdf/1907.00165.pdf
Gli autori ricostruiscono molto bene le temperature globali tramite la copertura nuvolosa delle nubi basse (purtroppo la serie disponibile è breve) e piccole correzioni da CO2.
L’articolo non è troppo lungo ma non si capisce bene da dove vengano certi numeri, tipo una sensibilità climatica di 0.24 (da confrontare con 1.5-4.5 dell’IPCC); consiglio per questo di leggere anche l’articolo del 2011 degli stessi autori + uno (disponibile in bibliografia), ben più complesso matematicamente, in cui i numeri vengono giustificati e ricavati. Franco
Caro Franco la copertura nuvolosa ha due aspetti, a mio avviso, da un lato impedisce alla radiazione solare di raggiungere la superficie dall’altro aumenta l’effetto serra del vapor d’acqua. E’ possibile distinguere i due effetti ? oppure quale dei due prevale ? un saluto roberto
Caro Roberto, non so la risposta alla tua domanda ma se guardi l’articolo del 2011 riportato in bibliografia forse riesci ad ottenerne una (non credo, ma magari mi sbaglio). L’importanza di questo lavoro è che utilizzando in minima parte la CO2 (forse anche in maniera ragionevole) si ricostruiscono bene le temperature globali. La brevità della serie di copertura non permette un risultato definitivo, ma è importante sapere che esiste un sistema alternativo al CO2.
Ciao. Franco
PS: penso sempre di telefonarti e una di queste volte ci riesco …